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Vorrei concludere ora questo testo con una breve ipotesi, appena abbozzata: le testualità che, nel Secondo Novecento, hanno problematizzato il ruolo della soggettività autoriale, come Costa ha

Nel documento Camillo Capolongo (pagine 39-41)

IL REALISMO DEL RITMO: SULLE FIGURE DI RIPETIZIONE LESSICALE IN COSTA

5. Vorrei concludere ora questo testo con una breve ipotesi, appena abbozzata: le testualità che, nel Secondo Novecento, hanno problematizzato il ruolo della soggettività autoriale, come Costa ha

fatto, hanno dato vita a testualità di tipo tragico; mentre la testualità di tipo comico presuppone una riaffermazione dei diritti dell'autore, del soggetto, sul proprio testo. È proprio insomma del tragico novecentesco tentare di destituire e sfregiare la proiezione della soggettività autoriale nel testo: fermo restando che il processo di ricerca di un soggetto-autore empiricamente esistente e conoscibile viene spesso operato, anche in mancanza di elementi che lo autorizzino, dai lettori stessi del testo. Si tratta allora di uno sfregio preventivo. Potrebbe apparire folle l'ipotesi di un Costa tragico, eppure già un suo amico come Spatola la affermava: «Costa scivola, da grottesco, in un tragico “puro”, gridato, la cui unica giustificazione, a posteriori, è giustificazione di coscienza storica»(19).

L'autore che mette ordine nel suo testo (anche attraverso il ritmo), l'autore che disordina il proprio testo, nel farlo, gestiscono evidentemente anche elementi della propria soggettività, frammenti,

disiecta membra. Il primo farà di tutto per organizzare queste membra, per avvicinarle, per

ricomporre il cadavere della soggettività che sempre è un testo; il secondo tenderà a esorcizzare la ricomposizione di questo cadavere. Non è sbagliato quindi domandarsi se nella testualità di Costa prevale l'ordine o il disordine (anche ritmico), e che ruolo assumono questi due estremi dialettici nell'inscrizione della soggettività autoriale all'interno del testo.

Il saggio di Sanguineti dal titolo Il trattamento del materiale verbale nei testi della nuova

avanguardia ebbe probabilmente, data l'autorevolezza del suo autore, una funzione modellizzante,

per i poeti dell'epoca. In questo saggio, l'autore poneva, come «via maestra del ritorno al tragico», il «ritorno al disordine»(20). È dunque poesia tragica o comica questa, che pone il problema dell'ordine e del disordine attraverso schemi ritmici continuamente allusi e negati, o, in altri termini, attraverso un'articolazione dialettica tra i due poli dell'ordine e del disordine?

Si può rispondere così: le ripetizioni lessicali e i fenomeni di abbozzi ritmici sono funzionali alla creazione di una cornice testuale poetica entro cui collocare fenomeni di distruzione e destituzione del senso, attraverso il paradosso logico, la violazione delle massime conversazionali, e tutta una serie di strumenti retorici rivolti contro sé stessi. È quindi una cornice d'ordine che mantiene al suo interno un nucleo di disordine. In questo senso, si potrebbe dire che la testualità della poesia di Costa risulta basata su una cornice comica, che mantiene al suo interno un nucleo tragico. Data l'intima connessione tra momento ritmico ed espressione della soggettività autoriale, questo significa che il testo della poesia di Costa mette in scena, all'interno di una serie di fenomeni che affermano l'immanenza dell'autore al suo testo (e la sua frontalità rispetto al lettore), la distruzione simbolica dei simulacri di soggettività autoriale che ogni lettore crede (a torto o a ragione) di vedere proiettati nel testo.

Se il tragico è insomma sempre pensabile come l'irruzione di un caos incontrollabile all'interno di un ordine irenico, si può forse pensare che tutte quelle forme del testo poetico tardonovecentesco, caratterizzate da attenuazione della coerenza testuale, ripetizione lessicale organizzata in sintagmi seriali o priva di organizzazione seriale, abbiano costituito un ennesimo, ultimo tentativo di dare vita a uno stile alto, accorde con la volontà di riformulare il concetto del tragico nel quadro della testualità poetica.

Note.

