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R ICONOSCIMENTO DEI CARATTERI STRUTTURALI E DELLE CRITICITÀ DEL PAESAGGIO PERIURBANO

Nel documento Progettare paesaggi di limite (pagine 184-192)

Cinture verdi: casi esemplar

L ONDON G REEN B ELT

3.3 R ICONOSCIMENTO DEI CARATTERI STRUTTURALI E DELLE CRITICITÀ DEL PAESAGGIO PERIURBANO

“Per coloro che non conoscono Firenze, o che la conoscono poco, alla sfuggita e di passaggio, dirò come ella sia una città molto graziosa e bella circondata strettamente da colline armoniosissime. […]; a quello strettamente aggiungerò un dolcemente che mi pare tanto a proposito, giacché le colline vi scendono digradando […]. Dirò anzi che da un lato soltanto, e per un tratto breve, la collina rasentando la città la sovrasta a picco […]. La collina soprastante è quella parte del viale dei Colli che forma Piazzale Michelangelo […]. Per questo fatto, dunque, corrono fra la città e le sue colline zone di pianura più o meno vaste che possono separarla da esse per due o tre chilometri , talvolta meno, talvolta oltre questa misura. Ho detto armoniosissime, giacché la cosa che salta agli occhi dello spettatore anche distratto, mediocre o indifferente, è la linea di esse che vista una volta non sarà facile cancellare il ricordo. […] è pregio inestimabile di queste colline l’esser disseminate di ville, di castelli costruiti nei punti più suggestivi […]. Vi sono per questa ragione tratti di pianura che accompagnano a esse e che voi, percorrendo per passeggiata o per visita, a piedi in tranvai o su macchina, trascurate passando o percorrete guardando avanti […]. Questa zona, si capisce, è parte secondaria e trascurata, se non trascurabile, di nessuna importanza nel regno della bellezza; modesta, rassegnata a essere calpestata per andare oltre. […] se in questa terra la collina tiene il posto della signora, […] la pianura vi tiene quello della serva, della cameriera o ancella. […] Dominando a questo modo compresa, altera o insolente, nemmeno le frulla in testa di guardare la sottoposta […], La povera serva invece la guarda dal basso socchiudendo gli occhi, fingendo di non accorgersi del trattamento poco riguardoso […]mostrandosi paziente, laboriosa, sottomessa. Tocca a lei preparare le lunghe file di cavoli e di carciofi, le insalate, le rape, i cetrioli, le melanzane, le zucche, i pisellini teneri, i gustosi asparagi, quello che l’altra sperpera nelle sue ville abitate da gente ricca […]; e non bastando alla terra l’essere inondata senza tregua, l’altra manda giù qualcosa che non odora, e di cui si libera con gioia rappresentando per essa solamente della sporcizia che con un cenno di disgusto fa portar via […]. Né vi starò a intrattenere di quanto accada durante il temporale e la tempesta. L’una si contorce, si ribella, arriccia il naso, impreca, sbuffa, minaccia, fa mille scimmiotterie; ma una volta esaurita la procella subito si raddrizza, si rifà, ritorna fresca e lucida, allegra, e dopo mezz’ora è più bella di prima. L’altra invece si distende, si acquatta, si allarga per ricevere nel grembo tutte le scolature che non finisce mai di riasciugare, e resta sudicia per una settimana intera”400.

I caratteri paesistici strutturali

Il paesaggio fiorentino è “una creazione assai lenta, le cui basi vanno ricercate nell’età comunale, ma la cui maturazione è da collocare certamente tra la metà dell’800 e i primi decenni del ‘900 […]; è in questo periodo che il paesaggio agrario assume quell’aspetto così armonioso e così «cesellato», che tutti conosciamo”401.

La cintura di territorio intorno a Firenze è sempre stata - o almeno dal XIII secolo - fortemente legata alla presenza della città, tanto da essere considerata quasi un suo ornamento: come una “seconda Firenze” che nella fascia suburbana circonda il nucleo trecentesco è descritta da Giovanni Villani402; come una serie di quattro cerchi concentrici è vista da Leonardo Bruni nella sua Laudatio Florentinae Urbis composta agli inizi del Quattrocento403; come una fertile vallata “disseminata di case e di ville a perdita d’occhio” è ammirata da Goethe nel 1786404.

