È doveroso, vista l’attenzione dedicata alla Teoria dei sentimenti morali, mostrare quanto l’etica di Smith abbia influenzato il pensiero occidentale. A differenza dell’economia politica – che ha avuto estimatori e detrattori – l'eredità della
filosofia morale di Smith rimane piuttosto sfuggente.
Per la maggior parte dei due secoli, dal momento che la Teoria cessò di essere letta dai contemporanei di Smith, il lavoro è stato liquidato come un semplice esercizio di psicologia morale.
Come per il suo maestro Francis Hutcheson, si è ipotizzato che Smith abbia avanzato una teoria secondo cui le azioni umane e le intenzioni che stanno loro dietro sono oggetto di valutazione morale, e in quanto tali sono percepite da una facoltà morale: quando questa facoltà morale funziona correttamente, approva e disapprova in modo corretto. Questo modello di interpretazioni ha avuto inizio durante la vita di Smith da parte degli esponenti della filosofia del common sense, tra cui Thomas Reid, e dal biografo di Smith, Dugald Stewart.
Tenendo conto di molte variazioni e aggiunte, la questione ha avuto un duplice interrogativo: se la teoria della simpatia di Smith abbia fornito un resoconto adeguato delle facoltà morali, e se la figura dello spettatore imparziale possa fondare un’etica normativa che evita di cascare nel mero relativismo. Una delle
letture più attraenti e argute in questo filone è la recente tesi di Charles Griswold. Essa sostiene che, mentre lo spettatore imparziale agisce in particolari contesti, il frutto dell’immaginazione morale dovrà comunque trascendere dai valori del
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singolo individuo. C'è un'asimmetria tra l'agente e lo spettatore: quando le persone agiscono, creano il loro punto di vista sotto l'influenza dello spettatore imparziale, mostrando che quest'ultima ha superiorità normativa134.
Prendendo l’interpretazione di Charles Griswold come quella più forte, l'influenza
dello spettatore imparziale sulla formazione dei punti di vista degli agenti non fa che attribuire a questa "superiorità" normativa la funzione di convincere gli individui che questa superiorità ci sia.
Vi è, tuttavia, tutt'altra tradizione di teorizzazione etica che prende il via da Smith, che rifiuta nettamente un’etica normativa. Gli esempi più interessanti di questa
tradizione si possono trovare nei tentativi all'interno degli studi antropologici che tengono conto della moralità come elemento centrale della vita umana e come un fattore decisivo nell'evoluzione umana. Nei suoi primi quaderni, Charles Darwin indicò la nozione di “istintiva” simpatia data da Hume e Smith come centrale per
una spiegazione della formazione della coscienza morale e, di conseguenza, come la chiave per comprendere l'evoluzione sociale della morale. In questa forma, l'eredità di Smith è venuta a giocare un ruolo nell’evoluzionismo sociale del XIX secolo, con spiegazioni "ambientaliste" della moralità135.
L’eredità di Smith nel pensiero politico è, se possibile, ancora più evanescente di
quello morale. Se gli economisti hanno un chiaro, se pur a volte troppo semplificato, criterio per giudicare le prestazioni di Smith sul loro terreno, questo non si può dire nel caso della politica. Con Smith, infatti, si parla di teoria
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Charles L. Griswold, Adam Smith and the Virtues of Enlightenment, Cambridge University Press, 1998. Il richiamo è all’interrogativo posto sopra, p. 36.
135 Per la ricostruzione del ruolo della simpatia sul pensiero evolutivo, si vedano Lecaldano, Simpatia, op. cit., pp. 96-103: D. Winch e K. Haakonseen, The legacy of Adam Smith, op. cit., pp.
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politica, filosofia politica, o scienza politica? In quale categoria di indagine accademica va situata la ricerca di Smith?
Un punto di vista prevalente sull’importanza di Smith per la teoria politica
sostiene che egli abbia ingigantito gli aspetti chiave delle relazioni economiche identificando la società civile con l'economia (processo poi portato a termine da Marx). Tra i teorici politici, questo argomento è diventato quasi un cliché; ma come si è evidenziato più volte, il pensiero di Smith è un insieme coerente di più saperi in cui è impossibile affrontarne un aspetto eludendo tutti gli altri.
Smith ha offertouna guida pratica ai legislatori nella Ricchezza delle nazioni, così come la teoria della giurisprudenza naturale esposta nella Teoria dei sentimenti
morali e illustrata storicamente nelle Lezioni in Glasgow. Diventa perciò in parte
possibile spiegare ciò che Smith ha in mente nel descrivere il proprio sistema nella Ricchezza delle nazioni come sistema “della giustizia perfetta e dell’uguaglianza perfetta” che assicura la maggior prosperità possibile a tutte le
classi sociali, e la sicurezza con cui descrive molte istituzioni giuridiche e politiche ingiuste o poco efficienti136.
