• Non ci sono risultati.

Archi trionfali e musicisti virtuosi per la visita del Principe Filippo a Genova

Capitolo 3. Genova e gli hospitaggi: feste, cerimonie ed emblemi del potere per gli ospiti della Repubblica

3.3. Archi trionfali e musicisti virtuosi per la visita del Principe Filippo a Genova

Il biennio 1547-48 fu per Genova ricco di avvenimenti, in alcuni casi critici per il mantenimento delle condizioni politiche interne ed estere faticosamente raggiunte una ventina d’anni prima. La congiura di Gian Luigi Fieschi (cfr. § 1.1) fortunosamente sventata nel gennaio del 1547 aveva tuttavia messo in evidenza le debolezze del sistema politico genovese: le rivalità fra i partiti dell’aristocrazia (i Vecchi e i Nuovi), il risentimento delle classi popolari che erano state escluse dal governo e il malcontento degli artigiani, la percezione da parte di piccole famiglie nobili di risultare schiacciate dallo strapotere delle maggiori100. Benché i Doria ne fossero usciti vincitori e la loro posizione ne risultasse rafforzata (con tanto di ingenti acquisizioni territoriali conferite ad Andrea e ad Antonio come risarcimenti per i danni subiti dalle galee durante l’assalto alla darsena e i tumulti popolari)101 il processo di consolidamento delle istituzioni non fu rapido né fluido, e si chiuse con la già citata Riforma del Garibetto, una vera e propria «stretta autoritaria, richiesta da più parti in

97 Ivi, p. 168.

98 Ivi, pp. 178-179.

99 Cfr. Moretti, 1990, p. 51.

100 Cfr. Costantini, 1978, p. 40.

101 Ivi, pp. 42-43.

150

Genova e richiesta soprattutto dal governo spagnolo»102. L’alleanza con la Spagna, da alternativa promettente di libertà rispetto all’opprimente dominio francese, cominciava ad essere percepita come un’altra dominazione di cui la Repubblica era suddita103, benchè il governo genovese non intendesse mettere in discussione la propria sovranità e considerasse di volta in volta gli interventi della potenza alleata come «inevitabili e opportune concessioni» o perfino favori da parte della Spagna nei propri confronti104. Dal canto suo, la corona spagnola ricevette con crescente preoccupazione la notizia degli infausti eventi genovesi del 1547, tanto che si tornò a discutere dell’opportunità di rafforzare la propria presenza militare nel territorio della Repubblica attraverso la costruzione di una fortezza a Pietraminuta105. Alcune lettere segrete del governatore di Milano Ferrante Gonzaga dirette a Carlo V denunciano il tenore dell’inquietudine: in esse si fa riferimento alla necessità di un immediato intervento militare a Genova volto a insediare un governatore e una guarnigione asburgici106. Andrea Doria riuscì a scongiurare la costruzione del presidio e al tempo stesso si adoperò per dimostrare all’Imperatore tanto il mantenimento inalterato dei rapporti di amicizia e alleanza con la Spagna, quanto la capacità di guidare la Repubblica verso una nuova stabilità interna con energiche manovre politiche. La visita del figlio di Carlo V, Don Felipe, nel 1548, preceduta di pochi mesi da quella del nipote Massimiliano, futuro re di Boemia (cfr. § 3.4), si situò in questo complesso panorama politico e se dal punto di vista dell’Imperatore si trattava di un

“viaggio di iniziazione” dell’erede designato al trono spagnolo nei suoi domini, per i genovesi fu un’occasione per dimostrare l’inveterata alleanza con la casa Asburgo107. Il matrimonio di Massimiliano con l’Infanta Maria di Spagna, figlia di Carlo V, e il viaggio immediatamente successivo di Filippo vennero annunciati contemporaneamente all’inizio del 1548108.

