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sulle aree industriali attrezzate

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1974 (pagine 48-54)

Carlo Beltrame

1. Tra gli strumenti di riequilibrio territoriale e, in particolare, di diffusione articolata sul ter-ritorio dello sviluppo industriale, vengono ormai normalmente indicate, in formulazioni program-matiche sia a livello regionale come a livello lo-cale, le aree industriali attrezzate. Si tratta, ov-viamente, di uno strumento che si inserisce in un contesto di programmazione e di interventi molto vasto, che, al limite, può comprendere una serie di misure per limitare fortemente nuovi insedia-menti industriali (ma non solo industriali) in un'area metropolitana congestionata e, in contro-partita, altre misure atte a convogliare i nuovi sviluppi e i decentramenti dall'area congestionata verso aree periferiche o comunque esterne a detta area.

Nel proporre misure di limitazione di nuovi in-sediamenti nell'area metropolitana ci si è sovente riferiti a modelli inglesi e francesi (ma anche nei Paesi Bassi è rinvenibile una regolamentazione analoga), e cioè ai modelli volti a frenare drasti-camente la tendenza a nuove localizzazioni nelle aree, rispettivamente, di Londra e di Parigi. Oc-corre comunque ricordare che le autorizzazioni (« industriai development certificates ») del Board of Trade inglese sono necessarie per le nuove costruzioni industriali di una certa ampiezza, non solo nell'area di Londra, ma in tutte le aree al di fuori delle aree definite di sviluppo. Il limite di-mensionale delle nuove costruzioni per cui è ri-chiesto il « certificate » si abbassa comunque sen-sibilmente per le regioni dei Midlands e del Sud-Est del Paese. Per la regione parigina è stata poi fissata una rigida regolamentazione e la richiesta di « avis préalables » per quanto concerne la co-struzione non solo di nuovi stabilimenti indu-striali, ma anche di nuovi uffici al di sopra di una superficie minima.

Non si è però ancora chiarito come siffatti si-stemi di autorizzazione preventiva possano essere

adottati da noi, non solo a livello CIPE, come avviene attualmente per determinati investimenti di una certa dimensione, ma anche a livello re-gionale. A noi interessa, comunque, in questa sede, esaminare l'altro aspetto della politica di guida dello sviluppo, e cioè quello relativo alla distribuzione-orientamento programmato dello sviluppo industriale, dove si colloca anche il di-scorso delle aree industriali attrezzate.

2. Quanto si è finora affermato significa, in al-tre parole, che il discorso delle aree industriali attrezzate, almeno per quanto riguarda il Pie-monte, deve trovare il necessario inquadramento:

— nel disegno di sviluppo del piano regionale e nel conseguente schema di assetto territoriale; — in una selezione delle aree nelle quali, alla luce del punto precedente, operare prioritaria-mente;

— in una parallela operazione di dotazione infrastnitturale (non solo di ordine fisico) intorno alle zone industriali attrezzate.

L'ultimo tema toccato entra nel vivo della politica industriale che una Regione può darsi e che allora, a nostro avviso e anche secondo impo-stazioni della Regione Piemonte, dovrebbe arti-colarsi in una serie di interventi raggruppati nei seguenti principali gruppi di iniziative stretta-mente collegate:

a) iniziative di strumentazione finanziaria; b) creazione di strumenti promozionali e di

assistenza economico-tecnico-commerciale, legati eventualmente agli strumenti finanziari di cui al punto precedente;

c) politica delle aree industriali attrezzate. L'accenno di natura finanziaria fa riferimento allo strumento della finanziaria regionale