400 ALDO PALAZZESCHI, Sorelle Materassi (1934), Oscar Mondatori 2001, pagg. 3-8.

401LEONARDO ROMBAI, Insediamenti e paesaggio agrario dall’età comunale al secolo XIX, in GIUSEPPE BARBIERI,FRANCA

CANIGIANI,JOLANDA FONNESU,LEONARDO ROMBAI, I valori geografico-storici del paesaggio fiorentino. Proposte di uso e tutela, Atti dell’Istituto di Geografia dell’Università di Firenze, Quaderno n.11, 1982, pag. 53.

402 GIOVANNI VILLANI, Cronica, (1823), Multigrafica Editrice, Roma 1980, cit. in D. HERLIHI, Società e spazio nella città del medioevo, in ROBERTA MARTINELLI,LUCIA NUTI, (a cura di), La storiografia urbanistica, Ciscu, Lucca 1976,

pagg. 189-190.Il Villani scrisse la Cronica degli avvenimenti fiorentini tra il 1333 e il 1341.

403 LEONARDO BRUNI, Le vere lodi de la inclita et gloriosa città di Firenze composte in latino da Leonardo Bruni e tradotte in volgare da Frate Lazzaro da Padova, prefazione F. P. Luiso, Firenze 1899. “…le zone come circoli che

vicendevolmente si includono e si fondono l’uno con l’altro, e di queste la città è la prima, come ombelico, al centro di tutto il territorio; è cinta dalle mura e dai sobborghi, i sobborghi a loro volta dalle ville, le ville quindi dai paesi”. Cit. in EUGENIO GARIN, Scienza e vita civile nel Rinascimento, Laterza, Roma-Bari 1965, pag. 41.

404 JOHANN WOLFANG GOETHE, Viaggio in Italia, (1886), trad. ita. Emilio Castellani, Oscar Mondadori, Milano

Figura 131. Firenze vista dalle colline sud-orientali di Bagno a Ripoli.

Fonte: fotografia di Antonella Valentini, 2004.

Se il paesaggio toscano è da sempre decantato per l’opera discreta e paziente dell’uomo sulla natura – “la trama e l’ordito” di Francesco Rodolico, per cui la prima corrisponde alle condizioni naturali e il secondo all’opera dell’uomo - sui colli attorno a Firenze questo è così evidente che il paesaggio fiorentino diventa un “irraggiamento della città […] una proiezione, o forse meglio una parte integrante della città, tanto fecondi e profondi furono sempre i legami tra Firenze ed il suo contado”405.

Questo paesaggio ha però caratteri spiccatamente diversi, prodotto di una stratificazione storica che ha origine nella differente struttura orografica. Sinteticamente si possono individuare tre ambiti: una zona pianeggiante di origine alluvionale (con quote prevalenti tra trentacinque e cinquanta metri s.l.m.) in corrispondenza dell’asse idrografico dell’Arno sottoposta a intensi fenomeni di urbanizzazione; una fascia collinare settentrionale caratterizzata da versanti non molto acclivi e intensamente antropizzati, dove predominano oliveti e vigneti che lasciano spazio a vaste aree di bosco quando si raggiungono quote di bassa montagna (da settanta-cento metri a quattrocento-quattrocentocinquanta metri s.l.m); un versante collinare meridionale (mediamente attorno ai centocinquanta-duecento metri s.l.m.) ancora caratterizzato da una fitta rete di residenze suburbane, anche se in misura minore rispetto a quello settentrionale e con una più spiccata caratterizzazione produttiva.

La pianura dell’Arno si identifica in particolare con la piana fiorentina a Nord-Ovest della città che ha nel tempo assunto varie configurazioni406, permanenze strutturali ogni volta rinnovate fino alla metà del XX secolo quando si abbandonano le antiche regole costruttive e si

subisce il fenomeno dell’urbanizzazione.

