Capitolo 2. Le arti in villa: musica e arti figurative per le residenze fuori le mura
2.3. Fasti e glorie di una famiglia: arti e musica a Villa Spinola di San Pietro
Non lontano dalla villa Grimaldi in cui alloggiò Vincenzo Gonzaga, sempre situata nel borgo di Sampierdarena, sorge la villa Spinola di San Pietro (fig. 20). Benché ad oggi sia profondamente snaturata la sua collocazione all’interno di un tessuto urbano, che ha completamente sommerso e cancellato tanto gli ampi giardini a monte quanto l’affaccio diretto sul mare80, la villa conserva ancora intatta buona parte della sua decorazione interna, che ci permette di osservare le sfaccettature del poliedrico interesse artistico dei committenti. Fino a pochi anni fa si riteneva che la
80 Cfr. E. Gavazza, Villa Spinola di San Pietro, Genova, Sagep, 1976, pp. 2-3.
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villa fosse stata fatta edificare dagli Spinola verso la metà del XVI secolo, mentre ad oggi sappiamo che anch’essa confluì nel patrimonio della famiglia nel 1592 tramite l’eredità di Giovanni Battista Lercari81.
Riguardo il borgo rurale di Sampierdarena,
Dai Cartulari delle possessioni redatti con scopi fiscali nel corso del XV secolo risulta che anche i Lercari vi possedessero alcune dimore, tra le quali è probabile che fosse già annoverata quella pervenuta a Giovanni Battista Lercari, con annessa una torre. Il nobile genovese aveva investito notevoli risorse nell’acquisizione di terreni e case per ampliare quella che probabilmente era la proprietà sampierdarenese della sua famiglia.82
L’aspetto che la proprietà dei Lercari aveva all’altezza del 1592 è descritto minuziosamente nel testamento fatto redigere da Giovanni Battista nello stesso anno (oltre che ne precedenti del 1587 e 1589): situata nel cosiddetto “Quartereto”, confinava a ovest con la proprietà del q. Andrea Imperiale, a est con una crosa definita “senza transito” (più tardi prenderà l’appellativo di “crosa delle catene” per l’inserimento di catene all’inizio e alla fine della sua lunghezza). Il confine sud era segnato dalla strada e quello settentrionale dalla villetta (esplicitamente nominata nel testamento) dotata di torre e giardini83. Si trattava dunque di un’area che si estendeva dalla sommità della collina fino al mare, comprendendo un certo numero di costruzioni fra cui la villetta con torre in posizione elevata e una domus magna più a sud, l’edificio che poi sarebbe stato acquisito dagli Spinola divenendone la residenza di villa84.
Come chiaramente denunciato dalle sue stesse parole, Giovanni Battista Lercari fece edificare a Sampierdarena una Domus magna, ottenuta dall’accorpamento di edifici preesistenti, abbellita da giardini e fontane alimentate da un acquedotto che lui stesso aveva fatto realizzare.85
81 Cfr. R. Santamaria (a cura di), Palazzo Doria Spinola. Architettura e arredi di una dimora aristocratica genovese. Da un inventario del 1727, Genova, Le Mani, 2011, pp. 43; 150-151; 408.
82 A. Lercari, R. Santamaria, Villa Spinola a “S. Pietro d’Arena, loco di delizie con bellissimi palazzi e giardini”, in Santamaria, 2011, p. 409.
83 Ibidem.
84 Ibidem.
85 Ibidem. Gli autori riportano di seguito stralci della documentazione relativa alle richieste inoltrate da Giovanni Battista Lercari ai Padri del Comune per la costruzione dell’acquedotto, che avrebbe utilizzato l’acqua proveniente dal fossato di San Bartolomeo.
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Fig. 20
Villa Spinola di San Pietro, facciata mare, XX sec. Genova Sampierdarena
È ancora una volta Rubens che, nel suo libro sui Palazzi di Genova, ci dà una testimonianza visiva dell’aspetto che la villa doveva avere nella sua facies cinquecentesca (figg. 21-25): una struttura aperta e aerea grazie alla presenza di tre logge, una centrale al pian terreno e due angolari al piano nobile, tutte sulla facciata rivolta verso il mare86.
