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Dal processo a ll’evento

Nel documento Reich (pagine 28-40)

Per il 15 maggio 1958, Robert Rauschenberg e Jaspers Johns organiz­ zarono alla Tow n H all di N ew York un concerto retrospettivo che rievo­ casse i venticinque anni di attività musicale di Cage. N ella galleria situata al primo piano dell’edificio fu allestita una mostra delle partiture di Cage

fra le quali spiccavano

Water Music, Haiku

e quella del nuovo

Concerto

p er pianoforte e orchestra.

Attentam ente studiato da David Tudor, il

program m a comprendeva:

Six Shorts Inventions

(1933),

First Construc-

tion

(1939),

Imaginary Landscape n. 1

(1939),

The Wonderful Widow o f

Eighteen Springs

(1942),

She is Asleep

(1943),

Sonatas and Interludes

(1946-48),

M usic fo r Carillon

(1952),

Williams Mix

(1952) e, in prim a esecuzione assoluta, il

Concerto p er pianoforte e orchestra.

T utta l’avan­ guardia di N ew York fu presente al gran completo, almeno per quanto concerne i settori della pittura e della danza, e il successo, calorosissimo all’inizio, venne smorzandosi mano a mano che si avanzava verso le opere più recenti, fino a dividere il pubblico in due fazioni ugualm ente accese di riprovatori e sostenitori entusiasti. La querelle fu innescata dal

Concerto p er pianoforte e orchestra,

in cui non possiamo non riconoscere

una di quelle opere intensam ente problematiche destinate a suscitare discussioni a non finire. «Svolta decisiva nella storia della musica» lo definì il musicologo Heinz-Klaus M etzger dopo la prim a esecuzione europea che ebbe luogo a C olonia qualche mese dopo la prim a newyorke­ se. A quasi quarant’anni di distanza, il giudizio del collega tedesco potrà anche suonare un po’ eccessivo, m a m i sembra giusto intenderlo come una testim onianza dell’influsso che il radicalismo americano fin qui illu ­ strato com inciò a esercitare sulla vita musicale europea. E difficile im m a­ ginare, a tanti anni di distanza, l’effetto enorme prodotto dal radicalismo di Cage, m a le testim onianze dei compositori che lo subirono, da Luto- slawski a Stockhausen, da Boulez a D onatoni, oltre a tanti altri, potreb­ bero essere raccolte in un diario in cui nichilism o, fervori, ripulse e fraintendim enti verrebbero a costituire uno dei capitoli più intensi della nostra storia recente.

Q uella sera alla Town H all di N ew York il pubblico vide salire sul podio per dirigere il

Concerto

M erce C unningham , mentre davanti al pianoforte sedeva David Tudor. I gesti del ballerino-direttore erano in­ soliti: faceva roteare le braccia con velocità di volta in volta diverse e a quei m ovim enti corrispondevano u n ’accelerazione e un rallentam ento dell’esecuzione musicale. Altre relazioni tra gesti del direttore e azioni dei m usicisti non si riuscivano a cogliere, poiché da ogni parte si aveva l’impressione di trovarsi in mezzo a un libero vagare e dileguarsi di suoni. A quella em ancipazione dei suoni così evidente Cage era giunto attraver­ so le riflessioni e gli esperimenti che ho riferito fin qui, e uno sguardo alla partitura del

Concerto p er pianoforte

permette di scorgere la messa a punto del progetto: consta di 13 parti strum entali indipendenti e di una dedicata allo strum ento solista; ogni parte strumentale ha un estensione che varia dalle 12 alle 16 pagine m entre quella del solista arriva a 63 pagine. Fra le varie parti non esiste relazione alcuna, m a prim a dell ese­ cuzione si concorda con il direttore una durata globale entro la quale deve svolgersi l’azione di ciascun musicista. O gnuna delle pagine che lo strum entista si trova di fronte comprende 5 righi m usicali sui quali sono

disposte senza alcuna indicazione di tempo note di tre diverse grandezze (grandi, medie, piccole); ogni nota, scelta con il criterio dell I-Ching, costituisce un evento in sé che l’esecutore è chiam ato a strutturare valendosi di poche indicazioni; dalla dim ensione delle note è possibile dedurre intensità e durata, m a i suoni non devono restare im m obili e allora l’interprete trova accanto alle singole note dei segni sim ili agli antichi “neum i in campo aperto”, capaci di suggerirgli dei percorsi per le altezze. Altre indicazioni vengono offerte all’interprete da una serie di accidenti collegati con una stanghetta ai pentagram m i, ma è proprio per la scelta degli accidenti che Cage sviluppa una procedura piuttosto sin­ golare: avendo notato le irregolarità e le asperità nella grana di un foglio di carta decise di sovrapporgli un foglio trasparente con i pentagram m i disegnati; le irregolarità del foglio sottostante venivano così a costituire una mappa degli accidenti, che vennero regolarmente trasferiti sui pen­ tagrammi.