Se si vuole comprendere l’attenzione data a Hume e Smith all'interno delle scienze della morale e della politica nel XVIII secolo, il metodo più indicato è quello di sottolineare il lato empirico del loro lavoro. Questo emerge nei loro approfonditi sforzi per fornire spiegazioni naturalistiche all’ordine morale e politico che, libere da precetti religiosi, evitano attacchi diretti alle istituzioni politiche esistenti. In politica, ad esempio, Smith ha tentato di spostare il dibattito dalle teorie normative di obbligo che si trovano nelle teorie contrattualistiche
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sull'origine del governo civile. Al posto della finzione dell’esistenza di uno "stato di natura", egli ha indagato sulla storia e l'antropologia reale basate su una visione dell'uomo in quanto creatura sociale naturale, le cui istituzioni evolute sono meglio intese come risultato del persistere di passioni verificabili nell'esperienza quotidiana della "vita comune"137.
L'opposizione al contrattualismo e l'impegno a ricostruire la storia reale della società civile, differenzia Smith (e ovviamente Hume) da figure come Hobbes e Locke nel XVII secolo e da Rousseau nel XVIII.
È possibile apprezzare questi aspetti menzionati della eredità di Smith senza trasformandolo in un eroe del pensiero filosofico. Tutto ciò che si è rivendicato è che, rispetto agli altri filosofi o teorici sociali che hanno affrontato problemi su larga scala simili, ci sono alcune caratteristiche dell'approccio di Smith che sono ancora degne di ammirazione ed emulazione.
Uno di questi è il punto di vista pratico, realista, e la sua preferenza per una visione a lungo spettro.
Un altro aspetto che differenzia Smith è il suo anti-utopismo: il suo presupposto che mentre le istituzioni e le pratiche sociali forniscono una misura di protezione contro le inclinazioni più distruttive degli individui, c'è un piccolo punto che pone la capacità intrinseca di miglioramento alla base della natura umana.
137 Smith non può certo approvare Rousseau sull'origine del governo civile, perché questo si basa
sul presupposto che l'uomo non sia per natura un essere socievole. Da qui la convinzione di Rousseau che l'uomo possa essere indotto da una sorta di cospirazione o di trucco ad entrare in associarsi, prova storica data dai governi stabiliti sulla base della forza e la frode. La capacità di esercitare, per Rousseau, non può che essere attribuita unicamente alla cospirazione. Si veda Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini.
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L’economia di Smith non inizia con una assunzione di individui isolati e uguali in
possesso di pari poteri e impegnati in scambi economici sulla base di un calcolo ottimale. È un mondo di emulazione sociale, basata su una disuguaglianza tra individui e gruppi giudicati in base alla loro ricchezza, al reddito e alle opportunità, ma dove la possibilità di esercitare il potere restrittivo è limitata da istituzioni legali, politiche e sociali, che devono trovarsi al di là del controllo dei ricchi e dei potenti. Smith tiene costantemente conto della necessità di qualificare le soluzioni ideali suggerite dalla teoria che, visto ciò che è fattibile in circostanze attuali, è sempre imperfetta. Ci si deve riconciliare con i mali parziali per riguardo verso le complessità sociali date dal vivere in un mondo di immediato senso e sentimento casuale.
David Hume, scrivendo sul suo letto di morte nel 1776, si congratulò con Smith per il contenuto della Ricchezza delle nazioni, prevedendo che ci sarebbe voluto tempo affinché questo lavoro ottenesse la giusta riconoscenza, ma era sicuro che la sua profonda e solida acutezza ne avrebbero assicurato l'attenzione del pubblico138. Hume aveva ragione nel pensare che il successo della Ricchezza delle
nazioni sarebbe stato garantito dalla curiosità dei lettori che, con il tempo,
avrebbero reso quest’opera degna di attenzione pubblica. Questo potrebbe non è
stato vero per la Teoria dei sentimenti morali, anche se si è sostenuto che il ricorso alla conoscenza introspettiva che gli individui hanno come attori sociali, così come il primato antropologico e storico, fornisce l’altrettanto interessante
138 In Correspondence of Adam Smith, (a cura di) E.C. Mossner, Glasgow Edition of the Works and
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dato che Smith è stato in grado di rivolgersi ai propri sistematici e notevoli scopi con coerenza di pensiero.
La ricostruzione svolta in questo lavoro ha seguito un immaginario tracciato che, partendo dalle virtù del singolo, ha cercato di ricostruire la riflessione smithiana evidenziando la sensibilità, la saggezza e la perspicacia di un autore su cui tanto si è scritto, nel bene e nel male, e su cui tanto ancora si scriverà.
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