Com’è noto, l’identificazione del “Palazzo C” con la villa Spinola di San Pietro è opera di Mario Labò, che ne ha riconosciuto l’aspetto originario precedente alle trasformazioni seicentesche tramite l’attenta osservazione della pianta così com’era stata presentata nel volume di Rubens87.
Mario Labò ritenne inoltre di poter ricondurre la struttura architettonica della villa a modelli esclusivamente pre-alessiani, estranei a quella forma cubica che, quasi come un luogo comune, veniva in quegli anni attribuita a diversissime fabbriche genovesi88.
86 Cfr. De Negri, Fera, Grossi Bianchi, Poleggi, 1986, pp.49-54.
87 Cfr. M. Labò, I palazzi di Genova di P.P. Rubens e altri scritti di architettura, Genova, Nuova Editrice Genovese, 2003, pp. 49-52.
88 Ivi, p. 52: In particolare, riguardo l’ipotetica attribuzione del progetto originario a Galeazzo Alessi, lo studioso afferma che: «La facciata in tre corpi, il formato delle finestre, le proporzioni delle spaziature potevano consentire l’approssimativo ricorso all’abusato luogo comune: Galeazzo Alessi. Ma l’architettura originaria che nessuno intravvide in questo massiccio casone, e che il libro del Rubens viene a svelare, smentisce una delle false attribuzioni troppo
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Fig. 21
Palazzo C, ossia Villa Spinola di San Pietro, da P.
P. Rubens, Palazzi di Genova, Anversa, 1622
Tuttavia, ad oggi la situazione sembra meno monolitica: Andrea Lercari e Roberto Santamaria hanno sottolineato come lo schema primigenio sia “un coagulo interessantissimo di soluzioni tipiche dell’architettura di villa genovese e di altrettanti indizi di matrice alessiana”89. Se alla tradizione locale possiamo ricondurre le logge angolari al piano nobile, al modello di Galeazzo Alessi, sperimentato nelle cinquecentesche ville Giustiniani Cambiaso o Pallavicini delle Peschiere, si rifà la chiara forma cubica che consente di innalzare un tetto piramidale a quattro spioventi90. Ad oggi la struttura architettonica della villa risulta molto diversa da quella che poté osservare il pittore fiammingo durante i suoi soggiorni genovesi, e le modifiche strutturali iniziarono già a
numerose. […] Il libro del Rubens ci restituisce un esempio dello schema architettonico lombardesco che ebbe nella villa Imperiale di Terralba una delle più perfette espressioni, e delle prime se non la primissima. Villa Spinola, però, coi pilastri d’angolo bugnati, invece di sottili colonne, è certamente posteriore, probabilmente non anteriore alla metà del Cinquecento.».
89 Lercari, Santamaria, 2011, p. 410.
90 Ibidem.
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partire dagli anni Venti del Seicento, con gli interventi promossi da Giovanni Battista Spinola e ancora oggi documentati dall’epigrafe incisa sul portale d’ingresso della facciata verso il mare91:
IO. BAPTISTA SPINOLA DUX SANCTI PETRI ORNAVIT ANNO DOMINI M.DC.XXV Per quanto riguarda le modifiche apportate da Giovanni Battista nel 1625, tali interventi si focalizzarono, dal punto di vista architettonico, soprattutto sulle due facciate: vennero chiuse le logge sul prospetto a mare e aggiunti due avancorpi lungo la facciata rivolta verso il giardino. La scelta di chiudere i loggiati dovette avvenire sia per un aggiornamento di gusto, sia per recuperare spazi in cui promuovere la mitologia di famiglia attraverso la grande decorazione ad affresco, risalente appunto a questa fase e affidata ad alcuni fra i maggiori protagonisti del primo Seicento genovese: Bernardo Castello, Giovanni Carlone e Andrea Ansaldo92. Giovanni Battista Spinola (1575-1625) figlio di Gio. Maria Spinola e Pellina Lercari di Giovanni Battista, fu il primo Duca di San Pietro in Galatina.