In realtà questa area agricola ha iniziato a trasformarsi profondamente già dalla metà dell’Ottocento con l’introduzione della linea ferroviaria, la realizzazione dell’aeroporto, le opere infrastrutturali come l’autostrada e le opere di bonifica delle aree paludose iniziate negli anni Trenta del Novecento. Queste ultime, finalizzate allo sviluppo di un’agricoltura intensiva, regimano le acque nel “sistema collettore delle acque alte”, che intercetta i corsi che scendono dai rilievi e, per mezzo di ampi canali, ne reca le acque verso l’Arno ed il “sistema collettore delle acque basse”, che raccoglie le acque meteoriche. Ancora agli inizi del Novecento la pianura era caratterizzata da seminativi vitati e arborati, il tipico paesaggio della coltura promiscua oggi totalmente scomparso: campi di cerali, coltivati fin dall’antichità a grano e successivamente a granturco e girasole, filari di viti e di gelsi per l’allevamento dei 405 RODOLICO FRANCESCO, Il paesaggio fiorentino quale irraggiamento della città, in Scritti di varia cultura urbana, Saffe,

Firenze 1976, pag. 70.

406 Queste sono il frutto di modalità insediative diverse, da quella romana fondata sulla bonifica e la centuriazione,

alla formazione di nuclei urbani a partire da pievi e chiese tra IX e XII secolo, ad una organizzazione mezzadrile che dal Trecento permane fino alla metà del XX secolo. Cfr. DANIELA POLI,La piana fiorentina. Una biografia territoriale narrata dalle colline di Castello, Alinea, Firenze 1999.

bachi da seta. Oggi l’attività agricola è ancora presente, ma caratterizzata da coltivazioni di tipo intensivo, ad alto reddito, sebbene negli ultimi anni sia cresciuto l’utilizzo di tecniche agricole ecocompatibili.

La piana, sotto la spinta della crescente urbanizzazione e infrastrutturazione assume sempre più l’aspetto dimesso descritto dal Palazzeschi, con una riduzione diffusa e generalizzata del proprio valore, sebbene nel complesso rappresenti, dal punto di vista strettamente naturalistico, un mosaico piuttosto articolato di habitat, in gran parte legati all’esistenza di un sistema di aree umide di origine artificiale nella quasi totalità gestite a fini venatori. La notevole estensione di queste aree nel loro complesso (quasi quattrocento ettari) unita alla circostanza di trovarsi su una delle principali direttrici di migrazione, ne fanno un luogo di importanza nazionale per la sosta, lo svernamento e la riproduzione degli uccelli selvatici, riconosciuto a livello comunitario con l’inserimento degli “Stagni della Piana Fiorentina” nella rete europea di protezione degli habitat Natura 2000407.

In sinistra idrografica nei pressi degli abitati di Mantignano-Ugnano, alla confluenza del fiume Greve, si trova un’area di considerevoli dimensioni rimasta a prevalente utilizzazione agricola, in particolare ortofrutticola, che ha mantenuto le caratteristiche tradizionali nell’orditura dei campi, anche con il loro equipaggiamento vegetazionale (in particolare alcuni esemplari isolati di Juglans regia) e architettoniche come la Pieve di Santa Maria a Mantignano, il cui toponimo ne tradisce l’origine romana. Quest’area rappresenta un sistema ambientale fragile dove il mantenimento dell’agricoltura è garanzia di sopravvivenza di tale assetto storico.

Le colline fiorentine, invece, hanno preservato più fortemente i caratteri storici conservando l’aspetto tipico toscano con superfici olivate e, in misura minore, vitate che si alternano nelle aree più acclivi e nei fondovalle al bosco di roverella, leccio e cerro e qualche, raro, castagneto verso la montagna. Anche questo paesaggio ha subito però profonde modifiche, apparentemente meno evidenti rispetto a quelle dei territori di pianura perché la permanenza degli oliveti, sebbene non si coltivi più tra le piante, mantiene per un occhio inesperto e distante l’immagine antica. La coltura promiscua di olivo e vite in filari è però praticamente scomparsa: la prima attraversa una crisi profonda che ha portato all’abbandono di molti oliveti, la seconda ha margini di economicità solo in coltura specializzata, favorendo così l’introduzione di forme estranee a quelle tradizionali.