102 Ivi, p. 47.

103 Ivi, p. 44.

104 Ivi, p. 53.

105 Ivi, p. 54.

106 Cfr. Gorse, 1990, p. 200.

107 Cfr. Gorse, 2002, pp. 79-81.

108 Cfr. Aliverti, 2004, p. 228.

151

Fig. 15

Juan Cristobàl Calvete de Estrella, El Felicissimo Viaje del muy alto y muy poderoso Principe Don Phelippe, Anversa, 1552, frontespizio

Don Felipe, il Principe Filippo, salito successivamente al trono come Filippo II nel 1556, giunse a Genova il 25 novembre 1548: come già il padre, svolse il viaggio per mare a bordo della galea capitana della flotta di Andrea Doria, che, raggiunto il Principe al porto di Rosas, lo scortò fino alla propria città109. Già a Rosas, durante l’imbarco, il momento venne solennizzato da uno squillante accompagnamento musicale descritto da Juan Cristobàl Calvete de Estrella nel suo El Felicissimo Viaje del muy alto y muy poderoso Principe Don Phelippe (Anversa, 1552, fig. 15). Scrive infatti Calvete che appena cessata la salva di artiglieria ebbe inizio un concerto di trombe e clarini, strumenti generalmente presenti sulle galee, seguiti poi da dolcissima musica110.

109 Cfr. Gorse, 1990, p. 200. Come ricorda Fausto Nicolini, la flotta constava di quaranta navi a vela e sessanta galee.

Cfr. F. Nicolini, Sul viaggio di Filippo d’Asburgo in Italia (1548-1549) in Scritti d’archivistica e di ricerca storica, Roma, Ministero dell’Interno, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, 25, 1971, p. 256.

110 Cfr. J. C. Calvete de Estrella, El Felicissimo Viaje del muy alto y muy poderoso Principe Don Phelippe, Anversa, 1552, p. 8.

152

La galea capitana, detta “galea bastarda”, era anche questa volta straordinariamente ricca per decorazioni e comodità delle camere al suo interno: la nave era stata decorata da Giovanni Battista Tasso e Antonio Caroti su disegni di Perin del Vaga111,

ornata splendidissimamente di arabeschi di finissimo intaglio, ai quali facevano degno riscontro la poppa dorata, i broccati di gran costo, la ciurma indossante casacche di raso cremisi, nonché altre manifestazioni di lusso.112

Dalla cronaca di Calvete de Estrella apprendiamo inoltre che tutte le navi della numerosa flotta erano state parate con bandiere, stendardi gagliardetti di damasco cremisi, ricamati in oro e argento e con i colori e le armi della casa Asburgo113.Un critico momento di tensione si ebbe nel momento in cui, durante il viaggio, Filippo insistette per essere alloggiato a Palazzo Ducale, mostrandosi sdegnato di fronte al diplomatico ma netto rifiuto del Doria che proteggeva così la sovranità genovese da un gesto pregno di simbologie legate a un diretto dominio sulla Repubblica114. Tuttavia, la magnificenza del benvenuto che il Principe ricevette una volta sbarcato a Genova lo ripagò del diniego precedente: per il suo adventus la città fece preparare ben due serie distinte di apparati, l’una per celebrare l’entrata dell’ospite a Fassolo, l’altra per marcare alla maniera dei trionfi antichi l’itinerario che Don Felipe avrebbe percorso all’interno della città115. La flotta venne accolta a Genova con i consueti spari di artiglieria, a cui si aggiunsero musiche da parata, come già avvenuto alla partenza da Rosas.

Come ricorda Gorse, anziché al molo o presso la Lanterna, dove era stato accolto Carlo V, Filippo fu fatto sbarcare davanti al palazzo di Fassolo, divenuto ormai il punto d’arrivo a Genova e definito dal cerimoniale come luogo deputato ad accogliere gli Asburgo116. Anche in questo caso un lungo pontile venne realizzato appositamente per l’occasione, descritto da Calvete come un «ponte costruito sopra le barche» rivestito di tappeti preziosi che tuttavia non fu immediatamente

111 Cfr. Aliverti, 2004, p. 227 e p. 234 nota 19.

112 Nicolini, 1971, p. 257.

113 Cfr. Calvete de Estrella, 1552, c. 5r.

114 Cfr. Stagno, 2002, p. 81.

115 Ibidem.

116 Cfr. Gorse, 1990, p. 200.

153

accessibile al Principe a causa delle alte onde che lo sollevavano perfino più in alto delle fiancate della galea: si decise così di far scendere Don Felipe su un’altra barca per accedere al ponte da cui, sempre secondo il racconto di Calvete, ripreso poi dalla Vita dell'Invittissimo e Sacratissimo Imperatore Carlo V di Alfonso Ulloa, si giungeva a una scalinata di pietra che immetteva nel ponte,

