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L’applicazione in Italia della PAC e del PSR 2014-2020

Nel documento L'industria alimentare (pagine 40-45)

2. Le politiche comunitarie e nazionali

2.2. Lo scenario nazionale

2.2.1. L’applicazione in Italia della PAC e del PSR 2014-2020

Nel 2019 si sono concretizzate le ultime novità relative alla PAC della pro- grammazione 2014-2020. L’Italia aveva deciso nel 2015 un plafond dell’1% per il “pagamento ai giovani agricoltori”, anche se il Regolamento 1307/2013 con- sentiva un massimo del 2%. I giovani agricoltori vedono, quindi, aumentato il plafond dall’1% al 2% per il 2020 (Decreto Ministeriale n. 8985, 26 agosto 2019) perché i fondi destinati dal 2015 al 2017 sono stati sufficienti, mentre, sono risultati insufficienti dal 2018, tanto da rendere necessario un taglio lineare degli aiuti di tutti i pagamenti diretti (anche per effetto dell’aumento dal 25% al 50% del pagamento ai giovani agricoltori). I cambiamenti del decreto riguar- dano in particolare:

- il pagamento per i giovani agricoltori rimane fissato al 50% del paga- mento di base; quindi non ci sono aumenti per i giovani agricoltori (la vera novità era giunta nel 2018 quando il pagamento per i giovani agri- coltori era passato dal 25% al 50%);

- i titoli del pagamento di base saranno ridotti dell’1%, in quanto il pla- fond passa dal 56,08% al 55,08%; anche questa riduzione era già avve- nuta nel 2018, anche se interessava i pagamenti, mentre dal 2020 col- pisce il valore dei titoli.

A partire dal 16 ottobre e fino al 30 novembre, Agea e gli Organismi pagatori regionali, hanno pagato un anticipo del 70% dei pagamenti. Alcuni agricoltori non hanno ricevuto l’anticipo, a causa di anomalie (es. verifica del requisito di

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agricoltore attivo, certificazione antimafia, ecc.) e/o controlli in corso. I paga- menti che sono stati oggetto di anticipo sono: pagamento di base; pagamento greening; pagamento del regime dei piccoli agricoltori. Dal pagamento antici- pato sono stati esclusi i pagamenti per il sostegno accoppiato e il pagamento giovani agricoltori, poiché non erano disponibili i dati per il conteggio degli importi degli aiuti. Dal primo dicembre, Agea e gli Organismi pagatori non hanno più potuto pagare l’anticipo, ma hanno erogato il saldo dei pagamenti (o l’intero pagamento per gli agricoltori non hanno ricevuto l’anticipo) che dovrà avvenire entro il 30 giugno 2020. L’aggiornamento del Registro nazionale dei titoli, che incide sul valore di tutti i titoli attualmente presenti nel Registro, con- diziona gli importi e i tempi del saldo. In mancanza di plafond disponibile per l’attribuzione dei titoli dalla riserva nazionale è necessario eseguire una ridu- zione percentuale lineare del valore di tutti i titoli presenti nel Registro titoli nell’anno di campagna (art. 31 del Reg. UE n. 1307/2013). Occorre, inoltre, garantire il rispetto dei massimali, eseguendo, se necessario, un’ulteriore ridu- zione lineare. Alla luce di ciò, Agea (con Circolare n. 91849 del 2 dicembre 2019) ha stabilito che gli eventuali pagamenti di saldo della domanda unica 2019 possono essere erogati, a partire dal primo dicembre 2019, seguendo i cri- teri cautelativi: applicazione di un tasso di riduzione che può essere stimato al 7% ai pagamenti del regime di base (titoli) e del greening relativi al saldo della domanda unica; applicazione, in aggiunta, di un tasso di riduzione che può es- sere stimato al 30% ai pagamenti del premio giovane agricoltore relativi al saldo della domanda unica; erogazione integrale senza alcuna riduzione dei paga- menti in favore degli agricoltori aderenti al regime per i piccoli agricoltori; non erogazione dei pagamenti accoppiati fino a quando non saranno concluse le istruttorie delle varie misure da parte di tutti gli Organismi pagatori. I pagamenti in favore dei piccoli agricoltori saranno erogati senza trattenuta del 7%. Il vero saldo sarà pagato dopo il ricalcolo dei titoli, che avverrà all’incirca a maggio, comunque non oltre il 30 giugno 2020.

