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Le visita del Duca di Mantova: delizie di villa

Capitolo 2. Le arti in villa: musica e arti figurative per le residenze fuori le mura

2.2. Le visita del Duca di Mantova: delizie di villa

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dell’artificio, che si mostra nascondendosi per dare l’impressione al visitatore di trovarsi in un luogo dove non c’è traccia dell’azione umana38.

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soggiorno italiano di Rubens, fosse permeato di presenza genovese, attiva non solo sul piano dell'alta finanza, ma anche su quello dei problemi connessi all'abbigliamento, al giardinaggio, all'allevamento di cani e di cavalli.42

Pertanto, le autorità della Repubblica acconsentirono volentieri alla richiesta del Duca, effettuata mediante il suo segretario personale, di essere condotto a Genova da Livorno, dove si trovava, tramite le galee genovesi43. A capo della piccola flotta di quattro galee fu posto Giulio Spinola, che per garantire maggiori onori al Gonzaga mise a disposizione la sua stessa capitana, abbellendola di arredi e suppellettili in parte realizzati appositamente per l’occasione:

fece fare «un letto di velluto e damasco cremisino guarnito d' oro», e «un portale pei serrare la poppa, del medesimo, con cossini e carreghe di brocato».44

Durante questo primo soggiorno il Duca venne alloggiato presso il Palazzo di Francesco Pallavicino prospiciente Piazza Fontane Marose, anch’esso addobbato per l’occasione con paramenti di velluto, broccato, damasco, tutte le stoffe più preziose a disposizione nella guardarobba del palazzo; per il seguito del Gonzaga vennero predisposte dimore nei paraggi del Palazzo45.

Le cronache del viaggio riportano i dettagli di una regale cena servita “in galera”, a bordo della nave, a cui il Duca prese parte insieme a Don Giovanni de Medici: in questo frangente vengono espressamente citati dalle fonti numerosi argenti atti a servire il pasto, di proprietà di Giulio Spinola46.

Il 20 maggio, all’arrivo delle galee nel porto, il Duca di Mantova venne accolto da diversi esponenti della nobiltà genovese, anch’essi giunti a bordo di galee, e le fonti descrivono il bucintoro appositamente apparecchiato per condurre il prestigioso ospite e il suo seguito a terra:

Alla punta «del molo era fermato un bucentoro assai vago et fabricato per questo effetto, nel quale da quattro altri gentil’ homini, pur mandati dalla Repubblica», venne ricevuto il Duca, insieme a tutti i cavalieri e gentiluomini del suo seguito. «Il bucentoro era coperto nel pavimento di panno cremesino, circondato da balaustri et con una cuppola nel mezzo sostenuta da quattro colonne, et

42 Cfr. Tagliaferro, 1977, p. 34.

43 Cfr. Neri, 1887, p. 388.

44 Ibidem.

45 Ibidem. La scelta del palazzo di Francesco Pallavicino è riportata ance da Moretti, 1990, p. 56.

46 Ivi, p. 389

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sotto quella un baldacchino era attaccato di damasco cremesino, et era posta una sedia » per il Duca, che « però non se ne valse punto, standosene in piedi a ragionare con quei gentil’ homini che erano seco ; il resto del bucentoro era scoperto, et pieno di molte persone, dipinto vagamente, sì che rendeva vista bellissima, et era condotto in modo che non si vedevano remi nè vele, onde pareva che si movesse per sè stesso».47

Piuttosto vaghe e scarse le notizie relative all’attività musicale, naturalmente presente ad accompagnare l’entrata di Vincenzo Gonzaga in città: le fonti parlano genericamente di un

«concerto bellissimo di cornette et tromboni che sonavano con armonia molto vaga», sistemato sulla sommità della porta cittadina48. Sappiamo che è piuttosto consueta la scelta di strumenti a fiato per occasioni di questo genere: Maria Rosa Moretti ci ricorda che la stessa cappella musicale di Palazzo Ducale era inizialmente formata da soli strumenti a fiato, ampliando l’organico a cantori e strumenti a corda solo nel Seicento49. Dall’Istitutione della musica di Palazzo (25 aprile 1590) apprendiamo infatti che:

1. Saranno gli Musici sette fino in otto in numero, parte di tromboni, et parte di Cornetti, cioè primo et secondo di trombone, primo et 2° soprano di Cornetti, er le altre tre parti di mezzo saranno di Tromboni, ò, di Cornetti, secondo che tornerà più comodo50.