pubbli-ca e a possibili società di economia mista lopubbli-cali per realizzare le infrastrutture e quindi anche le aree industriali attrezzate. È chiaro, da un lato, che le aree industriali attrezzate possono essere realizzate anche da altri soggetti (il Comune e un consorzio di Enti locali) e, dall'altro lato, che altri canali finanziari potranno essere utilizzati per il finanziamento delle operazioni in oggetto (crediti speciali, finanziamenti e contributi attra-verso leggi regionali, ecc.) (')• Per quanto riguar-da gli strumenti promozionali e di assistenza, ne parleremo in termini esemplificativi quando ac-cenneremo alle impostazioni o alle esperienze in atto nelle diverse regioni in materia di aree indu-striali attrezzate. Sono comunque strumenti più direttamente collegati alle esigenze delle aziende industriali di minime dimensioni, come attesta la proposta lombarda di un centro di promozione e sviluppo delle piccole e medie imprese, che do-vrebbe specificamente occuparsi dell'organizza-zione amministrativa e finanziaria, dell'organiz-zazione produttiva e commerciale nei riguardi dell'estero e dell'avanzamento dell'innovazione e della diffusione tecnologica (2).

Sul problema delle aree industriali attrezzate come strumento di politica industriale a livello locale si è diffuso qualche tempo fa, in una lunga nota, I ' I L R E S di Genova. Riteniamo opportuno un riferimento ad essa, prima di dedicarci all'analisi di impostazioni concrete, per cogliere qualche in-teressante puntualizzazione. Cominciamo dalla definizione dell'area industriale attraverso la pre-cisazione del suo obiettivo, che è quello di «de-terminare, in maniera organizzata e su di una specifica porzione di territorio, una serie di op-portunità di localizzazione per le attività indu-striali, attraverso la predisposizione di un com-plesso più o meno ricco di infrastrutture e ser-vizi ».

L ' I L R E S , per la realizzazione delle aree indu-striali attrezzate, individua, senza mettere nel conto gli aspetti finanziari e quello dell'ente rea-lizzatore, la seguente sequenza di operazioni :

— individuazione dei terreni oggetto dell'in-tervento (localizzazione e dimensionamento del-l'area);

— acquisizione (ai prezzi di mercato e attra-verso meccanismi di espropriazione e, in partico-lare, attraverso le procedure della legge 865 del

1971 per i Comuni e Consorzi di Comuni) e siste-mazione dei terreni;

— predisposizione dei raccordi infrastnittu-rali e della rete interna;

— dotazione dei servizi.

L ' I L R E S ricorda che per alcuni casi la gamma delle attrezzature di cui si è dotata l'area indu-striale è stata estesa fino alla predisposizione di rustici industriali, entrando cosi nel campo del leasing immobiliare. Si sottolinea poi l'effetto delle aree industriali attrezzate di indirizzare gli insediamenti industriali « evitando proliferazioni irrazionali e compromissioni del tessuto urbano, e di ordine territoriale, in quanto si pongono in essere meccanismi di riequilibrio, invertendo le tendenze alla polarizzazione e al congestiona-mento ». Ma si aggiunge subito che questo effetto « sconta evidentemente una capacità promozio-nale delle aree industriali attrezzate, che verreb-bero a determinare una serie di economie di ag-glomerazioni nei confronti delle attività indu-striali ».

3. Passiamo all'esame di impostazioni e ini-ziative in concreto, cominciando dall'Emilia-Ro-magna e tratteggiando tutto il complesso quadro in cui le operazioni di aree industriali attrezzate si collocano. In questa regione è stata varata una società finanziaria regionale (la F I N E M I R O ) e suc-cessivamente è stato creato anche un Ente Re-gionale per la Valorizzazione Economica del Territorio, I ' E R V E T . È su questo organismo che ci sembra opportuno soffermarci con una certa ampiezza.

