LE TERME DELLA X REGIO: CATALOGO
9. MONTEGROTTO: COMPLESSO TERMALE DI VIALE STAZIONE/ VIA DEGLI SCA
Nella zona di Viale Stazione/ Via degli scavi, in un’area demaniale (Fig. 68), sono visibili i resti di un esteso complesso termale (Figg. 69, 70, 71), edificato probabilmente a partire dalla seconda metà del I secolo a.C. e ampliato e utilizzato fino al III secolo d.C. e del quale rimangono oggi tre grandi vasche con relativo sistema di adduzione e deflusso idrico, un piccolo teatro (forse un piccolo odeum coperto), un edificio con vasca circolare al centro e absidi laterali e altre strutture complementari712.
L’area archeologica in questa zona è stata oggetto di studio a partire dal 2009 quando l’Università di Padova ha dato l’avvio a dei lavori di restauro e di musealizzazione che ha permesso oltretutto un’analisi dello stato di degrado delle murature e uno studio dei monumenti; in particolare l’attenzione si è concentrata sul grande complesso termale che, connesso con un articolato sistema idrico, occupa tutta la parte sudorientale del lotto713.
A differenza delle strutture termali presenti sul colle Montagnone, famosissimi nell’antichità e frequentati, nelle loro originarie strutture, almeno fino alla metà del XVII secolo, dove non è più possibile avere una precisa documentazione archeologica, ben diversa è la situazione per il complesso in questione, che sorgeva sostanzialmente ai piedi del colle Montegrotto che fu, forse perché abbandonato molto presto, sempre al centro di attenzione per i ruderi che affioravano e fu continuamente esplorato da eruditi locali, fino ad essere nella seconda metà del XVIII secolo, completamente portato alla luce, nel corso di scavi regolari714. Fondamentale è dunque per la conoscenza del complesso situato tra Viale Stazione e Via degli Scavi la letteratura antiquaria. Un balneum Montisgrotis viene nominato innanzitutto in uno statuto del comune di Padova, al quale l’area di Montegrotto
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713BONOMI,MALACRINO 2012,p. 155. 714 www.aquaepatavinae.it
era legata, anteriore al 1236, mentre il riferimento a strutture antiche connesse ad esso si ritrovano sia in un manoscritto di Giovanni di Nono (XIII secolo), sia nel De fontibus calidis patavini Consideratio di Isacco e Jacopo Dondi (1388) e infine nella Cronica di Giovanni Ongarello (1441). Riferimenti ai bagni di Montegrotto si hanno anche in scritti successivi anche se in realtà si dovrà attendere la scoperta di una statua di Esculapio perché maturi un vero e proprio interesse per le antichità della zona termale euganea715.Proprio a partire da questo periodo emersero nell’area diversi resti archeologici: il reiterarsi dei ritrovamenti spinse il proprietario del fondo, il nobile padovano Giovanni Dondi dell’Orologio, a effettuare scavi sistematici, che si svolsero tra il 1781 e il 1788 e poi ripresi successivamente nel 1965. Quello scoperto fu sicuramente il settore più organico e complesso, caratterizzato innanzitutto dalla presenza di tre vasche con grandi invasi ancora rivestite di splendidi marmi policromi716. In pochi anni furono quindi riportati alla luce i resti di un importante complesso termale del quale ci informa Salvatore Mandruzzato nel suo trattato; egli scrive: “A poca distanza dalla Montagnola, o Monte Bortolon di Monte Grotto fino all’anno 1781 l’illustre, e virtuoso Signor Marchese Gio: Antonio Dondi Orologio iscoprì due vasche tutte lastricate di bei marmi, e nell’anno 1788 un’altra, e presso e dentro di queste trovò colonne, e qualche statua di finissimo lavoro, parte malconcie dal tempo, e dall’acque, e parte ben conservate”717.