Secondo le consuetudini del suo ceto Giovanni Battista Spinola convertì parte dei propri ingenti guadagni in acquisizioni feudali nel Regno di Napoli. Il suo interesse si indirizzò verso la Puglia, e più precisamente l’area del Salento, ove i patrizi genovesi, da lungo tempo qui presenti, avevano investito nell’acquisto di feudi i proventi del commercio del grano e dell’olio che vi erano prodotti.
Numerosi erano i genovesi stabilitisi a Lecce, a Otranto e in altri centri della regione, spesso dando origine a famiglie radicate sul territorio, i quali, oltre alle proprie attività commerciali, si occupavano anche dell’amministrazione dei possedimenti di quei connazionali che non vi risiedessero stabilmente. 93
Giovanni Battista concluse l’acquisto del feudo di San Pietro tra il 1615 e il 1616, per una somma di 92.000 ducati, e ne ottenne il titolo di Duca, dalla Corona spagnola, il 6 aprile del 162194. Fu il committente degli affreschi che adornano il piano terra e il piano nobile della villa di Sampierdarena, che ci interessano tanto per la fitta rete di messaggi celebrativi delle glorie di
91 Cfr. Gavazza, 1976, p. 4.
92 Cfr. E. Gavazza, La Grande Decorazione, Genova, Sagep, 1974, pp.53-59; Cfr. anche Gavazza, 1976, p. 4 e AA.VV.
Le ville di Genova, Genova, Sagep, 1986, p. 50.
93 A. Lercari, Gli Spinola duchi di San Pietro. Dalla Repubblica aristocratica di Genova alla Corte di Madrid, in Santamaria, 2011, p. 159.
94 Ivi, pp. 159-161.
78 Figg. 22-23-24-25
Piante e spaccati di Villa Spinola di San Pietro P. P.
Rubens, Palazzi di Genova, Anversa, 1622
famiglia, quanto per il riferimento musicale, che diventa protagonista nel fregio del salone principale dell’edificio.
Del piano terra si sono conservati solo pochi ambienti decorati, fra cui ricordiamo l’atrio a grottesche con il riquadro con la Samaritana al Pozzo, precedentemente attribuito da Ezia Gavazza a Domenico Fiasella ma successivamente ritenuto opera di Giovanni CarloneSempre al piano terra
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la sala affrescata da Bernardo Castello con Storie di Paride e il Ratto di Elena95. Il primo piano presenta invece diverse sale la cui decorazione, sebbene non sempre in ottimo stato di conservazione, è rimasta integra. Gli affreschi, opera di Giovanni Carlone e Andrea Ansaldo, raccontano le Imprese di Ambrogio Spinola, (figg. 27-30) le Storie di Perseo (figg. 31-35) e le Imprese di Megollo Lercari (figg. 26; 36-40). Nel medesimo salone dedicato quest’ultimo si trova uno splendido fregio che corre lungo tutto il soffitto fingendo una balconata da cui si affacciano diversi personaggi e gruppi di musicisti in concerto (figg. 41-54). La villa degli Spinola divenne così luogo di cooperazione e confronto per due dei maggiori artisti del primo Seicento genovese, che operarono fianco a fianco nei medesimi anni96.
Con la scelta di affiancare sale dedicate ad Ambrogio Spinola e a Megollo Lercari, Giovanni Battista volle celebrare le due famiglie, nella loro unione derivata proprio dal matrimonio dei suoi stessi genitori97: nel salone dedicato alle imprese di Megollo Lercari risaltano, posti a due angoli della volta, gli stemmi delle famiglie (fig. 26).
Ambrogio Spinola, fratello della moglie di Giovanni Battista, Maria Spinola, e Marchese di Los Balbases (dal 1621), fu il celeberrimo condottiero responsabile di diverse gloriose vittorie riportate nelle Fiandre per conto della corona spagnola, nella cui orbita militava la sua famiglia98.
