• Non ci sono risultati.

Dall’esportazione dei frutti a quella delle famiglie:

2.2 Regione Puglia: aranceti sull’Adriatico

2.2.2 Dall’esportazione dei frutti a quella delle famiglie:

produzione di agrumi in Italia e al primo per le rese e i profitti unitari. Ogni albero fruttava 206 lire, pari al costo di una giornata di 206 braccianti.

Fonti storiche documentano che in un agrumeto vi era un vero e proprio gigan- te che nel 1875 aveva prodotto 8.000 frutti, cioè 235 lire di rendita; ogni 1.000 lire di capitale investito per ettaro fruttava oltre 4.000 lire.

L’inchiesta agraria di Stefano Jacini, promossa nel 1877 dal Parlamento del Regno d’Italia per conoscere le condizioni economiche del Sud, sottolinea il valore e la positività per l’economia garganica (Rodi e Vico in particolare) di questa colti- vazione.

Come avvenuto per gli agrumi delle altre Regioni meridionali, alla fine del- l’Ottocento e nei primi decenni del secolo scorso, le partite del Gargano erano diret- te soprattutto verso i mercati internazionali, in particolare verso il continente ameri- cano che assorbiva quasi tutta la produzione agrumaria. Da San Menaio e Rodi Gar- ganico partivano le navi della Regia Compagnia di Navigazione, che registrava nella sola Rodi l’imbarco annuale, nel periodo 1895-1920, di 11.000 tonnellate di agru- mi. Successivamente, con l’utilizzo di barconi, gli agrumi vennero trasportati da San Menaio a Manfredonia, con la ferrovia a Napoli e poi in America. Da Rodi, invece, rimase aperto il traffico per Trieste e per la Dalmazia.

Per motivare la necessità di una ferrovia per il Gargano, che richiese una lun- ga battaglia politica, furono citati gli agrumi, non solo come vettore economico, ma

anche per la possibilità di attrarre turismo: «Il viandante che all’annuncio della pri- mavera (…) sbocchi tra il dolce versante rodiano, alla vista di quella selva di pian- te d’aranci e limoni, prova lo stesso senso di abbacinamento da cui lo scavatore nor- dico dovette essere colpito all’apparizione improvvisa dei mantelli d’oro distesi sul fondo delle tombe micenee» (1908, Ferrovia del Gargano).

Nei mercati più importanti del mondo gli agrumi del Gargano furono apprez- zati con riconoscimenti di alto valore, come quello dato alla Ditta Ciampa alla Fie- ra Mondiale di Chicago (1893) o alla Ditta De Felice a Parigi, (1889), Edimburgo (1890) e New York (1892).

Ovviamente, l’affermazione dell’attività agrumicola nel corso dell’Ottocento portò anche alla costruzione di case coloniche, ville rustiche, strade e, successiva- mente, chiese e scuole, che modificarono ulteriormente il paesaggio con la presen- za di veri e propri villaggi o contrade, in cui si insediarono comunità rurali di colo- ni e mezzadri. La presenza di paludi nella zona di Vieste, Peschici, Cagnano, San- nicandro – e la conseguente mortalità per la malaria che all’epoca aveva tassi altissimi – rendeva, infatti, difficile la vita degli abitanti, che trovavano negli agrumeti un ambiente più sano e rigoglioso, in netto contrasto con il resto del territorio. Gli agri- coltori e le loro famiglie facevano largo consumo dei prodotti agrumicoli, perché abbondanti, e quindi avevano anche una salute più forte rispetto al resto della popo- lazione pugliese. Secondo le statistiche mediche del secolo scorso, ad esempio, duran- te il colera del 1866 con l’uso dei limoni fu possibile risparmiare molte migliaia di vite umane.

La raccolta degli agrumi avveniva attraverso il lavoro di “compagnie” com- poste da 18 persone ciascuna, con ruoli e funzioni ben distinte:

– un capociurma del “giardino”;

– un capociurma “du mntòne”, cioè del mucchio dei frutti raccolti; – sei ragazzi addetti al trasporto di “sporte” e “cuffine”;

– tre taglia-“pedicine” (peduncoli); – un addetto alla conta;

– tre “scapatrici” che con i “firitte” (calibri) selezionavano i frutti;

– tre “ncartatrice-’ncassatrice” che li avvolgevano in carte veline e li ripo- nevano nelle casse.