Le vasche in questione sono collegate con una rete di canali di scarico che si diramano verso un collettore che corre con andamento nord-sud raccogliendo anche le acque piovane provenienti dall’area del vicino teatro. Non è stato individuato il sistema di captazione delle acque sorgive anche se probabilmente era disposto sul lato orientale del complesso, dove si trova un moderno impianto alberghiero che ha coperto anche le due vasche rettangolari viste integralmente nel XVIII secolo. È probabile che queste terme fossero probabilmente predisposte per il ciclo completo del bagno termale. La profondità di queste vasche era, rispetto alle due di località Lastra, piuttosto limitata e quindi erano probabilmente adatte per i bagni di immersione e quindi non sono da considerare natationes, piscine natatorie718. La vasca A, oggi visibile solo parzialmente, era rettangolare, inserita in un ambiente mosso da un’abside in corrispondenza del lato corto scomparso; dalla parte opposta, a ridosso della vasca, c’erano quattro basamenti, forse per
715 BONOMI,MALACRINO 2012,p. 155. 716 www.aquaepatavinae.it
717 MANDRUZZATO1789-1804,p. 45. 718 TOSI 1987,pp. 183-184.
arredo scultoreo decorativo o per colonne. La vasca B, anch’essa conservata solo in parte, era pure rettangolare, ma con lati corti curvilinei e si trovava in un ambiente dalla stessa forma biabsidata e dotato di una grande nicchia su uno dei lati lunghi. La vasca C, interamente visibile, ha forma circolare; occupava tutto lo spazio del vano dedicato, i cui muri perimetrali risultano molto poderosi. In tutte le vasche, il piano-vasca era accessibile tramite una o più scalette. Completavano il gruppo termale alcuni ambienti, situati tra la vasca B e la C e davanti alla C: non si esclude che il complesso si disponesse sul perimetro di un’area scoperta, ma questa ipotesi deriva esclusivamente dalla lettura della pianta del Mandruzzato e non è più stata verificabile con gli scavi recenti. Non sappiamo se le vasche fossero a cielo aperto o parte di un edificio termale coperto: la seconda ipotesi parrebbe più plausibile per la presenza dei contrafforti esterni alle vasche A e C, ma gli studi in merito sono attualmente in corso. Un fitto sistema di canalizzazioni (G) collegava le vasche a una ruota idraulica (noria), i cui vani di alloggio (H) sono ancora conservati a poca distanza dalle vasche stesse.719
Dunque, riassumendo, gli scavi effettuati a partire dall’Ottocento hanno messo in luce: nel settore nord un piccolo edificio teatrale (E), prospettante verso oriente su un’area delimitata a nord da un portico (L) che contiene un articolato edificio dotato di ambienti absidati (D), a sud le tre grandi vasche termali (A,B e C) alle quali sono pertinenti un sistema di canalizzazioni idriche in muratura, connesso a due differenti impianti di sollevamento dell’acqua (G e H) e auna vaschetta circolare allungata (I) e infine una piccola costruzione di forma rettangolare (F) composta da due coppie di ambienti inversamente disposte lungo l’asse trasversale720. Il complesso termale vero e proprio era quindi definito dalle tre grandi strutture contenenti le vasche A, B e C e si articolava su due bracci perfettamente ortogonali che sembrano racchiudere a sud-est un grande spazio; suggestiva è l’ipotesi che vorrebbe collocare in questo settore una grande palestra, forse porticate, e di attribuire a questa e ai vani connessi i mosaici che furono documentati in un disegno realizzato dal Candeo: si tratta di due tessellati a decorazione geometrica in tessere bianche e nere, entrambi databili stilisticamente al I secolo d.C.721. Il primo mosaico era ornato da una semplice scacchiera di quadrati, mentre il secondo era caratterizzato da
719 LAZZARO 1981,p. 129.
720 BONOMI,MALACRINO 2011,p. 29. 721 BONOMI,MALACRINO 2012,pp. 160-161.
un’articolata composizione ad alveare di rettangoli diritti e triangoli equilateri adiacenti che creava l’effetto dei dodecagoni irregolari722.
