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LE TERME DELLA X REGIO: CATALOGO

4. AQUAE PATAVINAE: INQUADRAMENTO STORICO

Con il termine aquae patavinae, nell’antichità, si intendeva un esteso comprensorio caratterizzato dalla presenza di numerose sorgenti di acque termali; il bacino termale euganeo, contraddistinto da una estensione territoriale di circa 23 Km2 e localizzato nella piana alluvionale veneta a nord-est dei Colli Euganei, comprende i comuni di Abano Terme, Montegrotto Terme, Battaglia Terme e Galzignano Terme (Fig. 65)674.

Estremamente complessi da un punto di vista geolitologico, i Colli Euganei presentano aspetti molto interessanti anche dal punto di vista idrologico essendo essi ricchi di acque sia calde o termominerali sia fredde. Analizzando la carta idrogeologica di questi si possono suddividere a grandi linee in due versanti le linee di deflusso verso la pianura, con una linea di demarcazione che taglia in senso longitudinale NO/SE il rilievo collinare, lungo la direttrice M. Venda-Castelnuovo. Nei due versanti di conseguenza si possono individuare alcune aree introno alle quali gravitano le principali sorgenti. Nel versante occidentale in particolare il gruppo dei monti Venda e Vendevolo costituisce un’area piuttosto ricca; la maggior parte delle sorgenti si trova nel territorio del comune di Cinto Euganeo con sorgenti perenni. Nel versante orientale invece si possono isolare alcune aree più o meno consistenti intorno a Galzignano Terme, Torreglia, Praglia-Tramonte e soprattutto Teolo-Rovolon con almeno 7 sorgenti sia nel versante verso Vicenza sia in quello verso Padova675. Per quanto concerne invece la pianura che si estende al piede dei Colli Euganei, essa è la risultante dell’attività sedimentaria dei fiumi Brenta e Adige. Durante gli ultimi 20.000 anni, il settore situato a Nord-Est dell’area collinare è stato attraversato a più riprese dal Brenta mentre il fiume Adige è stato sempre attivo a Sud dei Colli e, verso Nord, non si è mai spinto oltre la depressione attualmente seguita dal Canale Cagnola – Canale di Bovolenta676.

                                                                                                               

674 FABBRI 2011,p. 169; ZANOVELLO 2012,p. 132. 675 ZANOVELLO 1997,p. 169

Le acque euganee presenti nell’omonimo bacino termale sono ipotermali (70-86°C) e trovano sede in un substrato roccioso fessurato ed in alcuni orizzonti sabbiosi della copertura quaternaria la loro temperatura a diminuire da Abano Terme verso Battaglia e Galzignano. Dal punto di vista idrogeochimico tali acque appartengono al tipo clorurato alcalino ed in particolare clorurato sodico677. Le proprietà di queste acque, sfruttate fin dall’antichità per scopi terapici, resero il bacino termale euganeo uno dei più famosi dell’Impero romano anche se l’occupazione della zona e lo sfruttamento delle acque è precedente alla presenza di Roma.

La zona sembra aver avuto un particolare sviluppo a partire dal secondo periodo atestino (seconda metà del VIII secolo- fine del VI secolo a.C.) e, stando almeno ai reperti archeologici, sembra essere stata un’area di preminente funzione archeologica dato che sono stati rinvenuti quasi esclusivamente oggetti votivi678. È plausibile pensare che nella zona di Montegrotto Terme, ed in particolare a S. Pietro Montagnon, sorgesse infatti un santuario la cui frequentazione sarebbe iniziata proprio nel VII secolo a.C. per accentuarsi soprattutto dal VI secolo fino al III a.C.; il centro principale di questo santuario paleoveneto era situato presso un bacino naturale di acque solforose sulle cui sponde fedeli ed ammalati depositavano gli ex voto679.

L’insediamento paleoveneto ebbe invece grande sviluppo durante tutto il III periodo atestino (V e IV secolo a.C.), al quale si fa risalire la stragrande maggioranza del materiale paleoveneto rinvenuto, e fu fortemente riadattato durante l’età romana, quando la zona termale assunse particolare importanza per la costruzione di grandi terme ed il centro vero e proprio fu spostato più ad Est, in direzione dell’attuale colle Montegrotto o Bortolone. In ogni caso la primitiva zona che era concentrata attorno alle sponde di un laghetto, tuttora rilevabile, rimase sempre il centro della religione delle acque ed il ricordo di questo lago sacro permase anche negli scrittori della tarda Romanità680.

