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P AESAGGI PERIUBANI : MUTAMENTI DEL CONCETTO DI LIMITE

Nel documento Progettare paesaggi di limite (pagine 117-128)

E I MODELLI PROGETTUAL

2.1 P AESAGGI PERIUBANI : MUTAMENTI DEL CONCETTO DI LIMITE

“In due modi si raggiunge Despina: per nave o per cammello. La città si presenta differente a chi viene da terra e a chi dal mare. Il cammelliere che vede spuntare all’orizzonte dell’altipiano i pinnacoli dei grattacieli, le antenne radar, sbattere le maniche a vento bianche e rosse, buttare fumo i fumaioli, pensa a una nave […]. Nella foschia della costa il marinaio distingue la forma d’una gobba di cammello, d’una sella ricamata di frange luccicanti tra due gobbe chiazzate che avanzano dondolando, sa che è una città ma la pensa come un cammello dal cui basto pendono otri e bisacce di frutta candita[…]. Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone; e così il cammelliere e il marinaio vedono Despina, città di confine tra due deserti.”252

Il tema dell’arrivo in città è da sempre fonte di fascino. Per fungere da meta, sostiene Norberg Schultz, un insediamento deve possedere una qualità figurale in rapporto all’ambiente circostante, avere cioè capacità di definirsi quale luogo. “La qualità figurale è comunque soggetta a variazioni in rapporto alle condizioni topografiche locali. In un paesaggio ampio, grandi unità edilizie sono più adatte che non dove l’ambiente possiede una «microstruttura» variata. In genere, la qualità figurale dipende dalla forma costruita e dallo spazio organizzato”253. L’immagine riconosciuta e riconoscibile della città è data quindi, non solo dalla linea del margine edificato e dalla sua silhouette – il campanile, le torri, la cupola - ma anche dalle caratteristiche del paesaggio periurbano che accompagna e prepara l’arrivo nel luogo urbano. In epoca moderna i limiti della città, quelli immediatamente percepibili prima rappresentati dalle mura, traslano e investono il paesaggio limitrofo.

Se il paesaggio che circonda l’insediamento ne costituisce l’avamposto figurale, è qui che si ricompone anche l’immagine complessiva del territorio di cui esso stesso è parte. La città è luogo d’arrivo e contemporaneamente punto di partenza, dal quale si diramano diverse direzioni, tutte possibili, alcune più evidenti, che conducono verso l’esterno. “Nelle vecchie città si accedeva alla periferia dalla porta della cinta muraria e si proseguiva poi lungo le arterie «naturali» raggiungendo senza problemi la meta significativa. Raggiungere una meta comporta sempre un chiarimento: la si ricerca per potersi impadronire del centro della visuale della totalità e per esprimere quindi il mondo circostante come totalità…”254.

Come Despina di Calvino, città di confine che si frappone tra due deserti non appartenendo né a l’uno né all’altro ma ricevendo la forma dall’opposizione ad entrambi, quello periurbano si configura come paesaggio di confine tra la città e il territorio che la accoglie, presentando caratteri che appartengono contemporaneamente ad entrambi. Il paesaggio periurbano è dunque una zona di mediazione visiva che si inserisce tra due ambienti in passato più chiaramente identificabili rispetto ad oggi come città e campagna, la cui presenza è di fondamentale importanza per gli equilibri funzionali, ecologici, percettivi tra questi.

Purtroppo le profonde trasformazioni avvenute, soprattutto nei paesaggi di pianura, hanno portato il viandante contemporaneo a perdere quei punti di riferimento sui quali si costituisce il sistema di orientamento e che “…un tempo potevano essere rappresentati dai campanili dei paesi, ora invisibili dietro le quinte dei capannoni. I quali sorgono in aree industriali che si raggiungono lungo viali asfaltati che, per la loro stessa dimensione, si pensa che portino in un paese o in un centro urbano; si resta delusi poi quando si vede che il viale costituisce l’accesso all’area industriale, oltre la quale non c’è ancora il paese ma un’altra area industriale oppure un’area residenziale sorta tra i campi, assurda geografia della campagna urbanizzata, in realtà del territorio massacrato, dilacerato, che suscita scoramenti, delusioni in chi un tempo trovava nella campagna una sorpresa dopo l’altra, piccoli ma significativi episodi, come un’alberata, un fossato, una chiesuola o un’edicola votiva, riferimenti che diventavano elementi inscindibili di una geografia sentimentale”255.