Si è ricordato che M erce Cunningham dal podio faceva roteare le braccia come le lancette di un cronometro a velocità variabile. Questo era l’unico ordine im partito ai m usicisti che potevano scegliere libera­ mente i fogli e le parti che desideravano suonare badando soltanto ad accelerare o a ritardare l’esecuzione in base alle indicazioni del direttore. Ne derivava che l’esecuzione poteva com prendere anche soltanto una parte dei materiali notati e secondo una sequenza im precisata che poteva variare, al pari della durata globale, da un’interpretazione all’altra: i suo­ ni non erano più proprietà del compositore, m a al massimo evocati da lui attraverso la collaborazione degli interpreti, e questi ultim i con il loro intervento innescavano un processo il cui fine ultim o era far vivere l’espe­ rienza del tempo che diviene m usica e non di una musica che dom ina il tempo.

N aturalm ente questa idea di «Composizione come processo» (questo è il titolo della conferenza che qualche mese dopo Cage avrebbe tenuto ai Ferienkurse di Darmstadt) presupponeva, non solo nel compositore, la rinuncia alla soggettività e alle scelte qualitative m a quella fondam en­ tale fiducia nella positività del suono che contrassegna il pensiero Zen. Fino a questo punto Cage si era servito dell’I-C hing e delle irregolarità del foglio di carta componendo delle partiture nelle quali gli interpreti erano invitati a cogliere quegli spunti per attivare i processi in cui con­ sisteva l’esecuzione. Nei lavori successivi l’interprete viene coinvolto in m aniera ancora più am pia. Le

Variations I

e //seguono ancora il criterio delle note-punto di differenti dim ensioni e delle rugosità del foglio di carta, m a Cage consegna direttam ente i fogli trasparenti agli esecutori invitandoli a comporre la mappa degli accidenti sui pentagram m i.

Si è potuto notare nelle composizioni grafiche più radicali di M orton Feldman e di Earle Brown dei prim i anni C inquanta e nei “neum i in campo aperto” del

Concerto p er pianoforte

di Cage un desiderio di em an­ cipazione dalla partitura minuziosam ente notata che nasce dalla volontà

di regredire verso tempi remoti nei quali la notazione musicale era quanto mai approssimativa. Proprio in questo senso ho paragonato i grafismi del

Concerto

di Cage ai “neumi”, ma ben più dell’analogia grafica contano la

concezione del suono e il ruolo dell’interprete, che furono propri di quelle epoche lontane. Il cantore antico possedeva memoria, sensibilità ed esperien­ za talmente sviluppate che gli erano necessari pochi cenni per rammentare e procedere. I suoni dal canto erano loro provvisti di una creaturalità intatta che per risplendere non abbisognava di grandi e complesse architetture. La creaturalità dei suoni era un dato oggettivo poiché la creazione viene descritta da tutte le cosmogonie come una realtà vibratoria:

La creazione propriamente detta comincia con una parola o sillaba cantata dalla quale sono sorti primordialmente gli dèi e gli astri e quindi il cielo e la terra, i quali si concretano e si estendono mediante la progressiva materializzazione delle vibrazio­ ni sonore. Cantare questo suono misterioso significa risalire ai principi della creazio­ ne e compiere l’atto creatore». (Marius Schneider)

N ell’arte medioevale, tutta nutrita di linfe teologiche, questo concetto ancora sopravvive, poi inesorabilm ente si affaccia l’esigenza architettoni­ ca che farà del suono un m ateriale da costruzione, e con l’architettura sonora nascono quelle che Feldman chiam a le «retoriche compositive», sorrette da codici di scrittura via via più complessi, m a mai perfettam en­ te efficienti. Che cos’è infatti quello scarto tra la scrittura musicale e quel misterioso senso di m usicalità dell’interprete al quale in ogni esecuzione si fa appello se non la manifestazione dell’irriducibile creaturalità del suono?

