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Le novità della Riforma Madia

La legge n. 124 del 7 agosto 2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, la c.d. “Riforma Madia della Pubblica Amministrazione”, rappresenta uno dei più recenti interventi normativi sul tema delle società pubbliche. In particolare, tra le 14 deleghe legislative, risulta rilevante ai fini del nostro studio il d. lgs. 19 agosto 2016, n. 175, recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”89, che diviene oggi un importante riferimento in merito alle società in house e alla loro crisi. Il Testo può essere suddiviso tra una serie di norme rivolte alla disciplina delle attività delle Pubbliche amministrazioni che vogliano acquisire o mantenere lo status di soci in società di capitali ed un altro gruppo di norme che introducono delle eccezioni al diritto delle società, necessarie alla luce della partecipazione pubblica di controllo che esse detengono90.

La nuova disciplina interviene in un panorama molto confuso e frammentato, in cui emerge una vera e propria “stratificazione” di normative, nate di volta in volta per perseguire singoli obiettivi ma non legate da un disegno comune. Il principio che sembra aver ispirato

88 F.V

ESSIA, Società in house providing e procedure concorsuali, in Dir. Fall., 2015, II, p. 201 e ss.

89 Il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica è attuativo della

delega contenuta nell’art. 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124 “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

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Per una analisi, cfr. H.BONURA e G. FONDERICO, Il testo unico sulle società a

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l’opera del legislatore è stato quello di riportare lo statuto delle società a partecipazione pubblica nell’ambito della disciplina civilistica, riducendo le deroghe ad una misura strettamente necessaria per valorizzare l’interesse pubblico da esse perseguito: il decreto ha voluto cioè fissare quali siano le eccezioni al diritto societario giustificate dall’assetto degli interessi, stabilendo così nell’art. 1 comma 3 che “per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato”91. Le deroghe più numerose riguardano l’esercizio di poteri e facoltà da parte degli organi amministrativi e di controllo.

Il Testo Unico individua inoltre le finalità perseguibili legittimamente da una Pubblica Amministrazione nel momento in cui costituisce una società o acquista partecipazioni in una società (art. 4), indicando l’iter che deve perseguire per la costituzione della medesima o per l’acquisto di partecipazioni (art. 5) fino poi ad occuparsi degli obblighi che ricadono sulle amministrazioni in punto di contenimento delle spese del personale. Il decreto si pone quindi l’obiettivo di descrivere l’intero fenomeno della “vita” delle società partecipate92

, analizzandone i singoli aspetti, a partire dalla loro costituzione, con le ipotesi in cui l’amministrazione può detenere delle partecipazioni societarie, passando per la disciplina degli organi amministrativi, fino ad arrivare alla crisi della società, avendo riguardo “all’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonchè alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica” (art. 1, comma 2, d.lgs. 175/2016).

91 Il T.U. richiama in tal senso una soluzione che già si trovava nella prima redazione

al codice civile, con la Relazione del Ministro Guardasigilli, che al par. 998 precisava che “la disciplina comune della società per azioni deve applicarsi anche alle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici senza eccezioni, in quanto norme speciali non dispongano diversamente” perché “in questi casi è lo Stato medesimo che si assoggetta alla legge della società per azioni per assicurare alla propria gestione maggiore snellezza di forme e nuove possibilità realizzatrici”.

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R. BIANCHINI, Testo unico delle società partecipate, pubblicato il 12 settembre 2016 su www.altalex.com

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La volontà che emerge da questo impianto normativo è quella di presentare un nuovo piano di razionalizzazione di tutte le società partecipate attraverso un doppio binario di intervento (cd. “a regime” e “straordinario”), eliminando quelle senza dipendenti, o con un numero di amministratori maggiore di quello dei dipendenti, o con un fatturato medio inferiore al milione e quelle in perdita. Tra gli obiettivi principali della riforma vi è quindi la riduzione del numero di società partecipate, il contenimento dei costi di funzionamento di tali società e una riorganizzazione della disciplina degli organi amministrativi e dei loro compensi.

