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Approfondimenti su due strumenti di aggregazione il contratto di rete e le alleanze

Nel documento Welfare aziendale e reti d'impresa (pagine 107-110)

3. Le reti come strumento di diffusione e sviluppo del welfare aziendale

4.1 Approfondimenti su due strumenti di aggregazione il contratto di rete e le alleanze

La dimensione assunta dalle aziende è in molti casi uno dei fattori ne può rallentare la competitività.

La storia economica italiana mostra che la soluzione della fusione societaria non sempre è la risposta ai problemi aziendali, visto riluttanza da parte delle piccole e medie imprese alla perdita della propria autonomia.

Un modello particolarmente funzionale allo sviluppo delle imprese ed anche per il potenziamento delle politiche di welfare aziendale, è senza dubbio la rete d’impresa, che consente di aumentare la massa critica, generando sinergie positive, senza però comportare la perdita di autonomia.

La rete consente di avere in comune conoscenza e esperienze, collocandosi come leva strategica per creare nuove idee, nuovi prodotti, nuovi processi, più possibilità di

crescita proprio in quelli ambienti di maggiore complessità, come

l’internazionalizzazione, l’innovazione e la ricerca.

Nel nostro ordinamento giuridico l’articolo 6-bis, commi 1 e 2, del Decreto Legge n. 112 del 2008 ha fornito la definizione i “rete” nell’ambito della normativa in materia di tassazione consolidata distrettuale e di tassazione concordata di cui all’art. 1, commi da 366 a 371-ter, della Legge n. 266 del 2005.

Il legislatore ha definito le reti come “libere aggregazioni di singoli centri produttivi coesi nello sviluppo unitario di politiche industriali, anche al fine di migliorare la presenza nei mercati internazionali», finalizzate allo sviluppo del sistema industriale rafforzando «le misure organizzative, l’integrazione per filiera, lo scambio e la diffusione delle migliori tecnologie, lo sviluppo di servizi di sostegno e forme di collaborazione tra realtà produttive”.

Fondamentale, dal punto di vista giuridico è stata l’emanazione del Decreto Legge n. 5 del 2009, convertito nella legge n. 33 del 2009, che ha previsto la possibilità per le imprese partecipanti ad una rete di sottoscrivere un “contratto di rete” nel quale ufficializzare anche delle posizioni preesistenti.

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L’articolo 3, comma 4-ter, del succitato decreto legge, dispone che con il contratto di rete due o più aziende si impegnano a svolgere in comune una o più attività economiche che rientrano nei propri oggetti sociali con l’obiettivo di aumentare la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato.

La novità di maggior rilievo del contratto di rete è rappresentata dall’aspetto culturale, in quanto si mira a creare un diverso approccio al fare impresa, in cui i protagonismi e i particolarismi, sono sostituiti dalla fiducia, dalla condivisione, dalla partecipazione, con lo scopo comune che è la crescita e lo sviluppo di tutte le imprese partecipanti alla rete ed anche del territorio di riferimento.

La collaborazione può concretizzarsi in svariati modi che vanno dalla produzione in comune di un bene, all’acquisto di beni e o servizi di interesse comune; dalla gestione della logistica in comune, alla promozione di marchi; dalla realizzazione di attività di ricerca e sviluppo, alla partecipazione a gare ed appalti.

La letteratura maggioritaria ha ritenuto “il contratto di rete” una nuova tipologia contrattuale, capace di una ampia flessibilità, facente parte della tipologia dei “contratti plurilaterali con comunione di scopo”, anche senza l’istituzione di un organismo aggiuntivo rispetto alle singolo aziende retiste.