252 ITALO CALVINO, Le città invisibili, (1972), Oscar Mondadori, Milano 1993, pagg. 17-18. 253 NORBERG-SCHULZ CHRISTIAN,L’abitare, Electa, Milano 1984, pag. 33.

254 NORBERG-SCHULZ CHRISTIAN,Architettura: presenza, linguaggio, luogo, Skira Ed., Milano 1996, pag. 203. 255 EUGENIO TURRI, La megalopoli padana, Marsilio, Venezia 2000, pagg. 60-61.

Il paesaggio periurbano è infatti il luogo dove si sono sedimentate e stratificate nel tempo le impronte della crescente urbanizzazione; qui sono localizzate tutte quelle attività che storicamente venivano poste fuori porta - come il cimitero, i grandi impianti industriali e tecnologici, le infrastrutture ferroviarie, l’aeroporto, eccetera - che poi, con il processo di crescita, si sono ritrovate inglobate all’interno della città, causando un diffuso degrado, una riduzione generalizzata della qualità urbana e un declino della forza semantica delle preesistenze che rappresentavano gli elementi fondativi e strutturali del territorio.

Questo paesaggio, al quale si adatta bene la definizione di Eugenio Turri di labirinto nel quale vengono meno i riferimenti per muoversi, è uno spazio di transizione, di conflitto e di tensione. Le aree a ridosso delle agglomerazioni sono infatti il luogo dove città e campagna si incontrano-scontrano e dove si manifestano le maggiori contraddizioni legate alle diverse, spesso incontrollate, modalità di crescita delle città.

“Senza accorgersene la città è scomparsa. Continuiamo a vivere in ambienti urbani con i nomi storici come Roma, Parigi, New York, Pechino, ma oggi la maggior parte del mondo sviluppato abita in periferia”256, dove vive ormai il sessanta percento della popolazione mondiale. Se in passato la parola periferia conteneva una accezione negativa presentando una immagine di emarginazione, degrado, lontananza, oggi questa, da frangia marginale sta vivendo il superamento della sua storica connotazione di dipendenza e un ribaltamento del proprio ruolo, non solo posizionale.

“Il centro è ovunque e la circonferenza da nessuna parte, o il contrario”257, così scrive il filosofo Jean Luc Nancy. La città centrale ha perso la sua importanza storica, mettendo in crisi il concetto tradizionale di periferia: le aree attorno agli insediamenti assumono sempre più l’aspetto di luoghi dove si demolisce l’ordine territoriale preesistente e si ridefinisce il paesaggio metropolitano258, ribaltando i ruoli di strategicità tradizionali259. Il rapporto centro- periferia è oggi completamente modificato creando effetti di spaesamento, tanto che, osserva Richard Ingersoll, in periferia tutto ridiventa centrale260.

La simbologia del cerchio e della croce richiamata nel primo capitolo, non si adatta più a definire la città: se in passato i servizi erano posti in posizione centrale (al centro della croce), adesso il livello di congestionamento è tale che la centralità non significa più facilità di accesso; i processi di trasformazione urbana hanno modificato l’immagine tradizionale con l’eliminazione di fatto del cerchio che rappresentava i limiti della città.