Costituito qualche mese fa dalla Regione Emi-lia-Romagna, da un gruppo di banche pubbliche e dalla stessa F I N E M I R O , I ' E R V E T ha un capitale iniziale di 2450 milioni di lire e un oggetto so-ciale molto ambizioso, che spazia dalle aree in-dustriali attrezzate all'assistenza economico-tecni-ca alla ricereconomico-tecni-ca applieconomico-tecni-cata e di mereconomico-tecni-cato e al favorire iniziative economiche in forma associata (3). In (!) Si veda in materia particolarmente la relazione dell'arch. Maurizio Guidi « Aspetti giuridici, amministrativi e finanziari per la realizzazione di aree industriali attrezzate », svolta al con-vegno dell'Unione industriale di Alessandria sul tema « analisi di problemi relativi alla creazione di aree industriali per la pro-vincia di Alessandria» (Alessandria, 16 novembre 1974).

(2) « I problemi delle piccole c medie imprese. Proposta di un centro di promozione e sviluppo delle PMI », a cura dell'Asses-sorato Industria e Commercio della Regione Lombardia.

(3) Pare che le intenzioni per I'ERVET siano suffragate da precisi impegni di spesa. A titolo di capitale sociale, le quote della Regione Emilia-Romagna già disponibili ammontano a

1000 milioni di lire, a cui si aggiungerà un'altra quota di 500 milioni entro il 1974. Non è molto, ma può essere un buon « spunto » per partire con realizzazioni concrete.

pratica I ' E R V E T , che tende a qualificarsi come uno degli strumenti della programmazione regionale, punta in primis a realizzare i seguenti obiettivi:

— attivazione di aree economiche e attrezzate; — promozione e sostegno di programmi di ricerca applicata nei settori produttivi (si indi-cano al momento come prioritari quelli delle in-dustrie tessili e dell'abbigliamento, ceramiche, alimentari, elettronica componentistica e di pro-cesso, chimica secondaria, industrializzazione edi-lizia);

— attivazione dei servizi societari per assisten-za tecnica-finanziaria e giuridica alle imprese ma-nifatturiere, piccole e medie, artigiane e coope-rative;

— attività promozionali di mercato, insieme all'Unione Regionale delle Camere di Commercio.

Di particolare interesse appare l'obiettivo di attivare una serie di aree industriali attrezzate, particolarmente nelle zone del forlivese, del fer-rarese e del piacentino. I modi di intervento in questo campo sono riconducibili ai seguenti: pro-mozione degli impianti e delle attrezzature per servizi d'area, presenza nelle società e consorzi degli Enti locali o a loro prevalente partecipa-zione per l'attuapartecipa-zione degli specifici progetti del-la Regione Emilia-Romagna che hanno rilevanza per le industrie regionali manifatturiere e agri-cole.

È un terreno operativo sul quale, in Emilia-Romagna, non si parte da zero. Promossa dagli Enti locali di Bologna e di Ferrara è infatti stata varata l'iniziativa della SAIA, Società per le Aree industriali attrezzate Bologna-Ferrara, la quale « opererà nei territori delle province di Bologna e di Ferrara, con interventi di interesse almeno comprensoriale, diretti al riequilibrio territoriale, secondo linee di sviluppo che tendano a favorire prioritariamente insediamenti funzionalmente col-legati con l'obiettivo regionale di promuovere lo sviluppo economico ed industriale dell'area ci-spadana ».

La composizione del capitale sociale della SAIA è stata cosi fissata ("):

in percentuale 30 Comune di Bologna (5) 25 Comune di Ferrara (6) 15 Provincia di Bologna 15 Provincia di Ferrara 5 Comune di Imola 5 Comune di Ostellato

