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Areali produttivi, varietà coltivate

I bacini di produzione degli agrumi italiani, la cui superficie coltivata si è man- tenuta pressoché stabile negli ultimi anni, sono localizzati in Sicilia – con una mag- giore concentrazione nelle province di Catania, Siracusa e Agrigento – e in Calabria, nei comprensori della Piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria), nella Piana di Lame- zia Terme, sulla costa ionica in provincia di Catanzaro, nella Piana di Sibari e sulla costa ionica in provincia di Cosenza. In Sicilia si concentra il 54% della produzio- ne italiana di arance e il 90% di quella dei limoni; tuttavia, produzioni significative si riscontrano anche in altre Regioni del Mezzogiorno.

Con una superficie complessiva di 103.638 ettari e una produzione nazionale di 2,57 milioni di tonnellate, le arance rappresentano l’agrume più coltivato in Ita-

lia (dati ISTAT, 2007), pari al 62,3% della produzione agrumicola nazionale (Tabella

3.1), con prodotti di elevato pregio qualitativo, seguite dai limoni (16,5%), dalle clementine (15,5%) e dal mandarino (5,7%).

14 Le proprietà farmacologiche riconosciute degli antocianosidi – favoriscono la rigenerazione della porpora visiva,

sono antiossidanti, vasodilatatori e antiaggreganti – conferiscono alle arance pigmentate un alto valore salutisti- co e un forte valore aggiunto in termini di eccellenza del prodotto.

Tabella 3.1 - Superficie e produzione di agrumi in Italia

Superficie in produzione (ettari) Produzione raccolta (000 t)

2006 2007 var. % 2006 2007 var. % Arancio 102.518 103.648 1,1 2.346,1 2.576,6 9,8 Limone 27.911 27.422 -1,8 573,2 538,8 -6,0 Clementine 25.065 25.824 3,0 534,8 562,9 5,3 Mandarino 9.411 9.470 0,6 155,5 146,6 -5,7 Bergamotto 1.498 - - 35,3 - - Pompelmo 261 - - 7,5 - - Altri agrumi 69 - - 1,5 - - Agrumi 166.733 166.364 -0,2 3.653,8 3.824,9 4,7

Fonte: INEA, Annuario dell’Agricoltura italiana, 2007

Quasi la metà della produzione arancicola si realizza in Sicilia, mentre il 30% in Calabria e la restante parte in Puglia e Basilicata. Tra le varietà prodotte, le aran- ce pigmentate – a differenza di quanto avviene negli altri paesi del Mediterraneo – rappresentano il gruppo più consistente, le cui produzioni sono localizzate principal- mente nella Sicilia orientale (70%), dove le caratteristiche pedo-climatiche conferi-

scono unicità al prodotto, caratterizzato da una buona espressione di antocianine14e

da un buon rapporto zuccheri/acidità; nella Piana di Catania si produce la IGP“Aran-

cia di Sicilia” che, da sola, rappresenta il 24,5% della produzione nazionale di aran- ce e il 45% della produzione siciliana di arance.

Tra le arance pigmentate si registra, negli ultimi anni, l’espansione della cul-

tivar Tarocco nel siracusano e nel cosentino (Piana di Sibari), a scapito delle arance

Sanguinello e Sanguigna e della varietà Moro. La selezione clonale del Tarocco ha consentito la diversificazione di questa cultivar di pregio con l’ottenimento di aran- ce che si differenziano per epoca di maturazione, contenuto in antocianina della buc- cia e della polpa, consistenza del frutto e persistenza sulla pianta; le nuove selezio- ni hanno ampliato da fine novembre a maggio l’epoca di maturazione dei frutti che, con un’adeguata frigoconservazione, può arrivare – per le selezioni tardive con bas- si livelli di pigmentazione – anche al mese di agosto.

Gli altri gruppi di arance prodotti a livello nazionale sono le arance ombeli-

cate e le arance bionde (la cultivar Biondo comune è concentrata per quasi il 60%

produzioni più consistenti sono rappresentate dalla cultivar Valencia e da altre sele-

zioni bionde per mercati di nicchia, come l’arancia calabrese Belladonna apireno o

Biondo di San Giuseppe. Le coltivazioni di arance a polpa bionda del gruppo Navel,

in particolare la cultivar precoce Navelina, e quelle tardive del gruppo Valencia,

pur in presenza di frutti di apprezzabile qualità, subiscono la pressione dei prodotti spagnoli e sudafricani, scambiati a prezzi più competitivi; il mercato sta mostrando

interesse per le selezioni tardive Navelina e Lanelate, che presentano migliori carat-

teristiche dei frutti rispetto a quelli del Valencia e dell’Ovale. La coltivazione di aran-

ce bionde è diffusa, seppure in quantitativi meno consistenti, in Basilicata, nelle val- li dell’Agri e del Sinni e nei Comuni della costa ionico-metapontina, e in Puglia, nel-

l’area del Gargano, dove la tutela del prodotto è affidata all’IGP “Arancia del

Gargano”.