“Un cerchio che è messo a repentaglio anche dalla sola crescita urbana. Molte città europee sono state costrette a ricostruire le mura per venire incontro alle esigenze di espansione […]. Ma ancora più efficaci si sono dimostrati quei processi che minano l’idea stessa di mura, ridimensionano la demarcazione e attenuano le differenze racchiuse nell’immagine del cerchio. I sobborghi hanno effettivamente cancellato il cerchio; parallelamente è aumentata l’importanza della croce. Il movimento, lo scambio, le transazioni sono tutti fattori che sottolineano il valore della croce e lo estendono, ben al di là dei limiti del cerchio primitivo, fino all’angolo più lontano della dimensione urbana. E’ la croce a tenere insieme la dimensione urbana”261.

Alla luce di cambiamenti di tale profondità, la tradizionale contrapposizione città- campagna non appare più utile a descrivere le problematiche proprie dei paesaggi periurbani,

256 RICHARD INGERSOLL,Sprawltown, Meltemi, Roma 2004, pag. 8.

257 JEAN-LUC NANCY, (1999), La città lontana, Ombre corte, Verona 2002, pag. 39.

258 Cfr. ROBERTO GAMBINO, Oltre la insostenibile periferia, in ROBERTO CAMAGNI (a cura di), La pianificazione sostenibile delle aree periurbane, il Mulino, Bologna 1999, pagg. 179-203.

259 Tosi parla di rivincita della centralità della periferia. Cfr. ANDREA TOSI, Assetti agricoli e vegetazionali sostenibili contro il degrado e la diffusione insediativa periurbana, in ANDREA TOSI (a cura di), Degrado ambientale periurbano e restauro

naturalistico, Quaderni del Dipartimento di scienze del territorio, Franco Angeli, Milano 1999.

260 Centro congressi, centro estetico, centro sportivo, centro commerciale, eccetera. Cfr. RICHARD INGERSOLL,

op. cit., 2004, pag. 10.

261 EMYRS JONES,Metropoli. Le più grandi città del mondo, (1990), trad. ita. Giovanni Gozzini, Donzelli Editore, Roma

1993, pag. 170. Un interessante contributo di lettura all’identificazione delle forme insediative è dato dalla ricerca nazionale Itaten. Cfr. ALBERTO CLEMENTI,PIER CARLO PALERMO,GIUSEPPE DEMATTEIS, (a cura di), Le forme del territorio italiano, 2 voll., Laterza, Roma 1996.

non solamente per la loro crescente antropizzazione, quanto per la contrazione del rapporto spazio-tempo e la conseguente pervasività della cultura urbana262.

Vedere il paesaggio periurbano in relazione al sintagma città-campagna appare dunque riduttivo perché tale visione dualistica presuppone un approccio statico al problema che non tiene conto della dinamicità, della velocità e della profondità delle trasformazioni avvenute e in corso in tali contesti.

A causa del modificarsi della struttura dei territori periurbani in seguito alla diffusione reticolare degli insediamenti, anche parlare di tali paesaggi in funzione dell’antitesi tra città diffusa e città compatta può condurre parimenti a fare considerazioni errate. Se la seconda sembra “…sintetizzare al meglio le tre opzioni strategiche del principio di sostenibilità: efficienza allocativa, efficienza distributiva e equità ambientale”263, corrispondenza sottolineata anche dalle recenti politiche urbane comunitarie che vedono indirizzare la pianificazione verso la definizione di strategie che favoriscono uno sviluppo compatto264, preferire l’uno o l’altro modello significa in realtà cadere nuovamente in una visione dualistica che contrappone due esempi astratti e slegati dai reali processi di costruzione del territorio.

Come invece mette in evidenza Roberto Gambino, “…non servono più i modelli, serve la

sperimentazione paziente e spregiudicata, volta a cogliere nel vivo di processi altamente

differenziati, complessi e imprevedibili le opportunità concrete di miglioramento delle condizioni in atto” 265.

Figura 93. Limiti urbani diversi e diversi paesaggi di limite che possono essere progettati. La forma urbana rivela una complementarietà tra città e paesaggio: Montepescali, Lucignano e Cerreto Guidi, la cui originaria forma circolare e compatta è variamente declinata; Cortona, Roccatederighi e Serra Pistoiese, la cui singolarità morfologica e vegetazionale è esaltata dall’insediamento che dà l’impressione di compiere un movimento dinamico o sembra schiacciato dall’avanzare del bosco.