L’art. 4 del Testo Unico sulle partecipate prevede infatti che le amministrazioni pubbliche non possano costituire o mantenere partecipazioni in società che hanno per oggetto l’attività di produzione di beni e servizi “non strettamente necessarie per il perseguimento

delle proprie finalità istituzionali”. La norma, in linea con l’obiettivo

governativo di giungere ad una drastica riduzione delle società a partecipazione pubblica, individua un elenco tassativo93 delle finalità perseguibili dalla Pubblica Amministrazione con lo strumento societario, introducendo un duplice vincolo: in primo luogo, introduce

93Art 4, d.lgs. 175/2016 sancisce nei commi 1 e 2: “1. Le amministrazioni pubbliche

non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ne' acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. 2. Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività sotto indicate: a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi; b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016; c) realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all'articolo 17, commi 1 e 2; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento; e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016”.

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un limite “di scopo” o “funzionale”94

che vieta alle pubbliche amministrazioni di costituire o di acquistare partecipazioni in società che hanno per oggetto attività di produzione di beni non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionale; in secondo luogo, fissa un vincolo di “attività” che delinea il limite massimo delle attività che, nel rispetto del vincolo di scopo, possono essere perseguite dalla amministrazioni avvalendosi del modello societario.

Un’altra norma significativa ai fini della nostra analisi, è l’art. 2 del Testo Unico, rubricato “Definizioni”. Nel comma 1, lettera h, viene

enunciata la definizione di “servizi di interesse generale”, intesi come “le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale”. La norma, tuttavia, sembrerebbe priva di una portata definitoria di carattere generale, essendo valide le definizioni in essa contenute solo “ai fini del

presente decreto”.

Fra le maggiori novità introdotte dalla riforma, spicca il nodo della crisi di impresa per le società pubbliche. La nuova disciplina prende una chiara posizione sul problema della fallibilità delle società pubbliche, affermando che alle società a partecipazione pubblica si applicano le norme sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché,

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H.BONURA e G.FONDERICO, Il testo unico sulle società a partecipazione pubblica

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laddove ne ricorrano i presupposti, quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi.

Dopo anni di incertezza da parte della giurisprudenza e dottrina, generate da un quadro normativo molto disomogeneo e con forti tratti di specialità, il Testo Unico pare aver posto fine al lungo dibattito sull’assoggettamento alle procedure concorsuali delle società in mano pubblica, nato dal tentativo di queste ultime di sottrarsi alle norme del diritto comune dopo aver beneficiato dell’affidamento diretto del servizio. Viene perciò fissato dall’art. 14 del Testo Unico il principio secondo il quale le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e a quelle sul concordato preventivo95. L’effetto civilistico previsto per la crisi della società, quale è il fallimento, viene affiancato da un vincolo pubblicistico per le amministrazioni socie: l’art. 14 comma 6 prevede infatti che nei 5 anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le Pubbliche Amministrazioni controllanti non potranno costituire nuove società, né acquisire partecipazioni in società già costituite o mantenere partecipazioni in società qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita. Questa previsione nasce per contrastare un fenomeno, spesso presentatosi negli ultimi anni, per il quale le amministrazioni tendevano a costruire “a cascata” società clone all’indomani dell’insolvenza delle proprie partecipate, verso le quali concedere l’affidamento diretto dei servizi precedentemente erogati da quelle fallite, riassorbendo nella nuova struttura il personale dipendente della prima, con l’acquisto dei mezzi e delle attrezzature già di titolarità

95 L’art. 14, comma 1, d.lgs.175/2016 rubricato “Crisi d'impresa di società a

partecipazione pubblica” recita testualmente “Le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonchè, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39”.

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della fallita. Il comma 6 dell’art. 14 nasce dunque per reprimere queste forti degenerazioni che il precedente sistema consentiva96.

