middle conformation.
Prima di concentrarsi sul valore che la virtù della prudenza riveste lungo tutta la
Teoria, è utile soffermarsi sul ruolo dell’utilità nel processo di approvazione, tema
ampiamente trattato nella IV parte dell’opera.
A Smith appare scontato che l’utilità di un oggetto sia uno dei modi per definirne l’appropriatezza, in relazione al fine per cui viene pensato, ma non concorda con l’enfasi posta da Hume sul rapporto tra utilità e fine63
.
Quello che Smith prende in considerazione è la necessità che spinge ad attribuire più importanza all’oggetto in sé, al mezzo per raggiungerlo; piuttosto che al reale
fine per cui è realmente concepito: ciò infatti influenza la condotta umana perché causa di importanti effetti della vita sia pubblica che privata.
Il tema dell’approvazione sul rapporto tra mezzi e fini è qui particolarmente
importante. Lo si capisce subito dal tipo di ragionamento che Smith utilizza. Egli osserva come l’ammirazione che il povero ha nei confronti del ricco sia nociva. Lo spettatore esterno sembra provare un’immediata simpatia verso i ricchi e i potenti, perché immagina che quell’agio sia dovuto a un particolare ingegno del
ricco e che sia, perciò, appropriato alla sua condizione64.
63 David Hume, Trattato sulla natura umana, pp. 374-383 e pp. 607-625. 64
Adam Smith, Teoria, op. cit., pp. 370-374. Già nella I parte della Teoria (sez III. Capp. II-III, pp. 149-175) Smith evidenzia come l’ammirazione verso I ricchi e i potenti, derivi da una naturale disposizione degli uomini a simpatizzare più facilmente con la gioia, piuttosto che con la sofferenza. La vergogna del mostrare la propria misera pubblicamente è così grande che gli uomini inseguono la ricchezza, come giusto premio per una vita fatta di affanni e sacrifici.
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L’inganno che sta dietro questa falsa considerazione, che spinge il povero a
guardare con ammirazione al ricco, sembra architettato dalla Natura – sostiene Smith – per risvegliare e mantenere in movimento l’operosità umana:
«Restiamo affascinati dalla bellezza del benessere che regna nei palazzi e nei beni dei potenti, ammiriamo come ogni cosa sia adatta a soddisfare i loro desideri.[…] Nella nostra immaginazione, la confondiamo naturalmente con l’ordine […]. È questo inganno che risveglia e tiene continuamente in movimento l’industriosità dell’uomo.»65
Smith sembra voler giustificare il fatto che l’ineguale distribuzione degli agi, che deriva dall’ineguale distribuzione delle ricchezze, abbia un limite naturale oltre il
quale non ci si possa spingere:
«Non serve a niente che il superbo e insensibile proprietario terriero ispezioni i suoi vasti campi, e che, senza pensare ai bisogni dei suoi fratelli […] la capacità del suo stomaco non regge il paragone con l’immensità dei suoi desideri […]Egli è costretto a distribuire il resto tra quelli che preparano, nel migliore dei modi, quel poco che egli stesso utilizza.[…] I ricchi non fanno altro che scegliere nella grande quantità quel che è prezioso e gradevole. Consumano poco più dei poveri e, a dispetto del loro naturale egoismo, nonostante non pensino ad altro che alla loro convenienza, nonostante l’unico fine che si propongono dando lavoro a migliaia di persone sia la soddisfazione dei loro vani e insaziabili desideri, essi condividono con i poveri il prodotto di tutte le loro migliorie. Sono condotti da una
mano invisibile a fare quasi la stessa distribuzione delle cose necessarie alla vita che
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sarebbe fatta se la terra fosse stata divisa in parti uguali, e così, senza volerlo, fanno progredire l’interesse della società, e offrono i mezzi alla moltiplicazione della specie.»66
Anche la proprietà privata, la divisione dei beni tra pochi risultano a Smith naturali, poiché nessuno rimane fuori da questa spartizione. Tutti ottengono dalla natura ciò che questa produce; e i ricchi, a discapito del loro egoismo, senza volerlo promuovono il benessere collettivo poiché fanno parte del sistema sociale. Evitando di ridurre quest’argomentazione a un puro ottimismo economico, Smith aggiunge che ciò che spinge al miglioramento di qualsiasi aspetto dell’ordine
pubblico, non è sempre dettato dalla simpatia. Ma è l’amore verso l’ordine pubblico, verso l’estensione del commercio che permette di promuoverli e
interessarsi a essi, poiché fanno parte del grande sistema di governo con cui la macchina politica si muove meglio. Tutti i governi vengono valutati in proporzione alla loro tendenza a promuovere la felicità di coloro che vivono sotto di essi.