Figura 132. I margini della città sulla “piana fiorentina”; in primo piano l’aeroporto e gli Stagni di Focognano.

Fonte: fotografia di Emanuela Morelli, 2004.

407 La Direttiva 92/43/CEE per la “conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna

selvatiche” prevede la creazione della rete Natura2000, un sistema di aree destinate alla conservazione della diversità biologica nel territorio dell’Unione Europea e permette agli Stati membri di definire la propria lista di Siti di Importanza Comunitaria. Le zone umide della piana sono classificate come SIC (gli altri due SIC nel territorio metropolitano sono in collina, Monte Morello e i Monti della Calvana), ma anche come Siti di interesse Regionale ai sensi della L.R. 56/2000. Gli Stagni di Focognano e di Podere La Querciola sono individuate quali Aree Naturali Protette di Interesse Locale (Anpil) ai sensi della L.R. 49/95.

Figura 133. Paesaggio di collina di cintura meridionale (Scandicci).

Fonte: fotografia di Gabriele Paolinelli, 2002.

Il paesaggio agrario è stato spesso sostituito dal paesaggio di parchi e giardini delle ville suburbane nelle immediate vicinanze della città, mentre più lontano e in condizioni orografiche meno favorevoli, dal paesaggio del bosco. Se da un lato le colline fiorentine sono storicamente caratterizzate proprio dalla presenza di ville con i loro parchi - in particolare le Ville Medicee – dall’altro, la crescita in tempi più recenti nel numero delle residenze suburbane con l’impianto di specie vegetali ornamentali nei loro giardini ha provocato l’introduzione di elementi turbativi dell’equilibrio ecologico, oltre che dell’aspetto visibile.

Il rimboschimento, inoltre, sia artificiale (Monte Morello, la Calvana), sia spontaneo (Pratolino) dovuto all’abbandono dell’attività agricola che oramai gioca un ruolo produttivo marginale, ha avuto un ruolo importante nel modificare i caratteri del paesaggio collinare408, in particolare quando questo è avvenuto, come nella prima metà del Novecento, impiantando vaste aree di conifere: si assiste nuovamente alla conquista delle colline da parte del bosco, anche se in forme completamente diverse rispetto alla situazione d’origine; inoltre, l’introduzione di piante estranee alla flora spontanea ha modificato il paesaggio vegetale quando queste si sono acclimatate, riprodotte e diffuse, come per l’ailanto e la robinia.

E’ comunque significativo che in un territorio ad alta concentrazione di popolazione sopravvivano aree forestali - in genere boschi cedui in particolare sulle pendici più scoscese e rocciose dell’arco collinare settentrionale, nei dintorni di Settignano e Trespiano, nelle valli dei torrenti Terzolle, Terzollina e Mugnone - poiché esse costituiscono una risorsa fondamentale sia per la produzione del legame e la protezione idrogeologica, due finalità tradizionalmente consolidate, sia per funzioni la cui importanza è riconosciuta crescente, di conservazione della biodiversità e di fruizione turistico-ricreativa. La capacità degli ecosistemi vegetali di rispondere però a tale ruolo, auto-mantenendosi, dipende dalle loro stesse caratteristiche e dalla stabilità ecologica, la quale è garantita solo se il livello di pressione dei fattori perturbanti è compatibile, oppure se l’uomo è in grado di fronteggiare le situazioni che ne compromettono la funzionalità409.

408 Cfr. FRANCESCO PARDI,Le trasformazioni del paesaggio storico delle colline toscane, in SIMONE NERI SERNERI (a cura

di), Storia del territorio e storia dell’ambiente. La Toscana contemporanea, F. Angeli, Milano 2002, pagg. 51-77. La trasformazione delle colline fiorentine è iniziata con l’opera di disboscamento delle “antiche selve” formate da querce a foglia caduca e lecci e l’introduzione proprio di olivi, cipressi e pini. Le cipressete costituiscono oggi il bosco caratteristico dei dintorni di Firenze (l’uso del cipresso risale all’epoca romana) assieme ai boschi misti di pini selvatici e domestici (i primi impianti sono datati all’età medicea). Sul paesaggio vegetale fiorentino cfr. PIER

VIRGILIO ARRIGONI, Vegetazione e Agricoltura, in BIANCA MARIANO (a cura di),Firenzecologia. Conoscere e capire l’ambiente del Comune di Firenze, Il Ventaglio, Roma 1987, pagg. 45-57.

