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L’applicabilità dell’esercizio provvisorio alle società in house e il problema della continuità del servizio

CAPITOLO III L’esercizio provvisorio

2. L’applicabilità dell’esercizio provvisorio alle società in house e il problema della continuità del servizio

Alla luce delle considerazioni finora svolte, è necessario domandarsi se l’istituto dell’esercizio provvisorio risulti compatibile con gli interessi coinvolti dalla crisi della società in house. In particolare, risulta opportuno chiedersi se l’istituto è in grado di perseguire quell’interesse pubblico alla continuità del servizio che, viceversa, il fallimento della società in house rischia di pregiudicare. La dichiarazione di fallimento, determinando lo spossessamento del debitore e l’immediata cessazione dell’attività d’impresa, potrebbe infatti risultare incompatibile con l’interesse pubblico alla continuità nella gestione del servizio pubblico, tanto più se questo si configura come un servizio essenziale.

Una parte della dottrina136 ha escluso che l’esercizio provvisorio possa presentarsi come un utile strumento per scongiurare gli effetti negativi che deriverebbero dall’interruzione dell’attività di impresa. Secondo questa impostazione, seguita per lo più dai sostenitori della non fallibilità della società pubblica, l’art. 104 l. fall. sarebbe stato delineato dal legislatore per tutelare esclusivamente gli interessi dei creditori e non sarebbe finalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico che la prestazione del servizio sottende. Dovrebbe quindi essere esclusa l’applicabilità dell’esercizio provvisorio alle società in house perché, in primo luogo, l’interesse tutelato dall’istituto sarebbe soltanto quello dei creditori del fallito e l’interesse alla continuazione del servizio, presentandosi come un interesse distinto e diverso da quello dei creditori, non potrebbe essere perseguito: l’interesse dei creditori, presentandosi come un autentico limite in positivo alla ammissibilità dell’esercizio provvisorio, è infatti destinato a prevalere su qualsiasi altro interesse nella disciplina dell’istituto. L’interesse alla continuità del servizio sarebbe sacrificato ogni volta che il suo

136In particolare G.D’ATTORRE, Le società in mano pubblica possono fallire?, in

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perseguimento fosse in grado di pregiudicare l’interesse dei creditori sociali a conseguire la massimizzazione della loro percentuale di riparto. Il tribunale quindi non potrebbe predisporre l’esercizio provvisorio per garantire la continuità del servizio laddove questo risulti in contrasto con l’interesse dei creditori al pieno soddisfacimento del credito.

Vi sarebbe anche un altro motivo per il quale l’esercizio provvisorio non potrebbe essere applicato alle società pubbliche, relativo al ruolo e al potere esercitato dal tribunale. L’art. 104 l. fall., nel regolare il potere del tribunale di disporre l’esercizio provvisorio, insieme all’art. 104bis l. fall. in materia di affitto di azienda, prevede l’attribuzione all’autorità giudiziaria del potere di decidere sull’eventuale continuazione dell’attività di impresa ovvero dell’affidamento a terzi della gestione del servizio pubblico. Da ciò ne deriverebbe una ingiustificata e inammissibile sostituzione dell’autorità giudiziaria alla autorità amministrativa nell’esercizio di facoltà che sono riconosciute come dotate di un carattere tipicamente pubblicistico, come la decisione sulla continuazione della gestione di un servizio pubblico essenziale e sulla sostituzione del soggetto investito della funzione di erogare il servizio stesso137. Si realizzerebbe in tal modo una compressione del principio costituzionalmente sancito nell’art. 118 Cost. relativo alla riserva della titolarità delle funzioni amministrative138 in favore degli enti pubblici. Di fronte a questa osservazione, si potrebbe obiettare che in tal modo si determinerebbe una violazione dell’art. 106 Trattato FUE (ex art. 86 del Trattato

137G.D’ATTORRE, Le società in mano pubblica possono fallire?, in Fall. 2009, 6,

713.