(1) Il termine anafora tende oggi a cadere in disuso, nel senso qui impiegato, per la possibilità di confusione che si

registra con l'accezione che esso ha assunto in linguistica. Per questo uso l'espressione ripetizione lessicale, come già faceva Stefano Dal Bianco nel suo importante Anafore e ripetizioni lessicali nella poesia italiana fra le due guerre, in «Studi novecenteschi», XXVII (1998), 56, pp. 207-237; l'espressione sintagmi seriali è desunta da Jacques Geninasca,

Sintagmi seriali, coerenza discorsiva e ritmo, in La parola letteraria, Milano, Bompiani, 2000, pp. 86-99. Si intende

che il tipo di sintagmi seriali che interessa qui è esclusivamente quello in cui la serialità si accompagna alla ripetizione lessicale.

(2) Corrado Costa, Lode a Francis Bacon, in “Pseudobaudelaire”, in The complete films. Poesia Prosa Performance, a

cura di Eugenio Gazzola, con un'antologia multimediale di Daniela Rossi, Firenze, Le Lettere, 2007, p. 20.

(3) Corrado Costa, I due passanti, in “Pseudobaudelaire”, cit., p. 21. (4) Corrado Costa, Inferno Provvisorio, Milano, Feltrinelli, 1970, p. 64. (5) Ivi, p. 66.

(6) Corrado Costa, Inferno Provvisorio, cit., p. 44. Il brano appena letto è dedicato a Giuliani; l'autore rileva l'esistenza

di un «filone sotterraneo della letteratura» (Ivi, p. 39), di cui fanno parte Porta, Spatola e appunto Giuliani in Italia, Beckett e Genet all'estero. Si noti come l'attenzione di Costa si focalizzi appunto sugli elementi di inceppamento del ritmo, dalla balbuzie alle assonanze.

(7) Corrado Costa, Lettera all'editore a proposito della seconda edizione di Pseudobaudelaire (1986), in “Pseudobaudelaire”, cit., p. 31.

(8) Corrado Costa, The complete films, in The complete films. Poesia Prosa Performance, cit., p. 171.

(9) «La storia raccontante diventa così un significante del quale la storia raccontata è il significato. Una così rigorosa

tautologia potrebbe apparire priva di senso logico: ma appunto la logica (che è il significato politico del racconto) è il di più, che non può essere contenuto nel racconto» (Corrado Costa, Inferno provvisorio, cit., p. 72). Inoltre: «Lo sfregio della parola (Villa) si traduce, alla fine, in uno sfregio della logica, che vuole dare il suo significato al racconto» (Ivi, 94).

(10) Ivi, p. 71.

(11) Corrado Costa, Le nostre posizioni (1972), in The complete films. Poesia Prosa Performance, cit., p. 75. (12) Corrado Costa, La sadisfazione letteraria, Roma, Cooperativa scrittori, Roma, 1974, p. 17.

(13) Azzardato ma non privo di una sua ragionevolezza; così infatti Giorgio Celli: «Corrado Costa proseguì per la sua

strada di poeta giocoliere, potenziando al massimo l'aspetto orale dei suoi versi. Di conseguenza, ha finito per ottenere lo straordinario risultato [...] di entrare a far parte delle sue poesie, diventando il poema di se stesso» (Giorgio Celli,

Malebolge mezzo secolo dopo, in «Malebolge». L'altra rivista dell'avanguardia, a cura di Eugenio Gazzola, Parma,

Diabasis, 2011, p. 402).

(14) Si occupa di Retro, e di Costa più in generale, Marco Giovenale in un saggio molto bello dal titolo Riambientarsi (ma anche difendersi) [dato il cambio di paradigma], leggibile sul sito di «Punto critico» a questo indirizzo:

http://puntocritico.eu/?p=4660.

(15) Il volume era il seguente: Il gruppo 63 quarant'anni dopo, Bologna, 8-11 maggio 2003, Atti del convegno,

Bologna, Pendragon, 2005.

(16) Corrado Costa, Inferno provvisorio, cit, p. 44. (17) Ivi, Corrado Costa, Inferno provvisorio, cit., p. 49.

(18) Corrado Costa, Corrado Costa (1989), in The complete films, cit., p. 251. (19) Adriano Spatola, Poesia a tutti i costi, in «malebolge», I, 2, 1964, p. 53.

(20) Edoardo Sanguineti, Il trattamento del materiale verbale nei testi della nuova avanguardia, in Id., Ideologia e linguaggio, a cura di Erminio Risso, Milano, Feltrinelli, 2001, p. 106.

Nel documento Camillo Capolongo (pagine 39-41)