La stessa cappella di Palazzo era chiamata a presenziare alle maggiori cerimonie pubbliche e private, e quanto riportato dall’Istitutione del 1590 potrebbe farci propendere per l’idea che anche in occasione del passaggio del Duca di Mantova sia stata chiamata la cappella di palazzo:

9. Saranno parimente obligati, sempre che veranno Principi forastieri alla città, à quali il Ser.° Senato voglia dar Musica overo ricevergli con musica servire in questo bisogno, in quel modo che dal maestro di Ceremonie gli sarà ordinato, et anche servire in ogni altra ceremonia pubblica secondo che saranno comandati dal Senato.51

47 Ivi, p. 390.

48 Ivi, p. 391.

49 Cfr. M. R. Moretti, Ruolo degli archivi genovesi nella ricostruzione della vita musicale della città tra Cinque e Seicento, in L. Sirch (a cura di) Canoni Bibliografici, atti del convegno internazionale IAML-IASA. Perugia, 1-6 settembre 1996, p. 347.

50 Cfr. Moretti, 1990, p. 235. L’autrice riporta per intero il documento, le cui tre copie sono conservate presso l’Archivio di Stato di Genova.

51 Ibidem.

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Ancora di musica si accenna nel passaggio dedicato alla descrizione del ballo offerto per il Duca nel Palazzo di Ambrogio Di Negro e allestito dal figlio Orazio, ma non viene specificato l’organico né tanto meno il repertorio eseguito.

La seconda visita di Vincenzo Gonzaga ebbe origine da circostanze piuttosto diverse, pur restando un episodio ulteriormente esemplificativo dei rapporti di cordialità ormai saldi fra Mantova e la Repubblica di Genova. Come riportano le fonti, il Duca si era recato a Sampierdarena per dare sollievo a un’affezione al ginocchio che lo tormentava da tempo: la scelta della località di riviera era infatti legata alla necessità di bagni curativi52. Dalla lettera di Annibale Iberti, segretario di Vincenzo Gonzaga, datata 8 luglio 1607, apprendiamo che numerosi nobili genovesi accolsero il Duca e il suo seguito a Pontedecimo:

Giunse Sua Altezza qui il venerdì sera con ottima salute Dio lodato, ma con una pioggia così importuna che ci bagnò tutti ben bene. fu incontrata l’Altezza Serenissima dalla maggior parte di questa nobiltà sin a Ponte Decimo otto miglia longo di qua et il resto venne a complire non essendo restato pur uno ce non habbia mostrato segni di straordinaria allegrezza per questa venuta e per la domestichezza che Sua Altezza è entrata a trattar con tutti all’uso di queste conversationi.53

Dalla lettera si evince come molti esponenti dell’aristocrazia genovese fecero a gara per mostrare la propria magnificenza e ospitalità al Gonzaga54, che fu alloggiato presso la villa Grimaldi “La Fortezza”, (figg. 14-15) fatta erigere da Giovanni Battista Grimaldi negli anni Sessanta del Cinquecento55. Sampierdarena, luogo di villeggiatura per molta della nobiltà genovese, offriva

52 Cfr. Neri, 1886, pp. 160-163.

53 La lettera, conservata insieme alle altre di Annibale Iberti presso l’Archivio di Stato di Mantova (Archivio Gonzaga, busta 777, fasc. V, cc. 522-523) è citata in Magnani, 2008 a, p. 86.

54 In una precedente lettera, datata 27 giugno 1607, chi scrive, da Genova, ad Annibale Iberti, afferma che “tutti gli uomini di questa città si rallegrano, tutte le donne giubilano, di questa per mille volte benedetta venuta”. Più avanti leggiamo che “il mio signor Gianettino [Doria] ha voluto in ogni modo esser l’ospite principale, e per colpir maggiormente nel gusto del Vostro padrone, si apparecchia a Sampierdarena, e non a Campi. Il signor Nicolò Pallavicino mette ad ordine anco lui la sua casa, et una servirà per l’ordinaria abitatione di Sua Altezza, e l’altra per le conversationi.” Cfr. Magnani, 2008 a, p. 86.

