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Applicazioni musicali

Nel documento Reich (pagine 140-148)

Nell’aprile del 1969 ho presentato

Pulse Music

con il Phase Shifting Pulse Gate in prima esecuzione a un concerto alla New School for Social Research di New York. Il 27 maggio 1969 ne ho presentata una seconda versione, in forma più elaborata, al W hitney M useum of American Art, New York. Per l’occasione, otto oscillatori vennero collegati al circuito di controllo e accor­ dati sulla stessa scala minore naturale di quattro tamburi di legno, che erano già stati adoperati in un altro pezzo nello stesso concerto. Delle otto altezze diverse di suono, quattro erano collegate a due canali ciascuna, in modo da ottenere un totale di dodici frequenze di oscillatore. Nelle battute da 13 a 16 [v. es. 1] si può notare come le frequenze duplicate siano state separate in due posizioni di fase del tutto distinte. Le linee punteggiate tra le battute indicano questo defasaggìo graduale per centoventesimi di nota. I numeri in piccolo tra parentesi indicano le posizioni degli interruttori rotativi di selezione. La prima croma di una battuta in 12/8 divisa in 120 intervalli uguali e indicata con (1), la seconda con (11), la terza con (21) e così via. Questi numeri mi hanno aiutato a coordinare la notazione musicale con la regolazione degli interruttori di selezione durante l’esecuzione. Alla battuta 21 il motivo finale viene gradualmente accelerato sino a più del doppio del suo tempo origina­ rio, creando un suono che somiglia più a una macchia di colore che a una serie di vibrazioni discrete. Dopo la battuta 21 la lunghezza delle linee

pun-Es. 1. Pulse M usic (5/69) (per Phase Shifting Pulse Gate)

teggiate indica il graduale defasaggio finale di questa macchia sonora sino a ottenere un accordo a rapide vibrazioni alla battuta 22.

N el concerto al W h itn ey, prim a di

Pulse Music

ha avuto luogo la prim a e unica esecuzione di

Four Log Drums

in cui il circuito fungeva da program m atore per i quattro m usicisti che suonavano ciascuno un tam ­ buro di legno a due note. Gli im pulsi sonori che provenivano dal circui­ to venivano trasmessi a ciascun m usicista attraverso delle cuffie. O gnuno suonava il tam buro in esatta sincronia con gli im pulsi sonori che inviavo dal circuito. Le cuffie assorbivano solo in parte i suoni della stanza e gli interpreti potevano ascoltarsi l’un l’altro. Com e scoprimmo durante le prove, i m usicisti creavano la struttura d insieme giusta solo se, oltre a

cercare di seguire con precisione gli im pulsi che inviavo loro, potevano anche ascoltarsi a vicenda.

In questo pezzo, sia le altezze sia il tempo sono gli stessi che in

Pulse

Music.

Nel concerto, abbiamo attaccato

Pulse Music

subito dopo la bat­

tuta 14 di

Four Log Drums,

senza alcuna pausa.

Es. 2. F our Log D rums (5/69)

“Four Organs

” -

una fin e p e r l ’elettronica

Dopo il concerto al W h itn ey M useum , riportai il Phase Shifting Pulse Gate nel mio studio, ben chiuso nella sua valigia, che non aprii subito. U no dei motivi era la tensione di dover far m usica in pubblico con un dispositivo che era essenzialmente un prototipo e che avrebbe potuto facilmente smettere di funzionare in qualunque m om ento. Un

altro motivo, più serio, era che la perfezione dell’esecuzione ritm ica che si poteva ottenere con il circuito a sfasamento periodico (o con un qualsiasi altro dispositivo elettronico generatore di sequenza e di ritmo) era rigida e poco m usicale. N ella m usica come la m ia, che si basa su un im pulso ritm ico costante, sono in realtà le m icrovariazioni di questo im pulso create dagli esseri um ani che suonano uno strumento o cantano a darle vita. Infine, l’esperienza di far m usica girando delle m anopole anziché attivam ente servendomi delle mie m ani e del m io corpo non mi soddisfaceva. Dopo tutto, sentivo che le idee m usicali alla base della concezione del circuito erano valide, m a che un dispositivo elettronico non era il modo m igliore per realizzarle.

Tre mesi dopo, n ell’agosto del 1969, ebbi l’idea che in un gruppo di note che vibra insiem e in un accordo ripetuto, come a ll’inizio di

Pulse

M usic

, si può prolungare progressivamente la durata di una nota sino a

produrre, con questa aum entazione graduale di durate, una specie di m usica al rallentatore.

In effetti, era come utilizzare del circuito solo la sua facoltà di variare la durata (cui non ero ricorso nella versione del W h itn ey M useum ), e in enormi proporzioni. Le note sarebbero com inciate all unisono in un accordo vibrante, per estendersi poi gradualm ente nel tempo come una specie di diagram m a a colonne orizzontali.

Invece di caricare in modo progressivo il mio controllo dell ampiezza di frequenza con dei condensatori, pensai di suonare con 1 organo un accordo ripetuto e poi di prolungarne prim a una nota e poi varie. Al posto di un orologio digitale com une, un m usicista avrebbe scandito il tempo con le maracas con im pulsi ritm ici stabili; gli organisti avrebbero potuto così contare il tempo insiem e e contem poraneam ente prolungare la durata delle loro note rispettive sempre di più.

