LE TERME DELLA X REGIO: CATALOGO
2. VERONA: LE TERME
L’ipotesi dell’esistenza di un impianto termale nella città di Verona fu avanzata già alla fine del XIX secolo quando, nell’angolo dell’imboccatura con via Garibaldi, vennero riportati alla luce alcuni resti di quella che è stata identificata come una vasca di forma circolare e di grande diametro non determinabile. La notizia fu data nelle “Notizie degli Scavi” da Donatelli il quale descrive in modo abbastanza dettagliato il ritrovamento; egli afferma che il perimetro era formato verso l’interno da un rivestimento di piastrelle di marmo pario, dello spessore di circa 0,03 m e procedendo verso l’estremo si trovava un consistente strato di malta formato con detrito e polvere di cotto mista a calce. Successivamente venne ritrovato un giro di mattoni formati in due pezzi che lasciavano un vuoto tra il descritto ed il successivo strato di malta. Nel centro dell’imboccatura con via Garibaldi, sempre nella medesima occasione, venne ritrovato anche un tubo di piombo che Donatelli non ebbe dubbi nel ritenere di epoca romana760.
Fondamentale poi per la conoscenza delle terme è la storiografia locale che ci informa degli interventi che Verona subì nel corso dei secoli. In Piazza Erbe, che come si è detto corrisponde all’area dell’antico foro, conserva un chiaro resto di romanità: la fontana in calcare ammonitico761, fatta costruire nel 1368 da Cansignorio, signore della famiglia scaligera, venne realizzata tramite un grande catino di marmo proveniente molto probabilmente dall’edificio termale, e adornata con una statua femminile conosciuta con il nome di “Madonna Verona” che altro non sarebbe che una delle sculture che abbelliva il complesso termale (Fig. 76)762. Alle terme pubbliche di Verona è stata poi messa in relazione un’ulteriore vasca posta su un sostegno antico nella chiesa di S. Zeno; è in
759 BONETTO 2007,pp. 72-73. 760 DONATELLI 1891,p. 4. 761 BOLLA 2014,pp. 95-96. 762 GURZONI 1986,p. 79.
porfido rosso, pietra presente solo in Egitto (Fig. 77). Si narra che Zeno, sconfitto il diavolo in sfida, gli avesse ordinato di portare proprio a Verona la grande coppa, dall’Egitto o da Costantinopoli o da Roma (a seconda della versione della leggenda), tutte zone in cui il porfido, riservato in epoca tarda agli arredi degli imperatori, era più facile a trovarsi che altrove763.
L’esistenza delle terme veronesi è poi confermata anche dalle fonti letterarie ed epigrafiche: innanzitutto fondamentale è un passo di Tacito764 e soprattutto due iscrizioni765 rinvenute rispettivamente a San Giovanni in Valle e nella Torre di Castelvecchio766. Nella prima epigrafe si legge: ]ii[---] / thermarum restitutioni / adiecta est / d(ecreto) d(ecurionum) // publice767; da questa possiamo quindi dedurre l’effettiva
esistenza di balnea da collocare forse nella parte meridionale della città, tra le ville che si sono sviluppate all’esterno delle mura anche se la collocazione topografica dell’impianto all’interno del tessuto urbano di Verona rimane una delle questioni più complesse768
.
Nella seconda iscrizione si legge invece: M(arco) Nonio M(arci) [f(ilio)]/ Pob(lilia) Arrio/ Mucian[o]/ co(n)s(uli), pr(aetori), XV[vir(o)]/ sac(ris) f(aciundis), curat[ori]/ et patrono r̲(ei) [p(ublicae)]/ Veronens[ium]/ ob largitionem̲ [eius]/ quod at ther[mas]/ Iuventia[- - -]/ perficiend(as) ((sestertium)) [- - -]/ rei public(ae) d[edit]/ ordo [- - -]769. L’epigrafe (Fig. 78) in questione ricorda le Thermae Iuventianae che agli inizi del III secolo furono compiute per munifico contributo del console M. Nonio Arrio Muciano, patronus di Verona770; questi dovette essere console nel 201 d.C. e finanziò appunto il rinnovamento del complesso che doveva il proprio nome ad un personaggio della famiglia Iuventia che si incaricò della loro erezione771.
