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Implicazione e spunti delle manovre fiscali per le PMI

Nel documento Welfare aziendale e reti d'impresa (pagine 96-99)

2. Il welfare aziendale nelle PMI italiane

2.1 Implicazione e spunti delle manovre fiscali per le PMI

Come ampiamente analizzato nei capitoli precedenti, l’intervento del Legislatore a dalla Legge di Stabilità 2016 in poi non soltanto ha suscitata l’interesse delle imprese, ma ha anche determinato l’adeguamento di una tematica distinta da una normativa di settore superata da anni.

In ogni caso, a fronte di una rapida attuazione di misure di welfare, soprattutto nelle imprese di grandi dimensioni, per una diffusione sistematica del welfare anche tra le piccole e medie imprese restano ancora importanti difficoltà.

Le problematicità per le PMI sono numerose: dalla sfiducia per un mezzo che comunque aumenta il costo del personale, alla necessità di adottare in azienda un approccio strategico nella gestione del capitale umano; dalla difficoltà delle aziende a misurarsi con una complessa normativa di carattere tributario, alla riluttanza verso l’esigenza di avere un dialogo costruttivo con il sindacato.

Per tutte queste spiegazioni, nelle PMI sono di rado presenti azioni e pratiche dai contenuti e dalle finalità simili a quelle del welfare aziendale come considerato dalla letteratura; nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte a pratiche e attività destrutturati e informali.

In base ai vantaggi che previsti dalla normativa fiscale di favore, vi sono tre aspetti di particolare interesse per le piccole e medie imprese, ossia: la possibilità per il lavoratore

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di scegliere se convertire una parte del premio di risultato in benefit e servizi a contenuto sociale, a condizione che il sistema sia stato oggetto di accordo sindacale (art. 1, commi 184 e 187, L. 208/2015 e successive modifiche); l’implementazione di un piano di welfare aziendale attraverso regolamento aziendale, senza perdere il beneficio fiscale; l’opportunità di erogare servizi di welfare tramite voucher o altri titoli di legittimazione, elettronici o cartacei, con un valore nominale predefinito (ex art. 51, comma 3 bis del TUIR).

Come appena accennato, dopo anni di incertezze operative e interpretazioni della normativa fiscale, il legislatore ha finalmente consentito al lavoratore la possibilità di scegliere se convertire o meno, tutto o in parte, il proprio premio di risultato in servizi di welfare aziendale, ottenendo così una duplice vantaggio: il datore di lavoro è esonerato dal versamento dei contributi sulla somma destinata al servizio e, allo stesso tempo il lavoratore è esentato dalla tassazione sull’importo percepito.

In ogni caso, l’opzione suddetta risulta praticabile solo in presenza di un contratto a livello aziendale o territoriale da individuarsi ai sensi di quanto previsto dall’art. 51, del D.lgs. n. 81/2015, confermando l’impostazione introdotta dalla L. 122 del 2010 (in conversione del D.l. 78/2010) rivolta a promuovere la contrattazione di secondo livello per l’attivazione di sistemi a sostegno della produttività aziendale.

Nonostante il sistema non sia precluso alle PMI, le quali potrebbero partecipare ad accordi territoriali o stipulare un accordo aziendale con le federazioni territoriali di categoria dei sindacati, non sarebbe stato insensato estendere la possibilità di trasformare il premio in servizi di welfare, conservando il beneficio fiscale, anche in ipotesi di premio non contrattato.

Ciò avrebbe avuto un senso anche considerando che la detassazione e decontribuzione dei valori è garantita sia per le pratiche unilaterali che per quelle concordate e che lo stesso premio di risultato può essere impiantato sia unilateralmente che contrattualmente.

I sindacati unitariamente hanno proposto la possibilità di uno sviluppo di accordi territoriali che almeno teoricamente potrebbe essere la soluzione per l’adesione da parte delle PMI, anche se non aderenti alle OO.SS. firmatarie del CCNL applicato e non sindacalizzate, a programmi di welfare aziendale.

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In realtà l’adesione ad un accordo territoriale potrebbe risultare una strada tecnicamente percorribile dalle PMI, in forza della possibilità di applicazione dei contratti collettivi di diritto comune anche da parte dei datori di lavoro non iscritti alle associazioni stipulanti, per accedere a tutte le possibilità di welfare aziendale contemplate nel TUIR e nella Legge di Stabilità 2016 e successive modifiche ed integrazioni.

Nonostante il percorso per il rafforzamento del welfare aziendale anche tra le PMI sia ancora molto lungo e poco lineare, il Legislatore ha offerto alle aziende uno strumento che potenzialmente potrebbe agevolare la diffusione delle pratiche di welfare anche presso questa tipologia di operatori economici.

Ci riferisce alla opzione di implementare un piano di welfare anche tramite la predisposizione di un regolamento aziendale.

I profili fiscali di una siffatta soluzione sono stati ampiamente descritti in precedenza, in cui sono state sottolineate le criticità relative alla possibilità di dedurre integralmente i costi, mentre non vi è dubbio alcuno circa i benefici fiscali derivanti dalla non concorrenza al reddito di lavoro dipendente dei servizi erogati attraverso questo strumento.

Al di là dei dubbi relativi alla normativa fiscale il regolamento aziendale permetterebbe all’impresa di strutturare al proprio interno un sistema di welfare con due evidenti vantaggi.

Prima di tutto, ciò permetterebbe di gestire il welfare con più rapidità e in maniera più confacente alle esigenze e alle risorse aziendali, senza dover necessariamente affrontare un dialogo con il sindacato, che in alcuni casi è assente o comunque non sufficientemente preparato a trattare tale tematica in argomento.

In base ad un altro punto di vista, le imprese potrebbero più rapidamente ricorrere ad uno strumento semplice come il regolamento aziendale, a fronte di una ben più complessa contrattazione collettiva aziendale, senza dover perdere nello stesso tempo la piena deducibilità delle spese e la decontribuzione dei valori erogati come retribuzione. Perciò, se, da un lato, il regolamento aziendale appare uno strumento prefetto per le piccole e medie imprese, in grado di coniugare flessibilità e benefici fiscali, dall’altro occorrerà vedere se un’incertezza normativa di questo tipo scoraggerà o meno le imprese facenti parte di questa platea ad attivare tramite tale percorso i propri piani di welfare aziendale.

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Infine, particolarmente interessante per le PMI è sicuramente l’aggiunta all’articolo 51 del TUIR del comma 3-bis che prevede la possibilità di erogare i servizi di welfare aziendale attraverso voucher o altri titoli di legittimazione, elettronici o cartacei, con un valore nominale predefinito.

Pertanto, una tale semplificazione, insieme alla “semplicità” gestionale dello strumento stesso, potrebbe realmente consentire anche alle PMI un più agevole accesso al welfare aziendale.

Peraltro, tale sistema potrà, nello stesso tempo, favorire la diffusione di società che si occupino di offrire alle imprese un servizio di gestione del welfare tramite voucher già “preimpostato” ma configurabile sulle specifiche esigenze della singola impresa, con una notevole semplificazione volta ad uno sviluppo in chiave moderna e innovativa dei servizi di welfare aziendale.

Nel documento Welfare aziendale e reti d'impresa (pagine 96-99)