Nel 1960 Cage scrisse con

Cartridge M usic

uno dei suoi lavori grafici più radicali. Q ui il m ateriale che viene messo a disposizione dell’inter­ prete consiste in 20 fogli sui quali sono riprodotte alcune forme grafiche in cui possiamo riconoscere l’influsso di alcuni modelli della pittura informale; ai 20 fogli bisogna aggiungerne 4 trasparenti, dei quali il prim o è disseminato di punti, il secondo di piccoli cerchi, il terzo di linee tratteggiate e il quarto reca la riproduzione di un quadrante di orologio. Sovrapponendo i trasparenti ai fogli contenenti le forme si creano costel­ lazioni di interferenze dalle quali l’interprete deve trarre impulso per l’esecuzione, mentre il quadrante dell’orologio serve per articolare i tem­ pi. Nel 1962, le

Variations

///riprendono il processo di costruzione grafica offrendo all’interprete due fogli, uno vergine e l’altro contenente 42 cerchi che devono essere ritagliati e gettati sul primo foglio. Osser­ vando le tangenze e le sovrapposizioni che si sono in questo modo create tra i cerchi l’interprete deve procedere verso la definizione di un certo numero di “azioni m usicali” dedotte dalle variabili di interpenetrazio­ ne” verificatesi fra i vari cerchi. L anno dopo, con le

Variations IV,

com incia a manifestarsi la preoccupazione dello spazio: cerchi e punti ritagliati da un foglio vanno gettati su un altro e collegati con delle rette, m a questa operazione dovrebbe essenzialmente suggerire lo spostamento

dei suoni nello spazio. A questo punto i procedim enti grafici com inciano a perdere di interesse e l’attenzione di Cage si orienta decisamente verso la performance, come dimostrano due lavori nati nel 1965,

Variations V

e

Theater Piece.

Nel primo la partitura si riduce praticam ente a note di

regia per un’azione che prevede un dispositivo luminoso, un gruppo di danzatori(M erce C unningham ) e un apparato elettroacustico, con il bal­ lerino principale che, in pantaloni rossi e cam icia verde, si sposta in bicicletta tra alcune attrezzature elettroniche che captano e restituiscono amplificati i rumori prodotti.

Theater Piece

sembra ormai appartenere al versante dell’estetica neodadaista. L’azione che vi si svolge potrebbe es­ sere riassunta così: un uomo avviluppato entro un involucro nero in plastica è appeso all’ingiù; sotto di lui un violoncellista suona la musica di Cage, tutto all’intorno piccole bandierine giapponesi ondeggiano su canne di bambù; suonano dei cicalini, si fanno scoppiare dei palloncini mentre altri suoni vengono emessi dagli apparati elettroacustici.

Il gusto per la performance era connaturato all’indole teatrale di Cage, che possedeva un form idabile senso dello spettacolo. Era infatti capace di teatralizzare anche un evento in sé piuttosto anonim o come una confe­ renza e sono ancora molti coloro i quali ricordano le tensioni innescate dalle sue letture pubbliche. Nel 1966 gli si presentò una sim patica occa­ sione: il compositore e direttore d ’orchestra Lukas Foss volle organizzare al Lincoln Center un’esecuzione dell

'Histoire du soldat

di Stravinsky in cui i ruoli delle voci recitanti fossero ricoperti da tre com positori. Aaron Copland fu il narratore, Elliott Carter il soldato e John Cage il diavolo. A differenza dei due colleghi, Cage non seguì le prove m a si presentò praticamente soltanto alla generale, riservando a tutti una sorpresa per l’esecuzione. Nelle scene di euforia e di rabbia, si mise a gridare come un ossesso guadagnandosi alcuni apprezzamenti sarcastici, m a in fondo be­ nevoli, da parte di un divertitissimo Stravinsky, che lo definì il più sensibile tra i compositori che non scrivono musica.

