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questa loro efficacia, p er il modo in cui ci fanno assistere alla modulazione dalla parola alla musica, e dunque io vorrei chiederLe ora come fa a compiere questo

Nel documento Reich (pagine 125-128)

processo di stilizzazione così delicato?

S.R. - Janàcek sosteneva che la m elodia delle parole è im portante per la m usica dram m atica, e usava dei cantanti per realizzare m usicalm ente quelle melodie. Io penso invece che non si debba separare la persona che parla dalla m usica, bisogna che colui che pronuncia la parola e la musica che ne sgorga non siano una cosa diversa. Q uei concetti espressi da Janàcek i com positori in fondo li hanno sempre saputi e li possiamo riscontrare già nel canto gregoriano. La lingua italiana può essere consi­ derata il luogo di nascita dell’opera, m a n ell’approdare in G erm ania o in altri paesi l’opera è diventata qualcosa di diverso; così si potrebbe soste­ nere che l’inglese è la lingua del rock m entre l’italiano non lo è affatto. In altri term ini, io credo che sia il linguaggio a dare vita a un particolare tipo di musica. Janàcek era sem plicem ente più di altri consapevole di concetti che da secoli, in m aniera più o meno inconscia, agivano nella musica. Oggi la tecnologia ci consente di portare la voce registrata in una sala da concerto e di vedere anche la persona che pronuncia una deter­ m inata frase insiem e alla m elodia del parlato, e tutto questo avviene anche in

The Cave.

È vero che nessuno parla usando le note della tastiera di un pianoforte, questo lo so, m a quando capita di ascoltare, com e in

I t ’s gonna rain

o in

Come out,

prim a il suono del parlato e poi la sua resa

m usicale, da un lato percepiamo i suoni nella loro oggettività, vale a dire con le loro altezze assolute, i m icrotoni, i glissandi che a questi sono legati; d ’altro lato l’orecchio tende a riportare quegli stessi suoni verso altezze ben definite. Per esempio in

I t’s gonna rain

l’orecchio tende a associare i suoni pronunciati al re e al fa diesis della tastiera del pianofor­ te, la quale, in un certo senso, è come se fosse già nella nostra m ente con il suo ineludibile sistem a di riferimento. In

The Cave

si vedono e si ascoltano i personaggi e si ascolta anche la musica che ho tratto dalle melodie delle parole con un processo di stilizzazione, m a c’è anche tutto il resto, ovvero il personaggio stesso con il suo modo di presentarsi, e sono tutti questi elem enti nel loro insiem e a definire quel significato più profondo di cui parlavamo prim a. U n tipo analogo di caratterizzazione m usicale è stato ottenuto da altri com positori che hanno scritto per il teatro, penso in special modo al

Rake’s Progress

di Stravinsky, in cui ogni personaggio possiede una caratterizzazione ben definita, una m usica ca­ pace di aderire perfettamente a ogni dettaglio. Anche

The Cave

ha le sue caratterizzazioni ma queste non nascono da una m usica che ho inventato io, bensì da una m usica che ho estratto, elaborandola, dalla m elodia del parlato. I personaggi sono quello che sono, e la verità nella rappresenta­ zione poggia proprio sull’esistenza reale dei personaggi. Q uando abbia­ mo selezionato i fram m enti da usare per 1 opera ne abbiamo dovuti elim inare m olti, perché lè persone a cui questi fram m enti si riferivano erano noiose da ascoltare e da vedere. Per quanto riguarda Janàéek vorrei

anche precisare che prim a di

The Cave

non avevo ascoltato nulla di lui. Solo dopo ho avuto occasione di ascoltare

La piccola volpe astuta,

che mi è piaciuta moltissimo, m a se dovessi indicare un compositore che ha avuto una certa influenza su

The Cave

dovrei fare il nome di Kurt W eill. E.R.

- E allora parliam o di K urt Weill.

S.R. - W eill ha saputo dare una risposta a due dom ande che assillavano, e continuano ad assillare, i com positori che vogliono scrivere delle opere: quale stile vocale, quale tipo di orchestra usare e in che modo. Essendo stato allievo di Busoni aveva le conoscenze tecniche necessarie e la pos­ sibilità di scrivere per le grandi dive dell epoca, ma questo non era lo stile vocale che lui cercava, e così si è rivolto alle fonti della m usica popolare del suo tempo, che erano perfettamente adatte alla m ateria che lui af­ frontava nei suoi lavori. Il fatto di ricorrere a una cantante come Lotte Lenya volle dire rompere im m ediatam ente tutte le convenzioni del tea­ tro d ’opera del tempo e procedere in una direzione com pletam ente d i­ versa. Avrebbe anche potuto avere a disposizione una grande orchestra di tipo tradizionale, m a non ha voluto scrivere per quel genere di organico e ha cercato delle formazioni strum entali per le quali ha creato dei capo­ lavori che custodiscono m irabilm ente lo spirito e l’atmosfera della Ger­ m ania all’epoca della repubblica di W eim ar. Da questo punto di vista mi sembra che quello di Janàèek sia stato un successo solo parziale, perché, pur avendo fatto riferimento alle melodie del parlato della lingua ceca, ha continuato a servirsi dei cantanti d ’opera. È stato un peccato, perché aveva a disposizione una tradizione m usicale come quella dell’Europa orientale, con uno stile vocale quanto m ai idoneo a sostenere delle m e­ lodie basate su un canto senza “vibrato”. Anche Bartók ha commesso in un certo senso lo stesso errore, m a non bisogna neppure dim enticare che esistevano allora dei seri problem i di tipo acustico. Non si potevano a quell’epoca am plificare le voci dei cantanti, c’era bisogno di un volume molto alto per cantare nei teatri, e gli unici che possedevano la necessaria potenza di voce erano i classici cantanti d ’opera; ecco perché i com posi­ tori erano costretti a rivolgersi a loro. O ra però che abbiamo inventato il microfono siamo liberi da quei vincoli, e allora m i chiedo che senso abbia usare la stessa orchestra e lo stesso stile di canto del passato. Il caso di John Cage è leggerm ente diverso, perché lui ha inteso lavorare con la tradizione operistica del belcanto e con l’orchestra tradizionale per sot­ toporre entram bi a un’operazione critica, dalla quale nascesse un nuovo modo di comporre m usica per la voce. Secondo me Stravinsky ha fatto benissimo a scrivere così come ha fatto per le voci e per l’orchestra in

