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Hospitaggi dalla Spagna all’Europa centrale: le visite di Massimiliano re di Boemia e della sua famiglia

Capitolo 3. Genova e gli hospitaggi: feste, cerimonie ed emblemi del potere per gli ospiti della Repubblica

3.4. Hospitaggi dalla Spagna all’Europa centrale: le visite di Massimiliano re di Boemia e della sua famiglia

Il 1547 era stato un anno cruciale anche nei domini centroeuropei dell’Impero: Ferdinando, fratello di Carlo V e re di Boemia, aveva dovuto affrontare, vincendola, una prima rivolta anti-asburgica nelle terre da lui governate; parallelamente, si adoperava per rendere ereditario il titolo reale195. All’inizio del 1548, seguendo quanto era stato stabilito nel testamento dell’Imperatore, erano stati proclamati contemporaneamente il viaggio di Filippo in Europa e il matrimonio dell’Arciduca Massimiliano con l’Infanta Maria (fig. 19)196: celebrate le nozze per procura in Spagna, in assenza dello sposo, era dunque giunto il momento per questi di recarsi di persona presso la moglie,

195 Cfr. Stagno, 2005, p. 117.

196 Cfr. Aliverti, 2004, p. 228.

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Fig. 19

Giuseppe Arcimboldo (attr.) Ritratto dell’Imperatore Massimiliano II con la famiglia, 1563, olio su tela, Vienna, Kunsthistorisches Museum

attraversando così, nel senso opposto del cugino Filippo, l’Europa continentale, e passando naturalmente per Genova197.

Della visita di Massimiliano, svoltasi pochi mesi prima di quella di Don Felipe, abbiamo notizia da due fonti antiche: il racconto che ne fece Teodoro Siciliano in un poema composto ed edito a Genova nel 1548, dedicato ad Adamo Centurione, e le già più volte citate Historie di Marco Guazzo198. L’Arciduca, proveniente da Augusta, era arrivato nel territorio ligure il 19 luglio 1548, e il giorno seguente, a circa otto miglia da Genova, era stato raggiunto da Antonio Doria, a capo di una numerosa delegazione di ben centocinquanta giovani gentiluomini genovesi, riccamente

197 Cfr. Guazzo, 1552, p. 677.

198 Per quanto riguarda il testo di Teodoro Siciliano, maestro di scuola genovese, il titolo completo è La valorosa et trionfante gionta e pomposa entrata della regal alteza don Maximiliano principe di Boemia e duca Daustria, fatta nella città di Genova con li grandi trionfi e incontro fatto per la Illustrissima Signoria e Principe Doria: nuovamente composta per Thiodoro Siciliano, maestro di schola in ditta citta nel 1548, s.l., s.n., 1548.

168 Fig. 21

Senator Genuensis in Liguria incisione da Abraham De Bruijn, Omnium pene Europae, Asiae, Aphricae atque Americae gentium habitus, Anversa, 1581, Amsterdam, Rijksmuseum

Fig. 20

Ritratto del Doge Benedetto Gentile

abbigliati «a più fogge, con gran recami d’oro e d’argento»199. Quindi, al suono di trombe e tamburi, il corteo avanzò fino a Sampierdarena, dove presso la Lanterna l’illustre ospite ricevette il benvenuto ufficiale della Repubblica da parte del Doge Benedetto Gentile (fig. 20), dei Senatori e, naturalmente, di Andrea Doria, tutti a cavallo200.

Come fa giustamente notare Laura Stagno, anche per questa solenne occasione la Signoria rispettò scrupolosamente il cerimoniale dedicato specificamente alle visite di sovrani: il Doge vestiva di

«carmosino», il color cremisi tipico delle insegne del potere, e dal momento che si era nella stagione estiva, gli abiti, anziché di pesanti velluti, erano «veste damaschine», come li definisce Teodoro Siciliano, mentre i Senatori portavano il tipico abito di damasco nero, il «robbone»

199 Cfr. Guazzo, 1552, pp. 677-678.

200 Ivi, 1552, p. 678.

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simbolo della gravitas e della dignità della loro carica (fig. 21)201. Seguivano poi, a piedi, gli ufficiali vestiti di nero e rosso e ancora:

