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vari m otivi ripetitivi di durate uguali o in relazione tra loro, ciascuno con un tempo fo rte distinto che non coincide con quello degli altri

Nel documento Reich (pagine 148-159)

La partitura riporta in una notazione molto approssimativa 1 altezza di questi suoni di campana: il m i bem olle acuto del prim o atoke è in realtà un po’ più alto, mentre il do acuto del secondo atoke è un po’ più basso; il mi bem olle del primo gong-gong è molto basso e, a seconda di dove la cam pana viene percossa, oscilla tra il m i bem olle e il re, form an­ do a volte una specie di seconda minore; il secondo gong-gong è circa un quarto di tono al di sopra del la indicato. L’altezza assoluta di questo genere di campane ha un am pio margine di variazione, benché i gong- gong siano di solito accordati grosso modo in ottave o in seste m aggiori.

Il motivo fondamentale è affidato al prim o atoke, che come il secon­ do presenta un unico motivo per l’intera durata del pezzo. Il secondo atoke può sostituire una croma con due semicrome in uno qualsiasi dei tem pi o anche in tutto il pezzo. I due gong-gong hanno entram bi un primo motivo che dura l’equivalente di due quarti. Due loro motivi equivalgono così nella durata a un motivo di atoke. I gong-gong intro­ ducono il proprio motivo rispettivo in m om enti diversi, che non coin­ cidono neppure con il prim o tempo del motivo di atoke. Q uesta è, ridotta ai term ini più sem plici, l’essenza della struttura ritm ica africana:

vari m otivi ripetitivi di durate uguali o in relazione tra loro, ciascuno con

un tempo fo rte distinto che non coincide con quello degli altri.

Il secondo motivo dei gong-gong consiste nella sem plice alternanza di coppie di semicrome sulle cam pane inferiori. Si crea così una specie di

motivo di transizione che conduce al terzo motivo, che il primo gong- gong attacca in corrispondenza deH’ultim a crom a del motivo di atoke, m entre il secondo gong-gong attacca in corrispondenza del terzo quarto di tempo degli atoke. Non c’è una regola assoluta per stabilire quando i gong-gong debbano passare da un motivo all’altro, m a la transizione deve avvenire sim ultaneam ente. Gli interpreti hanno anche la libertà di invertire l ’ordine delle campane superiori e inferiori n ell’ambito di un determ inato motivo.

I m usicisti sono seduti e introducono delle pause nei motivi di gong- gong poggiando il bordo della cam pana grande contro le cosce ad ogni pausa, in modo da bloccarne la risonanza. Gli atoke si smorzano nelle pause toccando l’estrem ità della cam pana con il pollice della mano che tiene lo strum ento. Il mio maestro m i disse che esistevano molti altri motivi e che si potevano suonare sino a otto gong-gong con i due atoke.

Non ho trascritto i canti perché m i interessavano meno. L’accom pa­ gnam ento era ciò che m i sembrava unico, m agnifico e radicalm ente diverso da quanto si può ascoltare nella m usica occidentale. Sono un compositore/interprete e non un musicologo; riporto notizie che credo possano interessare altri in una situazione sim ile alla m ia. C hi vuol stu­ diare altri canti hatsyiatsya trascritti in modo più completo, con accom­ pagnam ento e m elodia, può trovarli in

Studies in African Music

di A .M . Jones.

Gli strum enti di cui ci si serve in un ensemble di percussioni gahu sono: uno o due gong-gong; alm eno un sonaglio, sebbene spesso varie persone raddoppino la parte dei sonagli, che è facile da suonare nella musica del Ghana; i tam buri

kagan

(il più piccolo),

kidi

(di taglia im m e­ diatam ente superiore),

sogo

(di taglia interm edia), e

agboba

(il tamburo principale). C hi ha fam iliarità con la m usica ewe noterà che per il gahu, una danza che come abbiam o visto gli Ewe hanno im portato dalla N ige­ ria, si usa un tam buro speciale, (f agboba) al posto

àdYatsimevu,

che è abitualm ente usato dagli Ewe come prim o tamburo.

