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La qualità degli agrumi allo stato fresco

La qualità del frutto, in una situazione di mercato sempre più aperta al con- fronto internazionale, è legata non soltanto ai requisiti merceologici-mercantili (fre- schezza, gusto, colore, tenore di zucchero, ecc.) e a quelli igienico-sanitari, ormai considerati dei pre-requisiti dai consumatori e che, nell’ottica più ampia della sicu- rezza alimentare, oltre al condizionamento e all’imballaggio, devono garantire l’as- senza di residui, la risoluzione di problemi di carattere fitosanitario e così via; la qua- lità, infatti, include ogni altro elemento aggiuntivo che possa essere percepito come un plus dal cliente-consumatore, come, ad esempio:

– la regione d’origine del prodotto, che richiama elementi quali la tipicità, la tradizione, la genuinità;

– i contenuti nutrizionali e salutistici e le specificità intrinseche dei prodot- ti, anche di natura sensoriale;

– la rintracciabilità, che consiste nella possibilità di risalire all’origine del prodotto attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e del- la distribuzione;

– i fattori etico-sociali (produzione rispettosa dell’ambiente, sicurezza dei lavoratori, assenza di intermediari/prezzi minimi garantiti, ecc.);

– il marchio (industriale, commerciale, private label) e i servizi incorporati

(conservabilità, facilità d’uso, tipo di confezionamento/packaging);

I requisiti merceologici-mercantili e quelli igienico-sanitari discendono dalle norme di commercializzazione per i prodotti agrumicoli, dalla legislazione alimen- tare e dalle norme in materia di etichettatura dei prodotti alimentari. L’informazio- ne ai consumatori sul rispetto di questi requisiti è garantita mediante le indicazioni sull’imballaggio (identificazione dell’imballatore e/o speditore, natura, origine e caratteristiche commerciali del prodotto e, in via facoltativa, il marchio ufficiale di

controllo)15e quelle che obbligatoriamente devono essere riportate in etichetta e che,

vi trattamenti di conservazione, da più parti è ritenuta insufficiente a fornire esatte e chiare informazioni sia sui prodotti che sui processi di lavorazione e trattamento. Va detto, inoltre, che ogni altra informazione utile al consumatore (aspetti nutrizio- nali e salutistici, modalità d’uso, ricette, iniziative promozionali, ecc.) può essere riportata facoltativamente sull’imballo, sulla confezione o in etichetta.

La rispondenza del prodotto o processo produttivo a determinati requisiti aggiuntivi, invece, può essere certificata attraverso l’adozione di marchi specifici di qualità che, come si avrà modo di approfondire nei paragrafi seguenti, conferiscono un valore aggiunto di garanzia, per il consumatore, rispetto alla sola marca industria- le e commerciale; in tal caso, si distingue:

1) una certificazione regolamentata per i prodotti a denominazione di origi-

ne DOP/IGPe per i prodotti da agricoltura biologica, per i quali i criteri nor-

mativi e i procedimenti di certificazione sono definiti da regole cogenti (normativa comunitaria e nazionale);

2) una certificazione volontaria rilasciata da un ente terzo accreditato, la cui adozione comporta il diritto d’uso di un marchio che attesta la rintraccia- bilità del prodotto lungo le fasi della filiera e/o la conformità di un pro- dotto, di un servizio o del processo produttivo a determinate regole tecni- che emesse da organizzazioni internazionali al fine di agevolare gli scam-

bi di beni e servizi17.

Oltre a queste forme di certificazione di prodotto e/o di processo da parte di organismi terzi, gli operatori del settore possono inserire standard di qualità in fun- zione della destinazione del prodotto (consumo fresco, ristorazione, trasformazio- ne, esportazione) nei protocolli, negli accordi, nelle transazioni, definendo capitola- ti e contratti differenziati in modo da standardizzare le garanzie, individuando para- metri e procedure di volta in volta più idonee. I protocolli (capitolati) di fornitura disciplinano il rapporto tra cliente e fornitore, spesso a supporto della certificazione

di un prodotto a marchio di qualità alimentare/marchio di qualità superiore (es. “Pro-

dotto Coop”, “Percorso qualità Conad”, “Sapori e dintorni/Conad prodotti tipici”), mediante il rispetto di standard di riferimento che interessano l’intera filiera o alcu- ne fasi della filiera (Box 4.1).

ingegneristiche» (Germanò, 2006). La normativa comunitaria ha fissato la soglia di tolleranza per la presenza di

OGMautorizzati negli alimenti e mangimi nello 0,9%, oltre la quale tale presenza deve essere indicata in etichet-

ta; la soglia scende allo 0,5% per la contaminazione accidentale con OGMnon autorizzati ma con parere positivo

dell’UE.