Le casse venivano trasportate a dorso di mulo nelle “barracche”, magazzini di lavorazione ubicati sulla spiaggia, nelle quali una sessantina di persone procede- vano sul “filatorio” (bancone) a una seconda selezione e alla confezione della “cas- se d’r’mballete” (casse di esportazione). Nella preparazione delle cassette gli agru-

mi non si pesavano, ma si contavano «a manate di cinque ciascuna, ed ogni cento-

l’abbuono del cinque per cento al compratore». Spesso, però, i negozianti ottene- vano uno sconto del dieci per cento sui limoni per tutto l’anno, e fino al 14 febbra- io, giorno di San Valentino, per le arance. I “facchini” di mare provvedevano poi a trasferire il prodotto dai magazzini alle imbarcazioni in partenza per Trieste.

Le incartatrici, sulla filiera del Canalone, prima di riporre gli agrumi nelle cas- sette di legno di faggio, li avvolgevano in preziose veline e in carta-pizzo. Le veli- ne e le carte pizzo avevano, già da allora, il logo delle ditte che commercializzava- no i prodotti e proponevano immagini e decorazioni in perfetto stile dell’epoca per abbellire le confezioni e attrarre l’attenzione degli acquirenti. La cura nel confezio- namento meravigliò i Savoia a tal punto che nel 1905 il Ministro Ponzio Vaglia si complimentò, a nome della famiglia reale, con la Premiata Ditta Ricucci che aveva inviato loro in dono i suoi fragranti e profumati frutti.

Una locandina della Società De Felice & C. rappresentava un’aquila maesto- sa che tra gli artigli trasportava i rami degli agrumi di Rodi, dominando le acque del- l’oceano, simboleggiando la maestosità di un vasto collegamento commerciale e la prelibatezza del prodotto; il “Consorzio Agrumi del Gargano”, recentemente costi- tuito per rilanciare il prodotto, utilizza questa stessa immagine come logo.

Un’altra pubblicità, quella della Ditta Ricucci, presentava, invece, una sfilata di personaggi, ciascuno dei quali portava una fascia con le parole-chiave dell’econo- mia di Rodi – commercio, navigazione, industria – trasportati da un carro sormon- tato da un globo sul quale sovrastava un’aquila con gli agrumi tra gli artigli e una fascia con la dicitura “L’union fait la force”. La frase testimoniava la fiducia che i produttori riponevano nell’unione in società come strumento per la pubblicizzazio- ne e la commercializzazione del prodotto, spese che il singolo produttore non sareb- be mai stato in grado di fronteggiare.

La Società Ciampa & Sons produsse una serie di locandine che riproduceva- no quattro figure che portavano ognuna una parola-chiave: “salute, pace, abbondan- za e felicità”. La frutta, infatti, veniva associata in maniera ricorrente a tali termini anche avvalendosi dell’utilizzo di associazioni a soggetti mitologici quali Atlante,

il Colosso di Rodi, o a personaggi storici italiani amati anche negli USA, come Cri-

stoforo Colombo e George Washington.

Coltivare terreni fertili ma accidentati, tuttavia, non era affatto semplice: biso- gnava convogliare le acque sorgive in canalette, proteggere i terreni con parapetti in muro a secco e difendere i giardini dai venti con vere e proprie barriere frangiven- to. A Vico e a Rodi i contadini riparavano i giardini con siepi di leccio o lentisco o di alloro, ma questo accorgimento si rivelava spesso insufficiente, perché a malape- na proteggeva gli alberi più vicini. Per questo, i contadini dividevano il giardino in

tanti “quadri”; tra l’uno e l’altro dei quali piantavano delle canne. «Ogni quattro, cin-

sotto zero marcivano le più superbe arance, con fallimento non solo del raccolto in atto, ma pregiudizio per più anni per le piante ferite nel tronco» (G. Cassieri).

Il piccolo centro agrumicolo, nonostante la crisi generale del settore, soprav- visse fino agli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso, quando con le forti migra- zioni nelle aree del Nord Italia, iniziò il graduale spopolamento delle campagne.

A determinare una quasi irreversibile crisi agrumaria fu, però, la perdita del mercato statunitense, a causa della tariffa protezionistica Dingley, disposta per difen- dere gli agrumi della California e della Florida dalla concorrenza straniera. La popo- lazione del luogo, che si sosteneva quasi esclusivamente con questo prodotto, passò così nei primi anni del 1900 da 6.400 a 4.900 abitanti, a causa dell’emigrazione ver- so l’America e, in particolare, verso l’area suburbana di New York.

2.2.3 La tutela e la valorizzazione del paesaggio e del prodotto. Il riconoscimento IGP