Due maccieri a cavallo con due mazze d’argento grande, e a l’uso di damasco riccamente lavorate. Et il gran scudiero della Signoria portava in mano la spada col guarnimento, e il fodro dorato. Seguivano poi grande numero de gentilhuomini di matura età, con veste lunghe, e molto ricche, e innanti al Duce, al Senato, e a quelli gentilihuomini andavano a intorno trecento soldati italiani a piedi con armi bianche, e picche, che di tanti capitani davano vista […].202

Unitisi così i due cortei, l’Arciduca Massimiliano fu scortato fino al palazzo di Andrea Doria, ancora una volta residenza prescelta per l’hospitaggio, e lungo il percorso le galee, non solo genovesi ma appartenenti anche alle flotte di altre città, accompagnarono la regale processione con musiche, canti e spari a salve203: fra di esse, viene citata la galea «bastarda» che, come abbiamo visto, avrebbe accompagnato a Genova Don Felipe qualche mese dopo204. La flotta di navi genovesi, siciliane, napoletane fece esplodere più di quattrocento colpi di artiglieria, provocando un fragore tale da far tremare la terraferma, l’acqua e l’aria, mentre «trombetti, piffari e altri strumenti navali marinareschi» riempivano l’aria delle loro fanfare205. Del lungo corteo, meraviglioso e stravagante agli occhi del popolo genovese convenuto a salutare l’Arciduca, facevano parte numerosi nobili napoletani, milanesi, mantovani, oltre al Cardinale di Trento e naturalmente agli aristocratici provenienti dall’Europa centrale, giunti al seguito di Massimiliano206. Jaroslav Panek ha infatti sottolineato da un lato il ruolo che la partecipazione a tali eventi ebbe per la nobiltà ceca, boema e ungherese nel rinsaldare i rapporti con la dinastia asburgica che allora si trovava a dominare su quelle terre207, e dall’altro come nel corso delle prime occasioni di lunghi soggiorni

201 Cfr. Stagno, 2005, p. 118; Guazzo, 1552, p. 678 Per un’analisi più approfondita degli abiti da cerimonia del Doge e dei Senatori, cfr. M. Cataldi Gallo, Rosso, oro e nero: colori e simboli di potere nella Repubblica di Genova, in P.

Boccardo, C. Di Fabio, El Siglo de los Genoveses, e una lunga storia di arte e splendori nel Palazzo dei Dogi, catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale, 4 dicembre 1999- 28 maggio 2000), Milano, Electa, pp. 78-87.

202 Guazzo, 1552, p. 678.

203 Cfr. Stagno, 2002, p. 79.

204 Cfr. Guazzo, 1552, p. 679.

205 Ibidem.

206 Ivi, p. 678.

207 Cfr. J. Panek, The expedition of the Czech noblemen to Italy within period 1551-1552, in “Historica”, XXX, 1990, pp. 35-37.

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italiani, questa medesima nobiltà ebbe modo di entrare in contatto con la cultura delle corti rinascimentali della penisola, restandone profondamente affascinata208.

Per la prima volta nella storia ceca un gruppo numeroso di membri del ceto dominante cercò di accogliere la cultura rinascimentale come proprio stile di vita, e precisamente in quella forma in cui era offerta nelle residenze principesche e nei palazzi cittadini nella zona compresa tra Mantova e Genova (attraverso Cremona, Milano e Pavia). Questa rapida ricezione […] riguardava soprattutto la forma e l’arredamento delle sedi aristocratiche e tutti gli aspetti delle esigenze di rappresentanza dei loro padroni.209

Dal punto di vista degli ospiti genovesi, il corteo di Massimiliano costituiva un’occasione altrettanto interessante di osservazione di costumi, oggetti, moda, ben diversi da quelli noti:

