IL REALISMO DEL RITMO: SULLE FIGURE DI RIPETIZIONE LESSICALE IN COSTA
2. Il poeta che meglio di tutti ha còlto questa trasformazione-possibilità offerta dagli strumenti della retorica è senza dubbio Corrado Costa La sua poesia contiene un'ampia e variegata fenomenologia
di ripetizioni lessicali, con la quale viene realizzata una notevole quantità di effetti retorici.
Il seguente testo vale come specimen di una tendenza che affolla tutta l'opera di Costa:
LODE A FRANCIS BACON Quale immagine e somiglianza fa
nostro il compagno di viaggio – facile conversatore in cerca di complicità per soluzioni drastiche —
il disinvolto chi? soggetto di prima persona che avrà dominio dei pesci e delle bestie e dei rettili tutti che strisciano sopra la terra - il vagamente raccolto, premuto sul sedile con le mani - impotenti - evanescenti bloccato dal terrore contro il vetro posatore sfocato - viso bruciato da certi segni sullo sfondo Quale immagine e somiglianza fa a nostra somiglianza di paura la nevrosi che tende la figura
contro il divano: dopo evasioni e novità del- l'amore (noi che avremo dominio) è nostro il corpo spogliato in fretta dall'erotica ospite che va a cuccia o carponi nell'erba alta
sotto la luce dei fari
Quale immagine e somiglianza fa
a nostra immagine di dominatore: bocca furente - il babbuino
che si torce sul trespolo (i gufi che appaiono tentoni) il cane
cauto e zoppicatore che annusa crocefissione verso una ignota direzione (dietro l'autostrada) (2)
La poesia è esemplare nel presentare una dinamica della ripetizione lessicale (desunta da Delfini, prima ancora che dalla poesia surrealista) in cui il ritmo sembra essere sempre sul punto di nascere per morire subito, a causa dell'uso di variationes, e dell'irregolarità versale e strofica. In particolare sono appunto le tre variationes che seguono il verso iniziale di ogni strofa, sempre uguale (mentre il verso successivo ne riprende una sola parola: nostro, nostra, nostra) che forse giustificano il titolo: come Bacon sfregiava il volto o le figure ritmiche presenti nei suoi quadri passandoci su uno straccio, così Costa pare sfregiare il volto ritmico della sua scrittura. Ma è forse nel successivo testo poetico che la ripetizione lessicale acquista una assoluta esemplarità:
I due passanti
I due passanti: quello distinto con il vestito grigio e quello distinto con il vestito grigio, quello con un certo portamento elegante e l'altro con un certo portamento elegante, uno che rideva con uno che rideva
uno però più taciturno e l'altro
però più taciturno, quello con le sue idee sulla situazione e quello con le sue idee
sulla situazione: i due passanti: uno improvvisamente con gli attrezzi e l'altro improvvisamente nudo uno che tortura e l'altro senza speranza
una imprecisabile bestia una imprecisabile preda: i due passanti: quello alto uguale e quello alto uguale, uno affettuoso signorile l'altro affettuoso signorile, quello che si raccomanda e quello che si raccomanda(3).
La dinamica della ripetizione lessicale dà vita a una totalità testuale in cui la testualità si esplica secondo modalità affatto diverse da quelle tradizionali della poesia. In particolare, la sistematica violazione dell'attesa di coerenza, realizzata proprio attraverso lo strumento della ripetizione lessicale, fa sì che questo testo neghi continuamente ciò che afferma; neghi, anzi, in qualche modo, il testo in sé. Il testo si ripiega su sé stesso, letteralmente, e, la ripetizione lessicale serializzata, associata con la disposizione versale e con un uso sapiente degli enjambements, letteralmente inibisce la costituzione in ritmo del testo. Il ritmo è semmai cancellato, simbolicamente distrutto, da una simile struttura. Non che non si apprezzino effetti di crescendo o di diminuendo; ma quello che emerge è il cozzo appunto tra l'attesa di senso che l'uso della ripetizione lessicale crea e l'impossibilità del senso a fissarsi. Infatti, l'unico elemento riconducibile a una dimensione narrativa di questo testo – l'avverbio improvvisamente – viene annullato dal ritorno subitaneo della testualità ai modi della ripetizione schizofrenica iniziale: così, l'apparente tentativo di strutturazione logico- narrativa del testo, evidente bluff, naufraga immediatamente.
