Lo status di cittadino tradizionalmente costituisce un presupposto di appartenenza al demos, ossia di fruizione di quei diritti, politici e sociali, che ad esso sono riconnessi. La cittadinanza è sempre stata quindi rispetto alla comunità sia un fattore d’inclusione che un fattore d’esclusione: chi non è parte dei cittadini non è parte del popolo e non può pretendere di avere gli stessi diritti.
Una conclusione del genere, tuttavia se non sul piano strettamente formale, sarebbe notevolmente miope su quello sostanziale. Se l’istituto della cittadinanza si collega, infatti, con la dimensione statuale, ossia al modello dello Stato-nazione forgiato dall’esperienza storica dell’età moderna, appare evidente che la sua trasformazione debba procedere di pari passo con l’evoluzione strutturale di questo75 notevolmente influenzata dai problemi che emergono dalle importanti masse migratorie che affluiscono nei paesi occidentali e che hanno portato alla costruzione d’identità transnazionali. Il problema d’integrazione dei flussi migratori da tale punto di vista è assolutamente prioritario, l’integrazione sociale è un obiettivo indispensabile per mantenere l’ordine sociale. Sul piano giuridico l’estensione dei diritti
74Corte Cost. sent. nn. 267/1998, 509/2000 e 111 e 432/2005.
75 Rimoli F., Cittadinanza e diritti sociali: qui passa lo straniero, in Giurisprudenza
sociali gioca quindi un ruolo primario per raggiungere tale obiettivo, la realizzazione di un’eguaglianza sostanziale è il presupposto per ogni forma d’integrazione effettiva.
Uno strumento utile al fine di favorire e agevolare l’inserimento sociale è stato introdotto dal legislatore costituzionale nel 2001, tale riforma ha infatti stabilito all’art. 117 2° comma lett. m Cost.
che è compito dello Stato determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Il legislatore costituzionale ha cercato così di introdurre un modello uniforme di tutela di salute del singolo su cui possono innestarsi elementi di differenziazione a livello regionale, se sussistono le condizioni economiche per farlo e al di fuori di un livello minimo, uguale per tutti e su tutto il territorio nazionale, di tutela del diritto alla salute visto come diritto a ricevere determinate prestazioni sanitarie. I livelli essenziali delle prestazioni, cd LEP, costituiscono quindi in materia di tutela della salute, uno strumento di controllo della discrezionalità del legislatore nella garanzia dei diritti sociali, essi, infatti, devono coincidere con il contenuto minimo e non possono intaccarlo. Tuttavia il legislatore costituzionale auspicava che tali limiti essenziali potessero essere il punto di partenza, non l’obiettivo massimo che il servizio sanitario fosse in grado di raggiungere. In particolare il criterio di tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, attribuito alla competenza statale dall’art. 117 2° comma lett. m Cost., dovrebbe essere utilizzato come parametro minimo di prestazione che lo Stato sociale deve rispettare ed elevare non, come oggigiorno rischia di avvenire, quale limite massimo per le prestazioni stesse76.
Con l’avvento dello Stato costituzionale la condizione di consociato non può più quindi essere limitata ai soli criteri legali di acquisto della cittadinanza, e
76 Per un approfondimento in merito ai livelli minimi di prestazioni nell’ambito
dell’assistenza sanitari si può consultare Cavasino E., Perché costruire il diritto alla salute come “diritto a prestazione” rende le forme normative dell’uguaglianza dipendenti dal limite economico e finanziario e ridimensiona l’effetto garantistico del “contenuto minimo essenziale”, Comunicazione del Convegno di Trapani su i Diritti sociali, in www.gruppodipisa.it, 2012.
l’essere cittadino (o il non esserlo) non può più influire in maniera assoluta sul godimento dei diritti civili e sociali. La condizione giuridica dello straniero vive infatti in una serie di valori e principi inserti all’interno della nostra Costituzione: il rispetto della dignità umana e il valore personalista: essi si manifestano non solo nella centralità della persona in quanto tale, ma anche nella sua specificità di minore anziano, donna, lavoratore e per l’appunto straniero. Inoltre il principio personalista, impone, se si ricollega a quello pluralista, di considerare le differenze, sul piano del diritto vigente in una valenza positiva, non dovendo più formare oggetto di un giudizio di disvalore dove lo straniero è il “nemico pubblico” da cui tutelarsi.77 Si pensi ad esempio alla desueta fattispecie di reato dell’ostensione di bandiere estere senza previa autorizzazione amministrativa.
