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Il ruolo della simpatia nella Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith

Come è stato spiegato nel precedente paragrafo, con Hume avviene il superamento della dicotomia tra moral sense e selfish system e un’elaborazione del concetto di simpatia molto diversa da quella offerta dai suoi predecessori, poiché basata su un criterio di ricerca empirico.

Ad Adam Smith si deve un ulteriore passo avanti nell’elaborazione di tale

nozione, alternativa a quella humeana ma da cui viene ripreso metodo di ricerca e concezione epistemologica.

L’intera Teoria dei sentimenti morali30

, come teoria costruita sul rapporto tra un

Io agente e un Io spettatore, si sviluppa in due ambiti ben precisi: tra esperienza e immaginazione, cioè l’esperienza dell’agente e l’approvazione di colui che cercadi

immedesimarsi con i sentimenti di chi agisce.

In apertura dell’opera, la correlazione tra questi due ambiti viene subito delineata: l’esperienza a cui si richiama Smith è la descrizione dei rapporti umani su cui si basa la società civile e da cui deriva l’interesse che si prova verso i sentimenti e la

sorte altrui:

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In questi paragrafi non verranno presi in considerazione tutti i cambiamenti apportati da Smith alla sua opera, dalla prima pubblicazione del 1759, fino all’ultima del 1790, anno della morte dell’autore. Va però precisato che le diverse modifiche al testo, nonostante non propongano trasformazioni radicali sulla concezione che l’autore ha della natura umana, presentano ampliamenti e precisazioni che armonizzano l’immagine della condotta umana della Teoria con quella presente ne La ricchezza delle nazioni, di cui si discuterà nel secondo capitolo del presente lavoro.

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«Per quanto egoista si possa ritenere l’uomo, sono chiaramente presenti nella sua natura alcuni principi che lo rendono partecipe delle fortune altrui, e che rendono per lui necessaria l’altrui felicità.»31

L’immaginazione viene introdotta poco dopo come fattore indispensabile

per la comprensione dei sentimenti altrui; infatti – come già affermato da Hume – l’interesse verso la sorte dell’altro non deriva da un sentimento morale dato aprioristicamente, ma da un’eventuale immedesimazione con la

sorte dell’agente:

«Lo spettatore deve, prima di tutto, tentare, per quanto può, di mettersi nella situazione dell’altro. Deve fare interamente proprio il caso del suo compagno […] sforzandosi di rendere più perfetto possibile quell’immaginario scambio di situazione su cui si basa la simpatia.»32

L’immaginazione permette di comprendere le emozioni dell’altro, aiutando lo

spettatore a raffigurarsi le passioni che egli stesso proverebbe se fosse al posto dell’agente.

Dal momento che non è possibile avere un’esperienza diretta e certa di ciò che gli altri provano, l’unico modo per entrare in contatto con i sentimenti altrui è provare

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Adam Smith, Teoria dei sentimenti morali, p. 81. Nella sez. III della VII parte dell’opera, aggiunta nell’ultima edizione (1790), Smith ripudia il pessimismo antropologico di Hobbes e Mandeville. Come già notato da Hume, questi ultimi deducono che dal solo self-love abbia origine l’interesse che gli esseri umani hanno per il benessere altrui e l’armonia della società.

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a immedesimarsi con essi, cercando di capire ciò che essi stessi proverebbero nella stessa loro situazione.

Di qualunque natura sia la passione che sorge nell’agente, una passione simile nasce, al pensiero della situazione che la suscita, nell’animo dello spettatore. È per merito dell’immaginazione se lo spettatore, comprendendo la situazione dell’altro,

manifesta un sentimento simpatetico.

La partecipazione alle fortune (o sfortune) altrui, che Smith evidenzia in apertura dell’opera, si basa su questo fondamento, grazie a cui si articolano, come verrà

dimostrato in seguito, i giudizi morali all’interno della società:

«La parola simpatia ora può, senza eccessiva improprietà, essere usata per denotare il

nostro sentimento di partecipazione per qualunque passione.»33

Definita in questo modo, la simpatia è l’elemento discriminante grazie a cui le affezioni dell’agente e quella dello spettatore coincidono. Se le passioni provate dall’agente concordano perfettamente con le emozioni simpatetiche suscitate nello spettatore, esse appaiono a quest’ultimo giuste e appropriate.

Ma nel caso in cui, riconducendo il caso a se stesso, lo spettatore non dovesse condividere le emozioni dell’agente, le disapproverebbe, trovandole ingiuste e

inappropriate.