55 Gli estremi precisi di inizio e fine costruzione sono controversi. Cfr. E. De Negri, C. Fera, L. Grossi Bianchi, E.

Poleggi (a cura di), Il Catalogo delle Ville Genovesi, Genova, Italia nostra, 1981, p. 154. La villa, all’epoca del soggiorno del Duca di Mantova, viene detta dalle fonti di proprietà di Giulia Grimaldi. Per questa informazione mi sono riferita a R. Santamaria, “Andare a barcheggiare”. Ipotesi per il nuovo argento da parata della Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola, in F. Boggero, F. Simonetti (a cura di) Genova d’argento, catalogo della mostra (Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, 28 dicembre 2017 – 29 aprile 2018), Genova, Sagep, 2017, con particolare riferimento al documento riportato alle pagine 36-37, nota 6. Il documento proviene dall’Archivio di Stato di Genova: ASGe, Archivio segreto, 474, Cerimoniale Primo 1588 in 1614.

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all’epoca un paesaggio costellato di splendide ville e rigogliosi giardini, parte di quel sistema abitativo che integra appunto palazzi di città e residenze fuori dalle mura e che venne ritenuto da Pieter Paul Rubens una peculiarità di “quella Repubblica propria di Gentilhuomini”56.

Sul ruolo delle ville nell’ambito dell’alloggio di visitatori importanti e sui vantaggi offerti da una tale collocazione, Magnani afferma che

Proprio il luogo di villa offre opportunità per trascendere – almeno in quegli spazi – un’etichetta che poteva porre in condizione subalterna gli aristocratici genovesi rispetto agli ospiti più illustri. Nel complesso di villa, al di là e a volte malgrado la relativamente limitata dimensione della proprietà e del costruito – spesso comunque giudicate eccessive per “gentiluomini particolari” – si sottolinea, accanto al privilegio di una dimensione “domestica” di godimento di un ambiente e di un paesaggio favorevolissimi, la qualità delle trasformazioni indotte attraverso interventi aggiornati e “alla moda”.57

Proprio queste funzioni sembrò giocare la Villa Grimaldi a Sampierdarena durante il soggiorno di Vincenzo Gonzaga. Il segretario personale del Duca non mancò di annotare la dimestichezza con cui il suo signore si relazionava con i suoi ospiti, e ritenne cagione di ciò proprio la piacevolezza e la relativa informalità dell’ambiente di villa58 (cfr. § 2.1).

Così l’ospite conosce e valorizza i pregi della sua proprietà nell’auspicare che “lo fresco della mia spiaggia e la delicatezza di quest’aria” potesse giovare e toccare favorevolmente il duca.59 Una parte cospicua della piacevolezza del soggiorno del Duca, amante della musica e della bella conversazione, era senza dubbio costituita dai giardini e dalle delizie che tali paradisiaci luoghi permettevano di godere.

56 P.P. Rubens, Al Benigno Lettore, in I Palazzi di Genova, Anversa, 1612. (edizione consultata: Palazzi Moderni di Genova raccolti e designati da Pietro Paolo Rubens, ristampa a cura di Compagnia di Imprese Elettriche Liguri CIELI, Genova, 1955).

57 Magnani, 2008 a, p. 71.

58 Cfr. Appendice Documentaria in Magnani, 2008 a, p. 87.

59 Magnani, 2008 a, p. 71.

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Fig. 14

Villa Grimaldi detta

“La Fortezza” in una foto di Paolo Monti del 1963. Milano, Civico Archivio Fotografico, Fondo Paolo Monti

Le fonti ricordano in particolare il banchetto, privato ma lauto, offerto all’ospite d’onore presso la grotta artificiale della villa Pavese in Sampierdarena60 (cfr. § 2.1): tale struttura fece da scenografico fondale all’intrattenimento che vide avvicendarsi “belle ninfe”, come dice espressamente Annibale Iberti61, poesia declamata con ardore e ispirazione da Carlo Rossi, letterato giunto al seguito del Gonzaga, ed esecuzioni canore del tenore Francesco Rasi, anch’egli al seguito del Duca62.

La grotta, da cui la ninfa Eco rispondeva al suo canto, deve aver rappresentato un fondale conviviale ed estremamente atmosferico per il concerto63.

Francesco Rasi, cantante e compositore di grande fama, aveva interpretato proprio il ruolo di protagonista nell’Orfeo di Monteverdi, la cui prima rappresentazione, seguita da repliche che ne testimoniarono l’ampio successo, si ebbe a Mantova, il 24 febbraio del 160764. È possibile che il

60 Sul ruolo delle grotte artificiali e dei loro prospetti come scenografie per spettacoli musicali e teatrali, cfr. Magnani, 1984, pp. 49-52.