Fonte: Regione Toscana, Cento Centri Storici dall’Alto. Atlante Digitale. Viaggio in Toscana, cd-rom, Compagnia Generale Ripreseaeree di Parma, 2003.

262 Cfr. ANDRÈ CORBOZ, Il territorio come palinsesto, in ANDRÈ CORBOZ,Ordine sparso. Saggi sull’arte, il metodo, la città e il territorio, a cura di Paola Viganò, F. Angeli, Milano 1998.

263 ROBERTO CAMAGNI,Sostenibilità ambientale e strategie di piano: le questioni rilevanti, inROBERTO CAMAGNI op. cit.,

1999, pag. 24.

264 Cfr. Commissione delle Comunità Europee, Libro Verde sull’Ambiente Urbano, COM (90) 218, Bruxelles 1990. 265 Cfr. ROBERTO GAMBINO, op. cit., 1999, pag. 182. Il corsivo è nostro.

Figure 94 e 95. Lucca: il sistema delle fortificazioni definisce ancora l’immagine della città segnandone figurativamente il limite, sebbene si siano verificati fenomeni di dispersione insediativa nel paesaggio di pianura al di là della cintura di verde costituita dai bastioni. Dubrovnik in Croazia: al di là del limite delle mura la città si è diffusa nel paesaggio, posizionandosi sui rilievi collinari.

Fonti: FRANCO PANZINI, op. cit., 1993, tav. VII e fotografia di Antonella Valentini, 2002.

Nell’elaborare progetti che sperimentino nuove modalità di tutela e di gestione delle aree di frangia, dunque, è necessario partire dalla consapevolezza dei profondi cambiamenti avvenuti, tuttora in corso, che hanno portato alla perdita della centralità urbana e ad una organizzazione territoriale reticolare. Il paesaggio periurbano appare contraddistinto da una frantumazione dell’area edificata per la cui comprensione può essere utile ricorrere a una immagine figurale del limite urbano diversa da quella compatta e lineare a cui siamo storicamente abituati.

La dissoluzione dei margini urbani è anche legata all’estrema velocità delle trasformazioni che avvengono in questi luoghi dove, come ha osservato Ingersoll, è il movimento a caratterizzare lo spazio. Mentre la città antica si capisce più facilmente perché “…la bellezza del centro deriva dal fatto che è statico, e quindi facile da comprendere come il punto di fuga di una prospettiva. […] Oggi il contesto della periferia è composto da strade di scorrimento, svincoli elevati, cartelloni pubblicitari e grandi edifici banali circondati da parcheggi; la stessa cosa si ripete tante volte ma senza che vi sia una sintassi. Lo sprawl non viene mai letto come un’unità perché non si può avere una visione d’insieme”266.

La città ai suoi margini ha perduto la figurabilità267 antica assumendo termini di minore comprensibilità per la mente umana. Nel parlare dei limiti urbani attuali è stato osservato che si hanno confini sempre più frattali, che emergono “…come categorie proprie di un universo che non ha più il carattere statico ma dinamico […]. Una soglia caratterizzata da strutture geometriche e morfologiche generalmente complesse, attraverso la quale si confrontano processi evolutivi contraddistinti da comportamenti osservabili e comportamenti apparentemente casuali, ordine e disordine, regolarità e caos”268.

Il confine frattale è fatto di nuove polarità, luoghi atopici269 e “non luoghi”270, i cui vertici sono però contrassegnati da elementi significativi.

266 RICHARD INGERSOLL,op. cit., 2004, pag. 11. Lo sprawl per Ingersoll non è soltanto un fenomeno morfologico

ma un modo di essere, di vivere la periferia dove tutte le relazioni sociali sono mediate dai mezzi telematici.

