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Paesaggio di limite definizion

Nel documento Progettare paesaggi di limite (pagine 129-134)

CONFINE FIGURALE SPAZIO DI MEDIAZIONE LUOGO DINAMICO

AMBITO DEL CONFLITTO/DEL MALINTESO/ DELLA PACIFICAZIONE

PAESAGGIO MENTALE

Il paesaggio di limite come SPAZIO DI SOGNO e DI LIBERO VAGABONDARE o DI LIBERA INVENZIONE Il paesaggio di limite

è uno spazio di transizione molteplice,

è un ambito di sutura, non è una barriera impenetrabile, è un elemento di mediazione spaziale e temporale, è lo spazio del “fra

Il paesaggio di limite

è il luogo degli scambi, dell’intrecciarsi e del costruirsi di relazioni, è l’ambito in cui si manifestano tensioni,

ma dove queste possono trovare una forma di pacificazione Il paesaggio di limite possiede una qualità figurale, offre una identità,

si frappone tra due entità non appartenendo né all’una né all’altra ma ricevendo la forma dall’opposizione ad entrambe,

e di entrambe mostra le caratteristiche

Il paesaggio di limite è una figura frattale, è frammento e totalità,

è elemento ordinatore e innovatore, è spazio che vive nell’attesa del cambiamento

Quali sono dunque le qualità distintive, fondate sulle caratteristiche e sulle dinamiche che contraddistinguono le aree periurbane, che possono essere riconosciute alla categoria progettuale del paesaggio di limite?

Si è già parlato dell’importanza per l’uomo di costruirsi un’immagine che identifica il luogo urbano, per cui il paesaggio di limite è confine figurale, è confine identitario. La figurabilità di una città è la sua capacità di provocare una suggestione sullo spettatore e quindi radicarsi nella sua memoria; questo può avvenire anche attraverso la presenza di una cintura di spazi verdi, creando - cioè ri-creando, valorizzando, mantenendo, non solo in assonanza con il paesaggio esistente ma talvolta anche utilizzando tonalità diverse - un paesaggio che prepara l’arrivo nel luogo urbano ed accompagna la partenza da esso.

Lo spazio di confine ha infatti la caratteristica di essere doppio, forse ambiguo: può essere simbolo di chiusura ma anche di apertura “…racchiude in sé tutto e il contrario di tutto a seconda di come, e soprattutto da che punto, lo guardiamo”286.

Il paesaggio di limite è dunque spazio di mediazione, adatto, come “qualsiasi zona di transizione […] alle soste e alle conversazioni. Ci si sente in due territori contemporaneamente, con la possibilità di entrare nell’uno o nell’altro a scelta”287.

Azzardando un parallelismo tra la scala architettonica e quella territoriale, è il

Zwischenraum, lo spazio che si insinua tra gli spazi, come accade nei volumi architettonici di

Hans Scharoun, cioè “…lo spazio dell’attesa, non ancora organizzato, lo spazio che vive nella percezione e nel comportamento…”288. Ed infatti, richiamando non soltanto il citato

Zwischenraum ma anche poetiche Zwischenstadt289, il paesaggio di limite è spazio del “fra”, spazio mediano molteplice, sia sotto il profilo ecologico-ambientale, sia politico-sociale, sia funzionale e percettivo.

In virtù di questa proprietà di mediazione, se il paesaggio di limite può rappresentare un punto di arrivo, visto da un’altra e opposta angolazione – “l’altra proprietà” come insegna Kandinsky290 - costituisce un punto di partenza che si apre alla scoperta di una realtà diversa poiché “un confine non è quello che mette fine ma, come già intendevano i greci, il confine è il dove del principio della presenza di una forma”291.