In questa distruzione simbolica del ritmo, ciò che viene distrutto simbolicamente, non è solo l'aspetto retorico del testo, ma anche il suo elemento narrativo, la sua teleologia interna, il suo tendere verso un fine e una fine. In Inferno provvisorio, parlando di Sade, Costa scrive: «L'affermazione dell'elemento privilegiato in elemento negativo assoluto, distrugge ogni gerarchia di valori, ma nello stesso tempo blocca ogni ipotesi di circolazione. Il mondo del piacere, nella sua ipotetica autarchia, si sviluppa verso la distruzione cieca, feroce, spasmodica dei suoi oggetti, dei suoi soggetti, e delle sue merci, che non è possibile mettere in rapporto, fino alla distruzione stessa di ogni possibilità di racconto»(4). Ancora: «Decidere del proprio corpo, consumarsi, cellula per cellula, negli elementi, significa entrare, senza scopo, nell'inesistenza di ogni finalità»(5).
La ripetizione lessicale, l'uso di sintagmi seriali, dunque, da elemento di strutturazione del senso, da amplificatori del senso, a testimoni della sua scomparsa, del suo collasso; sarebbe questo il fine ultimo della scrittura di Costa. Decretare la fine del senso attraverso la fine del ritmo, tuttavia, significa in un certo senso anche decretare simbolicamente la sparizione della figura soggettiva dell'autore dalla testualità che produce. Ovviamente, per riaffermarne una nuova, differente, soggettività straniata e dimidiata, l'ominicanide: «L'ominicanide, quando comincia a parlare, fa registrare una devastazione. All'inizio in modo occasionale, per rime insidiose, ripetizioni di parole: “la canzonetta infantile” corrotta da “la volace vita dall'invoglio tenero” che si insinua come un momento di balbuzie, il “Compleanno” che inceppa il ritmo serrato della frase al centro del discorso con un grumo di parole assonanti e fungibili»(6). Quella dell'ominicanide è in fondo l'ipostatizzazione di una soggettività distrutta e distruttiva, che riafferma, proiettandosi nel testo, la problematizzazione della soggettività autoriale; e che, attraverso la negazione dell'intentio auctoris vuole realizzare anche una patente negazione dell'intentio operis. Una problematizzazione
attraverso la ripetizione lessicale che l'autore ha ben presente, se è vero che, nella sua lettera a Scheiwiller su Pseudobaulelaire, scriveva: «Con “Pseudobaudelaire” fabbricavo una pietra di scarto. Dalla produzione di significati volevo esaurire la possibilità di senso. […] L'origine della poesia è l'eco, ma, qui e ora, sono l'eco di una bocca chiusa, che non si è ancora pronunciata»(7). 3. L'eco: la ritmica del testo basata su una figura mitica come quella della ninfa Eco e su di un'eco inesistente, non pervenuta, porta a figure di ritmo attraverso cui continuamente si mette in scena, tra
annominationes e violazioni al principio di contraddizione, la follia di un testo che cerca di
trasformare in opera l'assenza d'opera: 'Campo sopra filo di seta sta a indicare che l'intera fonte dell'esistenza umana è basata pressoché su nulla.'
Ci fanno anche vedere un vecchio film cinese.
Il vecchio film cinese dura tre giorni e tre notti.
Siamo in una landa desolata dove solo di giorno appaiono tre cavalieri armati
a caccia
di tre cavalieri armati
che appaiono solo di notte(8).
Mentre la ripetizione lessicale si coniuga al nonsense, un'altra violenza viene perpetrata al lettore: nella poesia citata, il continuo riferimento al numero tre e a una tripla ricorsività, induce ad attendersi una strutturazione ternaria del testo: tre strofe, e triplici isocola. Non è così: il testo è invece dotato di una strutturazione binaria. Le ripetizioni lessicali, dello stesso numero tre, si articolano a due a due, e due sono anche le strofe della poesia. Frattanto il titolo della poesia si allunga a dismisura, disponendosi su tre versi, e tematizza appunto l'idea del nulla, un nulla logico(9) prima che metafisico: la trasformazione del testo in nulla e del nulla (logico) in testo dovrebbe essere l'esito cui tende la poesia di Costa. Ma come può un poeta convertire il nulla in forma?