5 Xamera di Commercio di Bologna. 4. Passiamo al Friuli-Venezia Giulia. Il primo programma regionale di sviluppo (1966-1970) aveva individuato una serie di zone industriali. Questa scelta viene ribadita nel secondo piano regionale (1971-1975) presentato nel luglio 1972. Il secondo piano ha definito i seguenti indirizzi territoriali dell'intervento pubblico:

a) promozione di un'accelerata

industrializ-zazione, soprattutto puntando sulla nascita di nuove iniziative, nella zona Montana e nella zona della Bassa Friulana e Lagunare, nelle quali si verificano i maggiori squilibrii tra risorse indu-striali e popolazione residente;

b) svolgimento di un'azione di sostegno, soprattutto rivolta alle imprese attualmente in at-tività, dello sviluppo industriale della zona Udi-nese e Cividalese;

c) favorire alcune particolari iniziative, ri-guardanti aziende di grande e media dimensione, nei comparti produttivi di rilevante importanza per il consolidamento della struttura industriale regionale (rami chimico e metallurgico);

d) nelle altre zone socio-economiche di pia-nura e pedemontane, il perseguimento degli obiet-tivi occupazionali del Programma indicati per il

1975 (25.000 nuovi posti di lavoro tra il 1970 e il 1975) assicura un contemporaneo e notevole miglioramento dell'assetto distributivo nel con-testo regionale;

e) infine, per quanto riguarda la politica di concentrazione, l'intervento pubblico dovrà favo-rire gli insediamenti negli agglomerati industriali rispetto ad altre ubicazioni, soprattutto nelle zone C) Si veda in materia la pubblicazione del Comune di Bolo-gna « Nuovi strumenti di intervento del Comune nei settori eco-nomici » Bologna, gennaio 1974.

(5) La quota del Comune di Bologna è comprensiva, secondo quanto convenuto nell'atto parasociale. della quota di partecipa-zione prevista per I'ERVET O di altra società od ente costituito per analoghi scopi dalla Regione Emilia-Romagna, oppure, su richiesta di quest'ultima, della Regione stessa (10%); questa quota verrà ceduta a tale società o ente non appena si renderà possibile il suo ingresso nella SAIA.

(') La quota del comune di Ferrara è comprensiva, secondo quanto convenuto nell'atto parasociale, della quota di partecipa-zione prevista per la Camera di Commercio di Ferrara (5%); tale quota verrà ceduta alla Camera di Commercio di Ferrara non appena detto ente avrà deliberato la propria partecipazione alla SAIA.

programmatiche site nella pianura e lungo la fa-scia pedemontana.

Le modalità di intervento dell'operatore pub-blico sono state precisate come segue:

— incentivi creditizi e fiscali (Mediocredito, Fondo di rotazione per Trieste e Gorizia, leggi regionali, ecc.);

— attrezzatura delle zone industriali (è previ-sta anche la creazione di un Fondo di rotazione per un anticipato acquisto dei suoli all'interno delle zone industriali da parte dei consorzi e degli enti preposti alla gestione delle zone industriali); — intervento attraverso società finanziarie ed enti promozionali.

In ordine all'ultimo punto vanno ricordate le attività della F R I U L I A e della F R I U L I A - L I S . Nel quinquennio 1 9 7 1 - 1 9 7 5 la F R I U L I A - L I S opererà nel campo dei parchi leasing, dei villaggi arti-giani e dei villaggi artiarti-giani artistici. I parchi leasing verranno localizzati nelle zone industriali programmatiche ed in altri agglomerati industriali in cui l'intervento possa risultare di rilevante effi-cacia anche ai fini urbanistici. Tra queste ultime zone sono state sinora giudicate ottimali le ubi-cazioni di Villa Santina, Coseano, S. Giorgio di Nogaro e Cormons. I villaggi artigiani, compresi quelli artistici, costituiscono delle concentrazioni specializzate per le relative categorie produttive. Se ne prevede la creazione nei principali centri urbani regionali. Una prima individuazione ri-guarda le città di Trieste, Udine, Pordenone e Gorizia, mentre per l'artigianato artistico, oltre ai capoluoghi provinciali dovrebbe essere inte-ressata anche la zona montana.