Purtroppo, essendomi ammalato, non m i riuscì di restare in Ghana il tempo necessario a completare la trascrizione che ho riportato [v. es. 7]. Ciò spiega come mai vi figurino solo i motivi ripetitivi fondamentali delle parti di campana e di sonaglio, con il motivo iniziale del tamburo principale accom­ pagnato dalle risposte corrispondenti dei tamburi di sostegno. Per mancanza di tempo, non ho neanche potuto annotare le altezze dei tamburi, che sono importanti benché possano presentare lievi variazioni da esecuzione a esecu­ zione. C hi è interessato a conoscere le altezze dei tamburi ewe può ancora una volta far riferimento al libro di Jones. Malgrado i suoi limiti, questa è la prima e per il momento l’unica trascrizione dei motivi hatsyiatsya e dello schema ritmico fondamentale del gahu.

II motivo di base d ell’intera danza figura nel gong-gong. È esattam en­ te lo stesso che il prim o atoke suona nei motivi hatsyiatsya. La prim a volta che il motivo viene eseguito, il m usicista ha la possibilità di

segna-Es. 7. Gahu - tribù Ewe delGhana

lare ai com pagni il suo tempo forte battendolo sulla cam pana inferiore. In seguito, a meno che qualcuno non esca fuori tempo in relazione al motivo ritmico della campana, chi suona il gong-gong non si serve c e della cam pana superiore, il cui timbro dom ina sugli altri strum enti del gruppo. Questo motivo in 4/4 è un po’ insolito nella musica ewe e dell’Africa occidentale in genere. Di solito il motivo di base della cam pa­ na è in ciò che chiam eremmo un 12/8, com e nella trascrizione di

agba-

dza

che segue. Q uando decisi finalm ente che doveva essere trascritto come l’ho riportato qui, scrissi a Jones per sapere cosa ne pensava di un motivo che sembrava avere caratteristiche insolite. M i rispose che era sim ile al motivo fondam entale di gong-gong della danza ewe

som

e che

gli pareva corretto. , ,

Se si suona un secondo gong-gong, questo eseguirà la stessa parte del secondo atoke nei motivi hatsyiatsya per il gahu, cioè un battito semplice in corrispondenza di ciascun quarto di tempo della prim a parte di gong- gong, con la possibilità di battere due semicrome al posto di una croma in uno o in tutti i tem pi. L’atoke viene usato solo nei m otivi hatsyiatsya e non nell’insieme completo di tam buri usato in altri repertori.

Il sonaglio,

axatse,

si suona stando seduti. Si percuote sulla coscia con un movimento d all’alto verso il basso e quindi dal basso verso alto contro il palmo aperto o contro il pugno dell’altra m ano, tenuta sospesa al di sopra dello strum ento. I colpi dati d all’alto in basso (note al di sotto della linea) raddoppiano esattam ente quelle del gong-gong, m entre 1 m ovim enti dal basso in alto (note al di sopra della linea) servono a

colmare le pause. . ,

I tam buri ewe si possono percuotere sia con le bacchette sia con le m ani. N el gahu, tutti i tam buri vanno suonati con le bacchette. Le x scritte in partitura indicano dei colpi smorzati. Per il kidi e il sogo questo effetto si realizza tenendo una bacchetta sulla m em brana superiore del tam buro, mentre con l’altra la si percuote leggermente. A causa della

maggiore tensione della m em brana, l’altezza di un colpo smorzato e superiore di circa una quinta rispetto a quella di un colpo regolare. Per l’agboba si ottengono dei colpi smorzati con un colpo secco della bac­ chetta sul fianco in legno del tam buro.

Il kagan suona uno stesso motivo sino alla fine e da questo punto di vista presenta m aggiori affinità con il gong-gong e con i sonagli che con gli altri tam buri. Questo è in genere il suo ruolo in tutta la musica ewe, non solo nel gahu.