138 Art. 118 Cost. nei commi 1 e 2 recita:Le funzioni amministrative sono

attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”.

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CE)139 poiché l’esenzione delle società pubbliche dalle procedure concorsuali e dall’esercizio provvisorio sembrerebbe acquisire i connotati di un illegittimo aiuto di Stato. È stato replicato che, benchè vi sia il requisito di selettività, l’impresa non godrebbe di nessun beneficio o vantaggio rispetto alle imprese concorrenti dall’esenzione poiché rimarrebbe comunque assoggettabile all’esecuzione singolare. Inoltre, sullo Stato non graverebbero oneri aggiuntivi perché non trasferisce risorse erariali alla società. Gli unici che risulterebbero pregiudicati sono i creditori, ma questo profilo non interessa alla norma comunitaria in questione140.

Tuttavia, questa analisi troverebbe applicazione solo nei riguardi di quelle società pubbliche che si contraddistinguono per possedere un carattere “necessario” per l’ente pubblico controllante141, secondo l’impostazione funzionale; laddove invece la società sia priva di tale requisito, l’interruzione dell’attività di impresa non comporterebbe un sacrificio dell’interesse pubblico alla continuazione e regolarità dell’erogazione del servizio pubblico e di conseguenza la scelta degli organi della procedura di predisporre l’esercizio provvisorio non si tradurrebbe in una indebita ingerenza dell’autorità giudiziaria in questioni rimesse all’autorità amministrativa.

139L’art. 106 TFUE (ex articolo 86 del TCE) prevede che: “1. Gli Stati membri non

emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione. 3. La Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni”.

140L.SALVATO, I requisiti di ammissione alle procedure concorsuali, in F. Fimmanò,

Le società pubbliche. Ordinamento, crisi e insolvenza, collana ricerche di law & economics, Milano, 2011, p. 296.

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Questa impostazione tuttavia non appare meritevole di essere sostenuta. Sembra infatti non tenere in adeguato conto che la costituzione di una società da parte dell’ente pubblico o la partecipazione di quest’ultimo alla società stessa non determini automaticamente il trasferimento in capo alla società della titolarità del servizio, ma ne rappresenti soltanto una particolare modalità di gestione. Il potere di organizzare il servizio e la titolarità dell’interesse rimane sempre all’ente pubblico che dovrà, in caso di fallimento, organizzare una nuova modalità che consenta l’erogazione regolare del servizio pubblico. In questa prospettiva, l’esercizio provvisorio consente proprio all’ente pubblico di aver il tempo necessario per riorganizzare il servizio, senza pregiudicare l’interesse della collettività. Inoltre, l’affermazione di incompatibilità tra l’esigenza di continuità del servizio e la procedura fallimentare può essere smentita non soltanto alla luce della giurisprudenza più recente, che spesso ha fatto ricorso all’istituto dell’esercizio provvisorio, a dimostrazione che non vi sono ostacoli al suo utilizzo con finalità di garanzia della continuità del servizio pubblico 142 ; ma anche considerando come appaia del tutto indimostrata la natura “necessaria” della società per il solo fatto di erogare servizi pubblici essenziali se la titolarità del servizio rimane comunque in capo all’ente pubblico. Una ulteriore considerazione sul punto: se l’ente pubblico può in qualsiasi momento revocare la concessione del servizio alla società, affidandolo ad un altro soggetto, ciò dimostra che la necessità del servizio non risulta legata alla necessaria esistenza di un affidatario, che in qualsiasi momento, per effetto della revoca, potrebbe perdere l’affidamento del servizio.