È molto probabile che la decorazione del salone dedicato ad Ambrogio sia stata conclusa prima del 1625, anno riportato sul portale d’ingresso della villa e durante il quale si svolse quella che forse fu la più importante vittoria del generale genovese, ossia la resa di Breda: come fa notare Ezia Gavazza, tale episodio sarà poi rappresentato nella galleria del palazzo di città, ossia il palazzo di Antonio Doria, attuale sede della Prefettura, acquistato da Giovanni Battista Spinola nel 1624, ma non compare negli affreschi della villa suburbana. All’altezza dello studio di Gavazza gli affreschi
95 Cfr. Lercari, 2011, p. 416. Per la precedente attribuzione dell’affresco a Fiasella, cfr. Gavazza, 1976, p. 6 e Le ville di Genova, 1986, p. 50; pp. 52-54.
96 Cfr. F.R. Pesenti, La pittura in Liguria. Artisti del Primo Seicento, Genova, Sagep, 1986, p. 123. L’autore introduce così Giovanni Carlone e Andrea Ansaldo nel capitolo dedicato ai “grandi decoratori”: coetanei, in quanto gli atti di battesimo di entrambi i pittori risalgono al 1584, operarono nella villa Spinola di San Pietro quando dovevano avere circa quarant’anni, dunque nel pieno della loro maturità stilistica.
97 Cfr. Gavazza, 1976, p. 16.
98 Cfr. da ultimo, L. Stagno, Ambrogio Spinola in Genoese art, in cds. Cfr. anche Gavazza, 1974, p. 53.
80 Fig. 26
Andrea Ansaldo, Giovanni Carlone, Le Imprese di Megollo Lercari, affresco, 1625 ca. Genova, Villa Spinola di San Pietro. Dettaglio degli stemmi Spinola e Lercari
si attribuivano ancora in maniera dubitativa a Giovanni Battista Carlone o ad Andrea Ansaldo99, riprendendo un’ipotesti di Federigo Alizeri, che nella sua Guida Illustrativa alla città di Genova aveva scritto:
[…] e l'identità delle storie trasse alcuni in errore, e me pure tra questi. A riprendermi, io dico che i presenti gioielli son'opera di G. B. Carlone, ed aggiungo che poche volte o lavorò con più amore, o meglio gli risposer le tinte.100
Studi più recenti hanno permesso di confermare l’ipotesi attributiva di Alizeri: il ritrovamento di un cospicuo numero di testimonianze fotografiche precedenti alla demolizione della galleria (avvenuta nel 1877) ha condotto Piero Boccardo ad affermare con sicurezza che i perduti affreschi con le
99 Cfr. Gavazza, 1974, p. 53: la studiosa infatti afferma: «Nel Palazzo Spinola nella galleria di un'ala appositamente costruita, erano state affrescate le Imprese di Ambrogio Spinola nelle Fiandre; scomparsa la galleria, non siamo più in grado di verificare l’esitazione dell’Alizeri circa l’attribuzione a Giovanni Carlone o all’Ansaldo degli affreschi stessi.
[…] Certamente posteriori al 1625, poiché in uno degli episodi è raffigurata la Resa di Breda, rientrano in quella tematica della magnificenza che punta l’attenzione sul personaggio e quindi sul suo ruolo di attività politica».
100 F. Alizeri, Guida Illustrativa per la città di Genova, Genova, Luigi Sambolino Editore, 1875, p. 244.
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imprese di Ambrogio e Federico Spinola nelle Fiandre fossero di mano di Giovanni Battista Carlone (cfr. § 4.1)101 .