C i sono vari motivi diversi per il tam buro principale, e a ciascuno corrisponde un diverso motivo di risposta per il kidi e il sogo. N on ho avuto il tempo di im pararne altri, oltre a questo primo motivo. M entre il tam buro principale improvvisa costantemente nuove variazioni del suo motivo, che realisticam ente ho ritenuto ben al di là di quanto m i era possibile im parare e trascrivere durante la m ia breve visita, gli altri tam ­ buri ripetono i loro motivi senza variarli sino a che il tam buro principale ne introduce uno nuovo. A quel punto, introducono un nuovo motivo di risposta appropriato e lo ripetono senza variazioni. N ei motivi che ho riportato di sopra, il tamburo principale attacca un sedicesimo dopo il gong-gong, il sogo risponde sul secondo quarto del motivo della cam pa­ na, e il kidi un ottavo dopo. T u tti gli strum enti in questa sezione hanno motivi della stessa durata del gong-gong, a eccezione del kagan, il cui motivo ha durata pari a un solo quarto.

Prima di interessarmi al gahu, il mio maestro mi fece cominciare a studia­

re

Xagbadza,

forse la più conosciuta danza sociale degli Ewe. Una trascrizione

eccellente e completa dell’agbadza, che include anche le improvvisazioni del tamburo principale, si trova nel libro di Jones

Studies in Ajncan Music.

Comunque, riporto qui la seguente, in modo che i lettori possano vedere come il tamburo principale dia il segnale di cambiare motivo, ne introduca un secondo, e come il tamburo di sostegno gli risponda. Nell agbadza il sogo è il tamburo principale; lo si percuote con le mani, mentre il kidi e il kagan si percuotono con le bacchette.

La m ia trascrizione [v. es. 8] non solo è più semplice di quella di Jones, m a ne differisce leggerm ente anche riguardo ai m otivi del tam bu­

ro principale e alle risposte del kidi. C iò in parte è dovuto al fatto che l’agbadza comprende m olti m otivi diversi, e in parte al fatto che il mio maestro era di circa dieci anni più giovane del maestro di tam buro di Jones, e proveniva anche da un diverso villaggio. Sem bra che i motivi cam bino nel tempo e che la loro esecuzione presenti delle varianti regio­ nali. I motivi fondam entali come quello del gong-gong, tuttavia, non cam biano.

Il motivo del gong-gong in 12/8 così come appare qui e il più fre­ quente nell’Africa occidentale. Ancora una volta, il m usicista com incia battendo il prim o tempo sulla cam pana inferiore, m a prosegue utilizzan­ do solo quella superiore, a m eno che non ci sia bisogno di ricordare a uno degli altri m usicisti dove cade il prim o tempo del motivo del

gong-Es. 8. Agbadza - Tribù ewe del Ghana

gong. Ancora una volta, il sonaglio raddoppia la cam pana quando viene colpito dall’alto verso il basso, mentre colm a le pause quando il movi­ mento va dal basso in alto. Q ui, tuttavia, com incia il suo motivo in corrispondenza del secondo quarto del motivo della campana. Il motivo del kagan è simile a quello del gahu e ancora un volta quattro m otivi di kagan equivalgono nella durata a uno di campana. Com e la cam pana e il sonaglio, il kagan continua senza m odifiche sino alla fine. Il primo motivo principale del sogo ha una durata di sole quattro crome e com in­ cia insieme alla cam pana. Gli risponde il kidi con un motivo che colm a le pause del sogo con battiti e che presenta colpi smorzati in corrispon­ denza dei battiti del sogo. Dopo molte ripetizioni con am pie variazioni improvvisate del sogo, questi da a tutti i m usicisti e danzatori il segnale di passaggio a un nuovo motivo m ediante una successione ininterrotta di crome. Il secondo motivo ha una durata equivalente a sei ottavi e ancora una volta il sogo com incia con la cam pana, e il kidi risponde sul secondo quarto del motivo della campana.