17 In questo contesto rientrano i marchi di qualità alimentare; la certificazione di rintracciabilità e di filiera; i siste-

mi di gestione della qualità ISO9001/VISION2000; i sistemi di gestione ambientale ISO14001/marchio europeo

EMAS; i sistemi di gestione etica SA8000. Si veda, al riguardo l’Appendice in “Promuovere la responsabilità so-

Box 4.1 - Capitolato di fornitura: gli standard di riferimento per il settore ortofrutticolo

Nell’attuale scenario ortofrutticolo internazionale, gli standard di riferimento

di qualità più richiesti dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO) nell’ambito dei

protocolli di fornitura sono i seguenti:

1) GAP(Good Agricultural Practies): protocollo per i prodotti agricoli di origine

vegetale basato sulle corrette prassi igieniche e su elementi di difesa dell’am-

biente e di protezione sociale e della difesa dei lavoratori; il GAPè stato mes-

so a punto da EUREP(Euro Retailer’s and Produce’s Working Group), l’asso-

ciazione internazionale dei maggiori commercianti al dettaglio di prodotti ali- mentari, ed è richiesto dalle grandi catene della distribuzione moderna anglosassone, europea ed anche extraeuropea. Con l’introduzione della nuo-

va versione (luglio 2007) denominata GLOBALGAP, la certificazione è ora basa-

ta su uno standard per il rispetto di buone pratiche agricole, adatto a rispon- dere alle esigenze dei consumatori in merito alla sicurezza alimentare, rintrac- ciabilità, tutela e conservazione dell’ambiente, salute e sicurezza dei lavoratori e al benessere degli animali; la certificazione, che si applica sia alle produ- zioni animali che a quelle ortoflorofrutticole, ha carattere modulare, pertanto una singola azienda decide quali moduli applicare in funzione dei prodotti per i quali intende ottenere la certificazione;

2) BRC(British Retailer Consortium): standard messo a punto dalle maggiori coo-

perative di dettaglianti britanniche, utilizzato per garantire che i prodotti a mar- chio privato sono ottenuti secondo standard qualitativi ben definiti e nel rispet- to di requisiti minimi tecnici e strutturali. I principali elementi sono:

– disciplinari tecnici di produzione integrata (ICM, IPM, GLOBALGAP/EUREPGAP) in campo

– disciplinari tecnici con processi codificati nella fase di condizionamento in packing house

– disciplinari tecnici con processi codificati nelle fasi di lavorazione e/o trasforma- zione, confezionamento, in packing house

– parametri di qualità di prodotto definiti

– restrizioni ulteriori per la sanità e l’igiene del prodotto e dei processi (baby food, ecc.)

– rintracciabilità

– tipologie di confezionamento in relazione al marketing, all’ambiente, al servizio – schemi tecnici concordati che interessano l’intera filiera o fasi della filiera (es. GLO-

BALGAP/EUREPGAP, BRC, IFS)

18 Il sistema di autocontrollo HACCP(Hazard Analysis Critical Control Point) – introdotto dalla direttiva 93/43/CEE

nelle industrie alimentari ed esteso al settore primario e alla produzione di mangimi con il reg. CEn. 178/02 – con-

sente di evidenziare nella filiera produttiva i possibili rischi, individuarne i punti critici e prevedere per ognuno

di essi modalità di controllo tali da prevenirli. Dal 1° gennaio 2006, come dispone il reg. CEn. 852/04, tutti gli

operatori della filiera agro-alimentare, compresi gli agricoltori, sono tenuti a dotarsi di un Manuale di corretta

prassi igienica e a rispettare le norme della metodologia HACCP.

– adozione delle buone pratiche di riferimento;

– adozione di un sistema HACCP18;

– adozione di un sistema di gestione per la qualità documentato;

– controllo di standard per gli ambienti di lavoro, per il prodotto, per il pro- cesso e per il personale;

– esistenza di appropriate specifiche per: materie prime; prodotto finito; pro- dotti intermedi/semilavorati; monitoraggio dei fornitori; posizionamento del sito; l’accumulo, la raccolta e l’eliminazione del materiale di rifiuto; standard igienici e di organizzazione del personale; controllo di processo;

– IFS(International Food Standard): standard messo a punto dal BDH(Unio-

ne Federale delle Associazioni del commercio tedesche), al quale aderisco-

no le realtà più rappresentative dei retailer del Centro Europa. L’IFSrap-

presenta il corrispettivo del BCR per i paesi dell’area Centro-europea

(Austria, Svizzera, Francia e Germania).