Per vari mesi m i fu impossibile m etterm i al lavoro su questo progetto. Ho dovuto attendere sino al gennaio del 1970 per completare

Four

Organs

per quattro organi elettrici e maracas [v. ess. 3, 4, 3 alla pagina

seguente].

Avevo intenzione di riprendere a lavorare con il Phase Shifting Pulse Gate dopo aver term inato

Four Organs

, m a 1 esperienza di far m usica e di provare con il mio ensemble fu talm ente positiva, dopo oltre un anno dedicato all’elettronica, che un mese dopo, nel febbraio del 1970, ne risultò un altro pezzo per quattro organi,

Phase Patterns.

In questo pezzo, tutti e quattro noi dovevamo letteralm ente tam bureggiare sulle tastiere una figurazione ritm ica che si chiam a

paradiddle

nei rudim enti del tam ­

buro occidentale. .

Phase Patterns

si rivelò u n ’esperienza altrettanto positiva di

Four Or­

gans

e m i indusse, insiem e ad altri m otivi, a effettuare un viaggio in Africa per studiare il tam buro.

Il Phase Shifting Pulse Gate è tuttora nella sua valigia in cim a all ar­ m adio della m ia cam era da letto, e non 1 ho ancora aperta.

Es. 3. F our O rgani (1/70), dal primo paragrafo della partitura

La parte delle maracas consta di una successione continua e stabile di crome per l’intera durata del pezzo, così:

Dato che le maracas devono potersi udire chiaramente rispetto ai quattro organi, si consiglia di usarne due paia, un paio per mano.

Es. 4. F our Organs (1/70), battute 1-4

La m usica elettronica in senso stretto poco a poco si estinguerà e sarà assorbita nel flusso ininterrotto della m usica prodotta con la voce e con il suono degli strum enti.

La m usica non occidentale in genere, e in particolare la musica afri­ cana, indonesiana e indiana, forniranno dei nuovi m odelli strutturali ai musicisti occidentali. Non dei nuovi m odelli sonori (è il vecchio fanta­ sma dell’esotismo). C ’è da augurarsi che chi di noi am a i suoni di queste musiche lo esprimerà sem plicem ente im parando a suonarle.

Le scuole di m usica conosceranno una rinascita, offrendo un insegna­ mento nella pratica e nella teoria m usicale del mondo intero. Giovani compositori e interpreti formeranno nuovi ensemble, ispirandosi a una o a varie tradizioni m usicali del mondo.

I danzatori che oggi danno spettacoli con musica aritm ica, o anche senza musica, saranno sostituiti da giovani m usicisti e danzatori che ristabiliranno l’unità tra m usica ritm ica e danza come alta forma d ’arte.

La pulsazione e il concetto di un chiaro centro tonale riemergeranno come sorgenti fondam entali della nuova musica.

(u n a danz a d ella trib ù E w e d e l G hana)

N ell’estate del 1970 sono stato in G hana per studiare il tamburo. Grazie a una borsa di studio del D ipartim ento Progetti Speciali dell’Isti­ tuto per l’Educazione Internazionale sono andato ad Accra, la capitale del Ghana, dove ho studiato con un maestro di tam buro della tribù Ewe residente presso il Ghana Dance Ensemble, la com pagnia nazionale di danza che prova tutti i giorni all’Istituto di Studi Africani dell U niversità del Ghana.

O gni giorno seguivo delle lezioni, che registravo, con G ideon Alorworye; tornavo poi nella m ia camera e, ascoltando e riascoltando il nastro ora alla metà, ora a un quarto della velocità, riuscivo a trascrivere i motivi di campana, di sonaglio e di tam buro che avevo im parato. Per ogni strumento il metodo era il seguente: prim a imparavo il motivo di base della doppia cam pana

(gong-gong)

che costituisce lo schema ritm ico fondamentale e costante dell’insiem e; poi imparavo il motivo del sona­ glio (

axatse

), che è piuttosto sim ile a quello del gong-gong e resta an- ch’esso im m utato per l’intera esecuzione. Passavo quindi ai tam buri, mentre io suonavo il gong-gong, il mio maestro suonava uno dei motivi del tam buro; poi ci scambiavamo gli strum enti e io cercavo di suonare il morivo del tam buro mentre lu i suonava la campana. Scoprii che riuscivo a im parare a m em oria i m otivi del tam buro con relativa facilita, m a li dim enticavo quasi altrettanto rapidam ente.

Non ero in grado di ricordarli davvero finché non m i rendevo conto esattamente della relazione ritmica tra il tamburo e i motivi della campana. Il processo di apprendimento era facilitato e accelerato dall’ascolto dei nastri con la registrazione delle mie lezioni, che ripetevo sinché non riuscivo ad annotare con precisione la relazione tra ciascun tamburo e il motivo della campana. Studiavo un tamburo dopo l’altro e lo mettevo in relazione alla campana sino a completare la trascrizione dell’intero insieme.