Partendo dalle osservazioni sopra citate, la studiosa ha affermato che proprio nella villa, ancor prima che nel palazzo cittadino, venne affrontato il tema delle imprese di Ambrogio Spinola nelle Fiandre, naturalmente arrestandosi a quanto di tali campagne militari era stato compiuto all’altezza della prima metà degli anni Venti del XVII secolo. Ambrogio Spinola venne educato alle arti della guerra fin dall’adolescenza, sotto la guida della madre Polissena Grimaldi, che ne orientò la carriera sul versante militare. Nel 1602 egli era stato inviato nelle Fiandre, a sostegno della campagna spagnola precedentemente guidata da Alessandro Farnese al fine di reprimere le rivolte protestanti nei Paesi Bassi102. La guerra promossa dalla corona spagnola, al momento retta da Filippo III, aveva già visto partecipare Federico Spinola, fratello minore di Ambrogio, che si unì a lui per l’armamento di una flotta. Successivamente Ambrogio propose al re di Spagna la preparazione di un contingente di 6000 uomini che avrebbe guidato dalla Lombardia alle Fiandre103. In tale frangente, ottenuto il consenso del sovrano, il condottiero genovese si era distinto per abilità di comando, strategia e valore che lo condussero a numerose vittorie, riassunte nell’affresco del salone a lui dedicato al piano nobile della villa di Sampierdarena e realizzato dall’Ansaldo. Il grande quadro riportato al centro della volta raffigura la Presa di Ostenda (figg. 27-28), impresa fra le più gloriose dello Spinola proprio perché si trattò di espugnare, come ricordò Filippo Casoni nella biografia del Marchese104, una città protetta tanto dalle difese naturali dovute alla conformazione del territorio, quanto alle fortificazioni erette nei dintorni dagli assediati105. Nell’affresco viene mostrato un momento particolare della vittoria, ossia, la visita degli Arciduchi Alberto e Isabella (l’Infanta di Spagna, figlia di Filippo II, cfr. fig. 28) giunti per prendere visione dei territori riconquistati e per congratularsi dell’impresa compiuta: la scelta di questo episodio permise così a
101 Cfr. P. Boccardo, La decorazione, in Santamaria, 2011, p. 122. Cfr. anche Stagno, Ambrogio Spinola…in cds.
102 Cfr. Gavazza, 1974, p. 53.
103 Cfr. G. Brunelli, Spinola, Ambrogio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 93, 2018, ad vocem.
104 Cfr. F. Casoni, Vita del Marchese Ambrogio Spinola l’espugnator delle piazze, Genova, 1691, pp. 63-64.
105 Cfr. Stagno, Ambrogio Spinola… in cds.
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Figg. 27-28
Andrea Ansaldo, Le Imprese di Ambrogio Spinola. Presa di Ostenda, affresco, ante 1625 Genova, Villa Spinola di San Pietro. Intero e dettaglio
Giovanni Battista di porgere omaggio insieme all’illustre cognato e agli Arciduchi, che per altro, nel 1599, avevano soggiornato a Genova ospiti di Giovanni Andrea Doria (cfr. § 3.6)106.
106 Ibidem.
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Figg. 29-30
Andrea Ansaldo, Le Imprese di Ambrogio Spinola. Presa di Julich e Presa di Vesel, affresco, ante 1625, Genova, Villa Spinola di San Pietro
Attorno al riquadro centrale sono disposti gli altri episodi della campagna militare, riconoscibili dai tituli e incorniciati da un fregio con trofei di armi e schiavi in catene: le quattro scene disposte ciascuna su un lato rappresentano le vittorie dello Spinola a Groenlo (Grol) e Rheinberg (Rimbech) nel 1606, e le più tarde vicende di Wesel (Vesel) e Jülich (figg. 29-30), rispettivamente risalenti al 1614 e al 1622107.
Entro quattro nicchie ovoidali sono situate figure allegoriche: Fortezza, Valore, Fama, e Prudenza:
come ha giustamente notato Laura Stagno, è proprio quest’ultima la virtù di maggior importanza,