In quanto paesaggio di transizione, si presuppone la possibilità di un ingresso e di un percorso. La suggestione provata da alcuni scrittori come Gracq che si spinge ai confini di Nantes, ma anche Rousseau che passeggia nei dintorni di Parigi292, quando uscire dalla città significava anche godere dell’armonia di un paesaggio rurale, non viene in realtà meno nell’età contemporanea. Nei paesaggi-labirinto di Eugenio Turri, dove mancano i riferimenti per muoversi vale, come per Benjamin nella metropoli293, l’arte di perdesi poiché “…il disorientamento ci costringe a una consapevolezza dei nostri movimenti, come pure dei nostri reciproci rapporti spaziali”294.

Il paesaggio di limite è una fascia di transizione che separa e mette in relazione accogliendo le proprietà di entrambe le situazioni che si fronteggiano, per ricordare la definizione 286 PIERO ZANINI,op. cit., 1997, pag. 92.

287 KEVIN LYNCH, A theory of good city form, The Mit Press, Cambridge (Mass.) 1981, Progettare la città. La qualità della forma urbana, trad. ita. Roberto Melai, Etaslibri, Milano 1990, pag. 166. Qui Lynch parla dei margini architettonici

ma il concetto può essere validamente esteso ai margini urbani.

288 GIORGIO PIZZIOLO,RITA MICARELLI, Il pensiero progettante. Dai margini del caos all’ecologia del progettare, Alinea,

Firenze 2003, pag. 58.

289 Zwischenstadt è il titolo di una novella pubblicata nel 1927 da Theodor Reismann-Grone, sotto lo pseudonimo

di Dierck Seeberg, nella quale l’autore descrive il microcosmo di una città in transizione nella Ruhr agli inizi del XX secolo prima che l’area sia investita dalle profonde trasformazioni industriali.

290 “Ogni fenomeno può essere visto in due diverse maniere. Queste due maniere non sono arbitrarie […]

vengono derivate dalla natura dei fenomeni, da due loro proprietà: Esterno - Interno”. WASSILY KANDINSKY, Punto, linea, superficie, (1926), trad. ita. Melisenda Calasso, Adelphi Edizioni, Milano 2001, pag. 7.

291MARTIN HEIDEGGER, Costruire Abitare, Pensare, in Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1976, pag. 101.

292 Cfr. JEAN JACQUES ROUSSEAU, Fantasticherie del passeggiatore solitario, (1782), trad. ita. Nada Cappelletti Truci,

Rizzoli, Milano 1979.

293 Scrive Benjamin: “Non sapersi orientare in una città non vuol dire molto. Ma smarrirsi in essa come ci si

smarrisce in una foresta, è una cosa tutta da imparare”. WALTER BENJAMIN,Infanzia berlinese,(1950), trad. ita.

Marisa Bertolini Peruzzi, Einaudi, Torino 1973, pag. 3.

matematica che vede il limite come l’insieme dei punti di confine, dove “…un punto di confine tra due regioni, del piano o dello spazio, è un punto «vicino» al quale si trovano «sempre» elementi della prima ed elementi della seconda regione…”295.

Tra queste proprietà che il limite acquisisce la dinamicità, aspetto fondamentale del paesaggio in genere, qui è evidente con tutta la sua forza, caratterizzando l’essenza stessa del

paesaggio di limite e la sua percezione. Il paesaggio di limite è luogo dinamico.

Dinamicità e movimento procurano inevitabilmente tensioni. Il paesaggio di limite può essere ambito di conflitti, di malintesi, ma anche di pacificazioni296. L’essere sul confine comporta la presenza di diversità che si incontrano, di identità che si sovrappongono, di antinomie che si manifestano; questi paesaggi di limite, infatti, mostrano la caratteristica di “…essere in rapporto con tutti gli altri, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare, o invertire l’insieme dei rapporti da loro stessi designati, riflessi, o rispecchiati”297. Sono luoghi dove è possibile provare a strutturare uno spazio comune in cui vigono regole condivise. Scrive La Cecla: “Il malinteso è il confine che prende una forma. Diventa un terrain vague, dove l’identità, le identità reciproche, si possono attestare…”298.