Partendo da queste riflessioni, una cospicua parte della giurisprudenza e dottrina ha offerto una lettura diversa dell’art. 104 l. fall., favorevole all’applicazione dell’istituto alle società in house, come uno

142F.VESSIA, Società in house providing e procedure concorsuali, in Dir. Fall.,

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“strumento temporaneo per non interrompere la gestione”143

. Il tribunale potrebbe dunque autorizzare la continuazione dell’attività di impresa finchè l’ente locale non provveda a predisporre nuove modalità di affidamento del servizio, o con gara o procedendo con l’autoproduzione. L’interpretazione con cui leggere all’art. 104 l. fall. sarà quindi orientata a tener conto della peculiarità della fattispecie, in ogni caso escludendo che il curatore possa procedere all’affitto dell’azienda o alla cessione in blocco della stessa, poiché la gestione del servizio dovrà ritornare all’ente pubblico, il quale potrebbe anche reclamarne la restituzione e procedere all’affidamento del servizio ad un’altra società. La continuità del servizio, in tale prospettiva, sarebbe dunque garantita dall’ente pubblico più che dagli organi della procedura, poiché l’esercizio provvisorio non sarà predisposto se l’ente pubblico è in grado di provvedere altrimenti144 . Un ruolo importante viene svolto pertanto dall’ente locale: non sono infatti gli organi della procedura che devono preoccuparsi di garantire la continuità del servizio, quanto lo stesso ente pubblico titolare del servizio. Non dobbiamo dimenticare che l’esercizio provvisorio costituisce un istituto volto ad evitare l’interruzione del servizio: questa finalità potrebbe essere perseguita anche attraverso una attivazione tempestiva dell’ente pubblico che provveda, prima della dichiarazione di fallimento, alla risoluzione del contratto e a un nuovo affidamento a seguito di gara o affidamento diretto145.

Questa visione, radicalmente diversa da quella precedente, ruota intorno ad una diversa lettura che viene offerta del “pregiudizio dei creditori” , il cui interesse non viene più inteso come fine ultimo a cui

143Così FIORANI, Società pubbliche e fallimento, in Giur. Comm., 2012, I, p. 532 e

ss. e SCARAFONI, Il fallimento delle società a partecipazione pubblica, in Dir. Fall., 2010, 3-4, p. 446 e ss.

144S.SCARAFONI, Il fallimento delle società a partecipazione pubblica, in Dir. Fall.

2010, 3-4, p. 446.

145 S.S

CARAFONI, Il fallimento nel settore dei servizi pubblici locali, in F.FIMMANÒ,

Le società pubbliche. Ordinamento, crisi e insolvenza, collana ricerche di law & economics, Milano, 2011, p. 325.

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l’esercizio provvisorio tende, ma come un limite alla legittima prosecuzione dell’attività146

.

La lettura restrittiva dell’art.104 l. fall. non pare inoltre compatibile con la genericità della norma stessa. Interessante a tal proposito, è la Relazione di accompagnamento alla norma che sottolinea l’aspetto più innovativo dell’istituto rispetto alla precedente formulazione, ovvero la circostanza che l’esercizio provvisorio «risponde non più al solo interesse privatistico di consentire un migliore risultato della liquidazione concorsuale, ma è aperto a quello pubblicistico di un’utile conservazione dell’impresa ceduta nella sua integrità o in parte, sempre che il ceto creditorio non ritenga di trarne nocumento». La Corte di Cassazione, nella sent. 22209/2013, si occupa del problema dell’interruzione del servizio pubblico e della possibilità di applicare quanto previsto dall’art. 104 l. fall. alle società pubbliche. La Corte ribadisce in primo luogo il principio di separatezza fra la titolarità degli impianti, delle rete e delle altre dotazioni destinati all’esercizio dei servizi pubblici (che rimangano nella proprietà dell’ente, a meno che questo non li abbia conferiti a società a capitale interamente pubblico e incedibile) e l’attività di erogazione di servizi, che l’ente potrebbe affidare anche a soggetti privati. Tale principio, ricorda la Corte, è desumibile dalla disciplina ricavabile dal d. lgs. 267 del 2008 (T.U.E.L) negli artt. 112147 e 118148 e dalle leggi di modifica

146In questa prospettiva si è espresso il Tribunale di Chieti, 10 agosto 2010, in

ilcaso.it, che nel disporre l’esercizio provvisorio di una impresa sanitaria operante in

regime di accreditamento con il SSN, ha tenuto in considerazione la tutela di tre interessi fondamentali: l’interesse dei creditori alla conservazione del valore dell’azienda nella prospettiva liquidatoria, l’interesse dei lavoratori alla conservazione della struttura produttiva e dei livelli occupazionali, l’interesse generale alla conservazione dei servizi sanitari erogati dalla società.