Fondamentale per lo sviluppo e la fama della zona termale è il periodo romano. L’assegnazione della zona termale al territorio di Patavium fu sancita nella seconda metà del II secolo a.C. (probabilmente nel 141 a.C.) da un proconsole Lucio Cecilio, con un intervento eseguito in ottemperanza a una deliberazione del Senato romano in seguito ad una contesa tra Patavini e Atestini. Con la pacificazione della zona e l’assegnazione della                                                                                                                

677 FABBRI 2011,pp. 174-176. 678 LAZZARO 1981,p. 27. 679 BASSIGNANO 2006p. 94. 680 LAZZARO 1981,p. 27.

zona a Padova, i Romani, sempre più presenti nel territorio dei Veneti a partire dal II secolo a.C., iniziarono un importante sfruttamento delle sorgenti termali dato che, per le risorse di acque calde e medicamentose, il bacino termale euganeo non differiva dalla zona flegrea (Pozzuoli e Baia) dove il processo di sfruttamento era già iniziato grazie anche al progresso nell’ambito dell’ingegneria idraulica. Probabilmente dopo l’assegnazione della zona a Patvium tale sfruttamento delle acque termali portò nel sito dell’antico santuario paleoveneto alla creazione con il tempo di una vera e propria città termale, quella che in località analoghe della Gallia viene definita “ville d’eau”681.

L’avvento dei Romani significò quindi per questo territorio una trasformazione radicale nell’uso dell’acqua che divenne soprattutto una risorsa da sfruttare anche se non si cancellò l’aspetto sacrale. Sopravvisse l’antico culto che, anzi, si trasformò e acquistò una sua più precisa identità nel nome di Aponus ma nel contempo sorsero appunto numerosi stabilimenti che sfruttavano le numerose fonti che ancora oggi scaturiscono nella zona682. In questo quadro si inseriscono numerosissime testimonianze letterarie antiche che ci confermano la fama della zona nel mondo romano: sull’area termale euganea vi è infatti una tradizione letteraria latina paragonabile a quella relativa ad un ancor più celebre centro di aquae calidae, Baia, con un abbinamento per la loro esemplarità già presente in un epigramma di Avito. Le altre fonti che menzionano le patavinorum aquae calidae, in ordine cronologico, sono: Plinio il Vecchio, Marziale, Silio Italico, Svetonio, poeti del III e IV secolo d.C. (come Avito e Ausonio), Mario Vittore, Cassiodoro ed Ennodio; gli autori più importanti per la nostra conoscenza dell’area dal punto di vista storico e scientifico sono comunque Plinio il Vecchio e Svetonio683.

Per quanto riguarda Plinio, non sappiamo se egli abbia avuto modo di visitare la zona termale aponense anche se in due passi della Naturalis Historia cita le acque termali di Fons Aponi dandoci informazioni importanti non tanto dal punto di vista storico ma attinenti all’ambito medico scientifico684. Nel II libro della sua monumentale opera, Plinio, nel registrare soprattutto le anomalie della acque, come colori articolari, presenza di acque dolci nel mare e presenza di forme di vita nelle acque termali, ricorda che “…Patavinorum aquis calidis herbae virentes innascuntur…”685, soffermandosi quindi a sottolineare come                                                                                                                 681 TOSI 1987pp. 180-181. 682 ZANOVELLO 1998pp. 314-315. 683 TOSI 2004 p. 871. 684 LAZZARO 1981,p. 47. 685 Plin. nat. II 103, 227.

nelle Patavinorum aquae spuntassero quelle che egli chiama erbe verdeggianti686; probabilmente in questo caso lo scienziato fa riferimento alle alghe che si formavano nell’acqua e che danno poi al fango proprietà radioattive particolarmente efficaci nella cura di molte malattie687.

Nel XXXI libro invece, Plinio, dedicando un paragrafo alle sorgenti calde e alle loro proprietà curative, cita tra i diversi luoghi d’Italia anche i Patuini fontes soffermandosi soprattutto sulle caratteristiche delle acque; l’autore latino scrive: “…nec decolor species aeris argentive, ut multi existimavere medicaminum argumentum est, quando nihil eorum in Patavinis fontibus, ne odoris quidem differentia deprehendetur…”688.

Fondamentale è poi Svetonio, nella cui testimonianza assume importanza soprattutto il tema della sacralità del sito; è particolarmente significativa inoltre anche dal punto di vista storico. In Svetonio si legge: “…et mox, cum Illyricum petens iuxta Patavium adisset Geryonis oraculum, sorte tracta, qua monebatur ut de consultationibus in Aponi fontem talos aureos iaceret, evenit ut summum numerum iacti ab eo ostenderent; hodieque sub aqua visuntur hi tali”689. Il passo è tratto dalla vita di Tiberio; il fatto narrato accadde intorno al 12 a.C. quando il giovane principe, durante il tragitto verso l’Illiria per una spedizione militare, fece sosta “presso Patavium” per consultare l’oracolo Gerione690. Dalla testimonianza svetoniana si evince che il carattere cultuale peculiare della zona stava nella presenza di un oracolo prossimo a Patavium che univa nei momenti del rituale il culto di Gerione con quello di Aponus691.