Questo è il loro unico fine. Per questo motivo alcuni individui sono spinti al perfezionamento del sistema in cui vivono, e non per un immediato sentimento verso chi soffre:
66
Idem, P. 376. In questo passo viene citata per la prima volta la metafora della mano invisibile, negli stessi termini in cui il filosofo ne parlerà nella Ricchezza delle nazioni. Il riduzionismo a cui è stato soggetto questo passo, come molti passi della Ricchezza, ha portato molti studiosi, tra cui l’economista F. Von Hayek a rivendicare la fondazione di una filosofia dell’individualismo, solo in apparenza non egoistica. In particolare l’economista austriaco reclama l’impossibilità di conoscere tutti i bisogni di tutti gli individui che competono per le risorse disponibili all’interno della società; rivendicando, di conseguenza, la necessità di ignorarli. Tale ragionamento porta Von Hayek a concludere che «Ciò che chiamiamo fini sociali, sono semplicemente fini identici di molti individui, o fini per il cui conseguimento gliindividui sono pronti a collaborare ricevendo in cambio assistenza per la soddisfazione dei propri bisogni.» F. Von Hayek, La via alla schiavitù, Rusconi, 1995, p. 110.
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«Se tu volessi infondere virtù civili nel cuore di chi sembra disinteressato al suo paese […] avrai maggiori possibilità di persuaderlo, se gli descrivi il grande sistema dell’amministrazione civile (police) che procura quei vantaggi […] la loro generale subordinazione alla felicità della società.»67
La percezione dell’utilità immediata è del tutto distinta dal sentimento di approvazione. Smith non mette in discussione il ruolo svolto dall’utilità, ma
esclude una coincidenza immediata tra utilità e appropriatezza.
L’integrazione tra utilità e appropriatezza è necessaria perché – a differenza di
quanto sostenuto da Hume – raramente l’utilità è il primo fondamento dell’approvazione; ma quest’ultima implica sempre un senso di appropriatezza del
tutto distinto dalla percezione di ciò che è utile. Questa integrazione procede secondo i canoni e le regole di quella medietà sociale incarnata dal prudent man68, frutto dell’unione tra ragione e autocontrollo.
Il carattere prudente e sobrio è proprio di colui che comprende la necessità dell’astensione da un piacere e da un’utilità immediati, preferendo l’attesa per un
piacere futuro maggiore; la sua capacità di autocontrollo rende la sua condotta consona alla simpatia e all’approvazione dello spettatore imparziale.
Questa appropriatezza di carattere è chiaramente una cifra sociale, significativa poiché propria di una nuova figura sociale che emerge nel periodo storico in cui Adam Smith scrive. Il normale uomo virtuoso, prudente, non è altri che il
67
Adam Smith, Teoria, op. cit., pp. 378-379.
68 L’attenzione crescente verso la virtù della prudenza è documentata dal fatto che nell’ultima
edizione della Teoria (1790) compare per la prima volta un’intera parte, la VI, dedicata a questo tema.
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laborioso borghese che dovrà, astenendosi dall’emulazione del ricco e del potente,
«essere paziente nel lavoro, risoluto nel pericolo, forte nella difficoltà.[…] Probità e prudenza, generosità e franchezza devono caratterizzare il suo comportamento in tutte le occasioni ordinarie, ed egli deve essere ansioso di impegnarsi in tutte quelle situazioni in cui sono richiesti grandi talenti e grandi virtù per agire appropriatamente.»69
Se la dignità dovuta all’appartenenza a un rango elevato è semplice apparenza; l’uomo borghese, appartenente a un rango inferiore, è consapevole che virtù e
fortuna coincidono, che la sinergia tra prudenza e condotta ferma ed equilibrata difficilmente portano al fallimento: correttezza e capacità di giudizio, la rinuncia a un piacere immediato a favore di uno futuro, appaiono come caratteristiche sociali della virtù con cui è facile che simpatizzi l’Io medio sociale:
«Di qui deriva quella grande stima con cui tutti gli uomini considerano una stabile perseveranza nella pratica della frugalità, dell’industriosità, sebbene dirette verso nessun altro proposito che l’acquisto della fortuna. La risoluta fermezza della persona che agisce in questo modo[…] richiede necessariamente la nostra approvazione.»70
Nel dominio di sé e nel buonsenso consiste la virtù della prudenza, di tutte le virtù quella più utile all’individuo, perché persegue la sua felicità e sicurezza
impedendogli scelte azzardate. Il prudent man è colui che si prende cura di sé, della propria vita, conservando i vantaggi ottenuti dal proprio lavoro e contando sulla conoscenza delle proprie capacità.