267 Il margine è uno dei cinque elementi - percorsi, punti di riferimento, nodi, quartieri e margini – individuati da

Lynch che determinano la “figurabilità” [imageability] di una città. Cfr. KEVIN LYNCH, The image of the city, The Mit

Press, Cambridge (Mass.) 1960, L'immagine della città, trad. ita. Gian Carlo Guarda, Marsilio, Padova 1964.

268 FRANCO GORI, Matematica e confini. Alcune suggestioni della geometria delle figure frattali, in GIANCARLO PABA (a cura

di), La città e il limite, La Casa Usher, Firenze 1990, pag. 62.

269 Sul concetto di atopia cfr. EUGENIO TURRI, Viaggio verso Atopia, in AA.VV., Paesaggio perduto. Disagio e progetto,

Quattroventi, Urbino, 1996. Anche Gregotti scrive sull’omogeneità indifferente con cui sono realizzati, ad esempio, i centri commerciali che “…parla di un’atopia che nulla ha a che vedere col carattere desituante di ogni esperienza creativa. Si tratta invece del fenomeno della riduzione dell’architettura a manufatto la cui connessione con le regole della produzione e del consumo è radicalmente più rilevante di quelle che la legano al sito specifico.” VITTORIO GREGOTTI, La città visibile, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 1993, pag. 19.

270 Il concetto di “non luogo” è espresso da Marc Augè per indicare “…uno spazio in cui colui che lo attraversa

Nel suo espandersi infatti, l’insediamento trova delle resistenze e dei segni invitanti, “…una orditura storica di preesistenze fisiche e sociali che costituiscono a loro volta un’orditura di interferenze nei confronti dell’urbanizzazione diffusa successiva. Ne risulta un modello di intensità e qualità urbana che dal centro alla periferia, anziché decrescere, incontra nel percorso una serie di controtendenze e irregolarità che intensificano la complessità e difficoltà di decifrazione del sistema…”271.

L’esplosione insediativa e le altre dinamiche sopra descritte, quindi, hanno generato uno

status quo al quale si è generalmente tentato di opporsi con il progetto architettonico dei

margini urbani (nel senso di costruzione di pieni per ricompattare i vuoti); questo stato di fatto però, pur nelle criticità del suo essere, contiene alcune potenzialità.

L’esistenza di un confine rispondente a una geometria complessa può rendere il limite della città non più una barriera impenetrabile ma un elemento di sutura che, mettendo in contatto due zone diverse, le separa, o separandole stabilisce relazioni tra persone, culture, identità diverse.

Se il rischio principale è innegabilmente rappresentato dalla possibile densificazione della città diffusa, in molte realtà periurbane come quella fiorentina, in cui sebbene esistano aree di frangia non si è verificata una pesante dispersione insediativa, la presenza di enclaves di spazi liberi determinati dalla frangiatura dei margini urbani riserva una via d’uscita e propone una sfida: il progetto dei paesaggi di limite dove il limite della città diventa non elemento di de- limitazione dello spazio, ma generatore di relazioni e di opportunità.

Il limite possiede infatti una qualità che a prima vista può non essere riconosciuta e che possiamo definire sinaptica: la capacità di collegare, mettere in relazione e mediare due realtà spaziali distinte.

“Limite conservato” e “limite perduto”: termini topici di orientamento della domanda progettuale

Comprendere la struttura profonda del paesaggio è di fondamentale importanza ai fini progettuali e permette di legare la definizione concettuale di paesaggio di limite (per la quale si rimanda al paragrafo successivo) alla predisposizione di regole statutarie e di indirizzi progettuali focalizzati sulla specificità di ogni realtà locale. Questa lettura fa riferimento a consolidate metodologie di analisi paesistica che implicano l’utilizzo di indicatori adatti a cogliere le condizioni di stato e le dinamiche dei territori periurbani in grado di descriverne gli aspetti attuali e storici, con la copertura diagnostica dei principali gruppi tematici relativi ai caratteri ecologici e naturalistici, storici-culturali ed estetici-percettivi.