«che dalle bande era ornata di molte varietà di verdure, diligentissimamente accomodate»117. Tutto ciò avveniva nel panorama sonoro delle molteplici salve dell’artiglieria, sparate dai forti e dalle galee, con un tuonare tale da far affermare all’anonimo autore di un’altra cronaca che pareva che «il mondo ruinassi»118. Sempre l’anonimo cronista in realtà specifica che si trattava di ben tre ponti dei quali il centrale era stato fatto ricoprire come una pergola di rami e verzure119: dalle Historie di Marco Guazzo apprendiamo che

Quel ponte che tra gli altri dui era fatto, stavasi in modo di pergola tutto coperto di drappi finissimi di seta, con fenestroni di christallo, e il suolo coperto di panni di lana, nel quale passarono fatta la debita riverenza al Principe per quelli di la città, tutti i gentilhuomini di sua Eccellenza, e i paggi vestiti ad una livrea, gli trombetti e timpani ch’erano smontati, seguiti da l’Almirante del mare […] e molti signori e cavallieri.120

A un capo del ponte il Principe Filippo fu accolto dalla delegazione di circa duecento persone della Signoria, comprendente il Doge, i Senatori e molti gentiluomini genovesi, oltre alla moltitudine di ambasciatori e rappresentanti degli altri stati italiani, inviati a rendere omaggio al Principe121. Il momento dello sbarco venne rievocato nella tela monocroma realizzata da Giovanni Battista Paggi nel 1598 in occasione degli apparati funebri commissionati dal Granduca di Toscana per

117 Cfr. Calvete de Estrella, 1552, cc. 10v-11r. Cfr. anche A. Ulloa, Vita dell'Invittissimo e Sacratissimo Imperatore Carlo V descritta dal S. Alfonso Ulloa, con la giunta di molte cose utili alla Historia…, Venezia, 1575, c. 248.

118La partita da Barcellona dello Illustrissimo Principe e Signore, el Signore Infante Figliuolo dell’Imperatore con li particolari del suo viaggio e la sua gionta e entrata in Genova con li gran trionfi e feste celebrate per li signori Genovesi… Roma, 1548.

119 La partita da Barcellona… 1548.

120 Cfr. M. Guazzo, Historie di M. Marco Guazzo delle cose degne di memoria, così in mare come in terra nel mondo successe del 1524 sino all’anno 1552, nuovamente reviste et con somma diligenza corrette, aggiunte e ristampate, Venezia, Gabriele Giolito De Ferrari, 1552, pp. 681-682.

121 Per un approfondito elenco di tutti i convenuti, cfr. Nicolini, 1971, pp. 263-267.

154 Fig. 16

G. B. Paggi, Il Principe Filippo sbarca a Genova e viene accolto dal Doge Benedetto Gentile, 1598, olio su tela, 216x268 cm, Firenze, Depositi Gallerie

commemorare Filippo II e la sua vita (fig. 16)122: nel dipinto vediamo il giovane Principe col cappello in mano, in atto di riverenza, di fronte al Doge Benedetto Gentile (eletto nel 1547)123.

Benché la tela sia monocroma, possiamo vedere chiaramente gli abiti dogali richiesti dal cerimoniale per il ricevimento di ospiti reali, ossia il mantello di ermellino e l’abito cremisi124. Il Principe vestiva un farsetto di velluto bianco e nero riccamente decorato con ricami in seta e argento, calzamaglia di raso bianco e un lungo mantello di lana nera: abiti non dissimili da quelli con cui fu ritratto da Tiziano (fig. 17)125.

122 Cfr. Aliverti 2004, p. 227.

123 Cfr. M. Cavanna Ciappina, Gentile, Benedetto, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 53, 2000, ad vocem.

124 Cfr. B. Niccoli, Official dress and courtly fashion in Genoese entries, in Mulryne, Watanabe-O'Kelly,Goldring, Knight 2004, p. 269.

