CAPITOLO 2: LA LEGISLAZIONE ORDINARIA E IL DIRITTO ALLA SALUTE
2.4 La l 189 del 2002 Legge Bossi Fini e l’inasprimento delle politiche migratorie.
Uno dei principali punti del programma elettorale del Governo nato dalle elezioni politiche del maggio 2001 aveva come obbiettivo quello di modificare la legislazione vigente in materia di immigrazione, ossia il T. U. introdotto con il d.lgs. n. 286/98. Tale obbiettivo viene raggiunto mediante l’approvazione della l. 189 del 2002, nota come “Bossi-Fini” grazie ai nomi dei due leaders politici della colazione di maggioranza che hanno spinto maggiormente al fine di ottenere sia una nova regolamentazione dei flussi migratori sia dei nuovi strumenti per contrastare più efficacemente l’immigrazione clandestina, ponendo tuttavia in essere un sistema decisamente più restrittivo.
In particolare con la c.d. Legge Bossi-Fini il legislatore italiano ha apertamente “mostrato i muscoli”, espandendo al massimo il sistema punitivo157, poiché ha introdotto oltre a un generale irrigidimento delle fattispecie penali previgenti anche nuove fattispecie penali finalizzate alla repressione delle condotte legate all’ingresso clandestino. Inoltre la l. 189 del 2002 ha attribuito all’espulsione amministrativa un ruolo centrale per la lotta alla clandestinità e ha rafforzato e utilizzato largamente la misura del trattenimento presso i “centri di permanenza temporanea”.
Non meno rilevanti inoltre sono le modifiche sostanziali che tale legge ha posto in essere in relazione all’ingresso, al soggiorno e al lavoro dei cittadini extracomunitari. La c.d. Bossi-Fini punta, infatti, ad arginare il fenomeno dell’immigrazione clandestina prevedendo un meccanismo di accesso solo a chi ha la concreta possibilità di un lavoro, considerato il requisito principale. Lo straniero può entrare nel territorio italiano solo se in possesso di un contratto di lavoro o di un reddito sufficiente per il suo mantenimento
157Per un approfondimento maggiore in materia è possibile consultare Moccia S., La
economico. Quindi non si parla di una mera aspettativa o speranza, ma di una concreta realtà lavorativa, realizzando così l’assioma rientrante in una logica di prevenzione secondo cui chi lavora onestamente è meno esposto al “canto delle sirene” della criminalità organizzata.158
Uno degli elementi qualificanti di tale legge è senza dubbio il c.d. contratto di soggiorno159, esso era stato, infatti, utilizzato anche come slogan durante la campagna elettorale proprio per sottolineare che lo straniero non avrebbe potuto soggiornare in Italia un attimo di più della durata del contratto di lavoro. L’ingresso e la permanenza degli immigrati sono principalmente legati all’esercizio di un’attività lavorativa che consente il rilascio di un permesso di soggiorno della durata fino a due anni di tempo per i rapporti a tempo indeterminato, e riconosce una priorità a quelli che provengono dagli Stati convenzionati con l’Italia in materia di riammissione o che hanno seguito corsi di formazione professionale all’estero. Con il meccanismo della “chiamata professionale” il datore di lavoro può instaurare un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero. Il datore di lavoro è tenuto a presentare allo sportello unico per l’immigrazione della provincia di residenza o in quello in cui ha sede legale l’impresa nella quale lo straniero lavorerà una richiesta nominativa diretta ad ottenere il nulla osta al lavoro, un’idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione residenziale per il lavoratore straniero e la proposta del contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva dell’impegno del pagamento, da parte dello stesso datore di lavoro, delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza ed infine dovrà dichiarare di impegnarsi a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.160
158Rocchina S. e Turco V., Invalidità civile, disabilità ed handicap. Diritti, provvidenze
economiche e processo previdenziale, Maggiolini Editore, Santarcangelo di Romagna, 2012, pag. 276-277.
159La disciplina del contratto di soggiorno è contenuta nell’art. 5-bis, introdotto dalla l.
189/2000 nel T. U. 286/98.
160 Bassoli E., L’immigrazione dopo il nuovo pacchetto sicurezza, Maggiolini Editore,
Per entrare legalmente in Italia inoltre lo straniero deve essere in possesso dei “requisiti generali necessari” dai quali dipende ovviamente anche la regolarità del soggiorno, poiché se essi dovessero venire meno decadrebbero anche le condizioni per la regolare presenza dell’immigrato.
Ex art. 4 1° comma T.U. i requisiti richiesti si sostanziano: nel possesso di un passaporto o di un altro documento di viaggio valido, la dimostrazione di avere idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, l’inesistenza nei confronti dello straniero delle quattro cause ostative161 e la dimostrazione della disponibilità dei mezzi sufficienti per la durata del soggiorno e per il ritorno nello Stato di provenienza.