61 Lettera del 14 luglio 1607, cfr. Magnani, 2008 a, pp. 86-87.

62 Della presenza di Francesco Rasi e Carlo Rossi ci danno testimonianza sempre le lettere di Annibale Iberti.

63 S. Hanke, The splendour of bankers and merchants: Genoese garden grottoes of the sixteenth century, in «Urban History», 37,3, 2010, p. 405.

64 Cfr. T. Carter, Singing Orfeo: on the performers of Monteverdi's first opera, in «Recercare», 1999, Vol. 11, p. 78.

L’autore ricorda che abbiamo notizia della partecipazione di Rasi alla compagnia che interpretò Orfeo a Mantova da una raccolta di rime del poeta mantovano Eugenio Cagnani, edita nel 1612. A proposito dell’opera, leggiamo che “in quella cantando quel signor Francesco Rasio, per eccellenza in tal professione così famoso che ognun tiene poter essere a Mondo pochi altri, che avanzar lo possano.”. E. Cagnani, Raccolta d'alcune rime di scrittori Mantovani: Con una lettera cronologica et altre poesie et rime dello stesso, Mantova, 1612, p. 9.

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Fig. 15

Palazzo D, ossia Villa Grimaldi detta “La Fortezza”, facciata. Da P. P. Rubens, Palazzi di Genova, Anversa, 1622

tenore, in occasione dei piacevoli intrattenimenti nei giardini delle ville di Sampierdarena, abbia proprio eseguito arie tratte dall’Orfeo65.

Sull’ingegnosità di Rasi si sofferma anche Maria Rosa Moretti, riportando come egli fosse capace, oltre che di accompagnarsi con l’arpa, di sfruttare i suggestivi effetti di eco resi possibili dalla particolare conformazione del giardino della villa per ottenere esibizioni che destassero stupore nel suo pubblico66. L’eco doveva essere un effetto particolarmente amato dal musicista, che anche in altre occasioni sembra averlo sfruttato per meravigliare gli ascoltatori. Nel suo studio sulle prime rappresentazioni dell’Orfeo di Monteverdi, Tim Carter riporta alcune citazioni da cronache dell’epoca. Secondo una di queste, Rasi, durante gli Intermedi che accompagnavano Il pastor fido di Battista Guarini (Mantova, 1598) cantando e suonando insieme il chitarrone, dette mostra della sua abilità facendosi rispondere da due eco67. Ancora, durante i festeggiamenti in onore del

65 Moretti, 1990, p. 59.

66 Ibidem.

67 Cfr. Carter, 1999, pp. 83-84 e nota 17. La citazione è tratta da S. H. Parisi, Ducal patronage of music in Mantua 1587-1627: an archival study, PhD diss., University of Illinois at Urbana-Champaign, 1989, p.180 n. 80. L’occasione

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matrimonio di Francesco Gonzaga e Margherita di Savoia, tenutosi nel 1608, dunque un anno più tardi rispetto al soggiorno del Duca di Mantova a Genova, Rasi si esibì in diverse occasioni. Nel ruolo di Arione, per il balletto torinese Tributi delle acque, “sopra l’arpa fece echeggiar le selve di celeste armonia”68; nel giugno dello stesso anno, sempre a celebrazione delle nozze dei suoi mecenati, Rasi ripropose suggestivi effetti di eco fra la sua stessa voce e gli strumenti:

cantò di questa maniera, rimbombando la sua voce in modo che s’udivano diversi stromenti ordinatamente l’un dopo l’altro replicare in forma d’eco da varie parti col suono i suoi ultimi accenti69.

Questi elementi, tanto per il versante musicale quanto per quello artistico-figurativo, ci permettono di capire come quell’idea di sfida fra natura e artificio tipica dell’età barocca avesse ottime possibilità di manifestazione proprio entro la cornice di festeggiamenti, celebrazioni e anche più semplicemente di intrattenimenti la cui piacevolezza era oltremodo arricchita dalla presenza di tali astuzie dell’ingegno. Come le grotte artificiali si moltiplicavano nei giardini genovesi erigendosi quasi a status symbol dei proprietari, così si “riproduce” la natura o la si asservisce nel ricercare effetti sonori capaci di suscitare la meraviglia del proprio pubblico.