Grazie quindi al rispetto della dignità umana e al principio personalista, che hanno posto in essere le basi per l’inclusione del diverso all’interno del nostro ordinamento, la giurisprudenza costituzionale ha accertato l’illegittimità di una serie di norme di stampo xenofobo.
Il legislatore tuttavia non è tenuto a trattare in ogni caso lo straniero in maniera eguale al cittadino, vi sono dei diritti, come ad esempio quelli politici, in cui lo status civitatis è una condizione essenziale per il loro godimento. Il legislatore ha inoltre la possibilità di trattare differentemente lo straniero rispetto al cittadino, ma nel farlo deve porre in essere scelte politiche ragionevoli.
Il principio di uguaglianza sancito dall’art 3. Cost. non deve essere infatti inteso come assoluta parità di trattamento, il legislatore ha il compito di adeguare le varie norme giuridiche ai diversi aspetti della vita sociale e trattare in modo uguale situazioni uguali e in modo diverso situazioni diverse. Tuttavia la valutazione delle diversità delle situazioni non è lasciata alla sola discrezionalità del legislatore, poiché esso deve onorare il criterio di ragionevolezza per giustificare i trattamenti diversi tra cittadini e non
77 Patroni Griffi A., I diritti dello straniero tra Costituzione e politiche regionali, in
cittadini, fornendo cioè logiche giustificazioni della diversità della disciplina.78 Il giudizio di ragionevolezza può essere utile per scrutinare, di fronte alla discrezionalità che spetta al legislatore, l’irrazionalità interna e la non contraddittorietà della norma rispetto al fine per il quale la disposizione è redatta79.
Il diritto costituzionale alla salute in particolare, mal sopporta esclusioni nel suo godimento basate principalmente sul possesso della cittadinanza, non a caso la Corte Costituzionale ha ridotto al minimo, in virtù proprio del principio di ragionevolezza e del principio d’uguaglianza, le ipotesi in cui l’assenza dello status civitatis possa essere considerata come legittimante un trattamento discriminatorio da parte del legislatore che incida sul contenuto essenziale del diritto80. La già citata sent. n. 104 del 1969, nel ravvisare un’operatività assoluta del principio di uguaglianza nei confronti dello straniero quando si tratti di tutelare i diritti inviolabili dell’uomo, quale quello alla salute, lascia intendere che in riferimento a tale nucleo essenziale costituzionalmente garantito anche nei confronti dello straniero, non sarebbe possibile prevedere alcuna differenziazione di trattamento, neanche se fondata su una ragionevole differenziazione operata dal legislatore. La possibilità di porre in essere trattamenti differenziati nell’ambito dell’assistenza sanitaria può quindi operare solo al di fuori del nucleo essenziale del diritto, purché tali differenze trovino una congrua giustificazione in virtù del criterio di ragionevolezza.
A conferma di tale orientamento sono ravvisabili in giurisprudenza numerose sentenze81, fra le quali si distingue la n. 432/2005 poiché mediante essa la Consulta individua chiaramente quali sono i legittimi criteri di
78Bonfiglio S., La disciplina giuridica dell’immigrazione e i suoi rapporti con i principi
costituzionali.”, in www.dspace-roma.caspur.it.
79Sul tema si può consultare: D’Andrea M., Il principio di ragionevolezza come principio
architettonico del sistema, in La Torre, Spadaro (a cura di), La ragionevolezza nel diritto, Torino, 2002, pag 231 e ss.
80Algostino A., Il processo costituzionale, la ragionevolezza e l’illegittimità consequenziale.
Note a margine della sentenza 432/2005, in Giurisprudenza Italiana, n. 2, 2006, pag. 2253 e ss.