destarono curiosa meraviglia i bagagli, le lettighe, i cavalli dalle criniere tinte di rosso con l’henné e i cocchi «all’ongaresca», ossia quelle carrozze disegnate secondo il modello realizzato proprio dagli ungheresi, con un sistema di ammortizzazione a molle tale da consentire spostamenti più veloci e attutire gli urti e i sobbalzi210. Massimiliano di Boemia, allora ventenne, avanzava in sella a un cavallo turco leardo (ossia dal manto picchiettato). Vestiva un abito che viene definito dal Guazzo di foggia militare: una casacca di damasco dal colletto semplice, di cuoio bianco, e un cappello di paglia con una lunga piuma per ornamento, che, tuttavia, sembrava più volte trovarsi in mano che sul capo dell’Arciduca, in segno di continua reverenza per il caloroso benvenuto accordatogli dalla Repubblica211. Come di consueto, infatti, la cronaca del Guazzo si sofferma a descrivere il festante popolo genovese, che accolse Massimiliano riempendo vie e piazze, mentre giovani donzelle si affacciavano alle finestre, dotate di tale bellezza e abbigliate nelle loro vesti «di tante ricchezze ornate» che suscitarono lo stupore generale212. In tale atmosfera gioiosa il corteo raggiunse quindi la dimora di Andrea Doria a Fassolo, dove la delegazione della Signoria si congedò lasciando che l’Arciduca e il suo seguito si ritirassero negli alloggi predisposti per loro. La sera, Massimiliano

208 Cfr. J. Panek, L’Italia meta dei viaggiatori cechi nel Rinascimento, in S. Graciotti (a cura di) Italia e Boemia nella cornice del Rinascimento europeo, Firenze, Leo Olschki, 1999, pp. 333-345.

209 Panek, 1999, pp. 338-339.

210 Cfr. Guazzo, 1552, p. 678. Per il cocchio “all’ongaresca”, cfr. C. P. Murphy, Isabella De’ Medici. La gloriosa vita e la fine tragica di una principessa del Rinascimento, Firenze, Il Saggiatore, 2008, p. 117.

211 Cfr. Guazzo, 1552, p. 678.

212 Ibidem.

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godette poi di una piacevole gita a bordo della galea bastarda, e al suo ritorno si spararono nuovamente colpi d’artiglieria, «e molti raggi furono tirati che con allegro fuoco nell’aria montavano»213. Dopo cena vi fu un concerto di piacevolissima e dolce musica; quindi, nella piazza del palazzo Doria si organizzò una festa a cui accorse gran parte del popolo, e si vide, qui per la prima volta, quella straordinaria macchina sospesa a mezz’aria da cui venivano sparati fuochi d’artificio (cfr. § 3.3)214. Per tutta la durata del soggiorno di Massimiliano, il palazzo del Principe risplendette di tanto fasto e di tanti arredi preziosi da far dire al Valentini, il ricamatore che abbiamo già incontrato in occasione delle visite di Carlo V, che la casa sembrava pronta ad accogliere Sua Maestà in persona215.

Domenica 22 luglio l’Arciduca assistette in San Lorenzo alla messa «cerimoniosamente cantata»

dalla cappella del duomo216: non abbiamo altre notizie relative alla funzione, ma stando a quanto stabilito negli Ordinamenti è possibile che si trattasse di un’esecuzione che alternava canto monodico (gregoriano) e polifonia217, con l’accompagnamento dell’organo.

Stando alla datazione del Guazzo, Massimiliano lasciò Genova alla volta della Spagna il 25 luglio, per raggiungere l’Infanta Maria sua novella sposa. Prima della partenza, molti doni preziosi erano stati scambiati fra i genovesi e l’Arciduca, che, da parte sua, regalò al Doria un orologio di straordinaria fattura: non conosciamo il nome dell’artefice di tale preziosa macchina in argento dorato, alta quattro palmi secondo quanto riferito sempre da Valentini nell’Inventario del 1606218. L’orologio prevedeva un complesso meccanismo che consentiva a sette figure rappresentanti gli Elettori di comparire e far riverenza all’Imperatore assiso in trono allo scoccare di ogni ora: una complessa simbologia «politico-meccanica», come è stata definita da Laura Stagno, che se da un lato si applica a livello più generale agli orologi come categoria di oggetti, dall’altro, in questo specifico caso, riassumeva perfettamente l’esaltazione della casa asburgica in un contesto politico

213 Ivi, p. 679.

214 Ibidem.

215 Cfr. Stagno, 2005, pp. 119-120.

216 Cfr. Guazzo, 1552, p. 680.

217 Cfr. Moretti, 2005, p. 385.

218 Cfr. Stagno, 2005, p. 120 e p. 132 nota 55.

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delicato, all’interno del quale il sistema di alleanze giocava un ruolo fondamentale219. A simboleggiare la concordia raggiunta nelle terre dell’Impero grazie alle imprese degli Asburgo vi era poi un albero germogliante dalla figura di un guerriero alla base dell’orologio220.