Le proposte di riforma della PAC 2021-2027 prevedono una distribuzione del sostegno ai redditi più equilibrata, più semplice e più mirata. Per perseguire questo obiettivo le proposte della nuova PAC stabiliscono i seguenti criteri: un livellamento obbligatorio dei pagamenti diretti, tramite un pagamento uniforme (senza titoli), già nel primo anno di riforma, oppure il mantenimento dei titoli con una convergenza totale al 2026 o al 2028; pagamenti decrescenti, in modo di ridurre il sostegno per le aziende agricole di grandi dimensioni (degressività e capping); pagamenti mirati agli agricoltori veri e propri. La decisione più ri- levante è il livellamento del sostegno per ettaro (circa 300 euro/ha), da realizzare nel 2022 o nel 2026, o al massimo nel 2028. Per comprendere la necessità di queste misure è importante analizzare quale sia l’incidenza della Pac sui redditi

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41 delle aziende agricole. Secondo i dati della Commissione europea, nel 2016, i pagamenti diretti più i pagamenti a superficie del secondo pilastro (Misura 10 “agroambiente”, Misura 11 “agricoltura biologica”, Misura 13 “indennità com- pensative”) incidono per il 40% sui redditi (vedi Terra&Vita n. 34/2018). La stessa analisi, svolta per il nostro paese, mostra che il sostegno della PAC incide, solo, per il 28,3% sui redditi delle aziende agricole italiane, con, inoltre, un’in- cidenza media molto variabile a seconda dei settori dove operano le aziende agricole.

Allo scopo di valutare l’incidenza della PAC a livello settoriale, è stato svolto uno studio su un campione di 10.305 aziende italiane, che si basa sui dati della RICA (Rete di Informazione Contabile Agricola). Da questo studio è emerso come la PAC incida per circa il 27% sui redditi netti aziendali (dato analogo a quello della Commissione europea), di cui circa il 21% è dato dai pagamenti diretti e il 6% dalle misure del secondo pilastro (10, 11 e 13 sopra riportate) della PAC. Le aziende agricole sono state, anche, classificate per gli 8 OTE (Orientamento Tecnico-Economico) della RICA (seminativi, ortoflori- coltura, colture permanenti, erbivori, granivori, policoltura, poli-allevamento, miste colture e allevamento) per evidenziare le differenze settoriali. Nelle aziende specializzate nella coltivazione di seminativi (cereali, oleginose, pro- teaginose) si rileva l’incidenza più elevata, il 53%, sul reddito netto, è molto alta anche nei settori zootecnici, con percentuali superiori al 30%. L’incidenza mi- nore è stata riscontrata nel settore ortofloricolo (1%) e nell’allevamento degli animali granivori (6%).

Uno studio della Commissione europea, pubblicato il 9 luglio, dal titolo “Analisi degli oneri amministrativi derivanti dalla PAC”, ha esaminato i costi, gli oneri amministrativi, l’efficacia e l’efficienza degli attuali Sistemi di ge- stione e controllo della PAC. Nello specifico, sono stati analizzati e valutati i diversi elementi del Sistema integrato di gestione e controllo (Sigc), incluso il sistema di identificazione delle parcelle agricole (Sipa) e i relativi meccanismi di controllo in vigore in tutta l’UE.