Il maestro mi ha detto che tutti i motivi dei tam buri nella m usica ewe, oltre a essere associati a una serie di sillabe che facilitano la memorizza- zione del ritm o, hanno anche un significato letterale. Per esempio, il motivo del gong-gong nell’agbadza significa: «Do m ayi makpo tefe mava» in ewe, cioè «Lasciami andare e fammelo verificare di persona; poi tor­ nerò». Q uello del sonaglio significa: «Tso m iayi m iakpo nusia tefe», cioè. «Alziamoci e andiam o a verificarlo di persona». Il motivo del kagan vuol dire “Kaba” cioè “rapidam ente”; il kidi dice “M idzo” cioè “andiam o” e il primo motivo del

sogo

è: «Do va», cioè: «Esci fuori e vieni qui». Questi motivi si riferiscono forse all’affrettata partenza degli Ewe da Benin in N igeria, avvenuta probabilm ente nell Ottocento.

Le lingue indigene del continente africano non hanno una tradizione scritta. Se si pensa a questi “tam buri parlanti le danze, oltre a essere una rappresentazione coreografica di eventi storici che hanno segnato la vita della tribù, rivelano di contenere, registrata nei m otivi dei tam buri, una vera e propria scrittura della storia di questi popoli.

D urante l’estate del 1973 ho studiato gam elan balinese Semar Pegu- lingan con I N yom an Sum andhi, un m usicista balinese, nell’ambito del program m a estivo della Società A m ericana per le Arti O rientali all’U n i­ versità dello stato di W ashington, a Seattle. D urante l’estate del 1970 ho studiato tam buro africano con G ideon Alorworye, maestro di tamburo della tribù Ewe residente con il G hana Dance Ensemble presso 1 Istituto di Studi Africani di Accra. Ho studiato m usica balinese e m usica africana perché m i piacciono, m a anche perché penso che la m usica non occiden­ tale sia attualm ente la fonte d ’ispirazione più im portante per i composi­ tori e i m usicisti occidentali alla ricerca di nuove idee.

I m usicisti occidentali delle generazioni precedenti potevano

ascoltare

musica non occidentale, dal vivo o registrata. O ggi si sono m oltiplicate le possibilità di im parare a

suonare

la m usica africana, balinese, giavane­ se, indiana, coreana, giapponese, e molte altre, direttam ente da m usicisti di p rim ’ordine africani, balinesi, giavanesi, indiani, coreani e giapponesi, qui in Am erica o all’estero. Un m usicista occidentale ha dunque la pos­ sibilità di avvicinarsi alla m usica non occidentale come se fosse la pro­ pria, di im parare a suonarla studiando con un maestro qualificato e, nel corso di questo processo, di analizzarla nei dettagli per capire come e strutturata.

Potrà così scoprire dei sistem i fondam entalm ente diversi di struttura ritm ica, di costruzione delle scale, di accordatura e di tecnica strum enta­ le, la cui conoscenza porta a considerare il sistema occidentale da una nuova prospettiva, come una tra le tante possibilità.

Personalmente, desideravo capire le differenze fondam entali tra la m usica africana per tam buro e le percussioni balinesi da un lato, e la musica indiana per tam buro d all’altro. Dopo aver letto alcuni passaggi dai libri di W alter Kaufman sulla musica dell’India del N ord e dalla tesi di dottorato di Robert E. Brown

The M rdanga

-

A Study^ o f D rumming

in South India,

e dopo alcune discussioni con i musicisti e gli studenti

differenze principali, in stretta relazione tra loro.

Innanzi tutto,

la musica indiana p er tamburo -

sia nella tradizione Hindu­ stani del Nord che in quella carnatica del Sud -

è essenzialmente solistica,

mentre la musica africana p er tamburo e la musica balinese p er percussioni sono

per insieme.

In secondo luogo

il tamburo indiano si basa sull’improvvisazione

nell’ambito di uno schema o ciclo ritmico definito dal tala,

mentre la musica

balinese per percussioni è musica composta,

e non consente l’improvvisazione.