Questo paesaggio troppo spesso e a lungo considerato terra di nessuno, dove la regola stabilita proprio dal confine tracciato non vale più, dove si concentrano gli scarti dell’urbanità, può diventare luogo per l’invenzione e per il gioco, esperienza attraverso cui superare le contraddizioni: “Il confine è tra le tante cose, anche uno spazio dove si può giocare e conoscersi attraverso il divertimento. Meglio ancora, il gioco può essere una forma fondamentale, e molto comune, di esperienza del limite”299. Il gioco come strumento per praticare l’arte delle relazioni, “…un’arte che accoglie e fa comunicare i pensieri «diversi» (e i pensieri dei diversi) abbracciando la ragione e l’irragionevole nella loro contrastante tensione dinamica, ed è l’arte in cui le diversità si trasformano in un’occasione di movimento e di dinamica evolutiva reciproca”300.

Il limite non è un fatto esclusivamente fisico, è anche una costruzione culturale e dunque il paesaggio di limite è un paesaggio mentale, tanto più che i confini reali della città stanno sempre più assumendo un carattere evanescente. I paesaggi di limite individuano uno spazio non soltanto materiale ma anche ideale, che allude alle nostre identità e orizzonti mentali; uno spazio “…che può avere un margine esterno, quello dove l’uomo abita, ama, lavora […] ma anche un margine interno, interiore, intimo, legato ai nostri stati d’animo, alle speranze e alle utopie che li accompagnano”301.

Il progetto del paesaggio di limite non riguarda la ricostituzione del limite della città, ma si occupa del paesaggio non più urbano e non ancora agrario che sta fra la città consolidata e la campagna ancora tale. Date le caratteristiche strutturali e funzionali dei paesaggi periurbani, il

paesaggio di limite costituisce la categoria progettuale contemporanea proposta per il loro

trattamento nell’ambito degli strumenti di governo del territorio e delle definizioni di modalità di intervento ad essi riferibili.

Nella definizione di questo progetto complesso convergono tre diversi modelli, quello della cintura verde, dei cunei verdi e delle greenway, ciascuno per le proprie specificità.

295 FRANCO GORI, op. cit., 1990, pag. 63.

296 Questi sono tre dei significati attribuiti da Zanini al confine. Cfr. PIERO ZANINI,op. cit., 1997. 297 MICHEL FOUCAULT, Spazi altri. I principi dell’eterotopia, “Lotus international”, 48-49, 1985-86, pag. 11. 298 FRANCO LA CECLA, Il malinteso, in Tutto è relativo. O no?, “Volontà”, 2-3, 1994, pag. 162.

299 PIERO ZANINI,op. cit., 1997, pag. 138.

300 GIORGIO PIZZIOLO,RITA MICARELLI, op. cit., 2003, pag. 13. Sull’importanza esperenziale del gioco si veda

anche LUDVIG WITTGENSTEIN, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino 1995 e GEORGE BATESON, Questo è un gioco, ed.

ita a cura di Davide Zoletto, Cortina, Milano 1996.

301 PIERO ZANINI,op. cit., 1997, p. XIV. Sull’ambiguità dei contorni cfr. GEORGE BATESON, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano 1976.

2.3

I

L PROGETTO DEI PAESAGGI DI LIMITE

:

ALCUNI INTERROGATIVI

“L’avvicinamento a una città mi ha sempre dato l’occasione di studiare i mutamenti progressivi del paesaggio che la annuncia. Soprattutto con il treno, spio i primi segni dell’infiltrazione nella campagna delle dita del nucleo urbano, e se si tratta di una città dove mi piace vivere considero quelle intrusioni quasi un gesto di benvenuto, come una mano che si alzi da lontano sulla soglia amica”302.

Presupposti

Il dibattito internazionale in tema di progettazione paesistica originatosi agli inizi del XXI secolo dalla firma della Convenzione Europea del Paesaggio, ha di fatto sottolineato la necessità di estendere l’attenzione dalle aree di rilevanza ambientale a tutti i paesaggi di qualità comune o addirittura compromessi dalle pressioni dello sviluppo insediativo, spostando l’interesse dalla tutela di tipo vincolistico di ambiti di particolare importanza alla individuazione di politiche volte alla pianificazione e gestione di tutto il paesaggio303.

