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APPUNTI MILANESI(*)

Nel documento Camillo Capolongo (pagine 198-200)

Appunti

- la poesia è utilizzo musicale del linguaggio

- il panorama musicale di un determinato periodo storico influenza direttamente la modalità di composizione poetica

- l'orecchio contemporaneo tende a non sentire più come musicali versi prodotti, unicamente, con metrica accentuativa

- nell'impossibilità di creazione di un nuovo sistema il lavoro è quello di riutilizzo sincronico dei vecchi per nuove finalità

Stralci

Nella produzione poetica italiana attuale il primo, lampante, dato che balza all'occhio è l'estrema trasandatezza formale. Tra manierismi avanguardistici, tentazioni restauratrici e stili liberi, postrema difesa di un intuizionismo sui generis, in cui l'optimum è rappresentato da versicoli a mono o biaccentazione variabile, molto apprezzati da una critica a sua volta sciattissima, quello di cui ci si rende conto è la quasi totale indifferenza ad una progettazione formale quale prima portatrice di significato poetico.

(in epoca di pensiero unico non pare poi strano che un unico contenuto sia testimoniato dalla quasi totalità delle forme)

Il concetto di musica non può essere altro che quello desunto da un particolare, quindi storico e storicamente dato, panorama musicale.

[se con la dodecafonia si diede, ed è oramai cosa comunemente accettata come storicamente rilevante, una sorta di "comunismo dei suoni", perché non dovrebbe darsi, ed essere a sua volta tranquillamente accettato e storicizzato, in poesia comunismo degli accenti? (ovvero l'utilizzo di versi "dodecafonici", quali ad esempio un endecasillabo con accentazione di 3° e 8°, o il più canonico endecasillabo liberato con accento di 5°)]

(come appare inadeguato il sistema tonale per la descrizione della musica contemporanea così appare inadeguato il sistema accentuativo per la descrizione della poesia contemporanea)

Se prestiamo attenzione alla musica attuale, facendone un rapidissimo campionario casuale, possiamo notare che convivono tendenze desunte dalle ricerche novecentesche alte (dodecafonia, postwebernismo, musica concreta, aleatoria, procedurale, spettrale, elettronica) e da quelle basse (jazz, canzone d'autore, rock, etnica, fusion, punk, noise, hip-hop, elettronica, pop) con fortissime tangenze tra generi e modi. Da questo panorama complesso e variegato la poesia italiana pare accogliere pochissimo.

(questa vasta gamma di esperimenti sonori ha in potenza la quasi totalità degli esiti possibili ad un'unica condizione: che sia chiara la ricerca formale che la sostiene e non si riduca a mero dilettantismo, troppo facilmente scambiabile, nelle faccende poetiche, per mestiere)

(come per la musica così per la poesia ciò che va per la maggiore, ovvero ciò che il mercato impone tentando di saturare tutti gli spazi, è un linguaggio stereotipato che non fa che attualizzare

costantemente un'unica forma: la canzoncina pop, ovvero, traslando, la poesia breve in versi liberi normalmente contenuti entro il tredecasillabo)

Quattro a mio avviso sono le direzioni della poesia attuale: neometrica, "da voce", processuale e strutturale. Le prime due direzioni ascrivibili all'ambito della composizione, le restanti a quello della costruzione. Inoltre: se la neometrica pare farsi, nella quasi totalità dei casi, portatrice di istanze d'utopia regressiva, la poesia "da voce" privilegia invece l'esaltazione di un solipsismo esecutivo a causa del suo essere, troppo spesso, eseguibile da uno solo o, al massimo, da una scuola, ad eccezione del caso, ed è eccezione rara nel nostro contesto, in cui il poeta abbia una conoscenza scientifica del fenomeno vocale e dell'esecuzione. Ancora: se la poesia processuale, nei suoi esiti migliori, si fa portatrice di un progetto chiaro di critica sociale a partire da un altrettanto chiaro progetto formale desunto da processi e procedimenti dati, incarnando valori progressisti, la poesia strutturale mi pare tentare l'elaborazione di una Weltanschauung organica, aderente al mondo che testimonia a seconda dell'abilità del poeta e dell'ideologia del fruitore che la giudica.

Intendo per strutturale una metodologia di costruzione poetica che partendo dall'analisi e dalla selezione dei significanti minimi con i quali intende lavorare sia in grado di dar vita ad un progetto formale chiaramente delineato e veicolante un senso ulteriore e sinergico rispetto a quello espresso dal "contenuto".

(ogni testo veicola una senso legato alla forma sebbene troppo spesso questo avvenga malgrado l'autore)

(la musica è l'alveo cui si informa lo scorrere del senso)

Nella costruzione del testo poetico due sono i concetti su cui più lungamente mi sono soffermato: quello di ripetizione e quello di armonizzazione.