69 Adam Smith, Teoria, op. cit., p. 158. 70
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Pur limitandosi ai propri affari, si mantiene su una medietà sociale, rispettando privilegi e poteri già stabiliti, sia dei singoli che del sistema statale. La virtù della prudenza è infatti spesso unita ad altre grandi virtù, come la benevolenza e il rispetto verso le regole della giustizia, tutte accompagnate da un giusto grado di autocontrollo che sostiene la conoscenza di queste regole, rendendo l’uomo capace di compiere il proprio dovere71.
Il prudent man, nella costanza della sua operosità e frugalità, nella rinuncia al piacere immediato coglie l’importanza dell’economia del “proprio”72
, dell’adeguatezza sociale della sua scelta. La sua prudenza è la virtù che corrisponde all’agire preciso di chi sa cogliere l’opportunità di azione giusta al
momento giusto. La giusta misura è il grado di adeguatezza che corrisponde alla medietà sociale.
È a questo punto che Smith giunge alla totale integrazione tra utilità e appropriatezza:
«In ogni specie di cose ci piace particolarmente la conformazione media (middle
conformation), che in ogni parte e caratteristica concorda di più con il modello generale
chela natura sembra aver stabilito per quel tipo di cose. […] in ogni specie di uomini ci piacciono particolarmente quelli che non possiedono né troppo né troppo poco del carattere che comunemente accompagna la loro particolare condizione e situazione».73
71 Il tema del dominio di sé è ampiamente discusso da Smith nella parte VI, sez. III, pp. 466-505. 72 Anche qua il riferimento è a Zanini, Genesi imperfetta, op. cit., p. 103.
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Il criterio della middle conformation non è solo il punto di riferimento della prudenza, ma l’indice dell’approvazione e dell’appropriatezza di qualsiasi azione.
Per questa ragione immaginazione, simpatia e middle conformation rappresentano ciò che lega le articolazioni del pensiero di Smith.
La simpatia è il criterio di approvazione per immedesimazione; l’appropriatezza a cui l’agente deve attenersi non è altro che un esercizio ottenuto esclusivamente con l’esperienza e il comportamento. Quest’ultimo, se conforme all’appropriatezza dell’Io medio sociale, diviene canone di riferimento per lo spettatore imparziale. Questi tre concetti abbracciano e sintetizzano l’intera etica
smithiana.
In conclusione della VI parte della Teoria Smith, in un certo senso, definisce l’intero percorso su cui ha articolato l’opera, cioè la costante convivenza, nella
natura umana, tra passioni egoistiche e passioni sociali. Se la virtù della prudenza persegue la felicità del singolo grazie a un appropriato self-love, le virtù della giustizia e della benevolenza lo rendono partecipe dei bisogni e della felicità altrui; tuttavia la prudenza non è del tutto estranea ai desideri dell’altro:
«La considerazione per i sentimenti degli altri rafforza e dirige la pratica di tutte e tre quelle virtù, e non c’è uomo che nel corso di tutta la sua vita non abbia seguito regolarmente e costantemente le orme della prudenza, della giustizia e dell’appropriata beneficienza senza essere stato indirizzato nella sua condotta soprattutto da una considerazione per i sentimenti dell’immaginario spettatore imparziale.»74
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Se per quanto riguarda il carattere del prudent man verso la propria felicità, egli si sforza sempre di agire con calma e accortezza; per la sua condotta verso gli altri, egli sa che alcune sue azioni possono essere responsabili della felicità o infelicità altrui. Ma se la benevolenza espressa è sempre libera, l’ingiustizia, come
precedentemente spiegato, è soggetta alle sanzioni delle precise regole della giustizia. La prima infatti, ha in sé un’elasticità che la giustizia non deve e nonpuò
ammettere; questa, in quanto principio negativo, assicura la stabilità della società. In conclusione di questo capitolo, si può sostenere che Smith sintetizza – nel corso dell’opera – natura, ragione e affezioni umane. Come ben sottolinea Zanini74
, la riflessione smithiana produce una particolare analisi del giudizio morale che struttura l’agire politico ed economico degli uomini.
Se fino a ora si è cercato di tener conto della continuità tra le diverse edizioni della Teoria dei sentimenti morali; nel prossimo capitolo il confronto sarà tra quest’opera e la Ricchezza delle Nazioni.
L’intenzione è di scardinare quelle interpretazioni che, pur sottolineando il
rapporto tra etica ed economia, interpretano la figura del prudent man come dominato quasi interamente dalle proprie passioni egoistiche.
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Self-interest, benevolenza e scambio. La valenza etica della Ricchezza delle Nazioni.