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Coerenza e continuità di sistema Dalla Teoria dei sentimenti morali alla Ricchezza

Ricchezzadelle nazioni.

La morale smithiana si posa su un fondamento in cui la possibile perfezione dell’agire umano riguarda esclusivamente il singolo, non l’intero genere umano.

Ugualmente la giustizia, come criterio negativo e legale, riguarda il singolo atto umano, non un’ipotizzata natura sociale dell’intera umanità75

.

Il primo capitolo ha evidenziato come uno dei principali obiettivi posti da Smith sia la comprensione del grado medio di appropriatezza che governa le passioni umane dell’individuo in quanto Io medio sociale.

Il proper degree di ogni passione infatti esprime un giudizio morale proiettato verso una visione sociale, etica; in tal modo Smith mostra “la praticità” della sua

morale.

In tal caso va sottolineato nuovamente che alla simpatia, in quanto principio di valutazione e di approvazione morale, è premesso uno sfondo etico verso cui tale valutazione è indirizzata.

Lo spazio morale a questo punto non è più disgiungibile dallo spazio del politico e dell’economico, ma vi è legato a doppio filo, perché il giudizio espresso sul grado dell'appropriatezza dell’azione del singolo ha ovvie influenze sociali.

Non fare queste valutazioni compromette non solo la comprensione del legame tra

Teoria e Ricchezza delle nazioni, ma soprattutto il ruolo che la Teoria ricopre nel

75

Si è evidenziato il ruolo della benevolenza e della giustizia nel primo capitolo di questo lavoro. Non essendo compito di questa tesi indagare le tensioni relative a questo complesso aspetto del pensiero di Smith, per chiarezza, si rimanda all’ Introduzione di E. Pesciarelli in “Lezioni di Glasgow”, Adam Smith, Giuffré, pp. XXI-XXIX.

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sistema di Smith.

La prima idea da sfatare è che benevolenza e filantropia coincidano. Si può evincere da quanto detto a proposito della Teoria che Smith non attribuisce all’uomo una natura benevola o egoista a priori. Prendendo nota di questo,

qualsiasi alternativa tra ordine morale (benevolenza) e ordine economico (governato dall’egoismo) risulta del tutto inutile e fuorviante. Non esistono cioè i binomi “benevolenza-morale” ed “egoismo-economia”. Queste precisazioni sono d’obbligo perché confutano quelle tesi sul pensiero di Smith che sostengono l’incompatibilità tra Teoria dei sentimenti morali e Ricchezza delle nazioni, ma respingono anche quelle interpretazioni che, nonostante ammettano l’esistenza del

rapporto tra etica ed economia, evidenziano il primato delle passioni egoistiche su quelle altruistiche76.

Queste ultime teorie sono più difficili da contestare perché si basano su una sottigliezza quasi impercettibile. Sostenere che il prudent man non possa essere rappresentato unicamente dal modello hobbesiano (nonostante sia governato interamente da passioni egoistiche) solo perché costretto a scambiare e a intrattenere relazioni con gli altri è ben diverso dal sostenere che il modello del

prudent man è talmente complesso da impedire la separazione dell'etica

dall'economia; la prima tesi è più rischiosa perché elimina completamente il ruolo della benevolenza e della simpatia all’interno della sfera economica.

La differenza sostanziale è che nella seconda ipotesi non esiste nessuno iato morale/economia, perché se ogni passione è presente in ogni sfera dell'agire

76 Il terzo capitolo sarà dedicato all’eredità delle teorie di Smith sul pensiero contemporaneo. Lo

scopo sarà scardinare, seppur brevemente, le errate interpretazioni novecentesche della

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umano, tutto sta nel determinare il grado di appropriatezza delle diverse passioni. La prima linea interpretativa invece, nonostante dia per scontata l'esistenza del grado di appropriatezza di ogni azione, sostiene che la benevolenza è di pertinenza della sfera morale, mentre le passioni egoistiche dominano quella economica. Sostenere che il modello della società commerciale esiga la messa da parte della virtù della benevolenza, poiché questa è in perenne conflitto con i bisogni sociali dell’uomo, significa ignorare il reale significato del proper degree nella riflessione

di Smith.

È errato anche pensare che Smith abbia abbandonato la virtù della benevolenza ammettendo però – come fa Hirschman - che l'economia tende a funzionare male senza un minimo di benevolenza77.

Ha ben ragione Skinner78 nel sostenere che il contrasto tra simpatia e self-interest è spesso frutto di un'errata interpretazione dei due termini. Infatti Smith, come ripetuto più volte, descrive la tendenza della natura umana al raggiungimento dei propri interessi come degna di approvazione morale. E tale tendenza all’automiglioramento ha delle chiare conseguenze economiche.

Ciò significa che l'approvazione morale non muove da un supremo ideale di

77

«Il fatto che vi sia bisogno di un comportamento etico in situazioni in cui il sistema di mercato e l’interesse personale, abbandonati ai loro meccanismi, potrebbero risultati indesiderabili, non significa che un comportamento del genere si realizzi automaticamente. […] l’efficienza del mercato potrebbe essere assai migliorata da un’iniezione di “benevolenza” […] Il bisosgno di norme e di un comportamento etico che integrino, e sostituiscano l’interesse personale appare nelle situazioni di insuccesso di mercato.» O. A. Hirschman, L'economia politica come scienza

morale e sociale, 1987, pp. 109-110. L’errore di Hirschman è riconosce la necessità della

benevolenza ma come alternativa all’interesse personale.