Vi sono già state alcune pronunce fondate proprio su questa nuova disciplina, tra cui spicca una sentenza della Corte di Appello di L’Aquila97

, la prima ad occuparsi del tema della fallibilità delle società in mano pubblica a seguito della entrata in vigore del Testo Unico. Nella pronuncia, si pone una peculiare attenzione proprio all’art. 14, meritevole di aver risolto i contrasti giurisprudenziali in materia di fallibilità della società pubblica, optando per una soluzione “pan privatistica” che afferma in maniera chiara e senza eccezioni l’assoggettamento alle procedure concorsuali di tutte le società a partecipazione pubblica. La Corte di Appello sottolinea però come nella norma richiamata non vi sia nessun riferimento esplicito alla società in house e al suo assoggettamento alle procedure concorsuali. Il mancato richiamo, che a giudizio della Corte potrebbe sollevare alcuni problemi interpretativi, può essere superato attraverso una ricostruzione sistematica che rende possibile ricomprendere anche le società in house all’interno della norma. In particolare, proprio il comma 5 dell’art. 14, richiamandosi agli affidamenti diretti, testimonia la scelta di fondo del legislatore di sottoporre alle procedure concorsuali anche le società in house. 98 Gli affidamenti diretti disciplinati all’art. 16 sono, infatti, le società in house.

Nel Testo Unico risulta chiara la scelta di non enucleare un tipo “società in house” distinto dalle società a controllo pubblico: per il legislatore della riforma, la definizione di società “a partecipazione

96F.FIMMANÒ, L’insolvenza delle società pubbliche alla luce del testo unico, in

Fall., 2017, 2, 161.

97 Corte di Appello di L’Aquila, sentenza del 3 novembre 2016, n. 26 in

www.dirittodeiservizi pubblici.it, 2016.

98 Questa soluzione era già stata adottata dalla Corte di Appello di Napoli, sentenza

del 27 ottobre 2015, in Azienditalia, 2016, 5, 582, pur in assenza del d. lgs 175/2016 sulla base delle disposizioni contenute nella legge delega. Nella sentenza si era affermato che “Le società in house che svolgono attività commerciale sono assoggettabili al fallimento e alle altre procedure concorsuali non essendo assimilabili agli enti pubblici in ragione dell’attività di impresa che svolgono, come si evince anche dalle disposizioni della legge delega n. 124 del 2015”.

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pubblica” comprende le società in house e ciò giustifica la mancata indicazione espressa di queste ultime tra quelle a cui si rivolge l’art.14. A conferma di questa scelta, la relazione illustrativa all’art. 14 afferma che “non si è, invece, ritenuto di accogliere le osservazioni del Consiglio di Stato e della Commissione V Bilancio della Camera (osservazione n. 14) che mirano a differenziare la disciplina delle crisi aziendali rispetto a diverse tipologie di società (in house e strumentali): si tratta di una soluzione contraria all’impostazione privatistica della disciplina delle crisi ravvisabile nel testo unico in esame”.

La norma che disciplina in maniera puntale i caratteri della società in

house è l’art. 16, dal quale è possibile rilevare alcuni profili di novità99.

In merito ai rapporti tra la società in house e i soggetti terzi, il decreto consente a queste società di svolgere la propria attività in misura non prevalente anche con soggetti diversi dall’ente pubblico controllante. Dovranno tuttavia essere gli statuti a prevedere che almeno l’80% del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento di compiti affidati dalle Amministrazioni pubbliche socie, mentre la parte rimanente potrà essere realizzata con soggetti terzi, ma solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale svolta dalla società 100

. Il superamento del limite dell’80% costituisce una “grave irregolarità” ai

99 Art. 16, comma 1 del d. lgs. 175/2016 prevede che “ Le società in house ricevono

affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, ne' l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata”.

100Art. 16 comma 3 del d. lgs. 175/2016 recita “Gli statuti delle società di cui al

presente articolo devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società”

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sensi dell’art. 2409 c.c., anche se è prevista la possibilità di sanare lo sforamento.

In questo modo termina l’interpretazione restrittiva secondo cui le società in house dovevano operare esclusivamente con le Amministrazioni pubbliche socie.