409 I boschi misti svolgono funzioni regolatrici e protettive (stabilizzanti) avendo un alto livello di metastabilità,

cioè elevata capacità di incorporare le perturbazioni ma, superato il limite di tollerabilità, una lenta capacità di ripresa. I boschi di specie dominanti, come le pinete o i sistemi giovani, hanno una scarsa resistenza ai disturbi, ma riescono a rigenerarsi più velocemente ristabilendo l’equilibrio iniziale o evolvendo verso un nuovo stato.

Nella piana fiorentina non è invece sopravvissuta l’originaria foresta planiziaria, formata da alberi decidui tolleranti l’umidità del suolo come la farnia, il pioppo bianco e nero, il carpino, l’olmo campestre e il frassino.

I due sistemi di pianura e di collina sono quindi profondamente diversi ma, nella diversità, fortemente interrelati: una relazione strettissima che trova la propria origine nella cultura rinascimentale che “…non abbandonò il disegno territoriale romano ancora evidente […]. Sulla partizione centuriale impostò un sistema prospettico, un cannocchiale visivo di collegamento tra monte e piana”410 costituito da una serie di strade che a pettine dalla via Sestese salgono le pendici collinari collegando ville come La Pietraia o Castello. Anche l’osservazione delle componenti antropiche oltre quelle naturali, rende evidente la diversità: se Castello, insediamento di pianura, ha perso la propria configurazione inglobato nelle espansioni residenziali, Serpiolle, non distante sulle colline della valle del Terzolle, ha invece mantenuto quasi inalterata la propria immagine.

La diversità paesistica ha però portato a forme di protezione differenti. Se il paesaggio di pianura non è stato mai investito da previsioni di tutela diffuse e efficaci che ne riconoscessero il valore nella sua complessità di sistema (l’indicazione provinciale di ambito di reperimento per aree protette ha purtroppo avuto scarsi risultati), il paesaggio collinare è stato invece da sempre oggetto di tutela sia generalizzata sia puntuale. Le colline sono state infatti integralmente sottoposte al vincolo paesaggistico della legge 1497/39, ora contemplato dal nuovo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e individuate quali aree protette ai sensi della legge regionale del 1982411. In realtà lo strumento del vincolo ha costituito un mezzo di difesa capace di rallentare, ma non di contrastare i cambiamenti in atto e i processi di degradazione legati all’abbandono delle pratiche agricole.

In pianura, però, caduta la funzione produttiva, il paesaggio evolve in forme completamente diverse, mentre in collina il presidio dell’agricoltura, anche se di corredo, rallenta il processo di trasformazione: gli oliveti continuano a caratterizzare il paesaggio sebbene come elementi di arredo dei parchi di villa; gli edifici di origine rurale sono mantenuti nonostante siano diventati esclusive residenze di campagna. Le modificazioni più evidenti sono invece causate dall’abbandono dei terrazzamenti a secco che ha spesso provocato un rimodellamento morfologico dei versanti.

Per quanto il piano regolatore del 1992 non abbia norme stringenti, la consapevolezza del valore generale di questo paesaggio si legge anche nella previsione del “parco delle colline”.

Figura 134. Paesaggio della piana fiorentina (Sesto Fiorentino).

Fonte: fotografia di Andrea Meli, 2001.

410 DANIELA POLI,op. cit., 1999, pag. 113.

411 La Delibera di Consiglio Regionale 296/1988 individua le aree protette regionali ai sensi della L.R. 52/82, cioè

le aree di categoria a) corrispondenti a valori estensivi e quelle b,c,d) relative a zone di particolare rilevanza. Il P.I.T. ha previsto il superamento di queste prescrizioni stabilendo che la disciplina in merito alle aree a) sia dettata all’interno dei piani provinciali mentre quella delle aree b,c,d) avvenga a livello dei piani strutturali.