Il legame con la sfera divina si ritrova poi soprattutto nei testi poetici che, per loro natura, danno un’immagine più “ideale”, quasi emblematica del luogo: così è in Marziale il riferimento ad Aponi tellus o a fontes Aponi692, mentre Silio Italico, richiamando la stirpe troiana da cui discende Antenore, il mitico fondatore di Patavium, parla di Apono gaudens populo693, del “popolo che gode di Apono”. Autori come Claudiano e più tardi Cassiodoro ed Ennodio descrivono invece con dovizia di particolari, anche se in un contesto poetico, la

                                                                                                               

686 ZANOVELLO 1998p. 317. 687 LAZZARO 1981,p. 47. 688 Plin nat. XXXI 103, 32. 689 Suet. Tib. XIV 3.

690 Su Gerione e l’area euganea cfr. BASSANI 2011 pp. 223-244. 691 TOSI 2004 p. 872.

692 Epigr. I 61, 4. 693 Epigr. VI 42, 4.

realtà architettonica di quella che Ennodio in una Episula694 chiama lavacra Aponi; Cassiodoro695 in particolare cita una piscina Neroniana rivestita di tessere musive di colore verde, parla di cuniculi e di terme, di palatium e di aedes publica696. Cassiodoro si presenta inoltre come fonte particolarmente interessante perché costituisce l’ultima di una lunga serie di testimonianze antiche dedicate a Fons Aponi697.

Utili per la conoscenza dell’area termale euganea, oltre alle fonti antiche, sono anche le opere storiografiche moderne dato che per secoli la zona ha suscitato grande interesse; un uso pratico e un rinnovato interesse conoscitivo delle fonti termali euganee si colloca in particolare a partire dal XIV secolo. La ripresa dell’interesse si deve innanzitutto a Pietro d’Abano (ca. 1250-1315) che nel suo Conciliator controversiarum quae inter philosophos et medicos versantur, dopo la descrizione della pratica termale e dei suoi effetti, ne distingue le diverse modalità. Dopo di lui si interessarono al termalismo e all’area euganea altri studiosi ed eruditi come Giacomo Dondi, Giovanni Dondi dell’Orologio, Bartolomeo Montagnana con il suo De balneis patavinis e Michele Savonarola per citarne alcuni698.

Fondamentale è il XVIII secolo: a partire dal 1700 infatti, in seguito ad una rinnovata attenzione per gli aspetti medici del termalismo euganeo, riprese l’interesse anche per le vicende storiche dell’area, avviando nel territorio dell’odierna Montegrotto Terme degli interventi di scavo a opera dei marchesi Dondi dell’Orologio nelle loro proprietà. Di grandissima utilità appare ancor oggi il trattato “De’ bagni di Abano” di Salvatore Mandruzzato, che tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo sintetizzò le conoscenze archeologiche sul bacino euganeo, rilevandole anche in una mappa e in alcuni disegni.

Nell’Ottocento, spostatisi gli interessi degli studiosi verso Este, a seguito delle importanti scoperte delle necropoli, nell’area i rinvenimenti furono per lo più casuali e correlati a lavori edilizi. Fra questi, si distingue in particolare il santuario emerso nell’area tra il Monte Castello e il Colle di S. Pietro in Montagnon. Nel Novecento i rinvenimenti si intensificarono, ma restarono per lo più inquadrabili nell’ambito di lavori occasionali, poco attenti alla ricostruzione storica dell’area, anche se negli anni ’50 furono avviati alcuni scavi programmati (e in particolare quelli nell’odierna area archeologica di via degli Scavi) e alcuni tentativi di sintesi interpretativa699.

                                                                                                                694 Epist. V 8. 695 Vari. II 39. 696 ZANOVELLO 1998pp. 317-318. 697 MARANO 2011p. 95. 698 ZANCHIN 2013pp. 19-22. 699 www.aquaepatavinae.it

Attualmente le conoscenze archeologiche del bacino termale euganeo restano alquanto lacunose, in quanto esito per lo più di interventi occasionali, realizzati in rapporto a un’espansione edilizia disordinata e talora anche irrispettosa, che ha conosciuto soprattutto nel corso del secondo dopoguerra una vera e propria esplosione ai fini dello sfruttamento delle risorse idroterapeutiche dell’area. Le ricerche effettuate nell’area hanno riguardato in particolare due località: Abano Terme e Montegrotto che in epoca antica costituivano un’unica realtà non separata700. Nella zona termale euganea sono stati rinvenuti nel corso dei secoli diversi complessi termali; per quanto riguarda i complessi pubblici, verranno di seguito analizzate le seguenti aree archeologiche: l’area di S. Pietro Montagnon, l’area archeologica di viale Stazione/via degli scavi, l’area archeologica in località Lastra e il complesso termale sotto l’Hotel Terme Neroniane. Va comunque segnalato che all’importanza storica delle Patavinorum aquae calidae non corrisponde una documentazione archeologica adeguata; la maggior parte dei reperti è eterogenea, fuori contesto e proviene da rinvenimenti occasionali e le testimonianze monumentali sono particolarmente carenti, fatta eccezione per alcuni pochi edifici701.