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Potenziamento del welfare negoziato

Nel documento Welfare aziendale e reti d'impresa (pagine 71-76)

3. Il caso italiano: welfare aziendale, benefit e fiscalità

3.2 Verso un welfare di produttività

3.2.1 Potenziamento del welfare negoziato

Sul primo punto, va sottolineato che oltre agli aspetti relativi all’importo dei valori ed alle aree di bisogno individuate, descritte in precedenza, una ulteriore criticità (prima della Legge di Stabilità) era dovuta alla poca chiarezza in merito alle condizioni a cui la normativa fiscale subordinava i benefici fiscali.

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Se da un lato infatti si avvertiva lo scopo del Legislatore di incoraggiare l’attivazione di fringe benefit in una visione più collettiva e diminuire gli interventi ad personam, limitando il beneficio fiscale alla fruibilità degli interventi da parte della generalità o categorie di dipendenti68 (ad eccezione per le previsioni contenute nell’art. 51, c. 3, del TUIR).

Dall’altro lato, esistevano delle zone oscure e contraddittorie sul requisito della “volontarietà” (di cui all’art. 100, c. 1, del TUIR a cui rimanda l’art. 51, c. 2, lett. f), che prevedeva l’imponibilità dei servizi di welfare aziendale compresi nella contrattazione collettiva, creando una contraddizione con le previsioni in tema di previdenza complementare e assistenza sanitaria integrativa, per le quali la contrattazione collettiva era il requisito per avere i benefici fiscali.

Sul tema è più volte intervenuta l’Agenzia delle Entrate con svariate risposte ad istante di interpello, con le quali ha confermato l’interpretazione già data con la Risoluzione N. 34/E del 2004 e con la Risoluzione N. 26/E del 2010.

In particolare, è stato precisato che ai fini della esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51, c. 2, lett. f, sarebbero dovuti ricorrere contemporaneamente le seguenti condizioni: la spesa doveva essere sostenuta volontariamente dal datore di lavoro e non in adempimento di un vincolo contrattuale; doveva trattarsi di opere e servizi messe a disposizione dalla generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti; le opere e i servizi avrebbero dovuto perseguire specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, assistenza sanitaria, o culto.

In tali risposte l’Agenzia delle Entrate ha chiarito quanto già indicato nei citati documenti di prassi chiarendo che nell’ipotesi in cui un piano di fringe benefit venisse “alimentato anche da somme costituenti retribuzione fissa o variabile degli aderenti, rimarrebbe impregiudicata la rilevanza reddituale dei valori corrispondenti ai servizi offerti agli stessi in base alle ordinarie regole dettate per la determinazione del reddito di lavoro dipendente”, mettendo così in crisi alcuni piani di welfare attivati da diverse

68 Il Ministero delle Finanze è intervenuto sul punto (Circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997; Circolare n. 188/E del 17 luglio 1998) chiarendo che l’espressione “categorie di dipendenti” non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel codice civile (operai, quadri, ecc.), bensì a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio, tutti quelli di un certo livello, ovvero tutti i quadri, ovvero ancora tutti gli operai del turno di notte).

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istituti bancari che prevedevano per i dipendenti la possibilità di destinare parte del premio di risultato a dei servizi contenuti in piani di “flexible benefit”.

Non risultava in ogni caso chiaro se l’imponibilità dei servizi di welfare aziendale, per effetto della destinazione a questi di quote di retribuzione fissa o variabile, era valevole soltanto per gli oneri di utilità sociale o anche per tutti gli altri fringe benefit individuati dall’art. 51, c. 2 del TUIR.

Leggendo attentamente la precedente disposizione normativa si nota che se da un verso il requisito della “volontarietà” richiesto dagli oneri di utilità sociale affinché questi non partecipino alla formazione del reddito di lavoro dipendente non si sarebbe conciliato con un premio di risultato inserito in un contratto integrativo aziendale; dall’altro capo, per quei benefit per i quali la contrattazione collettiva era il requisito per ottenere i benefici fiscali, l’incompatibilità con un premio di risultato contrattato in azienda non sembrava così scontata.

Per eliminare i predetti dubbi interpretativi il legislatore è intervenuto riscrivendo l’art. 51, c. 2, lett. f, del TUIR.

Ora, invece di rinviare all’intero articolo 100 del TUIR viene fatto soltanto riferimento alle finalità delle opere e dei servizi in esso contenute, evidenziando che questi non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente qualora fossero riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.

Con tale nuova formulazione, considerato che in ogni caso rmane valido il vincolo della destinazione delle misure considerate alla generalità o a categorie di dipendenti, emergono due caratteristiche: l’apertura alla contrattazione di una parte molto rilevante di servizi di welfare aziendale, che allo stesso tempo sono pienamente deducibili; e la legittimazione del regolamento aziendale come strumento per l’introduzione di un piano di welfare aziendale che siano deducibile per intero.