Massimiliano tornò a Genova per due volte nel 1551, in compagnia della moglie Maria: la prima, in luglio, nel corso di un viaggio che dalla Germania doveva ricondurlo in Spagna, e in tale occasione fu preceduto dal cugino Filippo che era giunto in Liguria pochi giorni prima; la seconda, all’interno di un itinerario accuratamente studiato e pianificato nei mesi precedenti e che, a partire dal 20 ottobre, avrebbe dovuto condurlo in Boemia come reggente221. Un disegno, quest’ultimo, progettato dal padre Ferdinando in maniera non molto dissimile da quanto Carlo V aveva fatto con il figlio Filippo pochi anni prima, al fine di consolidare la posizione di Massimiliano nei territori boemi e di portare lustro al «ramo più giovane» della famiglia Asburgo222. In occasione di questo terzo soggiorno genovese, Massimiliano, dopo il consueto viaggio a bordo delle galee di Andrea Doria, fu nuovamente accolto con tutti gli onori, insieme ai due figli e alla moglie, incinta del terzo. Anche per l’Infanta Maria questo soggiorno fu di grande importanza, in quanto rappresentava il suo primo viaggio ufficiale in veste di regina accanto al consorte: Ferdinando I aveva infatti voluto che la nobiltà boema si riunisse a Genova per dare il giusto benvenuto alla giovane regina223: tuttavia, considerati gli alti costi della permanenza in Liguria e l’obbligo di consegnare le armi una volta entrati in città, gli aristocratici austriaci, ungheresi, cechi (circa duecento uomini) preferirono alloggiare altrove, convenendo a Genova all’arrivo della coppia di giovani sovrani224. Il 13 novembre Massimiliano e Maria (accompagnata da un numeroso seguito) sbarcarono nel territorio della Repubblica e il corteo, fastoso come sempre, fu a lungo ricordato per la presenza dell’elefante indiano donato agli sposi dal re di Portogallo per il loro matrimonio225.

219 Ivi, p. 120.

220 Ibidem.

221 Cfr. Panek, 1990, pp. 39-40.

222 Ivi, p. 40.

223 Ivi, p. 45.

224 Cfr. Stagno, 2005, p. 120

225 Ibidem.

173 Fig. 22

Giovanni Contarini (attr.) Ritratto di Giovanni Andrea Doria I, olio su tela, già Firenze, Collezione Contini Bonaccossi

Questo secondo prolungato soggiorno italiano fu nuovamente d’ispirazione per la nobiltà boema che ebbe modo, nei mesi precedenti l’arrivo di Massimiliano e Maria, di intrecciare relazioni, entrare in contatto con la cultura delle corti, e importarle in seguito nelle proprie terre. Il modello italiano veniva adattato alle realtà locali e spesso architetti e artisti della penisola venivano chiamati a progettare residenze, arredi e opere d’arte226. La musica stessa ebbe una grandissima penetrazione e diversi aristocratici, fra cui il potente Vilem di Rožmberk, fondarono orchestre che eseguivano repertorio italiano, grazie all’importazione di partiture dall’estero227.

226 I nobili boemi non mancarono naturalmente di importare anche la cucina italiana, come sottolinea sempre Panek.

Cfr. Panek, 1990, pp. 65-66.

227 Cfr. Panek, 1999, p. 339. L’autore inoltre sottolinea come le scelte dell’aristocrazia, in quanto classe dirigente, abbiano presto orientato anche il gusto della borghesia, contribuendo a una capillare diffusione dei modi della cultura rinascimentale e manieristica italiana nelle terre del centro Europa, in una maniera tutt’altro che superficiale, trattandosi bensì di una consapevole ricezione profonda di uno stile di vita che esprimeva perfettamente le “esigenze di rappresentanza” della classe politica.