Nel caso in cui il lavoratore in possesso del permesso di soggiorno per lavoro non stagionale, perda il posto di lavoro o si dimette, ha diritto a un nuovo permesso di attesa occupazione; per ottenerlo è necessario che lo straniero s’iscriva nelle liste di collocamento presso il Centro per l’impiego e presenti la richiesta in questura. Quando il titolare del permesso per attesa occupazione troverà un nuovo lavoro, dovrà richiedere la conversione del permesso di soggiorno per motivi d’impiego. Tuttavia rispetto alla precedente disciplina il tempo concesso per trovare una nuova occupazione è stato dimezzato da un anno a sei mesi162, un lasso di tempo decisamente esiguo se si considera che il calcolo dei mesi viene fatto decorrere non dal momento del rilascio del permesso per attesa occupazione ma dal momento in cui è stata presentata la domanda.
161Le quattro circostanze ostative sono: 1)la considerazione dello straniero come minaccia
per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi accordatesi con l’Italia in vista della soppressione delle frontiere interne e della libera circolazione delle persone, 2) il divieto di ingresso per ogni straniero che risulti condannato per i reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2 del c.p.p. o per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento per l’immigrazione clandestina verso l’Italia o dall’Italia verso altri Paesi, per il reato di reclutamento di persone per la prostituzione o di sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, 3) la sussistenza di un divieto di ingresso nel territorio italiano a seguito di un provvedimento di espulsione, 4)la segnalazione prevista da accordi internazionali che permetti di respingere o non ammettere i soggetti segnalati, per tutelare l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale e le relazioni internazionali.
Inoltre ogni volta che lo straniero cambia datore di lavoro163 è necessario che esso stipuli nuovamente il contratto di soggiorno e dimostri di possedere un alloggio confortevole munito di certificazione di idoneità rilasciata dal competente ufficio tecnico comunale. Tali parametri d’idoneità sono riferiti a standard stabiliti dalle leggi Regionali in materia di edilizia residenziale pubblica. Si prevede quindi che l’immigrato, ossia il soggetto che ha più difficoltà a trovare casa, sia in grado di trovare un alloggio rivolgendosi al mercato privato164, conforme agli standard richiesti dalla legge e rientrante nelle possibilità economiche del soggetto. Ovviamente le possibilità che ciò effettivamente si verifichi sono molto scarse, molto più plausibile è che da una normativa di tale genere nasca un mercato di carte false, ossia di ospitalità fasulle, spingendo nella clandestinità persone che hanno come unica colpa quella di non potersi permettere una casa. Un eclatante esempio in tal senso è stato il caso di una ex conceria di Arzignano dove abitavano 500 persone in possesso del permesso di soggiorno, che lavoravano regolarmente, pagavano i contributi e che ufficialmente, quando si presentava la questura ogni settimana per fare i controlli, esibivano un permesso di soggiorno da cui risultava un domicilio ovviamente diverso. La questura evidentemente faceva finta di non sapere che effettivamente essi erano costretti a documentare un alloggio falso pur di poter rinnovare il permesso di soggiorno.165
Un ulteriore tratto caratterizzante della legge 189 del 2002 è la centralità che è stata conferita all’espulsione amministrativa, vista come principale soluzione e argine all’immigrazione clandestina. Le linee guida della normativa delineata sono ispirate a una logica binaria comune a molte
163Ipotesi del tutto plausibile se si pensa che la maggior parte dei lavoratori stranieri sono
destinati a lavori marginali e precari e sono impiegati con contratti a termine.
164La possibilità di ottenere una casa popolare è eccessivamente ottimista dato che tali casi
sono poche e i richiedenti sono molti.
165Notizia riportata dalla Rivista MicroMega il 16 marzo 2010 nell’articolo: Due mesi dopo, i
fatti di Rosarno non hanno insegnato nulla, consultabile all’indirizzo:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/due-mesi-dopo-i-fatti-di-rosarno-non-hanno- insegnato-nulla/?printpage=undefined.