Questo metodo mi è stato suggerito dalla lettura di

Studies in Ajrican

M usic

di A .M . Jones, pubblicato dalla Oxford U niversity Press nel 1959.

(guarda caso, proprio della tribù Ewe) im piegando uno strum ento per registrare il tamburo che aveva ideato lui stesso. Questo strum ento con­ siste di un rotolo di carta scorrevole che viene marcato elettricam ente ogni volta che il percussionista colpisce una lam ina di m etallo con una bacchetta; mentre Jones batteva il motivo della cam pana, un maestro ewe batteva una delle parti di tam buro, ed entram bi i m otivi venivano fedelmente riprodotti in forma grafica sul rotolo di carta scorrevole. Questo prim o risultato veniva poi trascritto in notazione convenzionale. È stata la lettura del libro di Jones, nel 1963, a destare il mio interesse per la m usica africana, un interesse che si è sviluppato con l’ascolto di regi­ strazioni, con lo scambio di corrispondenza con Jones e infine con due brevi lezioni a N ew York con Alfred Ladzepko, un altro maestro di tam buro ewe che lavorava alla C olum bia U niversity con Nicholas En- gland.

In fin dei conti decisi che era im portante andare di persona in Africa per im parare a suonare il tam buro con la pratica.

***

Il

gahu

è una danza estremamente popolare. Si può eseguire in qual­ siasi luogo e in qualunque m om ento, quando i m usicisti e i danzatori ne hanno voglia. C iò è in contrasto con le danze di corte (f

atsiagbeko

degli Ewe e il

fontenfrom

degli Ashanti) che invece si possono eseguire solo a tempo e luogo opportuni. T utte le danze del Ghana sono adatte a un contesto particolare, e il gahu deve essere disteso e informale.

Il gahu non è una danza puram ente ewe. Il mio maestro mi ha detto che è originaria della città di G badagri (ba-da-gri), che si trovava in N igeria tra Lagos e la frontiera del D ahom ey. Gli Ewe facevano delle spedizioni di pesca insiem e con la gente di quei luoghi, gli A gunna o Guan, un popolo che aveva una propria lingua, diversa sia dallo yoruba che d all’ewe. Il maestro non sapeva quanto tempo era trascorso da allora.

In G hana il nom e di un brano m usicale è anche quello della danza che vi si accompagna, sono inseparabili. U na volta ho assistito a una seduta inform ale di registrazione all’aperto, alle spalle dell’Istituto di Studi Afri­ cani, in cui vari m usicisti suonavano direttam ente di fronte a due m icro­ foni. Benché tutti fossero consapevoli che solo il suono veniva registrato, varie persone com inciarono lo stesso a eseguire la danza corrispondente. Il gahu viene danzato in circolo da uom ini e donne. Lo schema di passi fondam entale consiste nell’alternare i piedi con piccoli passi in avanti (sinistra, sinistra, destra, destra), m entre le braccia oscillano dolcemente dal lato opposto (destra, destra, sinistra, sinistra), il tutto sui quattro quarti di base del motivo ritm ico della campana. C i sono molte altre varianti con le quali non ho fam iliarità.

Spesso nel pom eriggio, n ell’attesa del tamburo della sera, gli Ewe eseguivano i canti

hatsyiatsya

con l’accom pagnam ento di quattro

campa-ne di ferro, due gong-gong e due

atoke.

Questo accom pagnam ento da vita a un piccolo insieme poliritm ico di percussioni fatto di m agnifici suoni di campane. La sua sonorità m i affascinava e chiesi a Gideon di insegnarm i i motivi hatsyiatsya del gahu.

Es. 6. Motivi hatsyiatsya-gahu — tribù Ewe del Ghana

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La partitura riporta in una notazione molto approssimativa 1 altezza di questi suoni di campana: il m i bem olle acuto del prim o atoke è in realtà un po’ più alto, mentre il do acuto del secondo atoke è un po’ più basso; il mi bem olle del primo gong-gong è molto basso e, a seconda di dove la cam pana viene percossa, oscilla tra il m i bem olle e il re, form an­ do a volte una specie di seconda minore; il secondo gong-gong è circa un quarto di tono al di sopra del la indicato. L’altezza assoluta di questo genere di campane ha un am pio margine di variazione, benché i gong- gong siano di solito accordati grosso modo in ottave o in seste m aggiori.

Il motivo fondamentale è affidato al prim o atoke, che come il secon­ do presenta un unico motivo per l’intera durata del pezzo. Il secondo atoke può sostituire una croma con due semicrome in uno qualsiasi dei tem pi o anche in tutto il pezzo. I due gong-gong hanno entram bi un primo motivo che dura l’equivalente di due quarti. Due loro motivi equivalgono così nella durata a un motivo di atoke. I gong-gong intro­ ducono il proprio motivo rispettivo in m om enti diversi, che non coin­ cidono neppure con il prim o tempo del motivo di atoke. Q uesta è, ridotta ai term ini più sem plici, l’essenza della struttura ritm ica africana:

vari m otivi ripetitivi di durate uguali o in relazione tra loro, ciascuno con

Nel documento Reich (pagine 140-148)