È ovvio che l'unico modo per operare questa trasformazione – necessariamente situata tra il miracoloso e il cialtronesco, com'è, meritoriamente, tutta l'opera di Costa – è la metatestualità. Solo il metatestuale conta: «il racconto è il desiderio stesso che si pronuncia: diventa illimitato: ogni storia raccontata è così, necessariamente, illimitatamente, una storia raccontante un'altra storia, che, necessariamente e illimitatamente, è la storia raccontata prima»(10). Si legga in proposito questo testo poetico:
La costruzione della trappola
il movimento che compie vale solo per due Se la tigre fiuta la tigrità non ci sarà l'agguato se la tigrità fiuta un gregge non ci sarà l'agguato
se la classe delle tigri fiuta le classi degli erbivori
se la tigre fiuterà se stessa ci sarà l'agguato(11)
La poesia, in un affezionato di Blake come Costa, non può non nascondere un'allusione alla Tigre blakiana: «Tyger tyger burning bright, / In the forests of the night, / What immortal hand or eye / Could frame thy fearful symmetry?». C'è da credere allora che nell'immagine della tigre si nasconda, per una volta, una piccola allegoria della poesia stessa. Questa ripetizione lessicale fuzzy, irregolare, è in questo caso al servizio dell'espressione di un fondamentale concetto poetico:la distruzione come principio del testo. La poesia si avrà solo se la poesia si ripiegherà su sé stessa (fiuterà sé stessa), determinando quell'atto che distrugge il ritmo e insieme il senso, conservando una traccia però dell'atto di distruggere: «la distruzione è una delle leggi della letteratura, come la creazione»(12). In questo senso, l'intertesto blakiano contiene un rimando non solo alla tigre, ma anche alla sua fearful simmetry. Se a essere problematizzata è la simmetria, è inevitabile chiedersi allora se l'identità di un testo poetico, l'in se del testo poetico è appunto la simmetria, particolarmente evidente nell'instaurarsi a testo di fenomeni ritmici. Infatti, l'unica cosa che potrebbe fornire al testo poetico, in ambito versoliberista, una sua simmetria, è l'uso di lessemi e sintagmi disposti secondo modalità di ripetizione periodica. È simmetrico dunque solo un testo dotato di una sorta di identità ritmica pienamente riconoscibile. Si tratta di un effetto realizzabile unicamente attraverso l'uso di strutture ritmiche ottenute mediante la disposizione degli accenti, la disposizione dei sintagmi e dei lessemi, il tutto a corollario del fenomeno di progressione del senso. In effetti, tutto il lavoro poetico di Costa consiste nel porre a testo patterns ritmici e di progressione del senso attraverso la serialità sintattico-lessicale per poi disfare questa serialità in un lampo attraverso la variatio, la contraddizione interna, la dissimmetria logica e sintattica; o peggio, Costa introduce gli elementi di una ripetizione lessicale caotica, che non consenta di comporre in ritmo l'insieme delle ripetizioni. La ripetizione allora cade a volte troppo presto, a volte troppo tardi rispetto alle attese del lettore, disfacendo la tua testualità, armandola contro sé stessa.
In definitiva, Costa fa di tutto per rompere le figure metriche di ritmo più tipiche della poesia precedente. Versi lunghi o lunghissimi, anisosillabici, senza un'accentazione organizzata in patterns ritmici scanditi, anisostrofismo: succede che a poco a poco i testi si privino del ritmo, contraddicendolo. Ora, se cadono le figure di ripetizione metrica, è plausibile che in sostituzione accorrano figure di ripetizione lessicale, da sempre funzionali alla retorica dell'insistenza (Mortara Garavelli). Ma qui, in Costa, quasi ogni effetto di crescendo è sospeso, e alla fine ci si ritrova di fronte a un testo che non presenta alcun tipo di regolarità. Anzi, se le ripetizioni lessicali fondavano parte del loro effetto di organizzatori ritmici sull'aspetto semantico, le tante infrazioni alla coerenza semantica, e l'uso fatto dei lessemi, fanno sì che l'organizzazione retorica del testo realizzi infine un paradosso logico.
Tutto ciò congiura a pensare alle ripetizioni lessicali come complici in un progetto di destituzione del ritmo, ottenuto lavorando agli elementi di ripetizione come fossero – e in effetti sono – interruzioni. Ma, pur facendo questo, la testualità di Costa resta una testualità immediatamente identificabile come poetica; e il suo particolare progetto acquisisce una forza di ridefinizione della testualità poetica in generale. Così, la poesia di Corrado Costa insegna a pensare il ritmo come fenomeno interruttivo, più che come un fenomeno basato sulla continuità: la ritmica non è altro che un'organizzazione di interruzioni. Se è vero, il fenomeno del ritmo nel testo poetico non possiede una sua realtà, ma piuttosto un suo realismo: fuori dall'aspetto della perfetta regolarità accentuativa, ritmo è quasi sempre una designazione metaforica; e d'altronde, inteso come ripetizione periodica di elementi uguali, il ritmo in poesia presenta tali e tante pietre di inciampo da doversi considerare più un fenomeno post rem che un fenomeno in re. Il ritmo sta sempre allora nell'occhio del lettore, anche di quel primo lettore che è l'autore stesso.
4. È certo che non esiste, a ben guardare, qualcosa come un'ontologia del ritmo (nemmeno inteso