Al complesso termale si accedeva ad est attraverso uno spazio allungato, interposto tra la serie di ambienti allineati a nord del piazzale e il muro che delimitava la sala biabsidata con la vasca B; nella pianta realizzata da Mandruzzato si riconosce la presenza di una doppia porta che permetteva di entrare nel vano 1 che costituiva la vera e propria cerniera distributiva dell’intero impianto. Esso infatti aveva la funzione di collegare tutte le parti che costituivano l’edificio: a sud il grande spazio absidato con la vasca A, a ovest una tholos circolare con la vasca C, a nord il vano 2 che a sua volate serviva il settore con i vani 3-4 e il vasto recinto biabsidato con la vasca B. La tholos che ospitava la vasca C era posta immediatamente a ovest del vano 1; vi si accedeva attraverso una porta aperta nel possente muro della struttura. La costruzione, realizzata in fase con il resto del complesso era di forma circolare e l’interno era completamente occupato dalla vasca circolare, il cui piano di calpestio si trovava circa 80 cm più in basso rispetto alla quota del vano 1. Una canalizzazione di scarico, a sezione circolare, si apre in un blocchetto di trachite inserito alla base del settore occidentale della muratura, di fronte all’ingresso. Altre due fistulae, a sezione rettangolare, attraversano invece la struttura a quota più alta, in corrispondenza dei due contrafforti esterni. Tutte confermano la cospicua presenza di acqua nell’ambiente che così si differenzia dai numerosi laconica di forma analoga frequenti nei complessi termali riscaldati artificialmente. Dal vano 1, attraverso una porta aperta a sud, si accedeva alla grande aula contenente la vasca A che era servita da tre ambulationes; nel lato nord si ampliava invece uno spazio che ospitava una breve porticus tetrastila. Sempre dal vano 1, attraverso un varco aperto nella parete nord, si passava al settore nord del complesso termale che veniva servito da un ambiente rettangolare (vano 2) dal quale si poteva accedere sia alla serie di vani 3-4, posta a ovest, sia al grande spazio biabsidato con la vasca B, collocata a nord. I vani 3 e 4, il primo di forma rettangolare e il secondo irregolare, sembrano quasi configurarsi nella loro composizione come un piccolo settore termale indipendente disposto in linea. Il complesso termale infine si concludeva a nord, con un grande spazio absidato che ospitava un grande natatio, la vasca B, completamente spogliata del suo rivestimento marmoreo e che al pari della vasca A, presentava un gradone continuo interno alto circa 70 cm723.
722 RINALDI 2007,pp. 141-142; 116-117. 723 BONOMI,MALACRINO 2012,pp. 160-169.
La situazione dei resti archeologici in quest’area è particolarmente delicata, sia per l’azione dannosa degli agenti atmosferici sia per la presenza di fenomeni di subsidenza estesi su tutta l’area, che hanno provocato in molti punti vistosi cedimenti differenziali delle murature antiche sia infine per gli interventi di restauro effettuati negli anni ’60 e ’80 del Novecento724. L’inserimento dell’area archeologica nell’impianto dell’abitato attuale solo una parte del complesso termale che fu scavato nel XVIII secolo è oggi visibile; il tracciato di viale Stazione infatti ha completamente obliterato la terminazione absidata della vasca A, mentre gli edifici che si affacciano sulla strada forse hanno cancellato, ancora più a sud, la piccola “conserva di acqua termale”. La lettura dei resti antichi è stata poi fortemente compromessa dalla realizzazione dell’Hotel Montecarlo negli anni ’60 del secolo scorso immediatamente a est dell’area archeologica725.
Infine per quanto concerne la datazione, il grande complesso si data al I secolo d.C., verosimilmente alla prima metà; un qualche intervento ebbe luogo certamente nella prima metà del secolo successivo, come testimoniato dalle fistulae con i bolli di Arria Fadilla. A livello planimetrico invece possiamo notare come il complesso di Montegrotto sia confrontabile architettonicamente e per funzionamento ad altri edifici di età romana che sfruttavano acque minerali. Il complesso infatti presenta analogie sia con terme curative presenti in Italia come quelle Taurine di Civitavecchia, sia con impianti del mondo provinciale: le terme meridionali di Néris-les-Bain in Francia, le terme di Hammat Gader in Israele e le terme di Baths in Inghilterra726.
10. COMPLESSO TERMALE DI VIALE STAZIONE/VIA DEGLI SCAVI: I