Nella Teoria, la simpatia è un principio immaginativo dotato di un contenuto emotivo che non ha come oggetto un percezione già data e da ravvivare, ma una complessa situazione da considerare nella sua interezza:

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«La simpatia non sorge tanto dalla vista della passione, quanto dalla vista della situazione che la suscita. Proviamo a volte al posto di un altro, una passione della quale lui stesso sembra del tutto incapace, perché, quando ci mettiamo nei suoi panni, quella passione sorge in noi dall’immaginazione, nonostante non sorga in lui dalla realtà.»34

Non si tratta più del principio neutro di trasmissione ed enfatizzazione delle emozioni di cui parla Hume, ma di un’emozione provata nel concordare con le

passioni e le emozioni altrui. Provare simpatia per qualcuno significa provare piacere – sostiene Smith – nel percepire la propria condivisione emotiva verso la risposta che l’agente dà a una determinata situazione.

Essa si manifesta non solo comprendendo le emozioni altrui e riuscendo a parteciparvi emotivamente; ma soprattutto sentendo di poter convergere su di esse approvandole:

«Quale che sia la causa della simpatia, non c’è nulla che ci faccia più piacere che osservare in altri uomini una partecipazione a tutte le emozioni del nostro cuore, e nulla che ci urti quanto la manifestazione contraria.»

E più avanti:

«Quale sollievo provano gli infelici, quando trovano una persona alla quale comunicare la causa della loro sofferenza. Grazie a questa simpatia, sembra che essi alleggeriscano di una

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parte della loro angoscia, e non è fuori luogo dire che quella persona la divide con loro. Ma raccontando le loro sventure, in qualche misura essi rinnovano la loro pena […]. Tuttavia provano piacere in tutto questo e, è evidente, ne ricavano sollievo.»35

Questa particolare intensità di piacere è del tutto assente se si concepisce il processo simpatetico come mero meccanismo di trasmissione di emozioni36. La simpatia si presenta come uno stato psicologico molto complesso provato dallo spettatore nell’osservare la condotta o passione altrui: in un primo stadio, egli ricostruisce la passione e la condotta dell’altro, che possono essere piacevoli o

spiacevoli; in un secondo momento, egli approva o meno la condotta osservata; e infine, in un ulteriore terzo stadio, egli osserva la concordanza o discordanza conla persona oggetto di simpatia, verso cui proverà un piacere particolare se le nostre approvazioni concordano o un dispiacere se queste discordano37.

Smith perciò introduce una nozione di simpatia in cui l’immaginazione gioca un ruolo determinante; si è infatti visto come non si possa simpatizzare senza

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Adam Smith, Teoria, op. cit. p. 89 e p. 91.

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Riconoscendo una componente piacevole nel simpatizzare con l’altro, Smith si ritrova a polemizzare con Hume. Quest’ultimo, una lettera del 28 Luglio 1759 osserva come, se effettivamente la simpatia fosse sempre piacevole, «un ospedale sarebbe un luogo più divertente di una sala da ballo». Smith chiarisce tale punto in una nota della seconda edizione della Teoria (1761): “Mi è stato obiettato che, dal momento che ho fondato il sentimento di approvazione sulla simpatia, è incoerente con il mio sistema ammettere una qualche simpatia sgradevole. Rispondo che nel sentimento di approvazione esistono due cose da considerare: primo, la passione simpatetica dello spettatore; secondo, l’emozione che deriva dal suo osservare la perfetta coincidenza tra questa passione in lui e quella originaria nella passione principalmente interessata. Quest’ultima emozione, nella quale consiste il sentimento di approvazione, è sempre gradevole e dilettevole. L’altra può essere gradevole o sgradevole, a seconda della natura della passione originaria le cui caratteristiche essa deve sempre conservare.” David Hume, Lettere, ed. F. Angeli, p. 161; Adam Smith, Teoria, op. cit., p. 143, nota 15.

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Come sottolineato da Lecaldano, Smith cattura una nozione di simpatia più complessa di quella offerta da Hume e più aperta al ruolo giocato dall’immaginazione. Infatti, oltre a dover ricostruire la situazione in cui le passioni e condotte altrui si svolgono, simpatizzare significa soprattutto approvare moralmente la condotta dell’altro. Eugenio Lecaldano, Simpatia, Cortina editore.