147Art. 112 d.lgs. 267/2008 rubricato “Servizi pubblici locali” prevede che: “1. Gli

enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. [2. I servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti

dalla legge.] 3. Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto legislativo

30 luglio 1999, n. 286, relativo alla qualità dei servizi pubblici locali e carte dei servizi.”

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e integrazione che lo hanno interessato. La Corte prosegue quindi affermando che il rischio di interruzione del servizio può essere evitato, per il tempo necessario all’ente pubblico a trovare un nuovo soggetto affidatario, mediante lo strumento dell’esercizio provvisorio previsto dall’art. 104 l. fall. La Corte, allineandosi alla tesi maggioritaria e respingendo quella dottrina e giurisprudenza che viceversa mirano ad escludere l’applicabilità dell’istituto, puntualizza che

«

nel valutare la ricorrenza del danno grave, in presenza del quale autorizzare l’esercizio provvisorio, il tribunale può tenere conto non solo dell’interesse del ceto creditorio, ma anche della generalità dei terzi, fra i quali ben possono essere annoverati i cittadini che usufruiscono del servizio erogato dall’impresa fallita». L’esercizio provvisorio dell’impresa potrebbe dunque essere consentito tutte le volte in cui, dall’interruzione del servizio, possa discendere un danno grave alla

148 Art. 118 d. lgs. 267/2008 “Regime del trasferimento di beni” recita: “1. I

trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende speciali o di società di capitali di cui al comma 13 dell'articolo 113 sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui all'articolo 2343 del codice civile, nonché gli onorari previsti per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà. 2. Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi posti in essere nell'àmbito di procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali, adottate a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure siano connesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di società per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano altresì ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274, comma 4, per la costituzione di società per azioni ai sensi dell'articolo 116, ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di società per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni.”

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generalità dei terzi, tra i quali possiamo annoverare anche la collettività a cui si rivolge l’erogazione del servizio149

.

La ratio che motiva l’esercizio provvisorio prende in considerazione anche interessi diversi da quelli dei soli creditori, poiché la legge non risponde solo ad un mero interesse privatistico, ovvero quello di conseguire il migliore risultato nella liquidazione concorsuale, ma anche ad un interesse pubblicistico nella conservazione dell’impresa, sempre che la misura abbia per lo meno effetti “neutri” per i creditori. La sentenza si occupa anche dell’altra criticità sottolineata dall’opposto orientamento, ovvero dell’ingiustificata sostituzione dell’autorità giudiziaria a quella amministrativa che deriverebbe dall’applicazione dell’art. 104 l. fall. alle società pubbliche. La Corte non ravvisa il motivo per il quale l’autorizzazione alla continuazione dell’attività di impresa dovrebbe produrre questo effetto, dal momento che l’autorità amministrativa che aveva in precedenza scelto il soggetto a cui affidare la gestione del servizio continuerebbe a intrattenere con questo, per la durata dell’esercizio, i medesimi rapporti che aveva prima della dichiarazione di fallimento.

È stato inoltre sottolineato150 che non vi sarebbe nessuna violazione dell’art. 118 Cost. poiché la pubblica amministrazione già in precedenza si era sottoposta volontariamente, nell’esercizio del suo potere autonomo di organizzazione, alla disciplina privatistica delle società commerciali.