Per quanto riguarda i mandarini, la vasta gamma di varietà del gruppo manda- rini-simili – la cui produzione è costituita per il 70% da clementine, per il 20% da mandarini e per il 10% da altri ibridi (tangeli, satsuma, la cui precocissima cultivar Miyagawa produce frutti di buona pezzatura, succosi e apireni) – ha creato una dif- ferenziazione e un’articolazione dell’offerta sul mercato, in relazione al continuo incremento dei consumi a livello europeo. Si tratta di un insieme di specie e ibridi (chiamati anche tangeri) caratterizzati da frutti di pezzatura medio-piccola, facilmen-

te sbucciabili (easy peeling) e con spicchi facilmente separabili.

La cultivar di mandarino maggiormente diffusa è l’Avana o Comune, nono-

stante gli standard di commercializzazione sul mercato del fresco richiedano per que-

sto frutto solo le pezzature più grosse, e il Tardivo di Ciaculli (cfr. paragrafo 2.2),

che per effetto della sua epoca di commercializzazione non risente della concorren-

za delle clementine. L’Avana sta scomparendo dal quadro varietale di tutti i paesi

mediterranei per la difficoltà nell’ottenere frutti di calibro medio-grande, per l’al- ternanza di produzione e per l’elevato numero di semi (nonostante da tempo sia sta-

ta selezionato il frutto apireno, esso è indistinguibile nell’aspetto dall’Avana); la

varietà, infatti, risente della concorrenza delle clementine, presente sul mercato nel- lo stesso periodo. La provincia di Palermo è la principale area di produzione dei man- darini; altre aree interessate sono la costa ionica del catanese, il siracusano e alcune

zone della Basilicata, dove al mandarino Avana si sta preferendo la cultivar del grup-

po mandarini-simili Miyagawa del satsuma, precoce e apireno.

La coltura del clementine, nato da un ibrido tra l’arancio amaro e il mandari- no comune, è diffusa soprattutto in Calabria, nella provincia di Cosenza (Piana di

Sibari) – dove è presente da più di un decennio l’IGP“Clementine di Calabria” – e

di Reggio Calabria (Piana di Gioia Tauro); produzioni di pregio sono presenti anche

in alcune zone della Basilicata e della Puglia, dove la varietà apirene ha ottenuto l’IGP

“Clementine del Golfo di Taranto”. La pianta, che ha una bassa esigenza di calore, offre frutti di qualità elevata, ma con un calendario di commercializzazione di soli

tre mesi; poiché si tratta di un prodotto molto richiesto, da diversi anni è stata incre- mentata la diffusione di due varietà calabresi proveniente da mutazioni originatesi

localmente, il clementine precoce Spinoso e quello tardivo Rubino, e sono stati dif-

fusi altri ibridi precoci e tardivi (Nova e Hernandina), con caratteristiche distintive

per produttività e pezzatura del frutto, che hanno suscitato interesse sul mercato; le nuove varietà si sono sviluppate su superfici un tempo investite a Tangelo Mapo,

mandarino Tardivo di Ciacullo e arance Valencia. Ciononostante, in alcune aree, è

ancora diffusa la cultivar clementine Monreal, dalla pezzatura medio-grossa, che dava

buone rese in passato ma che oggi, per la diffusione di numerose varietà apirene (Nules e Oroval sono le più recenti), stenta a essere collocata sul mercato del fre- sco. Il clementine apirene, infatti, oltre a essere apprezzato dai consumatori, pre- senta una maggiore resistenza al freddo e ai trasporti.