È interessante riprendere dal programma eco-nomico del Friuli-Venezia Giulia qualche spe-cifica indicazione relativamente agli indirizzi ter-ritoriali di politica industriale. Sono stati fissati i seguenti momenti:

a) scelta delle zone industriali

programma-tiche. Si tratta delle dodici zone individuate dal precedente piano regionale, e cioè: Trieste, Mon-falcone, Ausa-Corno, S. Vito al Tagliamento (Ponte Rosso), Pordenone (Vallenoncello), Udi-ne, Gorizia, Cividale, Osoppo (Rivoli), Spilim-bergo, Maniago e Tolmezzo;

b) individuazione dei fabbisogni di aree

(700 ettari) e degli obiettivi occupazionali (un

incremento di 8300 addetti) delle zone indu-striali;

c) acquisizione dei suoli industriali, in modo da costituire un patrimonio pubblico di aree nel-l'ambito delle zone industriali;

d) investimenti in infrastrutture specifiche (attrezzatura delle zone industriali);

e) incentivazione creditizia e fiscale (7): dal Mediocredito al Fondo di rotazione per le ini-ziative economiche dei territori di Trieste e di Gorizia a diverse leggi regionali di agevolazione alla finanziaria regionale alla F R I U L I A - L I S (ope-rante, come si è visto, nel campo dei parchi lea-sing, dei villaggi artigiani e dei villaggi artigiani artistici) a un costituendo Istituto per l'assistenza tecnica e lo sviluppo della piccola industria (8). 5. Anche la Regione Lombardia ha cercato di stimolare la realizzazione di « aree attrezzate ai fini dell'insediamento industriale ». Abbiamo in effetti la legge n. 22 del 50 marzo 1973 che si propone di creare aree attrezzate industriali, at-traverso la concessione agli enti locali di contri-buti in conto capitale e in conto interesse sulle spese per infrastrutture a servizio di insediamenti industriali e artigiani (9). Questa legge era basata su due punti essenziali:

(7) Gli incentivi risponderanno ai tre criteri principali se-guenti:

—- concessione degli incentivi alle iniziative che rispondono agli obiettivi strutturali e occupazionali della programmazione regionale;

— concentrazione della maggior parte delle agevolazioni in nuove iniziative nelle zone industriali, rendendo disponibili i terreni a prezzi contenuti;

— diffusione sull'intero territorio regionale delle agevola-zioni limitatamente alle iniziative caratterizzate da vincoli ubi-cazionali, quali le piccole imprese, le industrie di trasformazione legate alla disponibilità di risorse e gli ampliamenti di aziende esistenti.

(8) Tale Istituto dovrebbe operare su scala regionale e for-nire alle imprese di minor dimensione le seguenti prestazioni:

— assistenza tecnica per lo sviluppo della produzione e la riduzione dei costi aziendali;

— ricerche di mercato ed assistenza commerciale; — promozione di forme consortili per gli acquisti di materie prime;

— formazione professionale a livello di dirigenti e tecnici. Alla gestione dell'Istituto dovrebbe provvedere l'Unione re-gionale delle Camere di Commercio.

(') Nel primo anno di applicazione 6 stato approvato un piano di riparto che prevede l'assegnazione di contributi in conto capitale per 740 milioni di lire e in conto interesse per 40 milioni di lire. Per il finanziamento della legge, il bilancio 1974 prevede la somma di 3 miliardi di lire in conto capitale e 200 milioni di lire in conto interesse.

a) operatività limitata alle aree riconosciute depresse dalla legislazione statale vigente (10);

b) interventi della Regione consistenti in

contributi in conto capitale e in conto interessi sulle spese sostenute da Comuni o Consorzi di Comuni per la costruzione delle infrastrutture

delle aree industriali attrezzate.

In occasione del varo della legge di rifmanzia-mento della legge del marzo 1973 fu espresso l'avviso di svincolare l'applicazione della legge medesima dal riferimento al territorio riconosciu-to depresso. « Tale riferimenriconosciu-to, si disse, non ha più alcun significato dal momento in cui sono state individuate, dal piano territoriale, le aree nelle quali operare gli interventi di riequilibrio. Altro motivo è la previsione governativa della modifica del quadro attuale delle aree depresse, con la quasi certa conseguenza di un drastico ridi-mensionamento territoriale del riconoscimento ».