I costi amministrativi annuali totali creati da un controllo sul 94% delle spese Feaga e sul 53% delle spese Feasr (del Sigc e dei controlli di condizionalità) sono stimati tra 1,7 e 1,9 miliardi di euro, corrispondenti al 3-3,3% del bilancio della PAC. Per l’UE nel suo insieme, il costo medio annuo del Sigc è stimato a 10 euro/ha di superficie agricola utilizzata, con un intervallo che varia tra gli Stati membri da 2 a 200 euro/ha. I costi amministrativi per ettaro di Sau sono particolarmente elevati per i piccoli Stati membri. Lo studio della CE riporta anche le informazioni di interviste agli agricoltori, in cui è stato possibile mo- netizzare l’onere amministrativo per un campione di agricoltori. L’analisi di- stingue tra costi interni, vale a dire il valore del tempo trascorso dagli agricoltori,

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dalle loro famiglie e dai dipendenti in compiti amministrativi, e costi esterni, cioè i costi per i servizi esternalizzati. Complessivamente, i costi totali medi sono di 236 euro per agricoltore per anno con importanti differenze tra i paesi. I valori medi più alti per paese sono osservati in Svezia e in Italia, mentre, i costi medi più bassi si trovano in Spagna e Malta. A livello di beneficiari, come per- centuale del sostegno totale della PAC ricevuto, l’onere amministrativo è sti- mato in media al 2%. Lo studio ha rilevato anche che ciò varia a seconda delle dimensioni dell’azienda, della sua complessità, del numero e dei tipi di sostegno ricevuti, nonché dell’importo dei pagamenti. I risultati dello studio della CE di- mostrano che i controlli amministrativi rappresentano circa i due terzi dei costi di controllo, principalmente a causa del tempo speso per i controlli manuali e sono più elevati nel secondo pilastro rispetto ai pagamenti diretti. Il sostegno dei PSR ha un costo maggiore, anche perché molti controlli sono manuali. Un altro aspetto importante, che incide sui costi amministrativi della Politica agricola comune, riguarda l’organizzazione istituzionale degli Stati membri. Alcuni Stati membri hanno un modello operativo centralizzato con un unico organismo pa- gatore, altri hanno modello regionale (l’Italia ha un modello “misto” come ab- biamo già detto con 8 Regioni con un organismo pagatore). L’Italia, la Germa- nia, la Spagna hanno modelli regionalizzati, mentre la maggior parte dei Paesi UE hanno modelli centralizzati. Lo studio della Commissione europea eviden- zia che il modello decentralizzato, come in Italia, riduce le economie di scala, aumenta i costi di transazione e può introdurre costi generali aggiuntivi. I risul- tati dello studio hanno rilevato che l’automazione, la digitalizzazione e le nuove tecnologie per i controlli di gestione aiutano a ridurre i costi e gli oneri ammini- strativi della PAC. Ad esempio, le tecnologie hanno già mostrato risultati con il sistema di identificazione delle parcelle agricole (Sipa), un sistema informatico basato su fotografie per controllare i pagamenti nell’ambito della PAC. Un’altra tecnologia che potrebbe essere ulteriormente sfruttata per ridurre gli oneri am- ministrativi è il telerilevamento, utilizzato come parte dei regimi di controllo di alcuni Stati membri, che ha portato a una riduzione del numero di ispezioni fi- siche sul campo e all’uso più mirato delle risorse quando gli ispettori devono essere impiegati in azienda. Lo studio della Commissione europea ha anche ri- scontrato che l’utilizzo dei sistemi elettronici dipende molto dallo Stato mem- bro.

L’analisi dei costi relativi all’attuazione del Sistema integrato di amministra- zione e controllo, in seguito alla riforma della PAC 2014-2020, ha fatto emer- gere quattro punti:

1. complessivamente, la riforma della PAC 2014-2020 ha comportato un au- mento degli oneri per le amministrazioni (autorità di gestione e organismi pagatori), tuttavia ha contribuito a evitare un aumento significativo

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43 dell’onere per i beneficiari;

2. tra gli Stati membri esiste eterogeneità tra i costi;

3. l’aumento dell’automazione, della digitalizzazione e l’uso di nuove tecno- logie per la gestione e i controlli della PAC potrà apportare benefici in fu- turo;

4. esiste una disponibilità limitata e un’incoerenza dei dati sui costi ammini- strativi relativi all’attuazione della PAC.