Cose scritto sopra, il compito di questo lavoro è dimostrare che self-interest e benevolenza non sono l’uno l’esatto opposto dell’altra, perciò non sono intercambiabili.

78

A. S. Skinner, A system of social science: Papers relating to Adam Smith, Claredon Press Oxford, 1996, pp. 104-109. Skinner ha ben presente i passi della Teoria in cui maggiormente si mette in luce questo aspetto della natura umana. Cft A. Smith, Teoria, op. cit., pp. 149-153; pp.370-376. Per un riferimento a questi in tale lavoro, si veda Supra, pp. 47-50.

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benevolenza, ma che è implicita nel comportamento economico, che nel perseguire un misurato interesse personale dimostra l'equilibrio e l'integrazione tra

self-interest e benevolenza.

Il grado medio sociale non è la stima di un benessere a tutti dovuto, ma stima di ciò che è indispensabile al singolo che vive e si rapporta in società. In questo senso, l'importanza attribuita da Smith al prudent man non è casuale.

Egli, agendo con raziocinio dopo aver valutato la situazione, rinunciando a un piacere immediato in vista di un più intenso piacere futuro, evitando inutili rischi, è un Io medio sociale consapevole che all’esercizio della prudenza sono legati il mantenimento e lo sviluppo delle proprie attività. Nell’agire del prudent man si

concretizza la relazione tra self-interest e benevolenza: agisce in vista di un suo bene futuro, ma gli è necessaria l'altrui felicità perché è su questa che si articolano i rapporti economici propri del suo agire.

Come sostenuto da Raffaelli, self-interest e simpatia sono gli elementi della natura umana idonei a spiegare la spinta a migliorare la propria condizione, la funzione sociale della ricchezza e il desiderio di possederla79.

Se la simpatia è il principio connettivo da cui deriva il bisogno di riconoscimento da parte dell’altro (quindi la ricerca della distinzione sociale), così il self-interest,

come movente della ricerca di distinzione sociale, esplica i suoi effetti economici e sociali incoraggiando l’emulazione nella corsa verso la ricchezza attraverso l’operosità e la prudenza.

79

Tiziano Raffaelli, La ricchezza delle nazioni di Adam Smith, Carocci, 2011, p. 20. Raffaelli fa notare che la dissoluzione dell’ Adam Smith Problem sta nel rifiuto di Smith di considerare self-

interest e simpatia come due passioni a cui imputare, di volta in volta, l’azione alla base delle

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Questo desiderio di migliorare la propria condizione è cruciale nell’intero

percorso tratteggiato da Smith, così come la ricchezza (e la naturale inclinazione che porta a simpatizzare con essa) appare come unico mezzo per placare l’ansia dell’individuo80

.

Sui rapporti economici frutto dell’agire individuale Smith imposta l’intero

progetto della Ricchezza delle Nazioni81, compiendo quel salto necessario che porta la sua riflessione morale a confrontarsi con la società a lui contemporanea. Per questo motivo Smith dedica ben dodici anni alla stesura della sua opera più famosa82. Opera che non tocca esclusivamente argomenti economici come la produzione della ricchezza e la divisione del lavoro, ma si concentra anche sulle passioni e la vita morale degli individui in perfetta continuità con la sua prima opera83.

Coerentemente con quanto detto finora, si prenderà in considerazione la Ricchezza come un’opera scritta da un filosofo morale testimone del passaggio storico dallo stadio feudale a quello mercantile e delle implicazioni etiche e sociali dell’ascesa

della borghesia.

80 Più avanti, pp. 67-68, il nesso tra interesse personale e collettivo sarà spiegato nel dettaglio. 81

Adam Smith, La ricchezza delle nazioni, UTET, Roma, 2013.

82

«I have begun to write a book in order to pass away the time» scrive Smith nel 1764, in una lettera indirizzata a David Hume. In “Correspondence of Adam Smith”, (a cura di) E.C. Mossner, Glasgow Edition of the Works and Correspondence of Adam Smith, p. 102.

83

Nella Teoria difatti non mancano considerazioni sulla corsa verso la ricchezza, il desiderio di migliorare la propria condizione, o riflessioni sul commercio; e ben poco di nuovo ha da dire la

Ricchezza delle Nazioni sul ruolo del self-love, argomento già sviscerato nell’opera precedente. La

sezione III del I capitolo della Teoria, in cui si discute ampiamente della disposizione ad ammirare il ricco, del desiderio di essere rispettati e rispettabili, è stata aggiunta nella VI e ultima edizione dell’opera, nel 1790. Anche questa piccola precisazione è necessaria a evidenziare la continuità tra Teoria e Ricchezza. Vd. Adam Smith, Teoria, op. cit., pp. 168-175.

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2.2 Divisione del lavoro e corsa verso la ricchezza. La necessità dell’altro nel