Tra le varietà di limone, le cui produzioni si concentrano nelle zone costiere

della Sicilia, della Calabria e della Campania, è diffuso il gruppo del Femminello (per

la cultivar Femminello siracusano, da tempo nota e apprezzata dai mercati, è stata

presentata la richiesta di denominazione IGP“Limone di Siracusa”) che, attraverso

mutazioni gemmarie, ha originato numerose selezioni, alcune più tolleranti alla fito-

patologia del “mal secco” (come la S. Teresa), con diversi stadi di maturazione, che

ne hanno ampliato la disponibilità sul mercato. Anche la cultivar Monachello, intro-

dotta in passato per la sua resistenza alle fitopatologie, è piuttosto diffusa, ma non possiede una spiccata attitudine a rifiorire e produce frutti a basso standard qualita- tivo per il mercato del fresco, per cui la destinazione più importante è rappresenta-

ta dall’industria di trasformazione. Alla trasformazione è destinato anche il Femmi-

nello Zagara bianca, diffuso soprattutto nella provincia di Trapani, che – nonostan- te presenti più fioriture – non ha le caratteristiche di eccellente qualità per il consumo fresco.

Riguardo al mercato del fresco, al quale viene destinato il 50% della produ- zione limonicola, le prime produzioni di limoni denominate “primofiore”, raggiun- gono quotazioni tanto più elevate quanto più la raccolta è precoce; tra queste si distin-

gue l’Interdonato di Messina, coltivato nell’areale ionico, che si propone sul mer-

cato in settembre, in una fase di “vuoto” dell’offerta. Lo sviluppo di cultivar con caratteri migliorati, sotto il profilo colturale, della sanità e della qualità del prodot- to, svolge un ruolo fondamentale ai fini commerciali, in quanto la sovrapproduzio- ne nei paesi rivieraschi del mediterraneo, l’aumento dei costi produttivi e la libera-

lizzazione del commercio ai paesi extra-UE(Argentina) hanno ridotto le quote di mer-

cato del limone italiano. Produzioni regionali di pregio hanno ottenuto la tutela

comunitaria e sono, in Puglia, l’IGP“Limone Femminello del Gargano” e, in Cam-

pania, l’IGP“Limone Costa d’Amalfi” e l’IGP“Limone di Sorrento”, entrambi con-

siderati prodotti di eccellenza sia per il mercato del fresco che per la produzione del

La produzione del pompelmo, che in Italia è stato introdotto all’inizio del XX secolo, ha un peso ancora contenuto nell’agrumicoltura italiana – appena lo 0,2% –, probabilmente per la concorrenza di altri paesi produttori. La produzione, di soli

7.000 quintali, e i 261 ettari di superficie investita (dati ISTAT, 2006), si concentrano

esclusivamente in Sicilia, nell’area di Siracusa. Negli ultimi anni, si registra una con-

trazione della principale varietà Mash (polpa chiara), sempre più sostituita dalla Star

Ruby (polpa rosa), maggiormente richiesta dal mercato.

Riguardo alla localizzazione degli agrumi minori, per i quali si rimanda al para- grafo 1.6, preme qui sottolineare che il bergamotto – i cui frutti, profumatissimi, sono simili al limone – ha trovato il suo habitat ideale in una striscia di terra non più ampia di cento chilometri, tra Villa San Giovanni e Monasterace, compresa tra le propag- gini estreme dell’Aspromonte e i mari Ionio e Tirreno, in provincia di Reggio Cala- bria. Questa coltura rappresenta una realtà di prestigio per la Calabria; la produzio- ne e la commercializzazione della sua essenza, che rappresenta un prodotto unico tanto da ottenere il riconoscimento comunitario, costituiscono una forma di impren- ditorialità agricola di portata internazionale.

Nella tabella 3.2, riassumendo quanto descritto nelle pagine precedenti, si riporta la ripartizione percentuale tra le principali aree produttrici delle più diffuse specie di agrumi.

Tabella 3.2 - Areali di produzione per specie di agrume (incidenza percentuale sul totale)

Arancio Reggio Calabria Catania Siracusa Cosenza Matera Enna Altre prov.

22% 21% 17% 6% 6% 5% 23%

Limone Siracusa Messina Palermo Catania Reggio Calabria Trapani Altre prov.

25% 21% 20% 20% 3% 2% 9%

Clementine Cosenza Reggio Calabria Taranto Matera Catania Vibo Valentia Altre prov.

42% 17% 8% 8% 5% 4% 16%

Mandarino Palermo Reggio Calabria Catania Cosenza Matera Ragusa Altre prov.

23% 22% 13% 10% 8% 5% 19%

15 La rintracciabilità dei materiali da imballaggio che entrano in contatto con gli alimenti è disciplinata dal regola-

mento CEn. 1935/04 e successive modifiche.

16 Un organismo geneticamente modificato è un «organismo vegetale o animale caratterizzato da un determinato

gene, estraneo al suo originario corredo genetico nel quale esso è stato inserito con particolarissime tecniche

CAPITOLO 4

LA QUALITÀ COMMERCIALE DEGLI AGRUMI