Ancor prim a delle sue im plicazioni estetiche la performance possiede il requisito fondamentale di essere un evento unico e irripetibile, e in quegli anni Cage si orienta sempre di più verso l’evento. Sfuggire alla ripetizione delle esecuzioni, anche delle proprie, provviste di elem enti destinati a mutare di volta in volta, era in quegli anni un vero e proprio assillo e la raccomandazione di D ucham p, con il quale Cage com incia proprio negli anni Sessanta a giocare regolarm ente a scacchi - «M i sono sforzato di contraddirm i per non dovermi conformare nem m eno al mio stesso gusto» - risuona ancora una volta come una profezia. La musica registrata com incia ad avere grande diffusione iniziando un processo di trasformazione della coscienza dell’ascoltatore m usicale. La perform an­ ce, unica e irripetibile, è in qualche modo una reazione opposta a quella trasformazione, un tentativo di preservare l’aura dell’evento. Si tratta evidentemente di riflessioni in cui l’estetica si intreccia alla sociologia, e a questo tipo di riflessione è rivolta tutta l’opera di Cage. Era quindi del

tutto naturale che, nel 1956, venisse chiam ato a tenere dei corsi alla famosa N ew School for Social Research di N ew York. A frequentare quei corsi c'erano alcuni giovani destinati a diventare i protagonisti di una delle stagioni più effimere e radicali della cultura newyorkese: George Brecht, Al H ansen, D ick H iggins, A llan Kaprow, Jackson M acLow sono alcuni dei nom i che ritroveremo sull’inquieto fronte formato dagli artisti del gruppo Fluxus.

Fluxus

N el marzo 1961 la AG Gallery di George M aciunas pubblicava il seguente annuncio: «M usica A ntiqua et Nova: Entry contribution $ 3 w ill help to publish Fluxus M agazine».

Era la prim a volta che il term ine Fluxus veniva usato per indicare delle m anifestazioni artistiche, e infatti il periodo compreso fra il 1961 e il 1964 può essere indicato come “protofluxus”. T ra i luoghi e le persone e gli avvenim enti che promuovono a N ew York la nascita di questo m ovimento artistico si possono ricordare le performance dell’A u­ dio V isual Group di D ick H iggins e Al H ansen, le Cham bers Street Series organizzate da La M onte Young nel loft di Yoko Ono (che si trovava appunto in C ham ber Street), in cui venivano presentati lavori di H enry Flynt, Jackson M ac Low, Philip Corner e Toshi Ichiyanagy (il m arito di Yoko O no), e le performance che si tenevano nella AG G allery di M aciunas, in cui oltre a quelle degli artisti già m enzionati si presen­ tavano com posizioni su nastro m agnetico di John Cage e di Richard M axfield.

John C age aveva osservato: «Se scendete in strada potete vedere delle persone che si muovono con qualche intenzione precisa, m a voi non conoscete quelle intenzioni. M olte cose accadono apparentem ente senza scopo». L’abolizione del confine fra arte e vita, tanto cara al pensiero di C age, im plicava anche quell’apparente mancanza di significato e le per­ form ance potevano dunque porsi in linea con i m odelli della realta.

Accogliendo le sollecitazioni di Cage, gli artisd del Fluxus form ularo­ no due opzioni delle quali la prim a consisteva nell occuparsi direttam en­ te del m ateriale sonoro mentre la seconda si rivolgeva al terreno fino allora poco esplorato delle varie im plicazioni contenute nell atto del suonare gli strum enti. Nel formulare la prim a ipotesi si vede come gli artisti del Fluxus siano stati capaci di seguire una linea di pensiero che riassumeva e reinterpretava alcuni capitoli fondam entali delle avanguar­ die del secolo. Essi partirono infatti da una considerazione fondam entale contenuta ne

L’arte dei rumori

di L uigi Russoio, dove si osservava che i suoni m usicali, essendo solo in rapporto con se stessi, erano rim asti sostanzialm ente im m utati mentre il mondo sonoro circostante si era evoluto e arricchito. Lo scopo di Russoio e degli altri futuristi era quello

di aprire il mondo dei suoni m usicali alle sonorità circostanti. Abolire le barriere tra suono e rumore non voleva dire però cercare di riprodurre i rumori im itandoli con gli strum enti tradizionali e neppure riprodurli mediante registrazioni. In realtà era quanto sarebbe accaduto negli anni successivi, con Varèse da un lato che annetteva e metabolizzava il rumore entro il contesto musicale e dall’altro la m usica concreta che provvedeva a registrarlo. È dunque solo con Cage che si realizza pienam ente 1 ipotesi di Russoio di rendere disponibile alla musica qualsiasi tipo di evento sonoro grazie all’attenzione rivolta al mondo circostante da una mente che ha saputo compiere un processo di autopurifìcazione.

