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L’ APPROCCIO ITALIANO ALL ’ IDEA DI CINTURA VERDE

Nel documento Progettare paesaggi di limite (pagine 97-117)

E I MODELLI PROGETTUAL

1.8 L’ APPROCCIO ITALIANO ALL ’ IDEA DI CINTURA VERDE

In Italia l’interesse per il modello di cintura verde si data in tempi abbastanza recenti se confrontati con le esperienze internazionali; ciò accade dagli anni Settanta in poi, quando l’emergere di una nuova coscienza ambientale, sociale e urbanistica più attenta alla progettazione degli spazi aperti, grazie anche alle conquiste raggiunte in materia di pianificazione dei parchi naturali, sposta l’attenzione verso i temi della pianificazione e progettazione delle aree periurbane. La suggestione di una cintura di spazi verdi attorno alla città è richiamata in alcuni piani regolatori, sebbene spesso si tratti di singoli episodi verdi che mancano in realtà di una strategia comune o questa è data esclusivamente dalla loro posizione ai margini delle aree urbanizzate più che dal loro effettivo ruolo.

Ciò non può dirsi vero per una delle poche esperienze conosciute di inizio Novecento che merita di essere ricordata, quella di Marcello Piacentini. Richiamando anche visivamente l’immagine della collana di smeraldi di Boston, in un testo del 1916 Piacentini propone per Roma un anello in cui “…i singoli Parchi, ben distribuiti intorno alla città, serviranno innanzitutto come giardini per singoli quartieri; ma oltre a ciò, dovrebbero tra loro essere riuniti per mezzo di un ampio viale alberato, che tutti li attraversasse come il filo di una collana di pietre preziose. (L’insieme dei Parchi avrà una superficie approssimativa di kmq 6.50). Questo grande viale – l’anello dei Parchi -, adorno di squares, nell’attraversare i vari quartieri di abitazione, sarebbe delimitato da due zone di costruzione a villini, in modo da non avere, percorrendolo, l’impressione di attraversare la città, bensì l’illusione di trovarsi costantemente nel Parco”203. La passeggiata di circa cinquanta chilometri si snoda attraverso parchi già esistenti come il Pincio, Valle Giulia, il Gianicolo e aree di Ville che il Comune, egli suggerisce, dovrebbe acquisire evitando così che esse vengano “…a cedere il posto ad altrettanti quartieri di casoni”, accanto alla creazione di “due nuovi Giardini pubblici, uno al di là del Viale Angelico, sotto Monte Mario tra piazza d’Armi e il quartiere Trionfale, l’altro, fuori di porta Maggiore, in tutta la zona oggi occupata dallo Scalo Merci”204.

La difficoltà di creare sistemi verdi di cintura è principalmente di ordine culturale: comprendere la necessità di un approccio integrato, capace di ricomporre le diverse tipologie in un disegno di spazi aperti e una strategia unitari. L’incomunicabilità tra la pianificazione delle aree agricole, dei parchi naturali e delle aree verdi pubbliche, ciascuna con proprie regole e finalità (garantire la produzione in territori spesso intesi come “aree bianche” in attesa di edificazione, vincolare paesaggi di pregio, soddisfare gli standard) ha di fatto portato all’incapacità di gestire le trasformazioni del paesaggio periurbano. Questo ritardo ha assunto carattere di urgenza con il processo di crescita verificatosi in particolari zone geografiche che ha portato alla formazione di conurbazioni continue, prima lungo alcune direttrici stradali principali poi secondo i modi dell’urbanizzazione diffusa.

Proprio la necessità di contrastare l’espansione a macchia d’olio induce la città di Bologna, alla fine degli anni Sessanta, a proporre uno schema di sviluppo urbano fondato su un sistema del verde costituito da un insieme di parchi fluviali e parchi a corona dell’area urbanizzata al fine di salvaguardare le aree agricole e i caratteri storici e ambientali della collina. Finalizzata alla tutela del paesaggio agrario periurbano, recuperando il territorio coltivato che dalle mura della città si estende fino al fiume Po, è anche la proposta, della metà degli anni Settanta, per il parco agricolo di Ferrara. Negli stessi anni a Milano si inizia a parlare di tutela del territorio agricolo periurbano e della creazione di una serie di aree ricreative. Il disegno di cintura che ne deriva non è tuttavia scaturito da un programma unitario di intervento o inserito all’interno di uno strumento di pianificazione di coordinamento.

203 MARCELLO PIACENTINI, Sulla conservazione della bellezza di Roma e sullo sviluppo della città moderna, Associazione

artistica fra i cultori di architettura, Stab. Tip. Aternum, Roma 1916, pag. 27.