Tale interpretazione è stata riconsiderata dopo le modificazioni introdotte dai decreti sviluppo (decreto legge n. 83 del 2012, convertito nella legge n. 134 del 2012) e sviluppo-bis (decreto legge n. 179 del 2012, convertito nella legge n. 221 del 2012) che, oltre a potenziare la centralità del contratto di rete come strumento di politica industriale per aumentare la competitività e la produttività delle piccole e medie imprese hanno maggiormente precisato i limiti e le caratteristiche della normativa sul “contratto di rete”, introducendo alcune sostanziali modificazioni.

I principali elementi di novità si riferiscono, da un verso, all’introduzione di reti “a regime speciale”, e dall’altro al riconoscimento, particolari condizioni, della soggettività giuridica.

Con l’introduzione di “reti a regime speciale” il legislatore ha voluto estendere ancora di più la flessibilità dello strumento giuridico.

Al di là del conseguimento, per giunta facoltativo, della soggettività giuridica, infatti, si è in possesso un particolare regime per il contratto di rete che prevede: l’istituzione di

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un fondo patrimoniale comune; una sede e una denominazione ben identificata; l’istituzione di un organo comune; lo svolgimento di un’attività con i terzi.

In presenza di tutti i succitati requisiti viene dichiarato un regime di autonomia patrimoniale: per le obbligazioni assunte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono vantare i loro diritti solo verso il fondo comune; è obbligatoria la redazione e il deposito, entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, di un vero e proprio bilancio di esercizio, con riferimento al quale trovano applicazione le disposizioni relative al bilancio di S.p.A..

L’elemento che merita però maggior riguardo per i suoi riflessi sull’istituto delle reti d’impresa è l’attribuzione di soggettività giuridica, funzionale al risolutivo superamento dell’inquadramento del contratto di rete come semplice contratto di scambio, riconoscendo la sua vera natura associativa.

Detto riconoscimento è, secondo l’attuale normativa, facoltativo e condizionato all’iscrizione nella sezione ordinaria del Registro delle Imprese.

All’ente che si istituisce grazie alla stipulazione di un contratto di rete è in ogni caso da escludere che sia riconosciuta personalità giuridica.

Tuttavia, il legislatore ha voluto riconoscere alle reti di imprese la possibilità di acquisire soggettività giuridica, con lo scopo di allargare in maggior misura la flessibilità dello strumento.

In sintesi: non tutte le reti dotate di soggettività giuridica godono anche di autonoma responsabilità patrimoniale; il regime di autonomia patrimoniale non è un legame causa- effetto del riconoscimento della soggettività giuridica.

In merito agli aspetti fiscali occorre distinguere tra la rete contratto, priva di soggettività giuridica, e rete soggetto dotata di soggettività giuridica.

Le reti-soggetto sono autonomi soggetti d’imposta con tutti i conseguenti obblighi di natura tributaria.

La soggettività passiva ai fini IVA implica l’attribuzione di un numero di partita IVA proprio della rete con l’effetto che gli eventuali adempimenti contabili ai fini dell’imposta sono effettuati autonomamente dalla rete.

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Le reti-contratto non avendo un’autonoma soggettività giuridica, e conseguentemente fiscale, implicano che gli atti realizzati in attuazione del programma di rete producano i loro effetti direttamente nelle sfere giuridico-soggettive dei partecipanti alla rete.

Per ambedue le tipologie di reti di imprese sono previsti finanziamenti e contributi erogati da Unione europea, Ministero dello sviluppo economico, Regioni e enti camerali.

Sia che una rete abbia autonomia giuridica o che non la abbia, può essere promotore e gestore di piani di welfare rivolti agli occupati delle piccole e micro imprese che ne fanno parte.

L’ente gestore oppure il soggetto a cui è affidato il comando della rete potrà quindi sfruttare i vantaggi fiscali degli artt. 51 e 100 del TUIR per strutturare dei piani di benefit che godano delle stesse economie di scala sfruttate dalla grande impresa, vantaggi fiscali che ricadranno o sulla rete soggetto oppure sulle sfere soggettive dei membri della rete.

Nel documento Welfare aziendale e reti d'impresa (pagine 107-110)