Rake’s Progress

, e altrettanto bene ha fatto John C age; m a quando John

Adams in

Nixon in China

fa cantare N ixon come un tenore lirico spinto m i viene solo da ridere. Sarebbe stata u n ’ottim a idea cercare di farlo cantare come Frank Sinatra e usare u n ’orchestra sim ile alla jazz band di Glenn M iller. L ’orchestra deve essere adatta all’argomento, così come

dev’esserlo lo stile vocale, e quando questo non avviene, come in

Nixon

in China,

il risultato è imbarazzante. Con questo non voglio dire che

tutti i compositori debbano condividere le m ie scelte sul tipo di orche­ stra e sul tipo di vocalità: io personalm ente prediligo un tipo di voce adatto al canto della m usica antica, m a non tutti devono necessariamen­ te usare questo stile. L’im portante è che ogni compositore si chieda che tipo di orchestra e che tipo di voce usare senza dare queste cose per scontate, m agari facendo le sue scelte sem plicem ente in base alla possi­ bilità di avere a disposizione dei cantanti celebri e i grandi organici dell’orchestra di un teatro. Il compositore che si com porta così m i sem­ bra che non assuma fino in fondo la sua responsabilità, e l’opera che nascerà è condannata a una certa superficialità.

E.R. -

Quando dice che John Cage ha fatto benissimo a usare cantanti lirici

e un ’orchestra tradizionale, a ch e cosa si riferisce esattamente?

S.R. - M i riferisco a

Europera,

uno degli ultim i lavori di Cage, in cui vari estratti della tradizione belcantistica, come

Aida, Rigoletto, Traviata, Tosca,

vengono scelti con la tecnica d ell’I-C hing e giustapposti in brevi sequen­ ze. Su questo argomento vorrei fare ancora un'osservazione che riguarda Léonard Bernstein. A lla fine della sua vita lui ci ha dato una nuova versione della sua

West Side Story,

nella quale a cantare sono alcuni divi dell’opera tradizionale come Placido D omingo. Beh, devo dire che 1 ef­ fetto è sem plicem ente ridicolo, e lo stesso effetto si produce quando a cantare

Porgy and Bess

di Gershwin sono cantanti bianchi di estrazione classica.

Summertime

cantata in quel modo sembra una parodia alla Groucho M arx. Per eseguire bene quella m usica bisogna rifarsi allo stile vocale dei neri d ’Am erica e, a mio modo di vedere, perfino

M ahagonny

di Kurt W eill presenta qualcuno di questi difetti, a causa dell’orchestra­ zione che non è snella e spigliata come quella dell

Opera da tre soldi.

E.R. -

C’è u n ’ultima cosa che vorrei chiederLe su

The Cave,

che p er me è

anche la più importante. Nel prim o atto d ell’opera Lei p on e cinque dom an­

de agli israeliani, nel secondo le stesse dom ande vengono rivolte agli arabi e

nel terzo agli americani. Naturalmente le risposte cambiano ed e perfetta­

m ente comprensibile poich é israeliani e arabi vedono le stesse cose da un

punto di vista che è spesso antitetico. Nel caso degli americani le risposte

giungono da persone che abitano lontano, hanno una conoscenza molto

superficiale di quei problem i e si sentono p oco o nulla coinvolte. Mi chiedo

se in queste dijferenti risposte alle stesse dom ande non si possa vedere qualcosa

com e una parabola delle peripezie del significato, una parabola negativa

nella quale viene adombrato il concetto di dispersione della verità. Penso a

quello che è tragicam ente vero p er g li uni, in questo caso g li ebrei e g li arabi,

e a l riflesso deformato, pallido e disperso che quella verità ha p er g li altri, p er

coloro che stanno lontano e che da quei problem i non sono direttamente

coinvolti. Penso che una cosa d el genere in fon d o accade ogni giorno un po

ovunque; penso alla crudele indifferenza, all ignoranza e alla superficialità

che stravolgono e vanificano i nostri problem i quando dalla sfera della nostra

Nel documento Reich (pagine 125-128)