Figura 78. “Isolamento Città vecchia e Anello dei Parchi”. Rispetto alla città consolidata e alla sua espansione, sono riportati l’Anello dei Parchi (in scuro), l’ampliamento della zona archeologica (in tratteggio) e la zona di carattere (in chiaro) che Piacentini ritiene “uno dei più caratteristici paesaggi di ambiente romano” inserendola nel circuito di salvaguardia e protezione.

Fonte: MARCELLO PIACENTINI, Sulla conservazione della bellezza di Roma e sullo sviluppo della città moderna, Associazione artistica fra i cultori di architettura, Stab. Tip. Aternum, Roma 1916.

L’importanza dell’esperienza milanese, come pure di quella più recente della città di Torino, risiede però nella scala di intervento, sia per l’estensione territoriale coinvolta che per la figura dell’Ente estensore-gestore del progetto, essendo innegabile la necessità di superare i limiti amministrativi imposti dai confini comunali per una gestione efficace del paesaggio periurbano. Nel capoluogo piemontese l’Amministrazione comunale sta oggi portando avanti due progetti - Corona Verde e Torino Città d’Acque - dando forma ad un’idea che risale agli anni Settanta, quella di ricomporre in un disegno unitario il verde urbano, fluviale e parchi regionali. L’interesse per questa esperienza risiede proprio nell’approccio integrato alla pianificazione e progettazione degli spazi verdi, che vede il modello di cintura urbana associato al sistema di connessioni lineari fondate sulla rete fluviale. Il progetto torinese è interessante per un ulteriore motivo: gli obiettivi di Corona Verde sono molteplici, dalla tutela naturalistica delle aree protette, alla salvaguardia dei valori storico-architettonici del paesaggio, al potenziamento del verde urbano, sino alla promozione turistica. Questo progetto, forse il più lontano dal tradizionale modello di cintura verde, è emblematico della situazione della nostra penisola, dove il paesaggio periurbano è fortemente antropizzato e connotato da valori culturali oltre che naturali, per cui l’obiettivo della creazione di una cintura di spazi verdi intorno alla città non è tanto il contenimento dell’espansione urbana quanto la valorizzazione delle risorse naturali e culturali esistenti.

A parte queste due esperienze sovracomunali, in genere la previsione di una cintura verde afferisce al livello di pianificazione comunale, spesso legata a quelle città di medie dimensioni, come Ravenna o Novara, in cui la cui particolare conformazione morfologica – con un centro urbano compatto, una periferia ugualmente densa spesso definita e separata dal territorio agricolo da linee infrastrutturali - le rende particolarmente adatte ad accogliere tale

disegno. Anche alcune realtà metropolitane come Roma hanno utilizzato l’immagine, in questo caso della ruota verde, per dar forza ad un progetto in cui il sistema ambientale è motore della riqualificazione urbana, mentre altre città hanno attivato a strategie che di fatto presentano molte affinità con quelle perseguite con la cintura verde: a Napoli la Variante di piano del 1999 contiene una fascia perimetrale costituita da aree agricole e parchi pubblici; a Palermo la variante al P.R.G. del 1996 definisce il parco agricolo-urbano di Ciaculli; a Firenze il P.R.G.’92 propone la “murazione verde” e il “parco storico delle colline”.

In questi piani regolatori si ricorre all’immagine della cintura verde – si sottolinea la parola

immagine, perché spesso questa previsione non si traduce in efficaci disposizioni normative e

gestionali - per dare un disegno compiuto ai margini delle periferie. Una delle principali motivazioni per la creazione di una cintura verde è la ridefinizione dei bordi urbani, al fine di innovare l’aspetto visibile della città. Alla cintura verde è attribuita una forte valenza evocativa ed estetica, che viene controllata attraverso la riscoperta del disegno urbano. Si tratta di riqualificare la periferia esistente, non tanto di contenerne le nuove espansioni, vista anche l’attuale tendenza alla contrazione demografica; si tratta inoltre di realizzare spazi adatti alle attività turistiche e ricreative, sia per rispondere alle mutate esigenze della popolazione sia per soddisfare le attuali, ormai storiche, carenze nella dotazione di aree verdi urbane. Ecco dunque che attorno alle città si progettano sistemi di aree verdi che comprendono parchi, aree naturali ma soprattutto territorio agricolo ordinario che si tenta di tutelare mediante il riconoscimento di un diritto al mantenimento delle superfici libere attraverso l’esistenza di uno status speciale, quello della cintura verde.