125 Ivi, p. 262.

155 Fig. 17

Tiziano Vecellio, Ritratto d Filippo II, 1553-54, olio su tela, Napoli, Museo di Capodimonte

Nella tela di Paggi non vediamo invece i Senatori, che indossavano, sempre secondo il cerimoniale, una mantella nera sopra la lunga toga senatoria dalle maniche larghe, in seta scarlatta o colorata126. Lorenzo Capelloni, futuro biografo di Andrea Doria, recitò l’orazione encomiastica in onore di Don Felipe, paragonandolo perfino ad Alessandro Magno127. Salita la scalinata il corteo si trovò davanti al primo imponente arco di trionfo realizzato per l’occasione: la struttura, realizzata in legno, aderiva su un lato al fronte monumentale del Palazzo Doria128, e venne accuratamente descritta nei minimi dettagli da Calvete de Estrella, che riportò anche tutte le iscrizioni latine con traduzione in spagnolo. Realizzato in legno, l’apparato era «adorno di strane e varie pitture e iscrizioni». Anche in questo caso viene notato come la ricchezza decorativa dell’arco richiedesse agli astanti di fermarsi per poterlo osservare e decifrare in tutte le sue parti129. Sul lato rivolto verso la strada erano raffigurati due palazzi sotto a cui erano state inserite le scritte Virtus e Honor130. Sulla sommità dell’arco vi erano due scudi con le armi imperiali e reali sormontanti una sfera armillare (sphera material nel testo)

126 Ivi, p. 269.

127 Cfr. Stagno, 2002, p. 81.

128 Cfr. L. T. Belgrano, Delle feste e dei giuochi dei genovesi. Dissertazione Prima. Capitolo Terzo, in Archivio Storico Italiano, 1871, serie terza, Vol. 14, No. 64 (1871), p. 104.

129 Cfr. Calvete de Estrella, 1552, c. 11r.

130 Ivi, c. 12r.

156

che in corrispondenza dei due poli, artico e antartico, era corredata di due cartigli recanti i motti Quae sunt Dei Deo e Quae sunt Caesaris Caesari. Al di sotto dello scudo con le insegne della corona spagnola si leggeva Optabilis Christianorum assertor. Nettuno e Giove affiancavano l’apertura verso il mare, ciascuno recante un motto: il primo, Adveho, ossia, “ti conduco”, il secondo Eveho, ovvero “ti onoro”. Sul lato opposto erano state inserite le figure del Principe e della Virtù su un carro trionfale, accompagnate dalla scritta Quo sine me virtus?131. Davanti all’immagine di Filippo, delle figure di anziani inginocchiati con l’iscrizione Dictis facta respondent; ai piedi del Principe Venere e Cupido sconfitti dalla Vera dominatio, il vero potere (ossia, la temperanza)132. Calvete descrive poi tre scene che rappresentavano la prima il re persiano Artaserse che si abbeverava dalle mani di un pastore, la seconda la battaglia fra Centauri e Lapiti; la terza la lotta di un fanciullo con un principe. Ogni immagine era corredata dai motti Nil minus regium, quam non dare regia; Turpia solum timenda; Ingenium sequitur experientia133. Calvete non ci fornisce la posizione delle scene all’interno della struttura dell’arco: possiamo supporre che si trattasse di due riquadri facenti parte dell’attico o della decorazione ai lati del fornice: l’indicazione en frente (sul fronte) sembrerebbe escludere che si trattasse dei pannelli all’interno del fornice134. Viene poi descritto l’episodio della continenza di Scipione, che rifiutò di approfittare della bellissima fanciulla che gli era stata portata dai soldati come parte del bottino in seguito alla vittoria su Cartagine, e la fece ricondurre al suo sposo con massimi onori135. Ancora, una ninfa ignuda recante una face accesa simboleggiava la pace e la virtù preconizzate per il sovrano136. Sempre secondo la descrizione di Calvete, sul lato opposto dell’arco, la facciata rivolta verso il palazzo, erano raffigurati un principe e una principessa incoronati e circondati dal loro seguito di soldati; sulla parte alta invece tornava visibile il globo affiancato dagli scudi, ma cambiava l’epigrafe: [A]Equorum amator et aequi sic

131 Ivi, cc. 11r-11v. Gorse ricorda la tradizione iconografica dei trionfi alla maniera di Petrarca. In Gorse, 1990, p. 200.

132 Cfr. Calvete de Estrella, 1552, c. 11v.

133 Ibidem.

134 Una descrizione sintetica dell’arco è contenuta anche nel già citato testo di Belgrano: Belgrano, 1871, pp. 104-105.

Qui in realtà la disposizione delle figure non sembra sempre corrispondere a quanto dice Calvete e non è chiara la collocazione delle immagini su una faccia o sull’altra dell’arco.