81 Corte Cost. sent. nn. 64/1994,203/1997, 252/2001, 432/2005, 324/2006 e 148/2008,
differenziazione fondati sulla cittadinanza e come opera il principio di ragionevolezza nell’ipotesi in cui il legislatore voglia selezionare i beneficiari di determinate prestazioni assistenziali.
La questione di legittimità sottoposta alla Corte ha origine da una legge della Regione Lombardia, che nell’attribuire il diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea alle persone totalmente invalide per cause civili, non includeva i cittadini stranieri nella regione tra gli aventi diritto a tale beneficio. 82 Nel giungere alla dichiarazione d’incostituzionalità per irragionevole discriminazione degli stranieri, la Corte segue un ragionamento complesso: partendo dalla concezione della condizione dello straniero e della possibilità per il legislatore di trattarlo differentemente rispetto al cittadino, passa a esaminare il limite della discrezionalità del legislatore individuato nel rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo, per valutare infine la scelta del legislatore regionale alla luce del parametro della ragionevolezza.83
La sent. n. 432/2005 è da apprezzare proprio perché utilizza il principio di ragionevolezza al di fuori del nucleo essenziale dei diritti inviolabili, essa, infatti, riconosce che la gratuità del trasporto pubblico non è parte di quel livello essenziale che vincola le prestazioni attuative del diritto alla salute garantito dall’art. 32 Cost., ovvero le norme criticate riguardano prestazioni non essenziali, che si collocano al di fuori dell’operatività incondizionata del principio di uguaglianza. L’illegittimità della legge regionale non deriva dalla violazione di tali parametri, poiché l’agevolazione concessa dalla legge ai soli cittadini residenti è qualcosa di più del livello essenziale, l’incostituzionalità deriva dalla lesione del principio di uguaglianza e dall’incongruità degli elementi valutativi fatti propri dal legislatore regionale dato che “non c’è alcuna ragionevole correlabilità tra quella condizione positiva di ammissibilità al beneficio (la cittadinanza) e gli altri peculiari requisiti
82 Ranalli D., L’accesso dello straniero all’assistenza sociale, in www.altrodiritto.unifi.it.
83Gens M., Il diritto degli stranieri extracomunitari alla non irragionevole discriminazione in
(invalidità e residenza) che ne condizionano il riferimento e ne definiscono la ratio e la funzione84”. La Corte quindi in tale caso opta per un’applicazione diretta ed esclusiva del parametro di ragionevolezza e sostiene che “al legislatore è consentito introdurre regimi differenziati, circa il trattamento riservato ai singoli consociati, ma soltanto in presenza di una causa normativa non palesemente irrazionale o, peggio arbitraria” e la distinzione operata in tale caso dal legislatore della regione Lombardia risulta fondata su elementi del tutto arbitrari “non essendovi nessuna ragionevole correlabilità” tra il requisito della cittadinanza e gli altri requisiti, per cui ravvisa come ragion d’essere della norma impugnata esclusivamente una previsione destinata a scriminare dal novero dei fruitori del servizio gli stranieri in quanto tali, facendone derivare la violazione dell’art. 3 Cost. che la rende ovviamente incostituzionale85.
Il principio di ragionevolezza si è dimostrato dunque un criterio utile al fine di evitare inopportune discriminazioni basate sul requisito del possesso della cittadinanza, volte ad escludere lo straniero dal godimento di determinati diritti sociali, non solo nell’ambito del nucleo essenziale del diritto alla salute, ma anche al di fuori di tale limite, così da garantire anche l’accesso alle prestazioni sociali, volte a tutelare il benessere psicofisico dell’individuo, rendendo così più ampia ed effettiva la tutela della salute garantita dall’art. 32 Costituzione.
84Algostino A., Il processo costituzionale, la ragionevolezza e l’illegittimità consequenziale.
Note a margine della sentenza 432/2005, in Giurisprudenza Italiana, n. 2, 2006, pag. 2253 e ss.
85D’Aloia A. e Patroni Griffi A., La condizione giuridica dello straniero tra valori costituzionali