Nello scegliere la via della performance unica e irripetibile C age aveva cercato di mettere un argine al dilagare della musica riprodotta o a quella che, con un term ine più ampio si potrebbe definire contam inazione acustica. Secondo Cage non esistono suoni che possano essere uditi attraverso una pura percezione, poiché possiamo ascoltare soltanto attra­ verso una percezione inquinata dalla socialità. La contam inazione acusti­ ca uccide la percezione del suono puro e un eccesso di informazione acustica finisce con il ridurre l’ascolto a una delle tante forme di aliena­ zione. Profeta dell’esigenza di ritrovare il suono come rivelazione era stato Anton W ebern con la sua acum inata concezione del suono e del silenzio, e su questo una quantità di m usicisti am ericani come Feldm an, Cage, La M onte Young concordavano perfettamente: la rivelazione degli

smallsounds,

il culto del silenzio e del “suono-divinità”, i suoni im m obili

e lungamente tenuti di La M onte Young e di T erry Riley costituivano un insieme di poetiche scaturite dalla grande lezione di W ebern.

Q uell’ala del movimento Fluxus che aveva deciso di occuparsi diret­ tamente del materiale sonoro assunse quindi un atteggiam ento scientifi­ co dal quale sarebbe scaturita una m olteplicità di problem i e di esperien­ ze. La collocazione dei suoni nel tempo e nello spazio e la loro relazione con gli oggetti e le azioni che li producono costituiscono il principale terreno di indagine; in questa prospettiva la questione del suono diviene acustica, psicologica e cinetica. Il problem a degli

small sounds

non era soltanto quello di catturarli e am plificarli, m a anche di tenerli per un certo tempo affinché potessero affermare la loro identità. Per risolvere questo problema La M onte Young e Takehisa Kosugi (fondatore a T o ­ kyo del gruppo O ngaku m a attivo in quegli anni a N ew York) cercano di usare tecniche di ripetizione e di sostegno del suono.

In

X for Henry Flynt

La M onte Young propone un suono grave che

viene ripetuto ogni 2 secondi per molte volte. L ’esperimento servì a dimostrare che le difficoltà nella ripetizione erano enorm i, poiché il singolo suono mostra di avere una struttura quanto m ai complessa che ne rende praticam ente impossibile la ripetizione identica. Fattori am ­ bientali e tecnici connessi con la natura degli strum enti e l’atto del suonarli, fattori acustici collegati alla nostra facoltà di ascoltare un suono in un determinato am biente (basta muovere un poco la testa per m utare

le condizioni di ascolto) dim ostrano che quella della ripetizione del suo­ no assolutamente identico è u n ’utopia. D a tutte queste difficoltà conse­ gue che non si può cogliere l’essenza del suono e neppure fornirne l’esatta ripetizione che aiuterebbe a cogliere quell’essenza.

A ll’idea dell’impossibile ripetizione subentra allora quella di “proces­ so graduale”, ovvero di ripetizione che si m odula nel tempo dando vita a processi graduali di trasformazione. Uno dei tentativi più radicali in questo senso fu com piuto da Takehisa Kosugi con

South,

consistente soltanto nella ripetizione della parola “south” per alcuni m inuti. Punto di partenza era stata l’impressione provata vedendo

Desappearing M usic

fo r Face,

una performance film ica architettata da M ieko Shiom i nella

quale in una sequenza di dodici m inuti si vedeva un sorriso scomparire progressivamente dal volto di Yoko Ono. U n suono ripetuto e m odulato per un lungo periodo è in grado di provocare u n ’esperienza del tempo alquanto diversa da quella im plicata nella m usica tradizionale, e in que­ sto nuovo spazio della coscienza 1 idea di singolo suono dotato di una sua peculiare morfologia viene sostituita da quella di situazione espenenzia- le. O gni suono contiene in sé elem enti che possono richiedere un tempo più lungo di quello della vita del suono stesso per manifestarsi; tenere un suono significa allora consentire a questi elem enti di manifestarsi. D ura­ ta e ripetizione diventano le categorie attraverso le quali si sviluppa la conoscenza del suono, m a si tratta di una conoscenza che procede attra­

Nel documento Reich (pagine 28-40)