135 Cfr. Calvete de Estrella, 1552, c. 12r

136 Ibidem.

157

moderabitur orbi137. Infine, ai lati del fornice, Ercole e Cerbero da un lato, la ninfa Amaltea con la cornucopia dall’altro, accompagnati dai motti Felix transeas e Bonus eventus138. Benché non si abbia notizia degli autori e dei progettisti dell’apparato appena descritto, come ha notato Laura Stagno possediamo una lettera di Nicola Valentini (detto il Veneziano) ricamatore già attivo alla

“corte” del Doria durante i festeggiamenti per Carlo V, in cui egli afferma di essere “rientrato nelle facende per il parare della casa et per fare un arco trionfal alla smontatta sua”, alludendo appunto all’imminente arrivo di Don Felipe139.

L’accoglienza maestosa ricevuta dal principe spagnolo non si chiuse qui: superato l’arco, Filippo e il suo seguito entrarono nella piazza antistante il palazzo di Andrea Doria, illuminata per l’occasione da duecento torce140, dove erano attesi dalla moglie dell’Ammiraglio, Peretta Usodimare del Carretto, accompagnata dalle sue dame141. Una gran moltitudine di gente festante occupava tutta la strada, e le belle signore sistemate nei palchi lungo la piazza vestivano con grande eleganza abiti bianchi, riccamente ingioiellati, con acconciature che rimandavano a un’antica usanza genovese di far indossare alle spose delle parrucche biondo-dorate: dettaglio che ai cronisti del tempo evocò l’immagine di matrone dell’antica Roma142. In occasione dei festeggiamenti per l’arrivo di Don Felipe, una macchina, definita dalle fonti come una sorta di “castello” sospeso a mezz’aria, venne approntata per dare un grande spettacolo di fuochi artificiali, e si ha notizia di un simile marchingegno a forma di mappamondo e coronato d’oro che, posto all’entrata del Palazzo di Fassolo, avrebbe sparato «rocchette» ad ogni passaggio del Principe143. La festa, che ebbe luogo dopo un signorile banchetto (le fonti non lesinano nelle descrizioni del servizio diligentissimo offerto da casa Doria) prevedeva anche un accompagnamento musicale: «molti musici con diversi

137 Ibidem. Nel testo di Calvete leggiamo “equorum” che tuttavia fa perdere di senso alla sentenza, il cui significato è in realtà “colui che ama la giustizia e la l’imparzialità governerà il mondo”.

138 Ibidem.

139 Cfr. Stagno, 2002, p. 81.

140 Cfr. La partita da Barcellona…1548. Cfr. anche Guazzo, p. 682.

141 Cfr. Calvete de Estrella, 1552, c. 12v. rispetto al Guazzo e all’anonimo della Partita da Barcellona, in Calvete sembra esserci una distinzione fra i due momenti dell’arrivo di Filippo nella piazza, con il benvenuto delle dame, e della festa che successivamente venne data dopo cena nello stesso luogo.

142 Cfr. Stagno, 2002, p. 82. Cfr. anche La partita da Barcellona… 1548.

143 Cfr. Stagno, 2002, p. 82. Cfr. anche Calvete de Estrella1552, c. 13v. La macchina è descritta anche, con una certa ironia, in Nicolini, 1971, p. 269. Per il “castello” cfr. La partita da Barcellona… 1548 e Guazzo, 1552, p. 682.

158

instrumenti sonavano e cantavano in lode di questo fortunato signore», si legge nell’anonima cronaca La partita da Barcellona 144. Guazzo sembra addirittura affermare che la musica uscisse dal medesimo castello approntato per i fuochi artificiali,

qual sparò da quaranta code, spingendo fuori verso il cielo oltre duemila raggi, cosa bellissima a vedere e dilettevole ad udire canti e suoni che di quello uscivano, e tutti in lode del Principe.145

Quando poi il Principe e il suo seguito si ritirarono nelle stanze loro preparate nel palazzo146, furono ancora una volta meravigliati dalla straordinaria ricchezza degli arredi, con particolare riferimento ai tessuti preziosissimi, arazzi e baldacchini ricamati in oro e argento, di cui fece menzione lo stesso Valentini in quanto «grandeze che indebitano il padrone»147, e che rivestivano quasi completamente gli appartamenti destinati agli ospiti, non solo alle pareti ma anche su letti, tavoli, sedie148. Ad essi si aggiungevano gli arazzi già commissionati dal Doria in altre occasioni, quali il ciclo periniano coi Furti di Giove per il salone dei Giganti, dove Filippo, come già prima di lui suo padre Carlo dava udienza: Marco Guazzo cita poi anche una serie di arazzi con le storie di Enea che tuttavia, per mancanza di corrispondenze iconografiche, è difficile identificare con il ciclo perduto, anch’esso disegnato da Perino e destinati al salotto di Enea del medesimo palazzo149.