107 Ibidem.
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Fig. 31
Giovanni Carlone, La fucina di Vulcano, affresco, 1625 ca, Genova, Villa Spinola di San Pietro
intesa nella sua accezione più ampia di «abilità di capire le situazioni e di agire con saggezza in esse», una guida indispensabile senza la quale qualsiasi altra virtù perde il suo stesso valore108. Se nel salone a lui dedicato Ambrogio Spinola è chiaramente protagonista dei diversi riquadri che ne celebrano le vittorie, la sua presenza non accenna ad affievolirsi nel resto della decorazione, che mostra la trasposizione sul piano mitologico delle gesta del condottiero: il Ratto di Elena affrescato da Bernardo Castello al piano terra è stato ricollegato in via ipotetica dalla critica allo sventato rapimento di Margherita di Fiandra da parte di Enrico IV, salvataggio cui il Marchese partecipò109. Ma ancora più eclatante è, in quest’ottica, la comparazione del generale con Perseo, le cui storie occupano ben sei stanze del piano nobile (figg. 31-35). Il ciclo è stato dipinto interamente da Andrea Ansaldo, ad eccezione del riquadro con la Fucina di Vulcano (fig. 31), opera di Giovanni Carlone, che fa da preambolo alla vicenda. Questa scena, posta nell’atrio voltato a botte e incorniciata da grottesche, mostra Vulcano mentre forgia le armi per i personaggi che lo osservano, ossia Federico e Ambrogio Spinola, il primo predecessore del secondo nelle imprese nelle Fiandre, colto nell’atto di indicare il fratello, a simboleggiare appunto la grande parte che egli sosterrà in tali campagne110.
108 Ibidem.
109 Cfr. Le ville di Genova…, 1986, p. 54
110 Cfr. Gavazza, 1974, p. 59. Cfr. anche Lercari, 2011, pp. 423-425
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Fig. 32
Andrea Ansaldo, Perseo e le Forcidi, affresco, 1625 ca, Genova, Villa Spinola di San Pietro
Dopo questo riquadro introduttivo, che sembra rendere esplicita la successiva narrazione metaforica delle storie di Perseo, perdiamo di vista, nelle sale dedicate all’eroe del mito, il suo referente storico, che tuttavia resta in qualche modo percepibile da alcuni dettagli. L’episodio di Perseo e le Forcidi (fig. 32) avviene sullo sfondo di un rigoglioso giardino (vediamo perfino una fontana in primo piano) il cui viale d’accesso sembra condurre a una villa di cui scorgiamo la facciata: la scansione risulta abbastanza vicina a quella della fabbrica suburbana degli Spinola. E ancora, nella stanza che ospita il Volo di Perseo sull’oceano (fig. 33), la veduta aerea del paesaggio sottostante ci mostra un palazzo che rimanda in modo piuttosto fedele all’aspetto che la villa Spinola di San Pietro doveva avere in quel momento.
I primi due episodi […] fanno riferimento all'acquisizione da parte di Perseo dei mezzi che gli consentiranno di arrivare alla gloria, la conquista cioè dell'elmo, dei calzari alati e della cibisi in aggiunta allo scudo donatogli da Pallade. Con questi l'eroe vola a compiere le imprese che gli daranno la fama; la vicenda di Perseo è all'inizio ed è singolare, proprio per l’identificazione con
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Fig. 33
Andrea Ansaldo, Volo di Perseo, affresco, 1625 ca, Genova, Villa Spinola di San Pietro
Ambrogio Spinola, che avvenga «in loco», cioè sullo sfondo della villa di Sampierdarena che compare in questi due primi riquadri.111
Ezia Gavazza prosegue poi la sua attenta analisi iconografica e iconologica del soggetto e dimostra come la scelta di Perseo, tutt’altro che arbitraria, abbia permesso al committente degli affreschi di sviluppare il discorso celebrativo di Ambrogio Spinola attraverso una fitta serie di corrispondenze di significati: l’uccisione di Medusa (fig. 34) diventa così la sconfitta del male, e, per traslato, dell’eresia protestante112; Pegaso, il cavallo alato che ha origine dal sangue della Gorgone
111 Cfr. Gavazza, 1974, p. 60
112 Sappiamo che sono particolarmente frequenti le identificazioni del nemico eretico da parte del versante cattolico, con figure mostruose generalmente anguicrinite o serpentiformi. Molto diffusa è l’iconografia del nemico turco, l’infedele per eccellenza, in tali vesti, ma come spesso accade in questi ambiti, la formula dello schiavo orientale incatenato, o del nemico turco sconfitto diviene presto generale riferimento alle vittorie del cattolicesimo su ogni altra forma di culto.