La definitiva conferma dell’esistenza di un impianto termale a Verona, come detto, si colloca nel 1890 quando furono appunto riportati alla luce gli avanzi di un grande invaso con mattoni da riscaldamento lungo le pareti e rivestimento marmoreo, di due pavimenti in opus sectile, di una vasca in marmo rosso veronese e di una fistula plumbea. Questi elementi, uniti ai documenti appena sopra citati e alla segnalazione del Canobbio circa
763 BOLLA 2014,p. 97. 764 Tac. Hist. III 2.
765 CIL V 3457, CIL V 3342. 766 BESCHI 1960,p. 452. 767 CIL V 3457. 768 BESCHI 1960,p. 453 769 CIL V 3342. 770 BESCHI 1960,p. 453 771 GURZONI 1986,p. 80.
condotti di pietra tra il Duomo e il Ponte Pietra, suggerirono che la zona ubicata tra via Sole e via Arcidiacono Pacifico (già stradone Duomo) fecero pensare che proprio in quell’area sorgesse un grande impianto termale772. Nonostante i materiali rinvenuti in situ siano piuttosto scarsi, essi sono comunque particolarmente importanti e soprattutto pregiati773. Tuttavia anche se l’identificazione non è certa ma comunque probabile, del tutto sconosciuti sono invece lo sviluppo del complesso e la sua organizzazione interna: i resti rinvenuti sembrano debordare dalla linea delle insulae e non sono state individuate tracce di basolato nell’ultimo tratto di via Garibaldi, ma l’ipotesi che il complesso occupasse i due isolati ad est di quest’ultima è infondata774.
Gli elementi per i quali l’area circostante del duomo si è ritenuta essere occupata dalle terme romane anche se messi in pianta non porterebbero alla conoscenza architettonica del complesso; problemi come detto si hanno anche per l’estensione dell’edificio che doveva occupare un’area piuttosto estesa; una pura ipotesi, in quanto, se per la zona tra il Duomo e via Garibaldi gli elementi per riconoscere attrezzature termali non mancano, nella parte rimanente le rovine sono piuttosto da riferire nella vita monumentale del centro paleocristiano che vi si sviluppò già nel IV secolo. E che esso sia sorto proprio tra degli ambienti termali, potrebbe, in linea di principio, essere discusso, per la sopravvivenza più lunga che tale tipo di monumento ebbe in comune con gli edifici teatrali rispetto ad altre costruzioni caratteristiche del mondo pagano775.
Problematica è naturalmente anche la datazione del complesso: riguardo al problema della cronologia Marconi e Beschi hanno opinione molto diverse. Marconi attribuisce alle terme un gruppo di sculture frammentarie, reimpiegate in un muro tardo, scoperto davanti alla facciata del Duomo; in base alla datazione di tali rinvenimenti, che si configurano come tra i più importanti esempi di scultura colta dell’Italia settentrionale, lo studioso ha tentato di proporre una datazione anche per le terme776: Marconi ritiene che in base ai caratteri stilistici si tratti di statue di età augustea e di conseguenza anche l’edificio termale apparterebbe a questa fase777. L’edificio si inserirebbe quindi all’interno dell’opera di rinnovamento urbanistico attuata da Augusto; la decisione di datare l’edificio in base
772 CAVALIERI MANASSE 1987,p. 38. 773 MARCONI 1937,p. 40. 774 CAVALIERI MANASSE 1987,p. 38. 775 MILANI 1891, pp. 285-301 ; BESCHI 1960,p. 453. 776 CAVALIERI MANASSE 1987,p. 38. 777 MACONI 1937,p. 42.
soltanto allo stile delle sculture rinvenute è tuttavia naturalmente di un criterio molto discutibile criticato tra gli altri da Beschi.
Proprio Beschi propone una datazione completamente differente: egli suggerisce infatti di collocare la costruzione delle terme in un momento posteriore che egli data alla seconda metà del I secolo d.C. ipotizzando che all’impianto termale della città sia collegato il grande piedritto di età flavia che presenta una magnifica decorazione vegetale, conservato oggi al Museo Maffeiano e un tempo presso il Duomo, impiegato, sembra, a reggere il protiro del sepolcro dell’arcidiacono Pacifico778. Tuttavia secondo Cavalieri Manasse anche le motivazioni avanzate dal Beschi sono piuttosto deboli per poter proporre una datazione779.
Alla luce di quanto appena delineato, appare chiaro come la conoscenza delle terme di Verona, seppur citate in cataloghi come quello di Manderscheid780, sia piuttosto scarsa dato che la loro effettiva presenza è testimoniata da pochi rinvenimenti archeologici ed epigrafici ma nulla possiamo dire sulle caratteristiche dell’edificio e tantomeno è possibile tentare una loro ricostruzione.