Nella musica africana per tamburo tutti i musicisti hanno delle parti fisse, a eccezione del tamburo principale che improvvisa su dei motivi tradizionali. Infine,

in qualsiasi tata indiano

- del Nord come del Sud -

la struttura ritmica

di base ha un solo tempo forte principale all’inizio del ciclo, mentre la musica

africana per tamburo ha molteplici tempi forti distinti,

spesso uno per ciascun

componente del gruppo. Da questo punto di vista, la musica balinese è simile a quella indiana e ha un unico tempo forte all’inizio del ciclo per l’intero ensemble. Non c’è da sorprendersi che il tamburo indiano sia destinato al virtuosismo di un solista, mentre nella musica africana per tamburo e nelle percussioni balinesi le parti individuali, eccetto di quella del tamburo princi­ pale africano, sono tutte relativamente semplici e il virtuosismo consiste nel combinare con precisione i diversi ritmi dell’insieme. Io non sono un virtuo­ so, l’improvvisazione non m i interessa, e m i dedico attivamente al mio grup­ po, che esegue musica da me composta sulla base della ripetizione di motivi ritmici i cui tempi forti non sempre coincidono. E naturale che i miei inte­ ressi si orientino soprattutto verso la musica africana e balinese.

N on soltanto la m usica africana, balinese e indiana, m a anche quella giavanese, coreana, giapponese e molte altre, stanno avendo un forte impatto sui m usicisti occidentali. Questo interesse si riscontra in un gran numero di compositori e m usicisti, e persino nelle università, dove l’in­ teresse per l’elettronica, così forte negli anni Sessanta, sta poco a poco cedendo di fronte a quello per la m usica del mondo intero. T ra i vari aspetti positivi vi è la tendenza a dare im portanza all’esecuzione musicale dal vivo e a un insegnamento della m usica basato sull’educazione del­ l’orecchio e della m em oria piuttosto che sull’uso esclusivo della p artitu­ ra; m a vi sono anche dei problem i. Il più delicato riguarda la situazione di un compositore occidentale come m e, che cerca di integrare nel suo sistema la musica non occidentale. Cosa può fare un compositore con questo genere di conoscenze?

U na delle possibilità che gli si offrono è di diventare un etnomusico- logo e di applicare il talento per l’analisi che i com positori spesso possie­ dono alla trascrizione di m usica non occidentale nel nostro sistem a di notazione, e al suo studio. Questo è un lavoro della massima importanza, che ha prodotto delle opere di alto rigore scientifico come

M usic in Bali

di C olin M cPhee, ma non è composizione musicale. U n ’altra possibilità consiste nell’abbandonare la composizione e nel cercare di diventare un interprete di musica non occidentale. Questo può richiedere m olti anni di studio e portare, anche con il massimo im pegno, solo a dei risultati

m ediocri al confronto con gli standard africani, balinesi, indiani o di qualunque musica non occidentale (se però nei Paesi occidentali i bam ­ bini e gli adolescenti dotati per la m usica avessero la possibilità di im pa­ rare a suonare m usica non occidentale, si potrebbero senza dubbio pro­ durre dei virtuosi anche tra gli A m ericani o gli Europei). Infine, si può continuare a comporre, m a con alla base la conoscenza della m usica non occidentale che si è studiata, ed è il mio caso e quello di altri compositori nella m ia situazione.

A questo punto c’è da chiedersi se e come la conoscenza della musica non occidentale possa aver effetto su un compositore. M i sembra che la possibilità meno interessante consista n ell’im itare il

suono

di una m usica non occidentale. A questo scopo si potrebbero usare strum enti non oc­ cidentali nella propria m usica (come il sitar nei gruppi rock) oppure produrre con i propri strum enti suoni non occidentali (per esempio cantando m elodie “in stile indiano” su bordoni elettronici). Questo metodo rappresenta la forma p iù semplice e più superficiale di sintesi. Bastano pochi m in uti di ascolto per far propria nei tratti essenziali la sonorità di queste musiche, senza la necessità di ulteriori studi. L im ita­ zione del suono della m usica non occidentale produce la “m usica esoti­ ca”, ciò che una volta si chiam ava “cineseria”.

C ’è però un’altra possibilità: creare una m usica che faccia riferimento alla nostra gam m a di suoni, m a che sia costruita sulla base delle nostre conoscenze della

struttura

delle m usiche non occidentali. Questo è sim ile

Nel documento Reich (pagine 148-159)