Un’altra occasione di intrattenimento concomitante la visita del Duca di Mantova e resa celebre dalle cronache del tempo fu poi il barcheggio che si tenne in onore della festa di S. Giacomo, il 25 luglio del 1607. A questa manifestazione partecipò il Doge Geronimo Assereto, insieme a molti senatori della Repubblica70. Secondo quanto dettagliatamente riportato nei Libri dei Cerimoniali, il Doge avrebbe cenato presso la dimora del suocero Giovanni Geronimo Gropallo, in Carignano, e quindi accompagnato da questi e dai suoi famigliari, sarebbe stato condotto in carrega a mano di velluto cremisino guarnita di palazzo dai suoi servitori fino alle pendici del colle di Carignano, per

specifica della rappresentazione fu la visita a Mantova del cardinal Pietro Aldobrandini. Cfr. A. Garavaglia, RASI, Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 86, 2016, ad vocem.

68 Cfr. Carter, 1999, p. 84 e nota 19. La citazione è tratta da W. Kirkendale, The Court Musicians in Florence during the Principate of the Medici, with a Reconstruction of the Artistic Establishment, Olschki, Firenze, 1993, p. 573.

69 Cfr. Carter, 1999, p. 84 e nota 18. La citazione è tratta da F. Follino, Compendio delle sontuose feste fatte l'anno 1608 nella città di Mantova, per le reali nozze del serenissimo prencipe D. Francesco Gonzaga, con la serenissima infante Margherita di Savoia, Mantova, 1608.

70 Moretti, 1990, p. 59. Per le successive informazioni riguardo il barcheggio del 1607 cfr. Santamaria, 2017, p. 32 e pp.

36-37 nota 6.

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prendere parte alla gita in barca71. All’evento prese naturalmente parte la cappella musicale di Palazzo, che intervenne dopo i festosi colpi a salve sparati per sancire l’inizio del barcheggio72. Anche in questo caso non possediamo descrizioni del repertorio eseguito, ma sappiamo, sempre dalla cronaca dei Cerimoniali, che quando, circa al tramonto, le barche giunsero nei pressi della Villa Grimaldi di Sampierdarena, venne preparata una colazione, con sfoggio di preziose argenterie, per coinvolgere il Gonzaga lì ospite. Nel resoconto viene detto che

vennero tanti leuti con gentilhuomini di Cornigliano e San Pie di Arena et gentil donne all’intorno della puppa della Galera e il signor Duca col suo liuto per vedere la festa.

In questo specifico caso il termine «leuti» viene usato non come forma arcaica di “liuti” bensì a indicare un tipo di imbarcazione a vela piuttosto antico: a bordo di essi convennero diversi esponenti dell’aristocrazia per prendere parte ai festeggiamenti. Una riga più sotto inoltre notiamo che per intendere lo strumento musicale il compilatore della cronaca utilizza proprio la parola

“liuto”: possiamo pensare che l’espressione significhi che Vincenzo Gonzaga si presentò alla festa munito dello strumento a corde, dal momento che la musica era parte importante dell’educazione dei rampolli dell’aristocrazia. Durante il banchetto, che la cronaca racconta fin nei dettagli delle galanterie dei gentiluomini verso le belle dame, Vincenzo Gonzaga si volse appositamente per salutare il Doge e porgergli i propri omaggi, e quindi, appropinquandosi la notte, le galee e le barche del Doge e degli aristocratici si rivolsero verso il porto per far ritorno alle proprie dimore.73 La giornata si dovette concludere con gran soddisfazione del Doge e dei Senatori della Repubblica per aver apparecchiato una festa così ben riuscita da aver suscitato impressioni favorevoli presso l’ospite mantovano.

Aggiungiamo ancora qualche nota riguardo la musica che accompagnò tale evento74. Che liuti, arciliuti e chitarre fossero strumenti presenti durante i barcheggi, ci è possibile testimoniarlo attraverso la tela di Cornelis de Wael (fig. 16), oggi presso il Conservatorio di Nostra Signora del

71 Cfr. Santamaria, 2017, pp. 36-37 nota 6.

72 Ibidem.

73 Ibidem.

74 Ibidem.

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Rifugio e proprietà delle Suore Brignoline, ritraente appunto una gita in barca a cui partecipano più lance da diporto e che Orlando Grosso ritenne ambientata a Sestri Ponente al largo della badia di Sant’Andrea75. Per il realismo tipicamente fiammingo che lo studioso attribuisce all’artista, confrontando anche la tela con il disegno, autografo, rappresentate una veduta di Nervi (fig. 17), Grosso ha sostenuto che i caratteri del paesaggio, così come quelli delle barche da diporto, siano verosimili e dunque affidabili indizi per ricostruire una prassi ricreativa quale quella del barcheggio, che i nobili genovesi alternavano ad altre piacevoli attività da svolgersi nei giardini delle ville, digradanti appunto verso il mare fra scalinate e terrazzamenti76.