Milano: una cintura verde “di fatto” per l’area metropolitana

A Milano negli anni Settanta si comincia a parlare della creazione di un grande polmone verde nella zona settentrionale, più densamente popolata e sottoposta ad elevate pressioni insediative e della realizzazione di un “parco diffuso” per la salvaguardia delle aree agricole meridionali. Il Piano Regolatore del 1979 tenta la formazione di una cintura verde attorno alla città con la previsione di estensione delle aree verdi esistenti e la creazione di nuove. L’esistenza oggi di un sistema di cintura è il prodotto delle scelte urbanistiche effettuate da allora che non derivano però da una politica unitaria di progettazione, ma nascono in base a studi che hanno sì come oggetto l’area metropolitana, ma sono approvati come singole iniziative in mancanza di un quadro sovracomunale di riferimento205.

Il territorio periurbano milanese presenta caratteri fortemente differenziati: a Nord si è creato per l’intensità dei legami con l’Europa un tessuto urbanizzato compatto, individuando solo a una certa distanza spazi ancora liberi o importanti aree protette; a Sud invece, una crescita inferiore grazie anche al vincolo di inedificabilità posto dal Parco Agricolo, non ha condotto alla saturazione tra le infrastrutture radiali, comunque più rade e la pianura ha mantenuto una vocazione produttiva sebbene in condizioni di forte impoverimento ecologico e semiologico. La diversa configurazione paesistica ha portato a un differente approccio della pianificazione ai margini urbani settentrionale e meridionale, incapace, però, da un lato (a Nord), di realizzare effettivamente un sistema di parchi e, dall’altro (a Sud), di guidare le trasformazioni a cui ci si oppone solo con un vincolo di inedificabilità.

L’idea di cintura verde è presente nelle ricerche del Centro Studi Pim per il Piano Territoriale Intercomunale206. Nel considerare il quadro dell’area metropolitana milanese in cui, nonostante la diminuzione della pressione industriale e demografica, la crescita urbana continua ad un ritmo elevato, viene dichiarata l’irrinunciabilità di alcuni valori come la

perennità delle aree agricole; il recupero delle aree urbanizzate, in particolare le aree dismesse;

205 Il Piano territoriale paesistico regionale è approvato solo nel 2001 e il Piano provinciale nel 2003.

206 Centro Studi Pim, Piano Territoriale di coordinamento, Parco Sud - Provincia di Milano, Milano 1993. Il Centro

Studi Pim (l’acronimo sta per Piano Intercomunale Milanese) è istituito alla fine degli anni Sessanta con l’obiettivo di elaborare un piano urbanistico di livello sovracomunale per l’area metropolitana.

la riqualificazione delle periferie; la disincentivazione di modelli insediativi dispersi; il rafforzamento della tutela delle aree verdi. Per rispondere a questi obiettivi è proposta la creazione di una cintura verde la cui funzione “…è quella di orientare la riorganizzazione della struttura urbana e territoriale, di mettere a disposizione dei cittadini luoghi e spazi per l’attività ricreativa e di preservare quelle risorse fisiche e ambientali che sono indispensabili per l’equilibrio dell’ecosistema metropolitano. […] La cintura verde non è un parco tradizionale, né una sommatoria di più parchi. E’ un grande territorio aperto fatto soprattutto di agricoltura e di paesaggio rurale, ma anche di ambiti naturali e di zone ambientalmente sensibili da difendere e da valorizzare, di aree degradate da bonificare, di parchi pubblici attrezzati esistenti o da realizzare”207.

Tra questi, il Parco Nord Milano, istituito nel 1975 e gestito da un consorzio di sei Comuni, è il più significativo208. E’ un “parco regionale di cintura metropolitana” (seicento ettari, di cui quasi la metà realizzati), una nuova categoria introdotta dalla Regione Lombardia affiancando le aree protette tradizionali. Con questo termine vengono identificate “le zone di importanza strategica per l’equilibrio ecologico delle aree metropolitane, per la tutela e il recupero paesistico e ambientale delle fasce di collegamento tra città e campagna, per la connessione delle aree esterne, dei sistemi verdi urbani, per la ricreazione e il tempo libero dei cittadini, mediante la più efficace gestione del paesaggio con particolare riguardo alla continuazione e al potenziamento delle attività agro-silvo-colturali”209.