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ricostruire la situazione in cui le passioni si svolgono e senza approvarle moralmente:

«Approvare, perciò, le passioni di un altro come adatte ai loro oggetti equivale a osservare che noi simpatizziamo interamente con esse, e non approvarle come tali equivale a osservare che non simpatizziamo interamente con esse.»38

Viene qua attribuita alla natura umana la capacità originaria di partecipare alle passioni altrui, evidenziando come l’essere umano non sia solo guidato da pulsioni egoistiche ma – polemizzando apertamente con quei sistemi filosofici che ricavano il desiderio di approvazione dall’amore di sé - che l’immaginario

scambio non avvenga tra la persona che osserva e le sue proprie passioni, ma tra questa persona e la persona che vive la situazione con cui si simpatizza:

«Per quanto si sostenga in modo del tutto appropriato che la simpatia deriva da un immaginario scambio di situazione con la persona principalmente coinvolta, tuttavia non si suppone che questo mio immaginario scambio avvenga nella mia persona, ma in quella della persona con cui simpatizzo. Quando mi dolgo insieme a te per la perdita del tuo unico figlio, non considero quello che io soffrirei se avessi un figlio, ma considero quello che soffrirei se fossi davvero te. […] La mia pena è del tutto per te e niente affatto per me stesso: perciò non è affatto egoistica.»39

38 Adam Smith, Teoria dei sentimenti morali, p. 94. 39

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Questo mutuo interesse tra individui, già evidenziato nelle prime pagine della

Teoria, si riduce a questo principio, su cui si articola il giudizio morale

nellasocietà, solo su questa base è possibile che la simpatia si verifichi come partecipazione a ogni passione, il suo ruolo è quello di evidenziare origine e natura del giudizio morale e rendere possibile il processo di approvazione o disapprovazione:

«La simpatia non sorge tanto dalla vista della passione, quanto dalla vista della situazione che la suscita. Proviamo a volte al posto di un altro, una passione della quale lui stesso sembra del tutto incapace, perché, quando ci mettiamo nei suoi panni, quella passione sorge in noi dall’immaginazione, nonostante non sorga in lui dalla realtà.»40

Il manifestarsi della simpatia, rispetto alla situazione che la suscita, consegue dal fatto che essa è il processo grazie a cui lo spettatore considera il rapporto tra la passione espressa e la situazione in cui si esprime. Questo è l’unico canone con

cui formulare un giudizio legato a un criterio di appropriatezza (propriety).

È quindi compito dello spettatore dare, dopo essersi posto nei panni dell’altro, un giudizio di approvazione o disapprovazione; nonostante venga sottolineato come le emozioni da lui provate siano sempre di grado inferiore rispetto a quelle provate dall’agente; sarà infatti molto difficile, per le emozioni dello spettatore, riuscire a eguagliare l’intensità di ciò che viene provato dall’agente. Ma nonostante «il

genere umanonon concepisce mai, per ciò che è capitato a un altro, quel grado di

40 Adam Smith, Teoria, op. cit., p. 86. Il funzionamento della Simpatia come principio di

approvazione morale, viene ben spiegato da A.L. Macfie e D.D. Raphael nell’introduzione dell’edizione inglese della Teoria, The Theory of moral sentiments, Oxford Press, 1976, p. 13.

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passione che naturalmente anima la persona principalmente coinvolta»41, la sua natura simpatetica è sufficiente all’agente, desideroso della simpatia dello spettatore e della sua approvazione. Gli sforzi compiuti sia dall’agente, che

attutisce le sue emozioni a un livello comprensibile per lo spettatore; che da quest’ultimo, nel comprendere la gioia o la sofferenza dell’agente, rappresentano un punto “ideale” di mediazione tra i due soggetti.

Questi sforzi vengono ricondotti da Smith a due distinte virtù: le virtù amabili e le virtù rispettabili. Sottolineando come ci sia una grande umanità nell’atteggiamento di colui che, nonostante sia coinvolto in prima persona, manifesta un autocontrollo tale da permettere allo spettatore l’immedesimazione; in quell’atteggiamento è riscontrabile una virtù nobile: «sentire molto per gli altri

e poco per se stessi, frenare i sentimenti egoistici e secondare quelli benevoli costituisce la perfezione della natura umana».42

Le virtù amabili mostrano sensibilità verso la situazione vissuta dall’altro, mentre

le virtù rispettabili un nobile grado di autocontrollo. Per questa ragione, come si vedrà approfonditamente in seguito, l’appropriatezza di ogni passione deve essere situata in una certa medietà, proporzionata alla causa da cui l’azione nasce: se una

passione risulta, agli occhi dello spettatore, eccessiva o debole, egli non proverà nessuna simpatia verso la situazione in cui si trova l’agente.

È quindi consequenziale richiamare la differenza tra Hume, che vuole la simpatia come un sentimento già compiuto, in cui lo spettatore ricopre un ruolo del tutto subordinato; e Smith che, per tutta risposta, rappresenta la simpatia come un

41 Adam Smith, Teoria, op. cit., p. 102. 42

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mezzo per esprimere approvazione o disapprovazione riguardo a qualsiasi passione: su questa base, lo spettatore può effettivamente svolgere un ruolo

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