Se nella veduta di Nervi il dettaglio non è tale da permettere una precisa individuazione dei caratteri delle imbarcazioni, questo è invece possibile per la tela delle Brignoline, in cui possiamo scorgere i rematori, i passeggeri e i musicisti a bordo delle lance. Dall’analisi dell’abbigliamento dei personaggi, Marzia Cataldi Gallo ha dedotto una datazione della scena attorno alla metà degli anni Trenta del Seicento, dunque ben più tarda rispetto al barcheggio del 160777, tuttavia, confrontando l’immagine con la cronaca del più antico evento, notiamo appunto la presenza di un organico orchestrale non dissimile. Osservando ancora la tela di de Wael notiamo il costume turchesco dei rematori della lancia bianco-dorata al centro della composizione (fig. 18), mentre l’equipaggio dell’imbarcazione rossa, che conduce i musicisti sotto un baldacchino, veste un’uniforme verde oliva completa di berretto del medesimo colore: dettagli che ci ricordano il vivace realismo con cui de Wael descrisse le scene di vita dei lavoratori-schiavi orientali nel porto di Genova, soggetti della fortunata serie di incisioni pubblicata nel 164978.

75 Cfr. O. Grosso, La vita privata genovese nelle ville di Sestri Ponente (le barche da diporto dei sec. XVII e XVIII), in

«Genova, rivista mensile del comune», anno XXII, n. 6, Giugno 1942, pp. 4-6.

76 Ivi, pp. 1-6. Studi più recenti ad opera di Clario Di Fabio invece fanno propendere per una veduta più evocata che realisticamente descritta, per quanto riguarda il tratto di litorale che si vede sullo sfondo: per approfondire, cfr. C. Di Fabio, Due generazioni di pittori fiamminghi a Genova (1602-1637) e la bottega di Cornelis de Wael, in S. J. Barnes, P.

Boccardo, C. Di Fabio, L. Tagliaferro (a cura di), Van Dyck a Genova. Grande pittura e collezionismo, Catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale, 22 marzo – 13 luglio 1997), Milano, Electa, 1997, pp. 82-104.

77 Cfr. F. Boggero, Barcheggio marino in un dipinto di Cornelis de Wael, in Boggero, Simonetti, 2017, pp. 39-40. Cfr.

inoltre M. Cataldi Gallo, La moda a Genova nel primo quarto del Seicento, in Barnes, Boccardo, Di Fabio, Tagliaferro, 1997 pp. 132-149.

78 Cfr. Grosso, 1942, p. 4 e Boggero, 2017, p. 40.

71 Fig. 16

Corneliis De Wael, Barcheggio marino di famiglie patrizie a ponente di Genova, olio su tela, 1635-40, Genova, Conservatorio di Nostra Signora del Rifugio (Suore Brignoline)

Come ci fa ancora notare Grosso,

ogni famiglia doveva possedere la sua bella imbarcazione, con i rematori in costume, la bandiera della casata a prora e lo stendardo al candeliere di destra del tendaletto, verso l’interno: una barca tutta ligure come struttura di scafo, ma sontuosamente parata, con ornamenti di polena, di piccole balaustrate e tendaletto di ricca stoffa serica a colori.79

La barca dei musici (fig. 19) con il suo scafo dipinto di rosso e la balaustra colonnata dorata come la polena in forma di uccello, è molto ricca e fastosamente decorata; Grosso ipotizza perfino che uno dei suonatori di liuto, quello all’estrema poppa, possa essere, per l’eleganza dell’abbigliamento, un nobile: un dettaglio che ci fa tornare in mente l’espressione del Cerimoniale del 1607 a proposito del Duca di Mantova che giunse con il suo liuto. Nel caso del dipinto di de Wael, poteva trattarsi

79 Grosso, 1942, p. 7.