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Vent’anni più tardi, nel 1571, la dimora dei Doria ospitò i figli di Massimiliano, Rodolfo ed Ernesto, insieme a Don Giovanni d’Austria: dopo la morte di Andrea Doria (1560) il suo successore, Giovanni Andrea Doria I (fig. 22), portò avanti con magnificenza la tradizione degli hospitaggi e in occasione della visita dei giovani principi Asburgo si organizzarono fastosi festeggiamenti228. In particolare, viene ricordata dalle fonti antiche una grande festa da ballo tenutasi nel palazzo di Fassolo il 29 luglio e preceduta da un elegante banchetto: ne abbiamo notizia proprio dalle parole di uno dei protagonisti della serata, ossia il ballerino e compositore Cesare Negri (fig. 24), che si esibì appunto in tale occasione e ricordò l’evento nelle sue Gratie d’Amore229. Il testo è un voluminoso trattato sulla danza, che costituisce una delle poche e preziosi fonti italiane sul tema, mostrando come tale disciplina ricoprisse un ruolo di spicco nell’educazione e nella vita culturale e sociale dell’Italia rinascimentale230. Il trattato fu stampato a Milano nel 1602, con il titolo di Le Nuove Invenzioni e venne dedicato a Filippo III, re di Spagna (fig. 23): le primissime pagine sono infatti occupate da alcuni madrigali in onore del sovrano e della regina Margherita, sua moglie, poi protagonista di una sezione del testo relativa alla descrizione della sua entrata a Milano, e dei festeggiamenti successivi231. L’opera di Negri si articola in tre parti definite trattati: all’interno del primo, dopo alcune considerazioni di carattere generale sulla danza e un elenco dei più famosi maestri di danza del suo tempo, l’autore racconta brevemente dell’entrata nel porto di Genova di Don Giovanni d’Austria, con i due principi figli di Massimiliano, e quindi accenna al banchetto offerto da Giovanni Andrea Doria, durante il quale vennero servite ben diciotto portate e furono invitate cinquantadue fra le dame più nobili della città, «tutte vestite d’ermellino, e di raso bianco, ornate di bellissime gioie»232.

228 Cfr. Stagno, 2005, p. 122

229 Cfr. C. Negri, Le Gratie d’Amore di Cesare de Negri milanese detto il Trombone, maestro di ballare, Milano, 1602, pp. 7-8

230 Cfr. G. Y. Kendall, Le Gratie d’Amore 1602, by Cesare Negri: translation and commentary. A final project submitted to the department of music and the committee of graduate studies of Stanford University, in partial fulfillment of the requirements for the degree of Doctor of Musical Arts, tesi di dottorato, Stanford University, 1985, pp. 1-3

231 Cfr. Negri, 1602, pp. 12-13.

232 Ivi, pp. 7-8.

175 Fig. 23

Le Nuove Invenzioni di Cesare Negri milanese detto il Trombone, Milano, 1602, frontespizio

Fig. 24

Ritratto di Cesare Negri, contenuto all’interno del trattato Le Nuove Invenzioni

Cesare Negri non si addentra nei dettagli dello svolgimento della festa, cui parteciparono diversi aristocratici e principi provenienti dalle varie corti italiane (vengono citati i signori di Firenze, di Urbino e di Parma)233. Viene invece fornita una accurata descrizione del ballo in maschera organizzato per l’entrata di Don Giovanni d’Austria a Milano, tenutosi il 26 giugno del 1574, dunque a pochi anni di distanza dai festeggiamenti genovesi. Per questa occasione il Negri ricorda tutti i costumi dei vari personaggi e ne spiega il significato allegorico, così come cita i diversi strumenti musicali impiegati di volta in volta nelle sezioni del ballo234.

233 Ivi, p. 8.

234 Ivi, pp. 9-11.

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Nel medesimo 1574, Don Giovanni d’Austria fu a Genova per tre volte, sempre ospitato da Giovanni Andrea Doria a Fassolo: dei soggiorni liguri l’Asburgo ebbe piacevolissimi ricordi, e in una lettera al Principe Doria, con cui era in assiduo rapporto epistolare, egli espresse tutto il suo apprezzamento per il trattamento d’onore ricevuto235.

Maria, ormai vedova di Massimiliano, tornò ancora a Genova con i figli nel 1581: gli ospiti furono nuovamente alloggiati nel palazzo Doria, che per l’ultima volta si mostrava, eccezion fatta per il continuo rinnovamento degli arredi e l’arricchimento della collezione di arazzi e argenti, nella struttura originariamente progettata: di lì a pochi anni infatti Giovanni Andrea dette avvio a un grande cantiere volto ad espandere il palazzo aggiungendo alcune stanze e, soprattutto, la galleria aurea, nuovo ambiente di rappresentanza e di massimo prestigio che farà il suo debutto come sala delle udienze per l’arrivo di Margherita d’Austria (cfr. § 3.6).