Il decreto in esame, anticipando in parte il recepimento della Direttiva 2014/24/UE, in particolare del suo art. 12101, sancisce pertanto una eccezione al principio secondo cui nelle società a controllo pubblico, destinatarie di affidamenti diretti, non vi possa essere la partecipazione di soggetti privati. Sarà dunque ammessa in futuro la partecipazione alla società in house anche di soggetti privati, purchè tale circostanza sia prevista dalla norme di legge e avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata.

Il cammino di riforma del sistema della Pubblica Amministrazione si trova attualmente in una situazione di stallo, derivante dalla dichiarazione di incostituzionalità della legge 7 agosto 2015, n. 124, pronunciata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 215 del 25 novembre 2016102. La Corte ha statuito l’illegittimità di una serie di norme della c.d. Legge Madia, nella parte in cui prevedeva che l'attuazione della stessa, attraverso i decreti legislativi, potesse avvenire con il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni o Unificata; secondo la Consulta, che si è pronunciata dopo un ricorso della Regione Veneto, sarebbe invece stata necessaria la previa

101L’in house è stato positivizzato dall’art. 12, Direttiva 2014/24/UE, dall’art. 17,

Direttiva 2014/23/UE e dall’art. 28, Direttiva 2014/25/UE. Queste norme hanno in parte modificato i tratti distintivi dell’in house rispetto alla giurisprudenza consolidata della Corte Europea, ammettendo, eccezionalmente “forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità di trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”, stabilendo nella misura superiore all’80% l’entità della attività che la società deve svolgere in favore dei soci pubblici.

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intesa103. La pronuncia di illegittimità costituzionale, così come affermato nel punto 9, è tuttavia circoscritta alle disposizioni di delegazione della legge 12/2015 “in tema di riorganizzazione della dirigenza pubblica”, “per il riordino della disciplina vigente in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”, “di partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni e di servizi pubblici locali di interesse economico generale” e non si estende alle disposizioni attuative. La Consulta ha precisato che “nel caso di impugnazione di tali disposizioni attuative, si dovrà accertare l’effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo, nell’esercizio della sua discrezionalità, riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione”. La Corte dunque interverrà sul Testo Unico solo se verrà impugnato e limitatamente ai punti in cui esso è lesivo delle competenze regionali e ferma restando l’adozione di un decreto correttivo da parte del Governo104 . Per il decreto sulle partecipate e per gli altri già entrati in vigore, il Governo potrà dunque procedere all’acquisizione dell’intesa in sede di correttivo105

.

Con la pronuncia di incostituzionalità, si sono aperte varie problematiche circa l’attuazione della riforma, in primo luogo con riferimento agli adempimenti e le scadenze che erano state introdotte con il Testo Unico sulle partecipate106 e che rimangono comunque in

103L’art. 18 a legge 124/2015 è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui

prevede che il Governo adotti i decreti legislativi attuativi “previo parere” anziché “previa intesa” in sede di Conferenza Unificata.

104 F.FIMMANÒ, L’insolvenza delle società pubbliche alla luce del Testo Unico, in

Fall., 2017, 2, 161 e ss.

105Di recente, cfr. Cass. Civ. Sez. Unite ordinanza del 1 dicembre 2016, n. 24591, in

Fall., 2017, 161, in cui afferma “In forza del d.lgs. 175/2016, le società in house,

relativamente alle azioni concernenti la nomina o la revoca degli amministratori e sindaci sono soggette alla giurisdizione del giudice ordinario, salva quella della Corte dei Conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai sindaci delle società medesime. Sono inoltre sottoposte alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, ove ne ricorrano i presupposti”.

106tra gli adempimenti, vi è l’adeguamento degli statuti alle disposizioni contenute

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vigore: è possibile ritenere che Stato e Regioni, torneranno sul tema delle partecipate, ricercando, in sede di Conferenza, non più un semplice parere ma una vera e propria intesa. Sembra probabile che il testo della riforma possa andare incontro ad alcuni interventi e modifiche, ma che potrebbero coinvolgere aspetti di dettaglio, più che di contenuto.

dicembre 2016; fra le altre scadenze, vi è il termine del 23 marzo per la revisione straordinaria e del 31 dicembre 2017 per la razionalizzazione periodica.

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CAPITOLO III