L’attuazione dei PSR in Italia procede a rilento nella maggior parte delle Regioni; i pagamenti hanno raggiunto appena il 43,2% dello stanziamento 2014-2020. L’avanzamento della spesa dei PSR ha notevoli differenze a livello regionale ed i 23 PSR italiani viaggiano a due velocità tra l’eccellenza e il co- stante rischio di “disimpegno automatico” degli stanziamenti.

Il 2019 è il secondo anno in cui è scattato il disimpegno automatico; gli stan- ziamenti del 2016 devono essere erogati entro il 31 dicembre 2019. Il 2018 è stato il primo anno in cui è scattato il disimpegno automatico che scatta al 31 dicembre di ogni anno: le somme stanziate per i PSR devono essere spese entro il 31 dicembre del terzo anno successivo all’anno dell’impegno di bilancio se- condo la cosiddetta regola “N+3”, ai sensi dell’Art. 38 del Reg. 1306/2013.

Dopo cinque anni all’avvio della programmazione 2014-2020, la spesa pub- blica effettivamente cumulata di tutti i PSR dal primo gennaio 2015 al 31 di- cembre 2019 è stata di oltre 9 miliardi di euro, a fronte di uno stanziamento complessivo settennale di quasi 21 miliardi di euro. Al 31 dicembre 2019, come ricordato in precedenza, la spesa ha raggiunto solo poco più del 43% dello stan- ziamento 2014-2020 e le Regioni stanno lavorando alla prossima programma- zione 2021-2027, ma devono ancora spendere quasi il 60% delle risorse.

L’avanzamento della spesa mostra che hanno superato il 50% della spesa programmata: la provincia autonoma di Bolzano (64,7%), il Veneto (56,9%), la provincia autonoma di Trento (51,6%) e la Calabria (50,3%). Alcune altre Re- gioni hanno superato il 45% della spesa: Emilia-Romagna, Molise, Piemonte, Sardegna e Valle d’Aosta. L’obiettivo di spesa al 31 dicembre 2019 è stato rag- giunto da tutti i 23 PSR italiani, eccetto la Puglia, dove l’avanzamento della spesa è al 28,9% (al 31 dicembre 2019), ed ha portato a perdere 142 milioni di euro di risorse pubbliche per effetto del disimpegno, una cifra non trascurabile. Il mancato raggiungimento dell’obiettivo è conseguenza, essenzialmente, del contenzioso in sede di tribunali amministrativi che ha spinto la Regione Pu- glia ad un approccio prudente per cui ha bloccato in modo cautelare 280 milioni di risorse che ha però avuto ricadute inevitabili sull’avanzamento della spesa.

Non bisogna, però, guardare solo l’efficienza della spesa, occorre analizzare anche l’efficacia. Ci sono Regioni che hanno mirato prevalentemente alle “mi-

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sure a superficie” dove è più facile spendere, mentre alcune Regioni hanno in- vestito negli interventi strutturali. l’Emilia-Romagna, ad esempio, ha messo a bando il 93% delle risorse del Piano di sviluppo rurale, ne ha assegnate l’85% ai beneficiari e le misure a superficie incidono meno che in altre Regioni (il PSR dell’Emilia-Romagna verrà dettagliatamente illustrato nel paragrafo 12.3). Una differenza rilevante nei livelli di spesa si evidenzia tra i gruppi di regioni della programmazione 2014-2020: le “Regioni più sviluppate” hanno speso al 31 di- cembre 2019, mediamente il 45.7% delle risorse del PSR; le “Regioni in transi- zione” il 44,8%, mentre le “Regioni meno sviluppate” sono rimaste sotto il 39%. I programmi a livello nazionale, al 31 dicembre 2019, hanno speso il 46,6%.

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