La trasformazione stessa è riconosciuta come valore e il controllo dinamico dei cambiamenti diventa obiettivo prioritario anche nelle raccomandazioni della Carta di

Napoli304. L’analisi “delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio…” è anche uno degli obiettivi di qualità paesaggistica introdotti dal nuovo Codice dei Beni Culturali e

del Paesaggioin vigore dal maggio 2004305.

Nei paesaggi periurbani la dinamicità, si è visto, è elemento fondamentale e dunque è particolarmente importante possedere strumenti progettuali adatti a riconoscere i valori ordinari, diffusi e talvolta latenti di tali territori, le cui trasformazioni sono forse più evidenti che le permanenze. In questo senso, infatti, deve essere raccolta l’innovazione introdotta dalla

Convenzione Europea che attribuisce al paesaggio un significato culturale intrinseco. Ciò non

vuol dire non assecondare e valorizzare le differenze locali, articolando differentemente le forme di tutela e di intervento, poiché questo non implica attribuire valori diversi ai vari paesaggi. “La graduazione delle tutele non va intesa come traduzione speculare di una concezione gerarchizzata dei valori del paesaggio, ma come espressione di una progettualità che combina diversamente azioni di salvaguardia, di sviluppo compatibile e di riqualificazione pianificata in relazione ai diversi profili di identità e di valori patrimoniali riconosciuti come caratterizzanti per le diverse parti del territorio…”306.

A tale scopo sia la Convenzione Europea che la Carta di Napoli richiamano l’importanza di attivare politiche in grado di generare azioni progettuali finalizzate a salvaguardare, gestire e pianificare i paesaggi ordinari e di mettere in atto strategie di intervento al fine di prevenire le minacce e le pressioni a cui essi sono sottoposti. Nella Carta di Napoli si fa esplicito riferimento alla necessità di attivare progetti a lunga scadenza, capaci di seguire l’evoluzione e la trasformazione del paesaggio, e di carattere sistemico in grado di superare una visione puntuale a favore di una “strategia di gestione totale del territorio”307.

302 JULIEN GRACQ, op. cit., 2001, pag. 113.

303 “…la Convenzione si applica a tutto il territorio delle Parti e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e

periurbani […]. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, che i paesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati”. Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze 2000, Art. 2.

304 Cfr. Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze 2000, Art. 6 e Aiapp-Fedap, Carta di Napoli. Il parere degli specialisti sulla riforma degli ordinamenti di tutela del paesaggio in Italia, Raccomandazioni per la redazione di una carta del

paesaggio avanzate al Convegno nazionale “La trasformazione sostenibile del paesaggio”, Napoli 8 Ottobre 1999.

305 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, Dlsg. n.42 del 22 gennaio 2004, Art. 143, lett. b.

306 ALBERTO CLEMENTI,Introduzione. Revisione di paesaggio, in ALBERTO CLEMENTI (a cura di), Interpretazioni di paesaggio. Convenzione Europea e innovazioni di metodo, Meltemi, Roma 2002,pag. 34.

307 Aiapp-Fedap, Carta di Napoli, Napoli 1999, Art. 2. Più sopra si scrive: “Si sottolinea l’urgenza di mettere in

campo strategie di intervento di lungo periodo e di carattere il più possibile integrato al fine di attuare le opportune politiche che consentono di esplicare la più efficace prevenzione nei confronti delle minacce e pressioni che incombono sul paesaggio…”

L’individuazione di strategie non è ovviamente di per sé sufficiente a garantire il controllo delle trasformazioni, poiché queste spesso avvengono per azioni e progetti puntuali di breve e medio periodo che hanno una ricaduta immediata sul paesaggio, ma consente di avere una visione superiore rispetto ai particolarismi e agli interessi settoriali, capace di ricomporli in un disegno complessivo di tutela.