Il fulcro di questa visione è rappresentato dalla diversa interpretazione che viene proposta del requisito di “danno grave”, che si riferirebbe

149Cass., Sez. I civ., 15 maggio 2013, n. 22209, in ilcaso.it. La giurisprudenza di

merito ha ritenuto ammissibile l’esercizio provvisorio della società in house, sottolineando come lo stesso debba avvenire secondo le medesime logiche aziendalistiche che avrebbero dovuto guidare gli organi della gestione della stessa, Trib. Nocera Inferiore, 21 novembre 2013, in ilcaso.it

150S.SCARAFONI, Il fallimento nel settore dei servizi pubblici locali, in F. FIMMANÒ,

Le società pubbliche. Ordinamento, crisi e insolvenza, collana ricerche di law &

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non solo all’interesse dei creditori, ma anche a quello della generalità dei terzi, tra cui possiamo ricomprendere anche i soggetti che usufruiscono dei servizi151. Esso può essere ravvisato anche nella cessazione dell’attività di impresa e nella conseguente lesione dell’interesse pubblico alla continuativa e regolare esecuzione del servizio. Il danno dunque potrebbe tradursi in un pregiudizio alla collettività derivante dall’interruzione del servizio nonché ai valori sociali insiti nell’impresa. Questa interpretazione dell’art. 104 l. fall. risulta particolarmente estensiva, tanto da individuare nel richiamo al pregiudizio dei creditori soltanto una indicazione di un limite che non può essere oltrepassato: l’interesse della collettività, pertanto, potrà essere tutelato solo dove la continuazione dell’attività di impresa non conduca ad un deterioramento del tessuto aziendale e conseguentemente ad un pregiudizio per i creditori 152 . La continuazione dell’impresa diventa dunque uno strumento di tutela di esigenze generali di natura socio- economica153.

La giurisprudenza che segue questo orientamento è molto cospicua: tra tutte, la sentenza del Tribunale di Bologna del 14 agosto 2009154, nella quale si afferma che il danno grave «costituisce espressione dei valori sociali insiti nell’impresa, soprattutto laddove si propaga come “fabbrica di imprese”, evidenziando la possibilità di dare ingresso a processi valutativi più estesi di quelli confinati nell’interesse del ceto creditorio, che compare come limite estremo ed invalicabile del potere autorizzativo ma giammai come suo esclusivo oggetto». Il Tribunale prosegue poi affermando che il requisito del danno grave, pur non

151 L.E.F

IORANI, Società pubbliche e fallimento, in Giur. Comm., 2012, I, p. 560 e ss.

152M.CUOCO, La gestione della crisi di una società in house, in www.osservatorio-

oci.org

153Fra i maggiori esponenti di questa interpretazione, G.C.M.RIVOLTA, L’esercizio

dell’impresa nel fallimento, Milano, 1969, dove, in merito al precedente art. 90 legge

fall., sosteneva che l’esercizio provvisorio dell’impresa potesse essere disposto anche per perseguire la tutela di interessi diversi da quello dei creditori “purchè non a scapito di costoro”.

154Trib. Bologna, Sez. IV civile fallimentare, 14 agosto 2009, su ilcaso.it. La

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essendo richiamato nel secondo comma, debba esser oggetto di valutazione da parte del tribunale non solo al momento della sentenza dichiarativa di fallimento, ma anche nella fase successiva: esso non sarebbe assorbito dall’interesse del solo ceto creditorio alla liquidazione dei beni.

Quanto all’altro profilo, quello del pregiudizio nei confronti dei creditori, risulta necessario delineare una riflessione di più ampio respiro per apprezzarne pienamente i connotati. Se, nei confronti delle tecniche di gestione alternativa della crisi, il legislatore mostra un particolare favor, esprimendo la volontà di perseguire la continuazione dell’attività produttiva e la conservazione del valore dei beni aziendali, l’interprete, a fronte di questo requisito, dovrà rifuggire da un atteggiamento chiuso, volto a limitare l’ambito di applicabilità dell’istituto, cercando viceversa di apprezzare e valorizzare al massimo livello questo metodo di continuazione dell’attività di impresa come un istituto volto al prolungamento della vita dell’impresa155.

Consapevoli di questa finalità che intrinsecamente è ravvisabile nell’esercizio provvisorio, la valutazione della reale portata