In particolare, nelle aree soggette a diffusa urbanizzazione e infrastrutturazione è importante non solo il riconoscimento delle destinazioni d’uso, ma una valutazione diagnostica dei ruoli paesistici e ambientali svolti dagli spazi aperti272.

E’ altresì necessaria la valutazione delle condizioni di frammentazione paesistica, intesa come alterazione strutturale complessa con importanti ripercussioni sull’ecologia, sugli habitat, sulle popolazioni animali e vegetali, ma anche sulle permanenze storiche e sull’articolazione morfologica del paesaggio273.

Altri indicatori utili per lo studio delle problematiche dei paesaggi periurbani da sviluppare con opportune elaborazioni, possono essere individuati in: reticolarità, penetrazione, mediazione e consistenza paesistica della vegetazione.

generale, dei rapporti tra gli uni e gli altri, né a fortiori della loro storia comune”. Con questa espressione egli definisce il tessuto urbano interstiziale fatto di aeroporti, ipermercati, incroci autostradali, zone di stoccaggio e di vendita. MARC AUGÈ, Disneyland e altri nonluoghi, Bollati Boringhieri, Torino 1999, pag. 75.

271 VITTORIO GREGOTTI, op. cit., 1993, pagg. 21-22.

272 Su questo tema cfr. GUIDO FERRARA, La considerazione degli spazi aperti nella pianificazione urbanistica comunale, in

FEDERICO FIORANI, GIANLUCA GIOVANNELLI, GABRIELE PAOLINELLI, (a cura di), Verso nuovi modelli di

pianificazione integrata, Alinea, Firenze 1994 e BIAGIO GUCCIONE e altri, L’interpretazione diagnostica e progettuale del

mosaico degli spazi aperti nel piano regolatore comunale, in BIAGIO GUCCIONE,GABRIELE PAOLINELLI, (a cura di), Piani del Verde & Piani del Paesaggio, Alinea, Firenze 2001.

273 Cfr. GABRIELE PAOLINELLI, La frammentazione del paesaggio periurbano. Criteri progettuali per la riqualificazione della piana di Firenze, Firenze University Press, Firenze 2003.

Il riconoscimento della struttura complessiva degli spazi verdi è il primo tema da affrontare che consente di effettuare quattro ordini di lettura diversi: di carattere tipologico, relativo alle diverse tipologie dei singoli spazi; di carattere relazionale, in merito alla distribuzione spaziale delle varie tipologie e delle loro relazioni reciproche; di carattere dimensionale, sulla consistenza riferita sia alle singole aree che complessivamente alle diverse tipologie; di importanza o incidenza, in funzione dei rapporti dimensionali con aree mineralizzate del tessuto urbano. Riconosciuta la struttura del sistema, risulta dunque utile indagare, attraverso idonei indicatori di reticolarità, la continuità degli spazi aperti sia per l’identificazione ecologica e ambientale di corridoi di discontinuità nel tessuto urbano, sia per l’individuazione del potenziale sociale del sistema per gli usi ricreativi e per la mobilità alternativa.

L’analisi dei paesaggi periurbani attraverso indicatori di penetrazione paesistica può invece rilevare il grado di permanenza/persistenza dei caratteri rurali nella generale semplificazione e diffusa omologazione propria dei territori periurbani274.

Il tema della mancanza di adeguati spazi di transizione urbano-rurale (si pensi ad esempio ai numerosi piani di lottizzazione di case a schiera o a grossi comparti artigianali e industriali isolati nel territorio), può essere indagato attraverso indicatori di mediazione paesistica che rilevano dal punto di vista visivo e strutturale la presenza e/o l’assenza di spazi urbani e rurali di mediazione, sia relativamente ai caratteri vegetazionali che in merito al disegno urbano.

Infine, l’individuazione morfologica e la misurazione quantitativa delle formazioni vegetali non colturali quale struttura biotica maggiormente stabile, può mettere in evidenza il grado di

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