Infatti, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 28 giungo 2016 del 28/E, ha precisato che la nuova formulazione della norma esclude dal reddito di lavoro dipendente le opere e i servizi di cui al comma 1 dell’articolo 100, anche nelle ipotesi in cui siano riconosciuti sulla base di contratti, accordi o regolamenti aziendali e non solo quando

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siano volontariamente erogati dal datore di lavoro, uniformando per tale aspetto la disciplina a quella prevista dalle successive lettere f-bis) ed f-ter).

Pertanto, la somministrazione di benefit in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che rappresenti l’osservanza di un obbligo negoziale comporta la deducibilità integrale dei connessi costi da parte del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 95 del TUIR, e non soltanto limite del cinque per mille, sulla base dell’articolo 100.

Detto limite di deducibilità continua ad applicarsi nelle ipotesi in cui le opere ed i servizi siano offerti volontariamente dal datore di lavoro.

Restano invariati le tipologie di fringe benefit a cui si applica la norma che comprendono opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, utilizzabili dal dipendente o dai familiari indicati nell’articolo 12 del TUIR, che, come affermato dalle circolari del Ministero delle Finanze n. 326/E del 23 dicembre 1997 e n. 238/E del 22 dicembre 2000, possono anche essere non fiscalmente a carico del lavoratore.

Anche l’art. 51, c. 2., lett. f-bis, è stato modificato69 e comprende nella nuova versione tra i servizi di istruzione ed educazione, oltre agli asili nido già previsti in precedenza, le scuole materne, precedentemente escluse in quanto non contemplate.

Viene, inoltre, sostituita l’espressione “colonie climatiche” con “centri estivi e invernali” e “ludoteche”.

Il rinvio alle borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti, presente anche nella precedente versione della norma, completa la tipologia di benefit con finalità didattiche e di istruzione.

Queste come precisato dalla circolare n. 238/E del 22 dicembre 2000, riguardano le erogazioni di somme corrisposte al dipendente per assegni, premi di merito e sussidi per fini di studio a favore di familiari di cui all’articolo 12 del TUIR.

69 La precedente formulazione “non concorrono a formare il reddito: f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la frequenza degli asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari” è stata sostituita con “non concorrono a formare il reddito: f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché' per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”.

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In questa nozione possono essere ricompresi i contributi versati dal datore di lavoro per rimborsare al lavoratore le spese sostenute per le rette scolastiche, tasse universitarie, libri di testo scolastici, ma anche gli incentivi economici agli studenti che ottengono livelli di eccellenza scolastici.

Viene, anche, precisato che la non concorrenza a reddito di lavoro dipendente è applicabile quando il datore di lavoro conservi la documentazione che attesti l’utilizzo delle somme da parte del dipendente in coerenza con le finalità per cui sono state erogate.

Ciò vale sia nel caso in cui il datore di lavoro fornisca direttamente le somme ai dipendenti sia nell’ipotesi in cui rimborsi l’onere sostenuto dai propri dipendenti (ad esempio, per le rette mensili relative alla custodia dei figli in asili nido).

L’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 28/E del 28 giungo 2016 precisa che data l’ampia formulazione della lettera f-bis), sono oggi riconducibili alla norma il servizio di trasporto scolastico, il rimborso di somme destinate alle gite didattiche, alle visite d’istruzione ed alle altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica nonché l’offerta – anche sotto forma di rimborso spese – di servizi di baby-sitting. L’art. 51, c. 2, lett. f-ter70, introdotto la legge di stabilità citata, consente di detassare le prestazioni di assistenza per i familiari anziani o non autosufficienti erogate anche sotto forma di somme a titolo di rimborso spese.

Con la circolare n. 2/E del 3 gennaio 2005 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che in merito alla norma di favore “sono considerati non autosufficienti nel compimento degli atti della vita quotidiana i soggetti che non siano in grado, ad esempio, di assumere alimenti, di espletare le funzioni fisiologiche e provvedere all'igiene personale, di deambulare, di indossare gli indumenti”, che “deve essere considerata non autosufficiente anche la persona che necessita di sorveglianza continuativa» e che «lo stato di non autosufficienza deve risultare da certificazione medica”.

Per ciò che attiene, invece, l’individuazione dei familiari anziani, nella circolare n. 28/E del 28 giungo 2016 l’Agenzia delle Entrate precisa che in assenza di richiami normativi di fare riferimento ai soggetti che abbiano compiuto i 75 anni, limite di età considerato

70 Non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente “f-ter) le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell'articolo 12”.

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ai fini del riconoscimento di una maggiore detrazione d’imposta dall’art. 13, comma 4, del TUIR.

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