Così possiamo ipotizzare che l’eresia protestante, sconfitta nei territori fiamminghi degli Asburgo, possa allo stesso modo essere stata rappresentata sottoforma di quella creatura mostruosa i cui tratti venivano sovente applicati all’iconografia del nemico infedele. Come fa sempre notare Gavazza, Lazzaro Tavarone, nell’affresco del salone di Palazzo Grimaldi, ora Spinola di Pellicceria, inserisce figure di prigionieri turchi incatenati, benché le vittorie del personaggio mostrato nel riquadro centrale fossero avvenute anch’esse nelle Fiandre. Cfr. Gavazza, 1974, p. 56. Di
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rappresenta il «desiderio della fama che guida al compimento delle grandi imprese»113 che, in ultimo, si concludono con la liberazione di Andromeda e il matrimonio fra i due eroi (fig. 35).
Quest’ultima scena ha poi un duplice significato, che rimanda tanto al trionfo del bene quanto a un più preciso e contingente evento storico, ossia, le nozze di Ambrogio Spinola con Giovannetta Pallavicino Basadonne, avvenute il 29 novembre 1586114. Il salone centrale del piano nobile ospita sulla volta l’affresco con le gesta di Megollo Lercari (figg. 36-37-38-39), eroe leggendario la cui esistenza storica non è documentata, ma ciò poco importa, all’interno del programma iconografico di glorificazione degli antenati promosso da Giovanni Battista Spinola in virtù della sua ascendenza dalla famiglia Lercari115.
Figlio, come abbiamo ricordato, di Pellina Lercari, Giovanni Battista rese così onore al ramo materno della casata: egli stesso portava il nome del nonno, quel Giovanni Battista Lercari che era stato doge tra il 1563 e il 1565116 e che gli aveva lasciato in eredità come fedecommesso una gran parte del suo cospicuo patrimonio. La vicenda di Megollo Lercari
è legata alla fierezza e all’orgoglio dell'eroe che osa sfidare l’Imperatore d’Oriente, facendo giustizia alla Repubblica genovese e superando con dignitosa magnanimità la cruda ferocia
dei mezzi impiegati nella repressione117.
grande interesse a proposito dell’immagine del serpente come iconografia del nemico infedele è il saggio di F. Sorce, Il drago come immagine del nemico turco nella rappresentazione di età moderna, in “Rivista dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte”, n.62-63, III serie, 2007-2008, pp. 173-197. Nello stesso testo per altro troviamo un esempio di singolare inversione del tema: in un’incisione olandese del 1615 ca, «Un’idra apocalittica, le cui teste recano ciascuna un copricapo ecclesiastico, compresa la tiara papale, incarna il carattere maligno della Chiesa romana» ed è cavalcata proprio da Ambrogio Spinola, che naturalmente da parte protestante viene visto come l’anti-eroe, il nemico maligno che viene combattuto da Maurizio di Nassau come San Giorgio. Cfr. Sorce, 2007, pp. 175-176
113 Cfr. Gavazza, 1974, p. 60.
114 Cfr. L’invenzione di Giulio Pallavicino di scriver tutte le cose accadute alli tempi suoi, a cura di E. Grendi, Genova, Sagep, 1975, p. 136. In data 29 Novembre 1587 Giulio Pallavicino annota: «Il marchese Ambrogio Spinola quondam Filippi ha preso per moglie la figlia di Gio. Basadonne marchese di Galara con 90 milli scutti di dotte, la miglior dote che si sia mai datta a erede.» In precedenti passaggi del testo, Pallavicino aveva accennato alle vicende che condussero alla conclusione del “parentado” fra i Basadonne e gli Spinola attraverso la cessione del patrimonio di Giovannetta sotto forma di dote e l’aggiunta ad esso del patrimonio di Ambrogio (compresi i feudi) più 100 lire che il promesso sposo donò alla ragazza come antefatto. Cfr. A. Lercari, Repertorio di fonti sul patriziato genovese. Progetto in corso a cura della Soprintendenza Archivistica per la Liguria, Scheda n°43. Famiglia Basadonne, p. 12 (aggiornata al 21/09/2010).
115 Cfr. Gavazza, 1974, pp. 62-63.
116 Cfr. M. Cavanna Ciappina, Lercari, Giovanni Battista, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 64, 2005, ad vocem.
117 Gavazza, 1974, p. 62.