Durante la permanenza del Principe Filippo fu organizzato un grandioso banchetto la sera del 2 (o del 3) dicembre del 1548: divenuto celebre per l’esorbitante numero di portate, l’evento era stato organizzato dal Cardinale Madruzzo, Vescovo di Trento, giunto al seguito del Principe, e ad esso sembra che prese parte anche Don Francesco De’ Medici, figlio di Cosimo I150. Nonostante la giovanissima età, Francesco, di soli sette anni, fu inviato dal padre per recare al Principe spagnolo i dovuti omaggi (fra cui il preziosissimo dono di una credenza d’argento e un bacile contenente

144 Cfr. La partita da Barcellona… 1548.

145 Cfr. Guazzo, 1552, p. 682.

146 I principali consiglieri della corte spagnola, il Duca d’Alba, Don Antonio di Toledo, Don Antonio di Rogias e il Duca di Sessa furono alloggiati come il Principe direttamente nel palazzo di Andrea Doria, nelle vicinanze nell'appartamento est e nelle stanze al piano terra. Diversamente, il resto del numerosissimo seguito trovò alloggio in città o più facilmente fuori dal centro di Genova, ad esempio nel borgo di Sestri, dove risiedette per quel periodo lo stesso Ferrante Gonzaga. Cfr. Gorse, 1990, p. 201; Nicolini, 1971, p. 269.

147 Cfr. Stagno, 2002, p. 82 e p. 87 nota 72.

148 Cfr. Nicolini, 1971, p. 269.

149 Cfr. Stagno, 2002, p. 82.

150 Cfr. Aliverti, 2004, p. 232 e p. 235 nota 39. Nel testo di Aliverti è riportata la data del 2 dicembre; in Gorse, 1990 si dice invece il 3 dello stesso mese. Cfr. Gorse, 1990, p. 200.

159

cinquemila medaglioni di Cosimo) e come affermano le fonti antiche, si comportò in modo maturo e signorile151. Il piccolo Francesco era inoltre zio del Duca d’Alva, uno dei personaggi più vicini a Don Felipe nel suo seguito152. Da una lettera di Lorenzo Pagni, segretario di stato fiorentino convenuto a Genova al seguito del giovanissimo Francesco153, leggiamo, alla data del 2 dicembre, che il Duca d’Alva aveva portato con sé il nipote al banchetto offerto dal Cardinal Madruzzo nel suo alloggiamento:

Et quivi, in una sala grande, disinorno tutti e signori descritti nella inclusa lista, che tra tutti erano quarantotto. […]. Durò il pasto per spatio di tre hore o più, con un servitio di novanta sorte di vivande, et con molte intermesse di musiche, tanto di instrumenti quanto di voci; con gran copia di buffoni, tra e quali fumo i principali, il Moretto da Lucca et il nostro cavalier Rosso […].154

Tanto il Vescovo di Trento quanto Don Francesco De’ Medici avevano infatti condotto a Genova nei rispettivi seguiti le proprie cappelle musicali dotate per altro di importantissimi nomi. Antonio detto del Cornetto giungeva nella Repubblica ligure appresso al Cardinale Madruzzo, cui era stato a sua volta “prestato” da Ercole II di Ferrara155. Antonio del Cornetto era infatti celebre all’epoca per aver composto la musica dell’Egle di Giambattista Giraldi, dramma pastorale pensato per riportare in auge l’antico genere teatrale del dramma satiresco e messo in scena per la prima volta a Ferrara il 23 febbraio del 1545, al cospetto di Ercole II e del fratello Cardinale Ippolito d’Este156. Dalle lettere del Cardinal Madruzzo apprendiamo quanto egli fosse appassionato mecenate di musica, tanto che diverse volte Antonio del Cornetto suonò al suo servizio, forse anche dirigendo un complesso di strumentisti scelti provenienti anch’essi dalla corte estense157. Il Cardinale aveva inoltre, come accennato poco sopra, una propria cappella musicale, eccellente soprattutto nel canto: come ebbe modo di ricordare lo stesso Pagni in un’altra missiva risalente al medesimo soggiorno di Don