Per le peculiarità delle aree periurbane - riassumibili in complessità, dinamicità e conflittualità - l’individuazione di strategie efficaci appare particolarmente importante al fine di conservare, ma anche di costruire i territori nei quali viviamo. La Convenzione definisce la “pianificazione dei paesaggi” come strumento volto alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi308.

Il concetto della creazione di nuovi paesaggi è una svolta significativa che tradisce l’esistenza di un approccio diverso al progetto, non solo tecnico ma culturale, che non utilizza solamente lo strumento del vincolo per tutelare o lo strumento del piano per pianificare la conservazione. E’ il dialogo sempre aperto tra conservazione e innovazione, in cui la trasformazione riveste un ruolo principale, che non si traduce in opposizione in quanto si è oramai giunti alla constatazione “…che non può esservi autentica conservazione di valori senza l’innovazione continua delle forme, delle funzioni o quanto meno del senso che viene loro attribuito, come non può esservi innovazione durevole e sostenibile se non sulla base di una gestione saggia e conservativa del patrimonio di risorse di cui si dispone…”309.

Anche tra le indicazioni della Carta di Napoli si richiama questo concetto raccomandando “…di avviare forme di progettazione integrata entro i processi di trasformazione del territorio esistenti o previsti che tenga conto delle istanze ambientali e paesaggistiche…” e finalizzata a vari obiettivi quali il mantenimento di un giusto grado di eterogeneità; l’equilibrata distribuzione degli elementi di naturalità; la realizzazione di nuovi elementi di qualità naturalistica diffusa, come le reti ecologiche; la valorizzazione del paesaggio agrario quale sistema di importanza ambientale e non solo agronomica; la progettazione di un sistema interconnesso di parchi e giardini310.

Dopo un periodo quindi in cui l’interesse è stato rivolto principalmente al progetto di

elementi isolati nel paesaggio quali parchi urbani e naturali, ecco che progettare i paesaggi

degradati e problematici di margine urbano, entra a pieno titolo tra le principali attività di pianificazione paesistica, integrata ma non assorbita da quella urbanistica poiché inerente tematiche trasversali rispetto a questa311.

La Carta di Napoli suggerisce inoltre che gli Enti pubblici siano abilitati alla redazione di piani del paesaggio per le aree metropolitane, volti alla formazione di un sistema di spazi aperti con funzioni di compensazione, di mitigazione degli impatti prodotti dall’inquinamento atmosferico, acustico e microclimatico e di salvaguardia dei caratteri storico, culturali e naturalistici.

308 Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze 2000, Art. 1, lett. f.

309 ROBERTO GAMBINO, Il paesaggio tra conservazione e innovazione, in ANTONIO DE ROSSI,GIOVANNI DURBIANO,

FRANCESCA GOVERNA, LUCA REINERIO, MATTEO ROBIGLIO, Linee nel paesaggio. Esplorazioni nei territori della trasformazione, Utet, Torino 1999, pag. 26. Cfr. inoltre ROBERTO GAMBINO, Conservare innovare. Paesaggio, ambiente,

territorio, Utet, Torino 1997.

310 Carta di Napoli, Napoli 1999, Art. 10. La Carta contiene inoltre raccomandazioni in merito al recupero delle

aree degradate (Art. 11), alla pianificazione delle aree agricole (Art. 19) e delle aree metropolitane (Art.20).

311 La ricerca di modalità di intervento nei paesaggi periurbani ha portato alla costituzione nel 1997 della

Federazione Europea degli Spazi Naturali e Rurali Metropolitani e Periurban (Fedenatur), una associazione che riunisce vari organismi che gestiscono parchi periurbani, come il Parco Agricolo Sud Milano, il Parc de Collserola di Barcellona, il Parc des Iles de Miribel Jonage a Lione.

Nel documento Progettare paesaggi di limite (pagine 129-134)