Si affermò inoltre l'opportunità di agevolare, « non solo la costruzione delle opere, ma anche l'acquisizione del terreno da parte dell'Ente lo-cale, ovviamente solo nei casi di esproprio ai sen-si della legge 865. Ciò in consen-siderazione dell'alto costo dei terreni a prezzi di mercato e quindi della conseguente necessità di fare in modo, favo-rendo il ricorso allo strumento dell'esproprio, che i lotti attrezzati possano essere ceduti alle impre-se ad un prezzo effettivamente incentivante, impre- sen-za pesanti oneri a carico dell'Ente locale ».

La Regione Lombardia ha condotto una nutrita serie di ricerche preliminari alla precisazione di una vera e propria politica industriale regionale. Nell'ottica della presente trattazione si cita una indagine sui fattori di localizzazione industriale in Lombardia, all'interno della quale è di notevole interesse la individuazione di 33 comprensori in cui ripartire la regione, la loro selezione (tra aree più sfavorite e aree suscettibili di sviluppo) e la loro analisi ("), per pervenire a scegliere in ulti-ma istanza quei comprensori che presentano « la maggiore affidabilità dal punto di vista della in-dicazione ed efficacia dell'intervento ».

6. Forniamo un cenno anche sulle imposta-zioni piemontesi, cominciando da quelle di carat-tere generale. Gli obiettivi di riorganizzazione territoriale sono stati, anche di recente, formulati (dall'IRES) nel modo seguente:

a) occorre diffondere sul territorio gli am-biti in cui agiscono le economie di

agglomerazio-ne e, quindi, diffondere gli ambiti in cui si loca-lizzano e rilocaloca-lizzano le industrie;

b) occorre realizzare delle strutture

inse-diative che permettano il cambiamento sociale senza creare congestione sociale.

Sono le premesse del discorso delle aree eco-logiche, all'interno delle quali abbiamo una serie di poli secondari (quattordici in tutto, ma ordi-nati secondo una gerarchia che colloca in posi-zione strategica Alessandria e Novara), « capaci, da un lato di ridurre il grado di sviluppo indu-striale di Torino e, dall'altro, di diffondere più vastamente sul territorio del Piemonte strutture capaci di favorire il modo di vivere urbano ».

Gli strumenti sui quali si punta per realizzare il « disegno » cosi abbozzato sono di varia na-tura. L'IRES li elenca così: la politica di localiz-zazione delle industrie (istituto dell'autorizzazio-ne, organizzazione di aree industriali attrezzate), la politica delle abitazioni, la progettazione e la localizzazione delle grandi infrastrutture sociali (centri universitari decentrati, centri sanitari di livello superiore, centri di affari commerciali), le comunicazioni. Come si vede, accanto alla previ-sione della « diffuprevi-sione » (relativamente concen-trata però) industriale, adeguatamente sostenuta da un sistema di infrastrutture di comunicazione ad ampio respiro abbiamo anche la previsione di una più corretta distribuzione sul territorio delle grandi infrastrutture sociali, tra cui l'Uni-versità.

Nel campo specifico dello stimolo alla forma-zione di aree industriali, all'atto della stesura

<10) Questo limite f u giustificato cosi: « ... oltre alla consi-derazione della priorità dovuta alle zone per le quali sono state rilevate le condizioni di sottosviluppo richieste per il riconosci-mento legislativo, risulta di decisivo rilievo il fatto che l'area at-trezzata può rappresentare, in tali zone, il fatto innovatore ca-pace anche di rendere di fatto operanti gli interventi e di utiliz-zare le agevolazioni previste dalla legislazione statale ad hoc, quali gli interventi straordinari in opere pubbliche, gli incentivi

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1974 (pagine 48-54)