legislazioni europee, uno dei principali elementi attraverso cui questo sistema si articola è il meccanismo delle quote166 che affida ad una determinazione politico-amministrativa decisa con provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri, il c.d. decreto flussi, la definizione delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio a fini lavorativi, tenendo conto dei ricongiungimenti familiari e degli altri ingressi regolari. Se si valuta effettivamente la tenuta di questo sistema non si può tuttavia riconoscerne la sostanziale inefficacia, il tentativo di regolare e contenere ciclicamente i flussi migratori senza tener alcun conto del “principio di domanda-offerta”, secondo una parte della dottrina167 è principalmente deleterio, poiché determina un importante aumento delle situazioni irregolari dei migranti, che non avendo accesso per le vie consentite scivolano presto nel mondo del lavoro sommerso. Inoltre, la determinazione delle quote è sempre stata tarata verso il basso, o addirittura bloccata, così che oramai da anni si verifica un inquietante paradosso ossia che esse non servono più per permettere l’ingresso di nuovi stranieri ma soltanto a far emergere una piccola quota degli stranieri già presenti sul territorio nazionale.168
166 All'articolo 3 comma 4 viene così previsto: “Con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri […] sono annualmente definite, entro il termine del 30 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento del decreto, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell’articolo 20. Qualora se ne ravvisi l’opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l’anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, entro il 30 novembre, nel limite delle quote stabilite nell’ultimo decreto emanato”.
167Cosi ad es. Favilli C., I diritti dell'immigrato non regolarmente soggiornante , (a cura di)
Benvenuti P., Flussi migratori e fruizione dei diritti fondamentali , Il Sirente, 2008, p.291, oppure Dal Lago A., Non-persone. L'esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, 1999.
168 Pepino L., Le migrazioni, il diritto, il nemico. Considerazioni a margine della legge
L’esigenza di adottare misure volte a contrastare l’immigrazione clandestina tuttavia sono confermate e sentite anche a livello internazionale così come testimonia l’art. 11 paragrafo 11 del Protocollo Addizionale della Convenzione di Palermo dedicato al traffico dei migranti, il quale stabilisce che: “Senza pregiudizio per gli impegni internazionali in relazione alla libera circolazione delle persone, gli Stati Parti rafforzano, nella misura del possibile, i controlli alle frontiere necessari per prevenire e individuare il traffico dei migranti.” A questa norma, a sua volta, è collegata quella dell’art. 11 paragrafo 5 che stabilisce: “Ogni Stato Parte prende in considerazione l’adozione di misure che consentono, conformemente al diritto interno, il rifiuto d’ingresso o il ritiro dei visti per le persone coinvolte nella commissione di reati di cui al presente Protocollo”.
La centralità delle misure di frontiera volta a contrastare l’immigrazione clandestina è sottolineata e rafforzata dall’introduzione di due nuove previsioni normative che introducono delle sanzioni più severe per le ipotesi di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, che si ripropongono di risolvere il problema del controllo del numero degli stranieri presenti sul territorio nazionale affermando l’esigenza di tutelare le frontiere, sanzionando tutte le condotte strumentali a permettere la violazione della normativa d’ingresso degli stranieri nel territorio italiano.169
Accanto alla revisione delle procedure d’ingresso170 e all’introduzione delle sopraccitate norme di reato, al fine di rendere più rigoroso l’accertamento dello stato di occupazione dell’immigrato regolarmente soggiornante, la l. 189 del 2002 aveva tra i suoi scopi dichiarati quello di incidere sulla disciplina delle espulsioni modificando il sistema della c.d. detenzione amministrativa allo scopo di accrescere l’effettività dei provvedimenti di allontanamento e introducendo un complesso sistema di norme penali, che
169Centonze A., Criminalità organizzate e reati internazionali, Giuffrè, Milano 2010, pag. 212-
214.
170Ossia l’introduzione della nuova disciplina del contratto di soggiorno e del cd. decreto
non analizzerò in tale sede, al fine di sanzionare l’indebita permanenza dello straniero che non ottemperi all’espulsione.
In linea di massima tuttavia l’inasprimento delle politiche migratorie contribuisce non solo ad aumentare l’insicurezza e la paura dell’altro, ma ad alimentare anche al contempo l’isolamento e la marginalizzazione dell’immigrato spingendolo al rischio costante di una ricaduta nell’irregolarità e inducendolo inoltre a non rivolgersi alle autorità per paura di essere “scoperto”, neanche nei casi di necessità o di evidenti soprusi. Alcuni esempi tratti dalla cronaca permettono di comprendere come la paura di essere identificati dalle autorità nazionali possa avere effetti devastanti ed estremamente deleteri nei confronti degli stranieri irregolari, provocando come conseguenza principale di tale normativa una silenziosa lesione di quei diritti, anche se considerati fondamentali, di cui il legislatore non ha tenuto conto. Come prova di tale teoria si può citare il caso di Joy Johnson, ventiquattrenne nigeriana che si prostituiva a Bari, morta di tubercolosi sotto un cavalcavia nel marzo del 2004 per il timore di venire espulsa se si fosse presentata a un pronto soccorso.
Tale vicenda, una di mille, prova come norme di “annuncio” volute da una politica xenofoba improntata principalmente ed esclusivamente alla repressione, piuttosto che all’integrazione, portino a effetti socialmente distruttivi, sollecitando pulsioni aggressive che determinano un’ulteriore sommersione del problema, aggravandolo invece di risolverlo.