Figure 79 e 80. Il sistema dei parchi regionali e sovracomunali nell’hinterland milanese: i Parchi dell’Adda Nord e della Valle del Ticino delimitano ad oriente ed occidente l’area; il Parco Agricolo Sud si estende lungo l’arco meridionale collegando le aste fluviali dell’Adda e del Ticino, mentre a settentrione si trovano una serie di aree protette tra cui il Parco Nord Milano a margine della città (nella carta con il numero 5). Il sistema della longitudinalità Nord-Sud - da sinistra, i fiumi Ticino, Olona, Lambro e Adda - e della trasversalità Est-Ovest con il canale Villoresi, e il Parco Agricolo Sud così come messo in evidenza dagli studi per il Piano provinciale.

Fonti: Provincia di Milano, Assessorato Agricoltura e Parchi, Parchi Regionali e Parchi Sovracomunali, opuscolo, 2000 e CESARE

MACCHI CASSIA,UGO ISCHIA,(a cura di), Un territorio urbano. L’interpretazione progettuale dei valori paesistici e storico-culturali, Quaderni del piano per l’area metropolitana milanese, 5, F. Angeli, Milano 1999, pag. 82.

207 LUCIANO MINOTTI, Un progetto di cintura verde per l’area metropolitana milanese, “Urbanistica”, 106, 1996, pag. 5. 208 La nascita ufficiale avviene con la L.R. 78/1975 Istituzione del Parco di interesse regionale Nord-Milano, con cui si

affida al Consorzio il potere di vincolare i terreni e procedere agli eventuali espropri, si obbligano i Comuni ad adeguare i propri strumenti urbanistici e si dà inizio ai meccanismi di finanziamento regionali. In quell’anno è redatto il Piano territoriale, approvato nel 1977. Agli inizi degli anni Ottanta si avvia la riqualificazione di una prima area, acquistata dall’ex-Breda, trovandosi a gestire situazioni di degrado dovute alla presenza di strutture abbandonate e di residui delle lavorazioni industriali, ed anche una revisione del piano in funzione della mutata filosofia progettuale, che si conclude nel 1990 con l’approvazione di una variante. Nel 2000 è approvato il progetto di massima e il nuovo statuto.

209 L.R. 41/1985, Integrazioni e modifiche alla L.R. 86/83. Le difficoltà di adattare le normative previste per le aree

protette ai territori periurbani porta la Regione ad emanare un primo provvedimento (L.R. 86/1983) che introduce la categoria di “parco locale di interesse sovracomunale”, poi modificata con la legge del 1985. Si ricorda inoltre che il Decreto Ministeriale 1444/1968 prevedeva i “parchi metropolitani”, a cui era associato uno standard di ben quindici metri quadrati ad abitante.

Figure 81 e 82. Localizzazione degli interventi di riforestazione e rinaturazione previsti dai 19 Progetti Parco Agricolo

Sud. “Una proposta strategica per il PTC: approfondimenti sulla corona intermedia”: in scuro i parchi urbani

esistenti e di progetto e in chiaro le aree agricole di particolare interesse.

Fonti: MICHELE MAURI, 19 progetti per il Parco Agricolo Sud Milano, supplemento a “Parchi e Riserve naturali”, 2, 2004 e CESARE

MACCHI CASSIA,UGO ISCHIA,(a cura di), op. cit., pag. 148.

Delimitata da alcune infrastrutture stradali ad alto scorrimento, quest’area si presentava degradata, disseminata di attività reiette (sfasciacarrozze, depositi, eccetera), aree industriali dismesse e aree agricole residuali; un territorio dunque non tanto di particolare interesse naturalistico o storico-culturale, ma di importanza strategica per gli equilibri dell’area metropolitana, rappresentando di fatto l’ultima zona libera alla periferia della città.

Alcune scelte sono state alla base del successo di questa iniziativa. Innanzitutto la decisione della gradualità nella realizzazione, un work in progress che, sebbene inizialmente dovuto ai ritardi per problemi urbanistici, finanziari e burocratici, ha rappresentato una mossa

vincente, così come lo è stato per la cintura verde di Francoforte. Considerando dunque che