151 Cfr. G. E. Saltini, Di una visita che fece in Genova nel 1548 il fanciullo Don Francesco di Cosimo I De’ Medici al Principe Don Filippo di Spagna, in “Archivio Storico Italiano”, 1879, Serie Quarta, Vol. 4, No. 112, 1879, pp. 20-21.

152 Ivi, p. 20.

153 Su Lorenzo Pagni cfr. V. Arrighi, Pagni, Lorenzo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 80, 2014, ad vocem.

154 Cfr. Saltini,1879, p. 27.

155 Cfr. Moretti, 1990, p. 16.

156 Cfr. Antonio dal Cornetto in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 3, 1961, ad vocem e S. Foà, Giraldi, Giovanni Battista, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 56, 2001, ad vocem.

157 Ibidem.

160

Francesco a Genova (9 dicembre), le angeliche voci dei cantori al servizio del Vescovo di Trento erano capaci di dar vita alla musica «più eccellente che sia in tutta questa corte»158. Al seguito di Francesco De’ Medici invece giungeva a Genova il Trombetta Volterrano, grande virtuoso del medesimo strumento che gli dette il nome con cui passò alla storia. Nella stessa lettera del Pagni del 9 dicembre leggiamo di un bellissimo momento in cui il musicista deliziò i signori suonando da un balcone:

Nel passare di S. A. et delli prenarrati signori, dinanzi allo alloggiamento dell'Ill.mo signor Don Francesco, mio signore, il Trombetta volterrano, con il suo chiaro et sonoro chiarino, li fece rallegrar tutti, voltandosi con li occhi al verone dove lui stava a sonare. Et di poi e musici di V. E. con le loro cor- nette et tromboni, feciono una melodia maravigliosa, che a tutti quei signori, per quanto intendo, satisfece infinitamente. Et non è maraviglia perchè non ci è stata altra musica celebrata se non questa, essendo quella del Principe più presto accomodata a danzare et ballare che a dare diletto alli orecchi delli audenti.159

La notizia appena riportata fa parte del racconto che il segretario fiorentino fece al suo signore Cosimo I De’ Medici dell’entrata trionfale del Principe Filippo a Genova, avvenuta l’8 dicembre del 1548. L’adventus era stato posticipato da diversi motivi: se da un lato le fonti spagnole e quelle italiane sembrano additarsi reciprocamente le cause del ritardo, dall’altro fu un dato di fatto che i diversi tumulti scoppiati in città nei giorni successivi all’arrivo di Don Felipe dovettero essere sedati con la forza da Andrea Doria per rendere possibile l’entrata del Principe160.

Filippo fece il suo trionfale ingresso in città al di sotto di un fastoso baldacchino, affiancato dal Cardinal Madruzzo e dal Cardinale Coria, seguito dal Duca d’Alva e dal resto del seguito, con i paggi in brillanti uniformi gialle161.

Cavalcava il Principe un bellissimo Gianetto di Spagna tutto bianco con fornimenti di tela d’argento.

Portava indosso un saio di velluto nero foderato di velluto bianco, listato di frange e vergole d’argento, con alcuni intretagli e fiocchi di seta bianca, e oro, di maravigliosa fattura. Le calze e il

158 Cfr. Saltini, 1879, p. 31. Ulteriori note sulla cappella musicale del Cardinal Madruzzo sono in R: Lunelli, Contributi trentini alle relazioni musicali fra l'Italia e la Germania nel Rinascimento, in “Acta Musicologica”, 1949, Vol. 21 (1949), pp. 41-70 (in particolare p. 55).

159 Saltini, 1879, p. 31.

160 Cfr. Nicolini, 1971, pp. 269; 274-276; Stagno, 2002, p. 82. Narrazione dei tumulti è contenuta in Ulloa, 1575, cc.

249r-251v.

161 Cfr. Gorse, 1990, p. 202. Per le livree dei paggi cfr. Niccoli, 2004, p. 261.