(l'implemento di una maggiore percussività, o l'utilizzo di più strette tramature, in poesia mi pare derivare dall'assedio della musica commerciale nel nostro contesto acustico)

Gli elementi la cui ripetizione mi pare dia esiti interessanti nel testo poetico sono: consonanti e nessi consonantici (consonanza, e figure di testo basate su ripetizione e variazione: anafora, bisticcio, paronomasia, etc.) , vocali in posizione tonica o nessi vocalico-consonantici in prossimità dell'accento (assonanza, assonanza atona, rima e i precedenti), toni (cola, centremi, etc.), sillabe, serie sillabiche accentate (piedi), versi (emistichi, versi propriamente detti), frasi (metriche frastiche).

(abbiamo un analogo in poesia per il concetto di texture in pittura?)

Dall'uso, la frequenza e la vicinanza delle ripetizioni, come dalle specificità degli elementi iterati, nasce la linea ritmica e la possibilità di accelerare o decelerare l'esecuzione del testo.

La musicalità di base derivata dall'utilizzo di uno o più sistemi di riferimento (ad esempio la metrica quantitativa) subisce correttivi esecutivi tramite l'utilizzo di punteggiatura e spaziatura (un ulteriore elemento di temporalizzazione dell'esecuzione, ma più problematico per l'estrema differenziazione del suo utilizzo, è l'enjambement).

L'arrestarsi alla frase (escludendo dunque la strofa, il periodo, etc.) nella mia produzione è dovuto alla convinzione che non si diano organizzazioni di senso complesse nella situazione attuale se non per sovradeterminazione.

(sul concetto di montaggio?)

(utilizzo ossessivo-indeterminato del principio musicale indiano di variazione continua)

Intuizione geniale per i processi di armonizzazione e disarmonizzazione è quella dantesca della consonanza tra endecasillabo e settenario. Estendendo ciò possiamo accorgerci della naturale consonanza tra versi di differente lunghezza sillabica ma entrambi di lunghezza pari o dispari (ad esempio un decasillabo ed un ottonario, un tredicasillabo e un quinario, un endecasillabo ed un novenario) e della dissonanza dovuta all'accosatamento di pari-dispari e viceversa. Esulano da ciò le soluzioni anisosillabiche tendenti, per variazioni accentuali o utilizzo non ortodosso di sinalefe dialefe sineresi e dieresi, a riduzioni isosilabiche di versi di diversa lunghezza. Esulano inoltre versi in cui l'effetto giustappositivo subisce correttivi tramite l'utilizzo di schemi accentuativi da cui risultano figure particolari, creando effetti di musicalità complessa (ad esempio l'utilizzo di un settenario e di un dodecasillabo in cui la struttura accentuale del settenario ricalca quella di un ipotetico emistichio a maiore del dodecasillabo). Altre forme di armonizzazioni complesse sono quelle legate all'utilizzo di versi isosillabici ad accentazione variabile, o quelle di frammenti isotonici in sequenze anisosillabiche.

I processi di armonizzazione, e i medesimi inversi tendenti alla disarmonia, sono alla base per la costruzione del testo secondo i principi di straniamento o incantamento (penso ad esempio all'effetto di straniamento ottenuto in una serie isosillabica ad accentazione fissa tramite la soppressione di alcuni accenti, o a quello incantatorio ottenuto tramite l'utilizzo ossessivo di una serie di nessi consonantici iterati). Il tutto si gioca sulla dialettica tra creazione e frustrazione delle aspettative metriche.

Si può demandare alle successioni vocaliche in posizione tonica il compito di creare il particolare "colore" di un testo, ovvero il controllo delle successioni produce un determinato paesaggio vocalico. La ripetizioni di nessi consonantici determina, quando controllata, particolari fenomeni di percussività ritmica, addensati e diradati a seconda della frequenza della ripetizione. Entrambi gli elementi tendono comunque, quando utilizzati senza particolari accorgimenti a sfociare in una musicalità informale e procedente per smagliature (in ciò simile a certa sperimentazione della musica free jazz o di certa elettronica idm)

Sul concetto di paesaggio da un punto di vista metrico

Nella mia produzione recente mi sono soffermato su una modalità compositiva che mi è piaciuto definire paesaggio. Intendo con ciò una procedura basata su sedimentazione e compattazione di componenti eterogenee, tanto sul versante semantico quanto su quello metrico, che emuli tanto la formazione del paesaggio postidentitario contemporaneo quanto la capacità, propria ad ogni paesaggio, di suscitare stati emotivi per via empatica e non mediata, sebbene poi qui, come nel paesaggio reale, sia possibile desumere le scaturigini a partire dall'analisi degli elementi componenti. Una costruzione, dunque, per frammenti centrifughi, dalla cui armonizzazione possa emergere una nebulosa di senso, non un senso unitario pacificamente espresso bensì un insieme di elementi recanti tracce di identità e storicità difformi. Se ciò è vero dal punto di vista del significato è altresì, e forse maggiormente, valido per quello formale che procede per aggregazioni effimere in cristallizzazioni provvisorie costantemente agite da una sorta di entropia formale.

Due sono gli esiti di questa ricerca uno legato all'improvvisazione l'altro alla costruzione. Con improvvisazione è da intendere una modalità compositiva basata su patterns iterati fissi, principalmente vocali in posizioni toniche o gruppi consonantici, su cui si imperniano gli andanti

Nel documento Camillo Capolongo (pagine 198-200)