porre un vincolo di inedificabilità non sarebbe servito a scongiurare il degrado o l’abusivismo, si decide “…di operare con grande duttilità e rapidità, portando la progettazione e l’attuazione là dove si riscontrano via via le condizioni favorevoli per un intervento efficace di recupero, di sistemazione a verde, di realizzazione di un percorso, di interconnessione o di un’attrezzature o di quant’altro ritenuto necessario ed opportuno”210. Si opta quindi per “…un progetto generale «aperto», definito nella grande maglia, nel disegno di grande scala e che poi, all’interno delle singole «stanze verdi», avrebbe consentito di operare per successive addizioni, proposte o reinterpretazioni, oggi ma anche domani e dopodomani, da parte di chi fosse chiamato a progettare quel tassello; progetto destinato quindi a continuamente integrarsi e definirsi e ridefinirsi, per successivi contributi e approfondimenti, anche tornando talvolta a modificare e integrare il già realizzato”211. Anche il particolare assetto istituzionale e organizzativo che affida la gestione del parco ad un Ente pubblico – il Consorzio dei Comuni - dotato di autonomia finanziaria e amministrativa che dispone di una propria struttura tecnico-operativa per la progettazione, attuazione e gestione ricorda l’esperienza di Francoforte e rappresenta un ulteriore elemento a garanzia dell’effettiva realizzabilità dell’iniziativa. Infine, è attribuita una particolare importanza nel processo di realizzazione del parco al coinvolgimento e alla partecipazione dei cittadini e delle associazioni locali.

Queste scelte sono fondamentali per supportare la decisione di fondo posta dal piano del parco, quella dell’acquisizione pubblica delle aree, oltre l’acquisizione e utilizzazione sociale del patrimonio architettonico presente. Per consentire tale operazione si scarta l’idea di un “parco-giardino” e si opta per la realizzazione di un vero e proprio bosco urbano su circa la metà delle superfici a disposizione. Le opere di forestazione urbana, intervallando il bosco con ampie radure a prato, hanno consentito di ottenere esiti spaziali e visuali di rilevante 210 FRANCESCO BORELLA,L’esperienza del Parco Nord Milano, “Folia” inserto di “Acer”, 2, 1995, pag. 42.

qualità estetica, oltre che benefici di tipo economico, gestionale ed ecologico212. Associati a questi interventi si da inizio anche al recupero ambientale, affrontando la bonifica dei luoghi inquinati e alla realizzazione di varie attrezzature sportive e sociali (campi da bocce e orti urbani affidati alle cure egli anziani, spazi sportivi destinati a ciclisti, rollers, corridori, spazi gioco destinati ai bambini o per le attività didattiche scolastiche) la cui presenza è finalizzata soprattutto a stimolare la partecipazione dei cittadini alla loro manutenzione.

Oggetto di discussione fin dagli anni Sessanta, il Parco Agricolo Sud è istituito solo trent’anni dopo come “parco regionale di cintura metropolitana”; gestito dalla Provincia, comprende sessanta Comuni oltre Milano per un’area di quarantaseimilatrecento ettari, che corrisponde quasi a un terzo dell’intero territorio provinciale. La sua stessa dimensione e le notevoli difficoltà di attuazione incontrate, legate anche alla particolare tipologia di parco che intreccia la tutela del territorio con la difesa di una funzione economica come quella agricola, hanno di fatto reso difficile rispondere agli obiettivi prefissati.

In assenza di un quadro sovracomunale, la scelta di istituire il parco agricolo è stata ritenuta l’unica possibilità per limitare l’avanzata dell’urbanizzazione e valorizzare un grande patrimonio di abbazie, castelli e cascine, vestigia di una storia di appropriazione da parte di laici e religiosi della bassa pianura milanese che hanno strutturato il paesaggio attorno alla risorsa primaria dell’acqua. Tuttora questa rimane un’area a vocazione agricola sebbene, per soddisfare le esigenze del mercato, si siano privilegiati metodi di coltivazione ad alta redditività e basso impiego di manodopera che hanno contribuito a cancellare i segni della rete delle risorgive, dei fontanili, delle marcite213.

La scelta però di questa tipologia di parco ha sollevato molte critiche per aver attribuito all’attività agricola nell’area metropolitana un ruolo economico e produttivo, in contraddizione anche con le tendenze riduttive a livello comunitario. Pur riconoscendo l’efficacia dell’imposizione di un vincolo nell’aver limitato l’edificazione nei territori agricoli interclusi, questo di fatto non si è dimostrato, come forse era prevedibile, uno strumento adatto a gestire le inevitabili trasformazioni del paesaggio periurbano milanese. A ciò si deve aggiungere che il perimetro del parco è individuato sul mosaico delle aree non edificabili indicate dai piani regolatori vigenti, in assenza di un piano territoriale provinciale di coordinamento. Questa inadeguatezza è insita nella tipologia di piano proposta che, ponendosi ad un livello superiore rispetto a quello comunale (il Parco esprime infatti pareri sull’attività urbanistica dei Comuni), risulta incapace di dialogare con i numerosi Comuni coinvolti, congelando le scelte urbanistiche ai piani regolatori vigenti e sottraendo loro, in

Nel documento Progettare paesaggi di limite (pagine 97-117)