Figura 135. Paesaggio della pianura sud-orientale (Bagno a Ripoli).

Fonte: fotografia di Antonella Valentini, 2004.

All’interno di tale riconoscimento, sull’arco collinare meridionale è individuato un sistema di aree protette regionali di particolare rilevanza abbastanza continuo sebbene proteso ad Est, verso Bagno a Ripoli (Monte Fattucchia, Poggio di Firenze, Monte Pilli-Poggio Alberaccio- Poggio all’Incontro), mentre sull’arco collinare settentrionale vi sono previsioni isolate e di minore estensione territoriale (Vincigliata e Montececeri, Fosso Cucina e Torre Tonda), ma anche aree di un certo interesse (il sistema continuo di Monte Morello, Villa Demidoff, Bivigliano-Monte Senario, Monte Giovi). Anche la distribuzione delle aree protette ai sensi della legge regionale 49 del 1995 mostra una diversa caratterizzazione tra l’arco collinare meridionale, che risulta del tutto sprovvisto, e quello settentrionale che vede l’istituzione di alcune Anpil (Montececeri a Fiesole e Poggio Ripaghera-S.Brigida a Pontassieve e le due più recenti del torrente Mensola a Fiesole-Firenze e dei Monti della Calvana a Calenzano).

Le criticità del paesaggio periurbano

Firenze presenta situazioni di criticità principalmente di natura ecologica e di valore, fruibilità e connessione degli spazi verdi di relazione. La trasversalità delle questioni ambientali, che trascende i confini amministrativi, pone inevitabilmente la necessità di inquadrare le problematiche in un’ottica a scala metropolitana412.

Sebbene nel decennio 1991-2001 si sia registrato mediamente un calo della popolazione, in particolare nel Comune di Firenze e in alcuni Comuni di prima fascia413, l’area fiorentina rappresenta tuttora il luogo dove è concentrato il sessanta percento della popolazione provinciale. Ciò si traduce in un sempre maggiore consumo di suolo414, che si ripercuote sull’equilibrio ecologico della città e sulla funzione regolatrice propria del sistema ambientale. 412 In questa direzione è andato lo studio predisposto dai Comuni classificati “Area Omogenea per la qualità

dell’aria” (Delibera Regionale 1406/2001) - Bagno a Ripoli, Calenzano, Campi Bisenzio, Firenze, Lastra a Signa, Scandicci, Sesto Fiorentino, Signa – che hanno allargato la loro collaborazione a tutte le tematiche ambientali valutando lo stato dell’ambiente per il quinquennio 1998-2002. Cfr. Agenda 21 locali Toscana, Progetto START. Lo

stato dell’Ambiente nell’Area Omogenea Fiorentina: otto Comuni insieme per una politica ambientale sostenibile, Firenze 2004.

Di seguito si fa riferimento ad alcuni dati del progetto poiché, sebbene non si adatti perfettamente all’area di indagine (escludendo Fiesole, Impruneta e Pontassieve), rappresenta l’unico studio sull’area metropolitana che fornisce un quadro organico dei vari temi ambientali.

413 A Firenze sono trecentocinquantaseimilacentodiciotto i residenti al 2001, quarantasettemila in meno rispetto al

1991. I quattrocentocinquantadue chilometri quadrati dell’Area Omogenea accolgono oltre cinquecentocinquantamila abitanti (Istat 2001). Cfr. Agenda 21 locali Toscana, op. cit., 2004, pag. 22.

414 Nel Progetto Start si dichiara l’impossibilità di calcolare esattamente la quantità di suolo urbanizzato a causa

della disomogeneità delle informazioni comunali. Indicando per “suolo urbanizzato” la superficie coperta da edifici, pertinenze, viabilità, cimiteri ma anche aree sportive, ricreative e verde urbano e per “suolo edificato” la sola superficie coperta da edifici, sono riportati i seguenti dati: cinquanta percento di suolo urbanizzato nel

Nel documento Progettare paesaggi di limite (pagine 184-192)