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in alcuni importanti settori dell'agricoltura

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1974 (pagine 44-48)

Elena Garibaldi

Additivi, antibiotici, vitamine, oligoelementi, ormoni sono stati e in qualche caso sono tuttora, oggetto di aspre polemiche tra legislatori ed allevatori per de-cidere i limiti della utilizzazione nell'alimentazione del bestiame, avendo alcuni di questi prodotti causato sui bovini da ingrasso fenomeni indesiderati. In campo vegetale, invece, e precisamente nella coltivazione di cereali, di alberi da frutto, di ortaggi, di colture foraggere e di fiori, gli or-moni, o meglio i « fitormoni » esistenti in commercio sotto

for-ma di composti assai vari si pre-stano a molteplici possibilità di impiego, alcune assai interessan-ti già entrate nella prainteressan-tica cor-rente su scala industriale, altre ancora in fase di studio per me-glio puntualizzare le possibilità applicative. Si tratta di un setto-re che appassiona il biologo, in-curiosisce il profano per l'ampia gamma di reazioni, a volte inso-spettate, che un prodotto può causare nell'interno di una pian-ta e che si è già rivelato e si po-trà, approfondendo ulteriormen-te le ricerche, dimostrare di

vali-Flg. I - Effetto di diversi fitormoni: IAA (acido indolacetico), N A A (acido naftalenacetico), kinetina, GA (acido gibberellico) rispetto al testimone (acqua) su una nota pianta da appartamento, la Cala-thea makojana (chiamata anche pianta della preghiera, per il modo in cui si dispongono di notte le

sue foglie). Come si vede i prodotti sono distribuiti a dosi assai minime espresse in ppm (parti per milione, ossia mg/1).

do e concreto aiuto per l'agri-coltura, consentendo incrementi produttivi.

Che cosa sono gli ormoni? Una definizione largamente adot-tata è quella data da Went se-condo cui sono sostanze che pro-dotte in una parte della pianta vengono trasferite in altre parti, lontane da quelle di formazione, dove influenzano uno specifico processo fisiologico; hanno cioè la funzione di « messaggeri chi-mici ». Se essi non ci fossero la crescita per moltiplicazione da-rebbe luogo alla formazione di un tessuto disordinato del tipo di un « tumore »; invece gli ormo-ni esercitano il coordinamento morfologico e funzionale dell'at-tività della pianta. In altre pa-role essi controllano la crescita delle piante: la differenziazione di tessuti e di organi come il fu-sto, le radici, le foglie e i fiori e le relazioni del vegetale con i fat-tori esterni come la luce, la lun-ghezza del giorno.

Una volta conosciuta l'impor-tanza degli ormoni endogeni (os-sia naturalmente presenti nella pianta) sono sorti nei vari labo-ratori di ricerca studi volti a mo-dificare la crescita e lo sviluppo delle piante mediante sommini-strazione di sostanze chimiche sintetizzate in laboratorio con una struttura che ricorda quella degli ormoni naturali. Anche se

nuove sostanze vengono conti-nuamente scoperte possono at-tualmente essere schematicamen-te riunischematicamen-te nei seguenti gruppi: gibberelline, auxine, citochinine. Prima di riportare degli esem-pi sulla loro applicazione è ne-cessario premettere che solo pro-dotti che danno sicure garan-zie di non essere tossici, nel senso di non lasciare residui dannosi nei vegetali, vanno im-piegati. Inoltre nel loro uso ci si deve attenere rigorosamente sia alle dosi di impiego consi-gliate (eccedere pensando di esal-tare gli effetti può essere assai pericoloso) sia al corretto mo-mento di applicazione. A questo riguardo occorre rispettare il co-siddetto « periodo di sicurezza » ossia il numero di giorni che de-ve intercorrere dal momento in cui si effettua il trattamento a quello della raccolta del prodotto e la conseguente vendita (ovvia-mente questa avvertenza vale so-prattutto per i prodotti orticoli).

Tra i tanti fitormoni esistenti un posto a sé presentano le gib-berelline (ne esistono 30 tipi di-versi) che sono state rinvenute in piante superiori ed in funghi come la Gibberella figikuroi, da cui furono ottenute per la prima volta nel 1924 in Giappone e dal cui micelio si ricava tuttora la maggior parte di quelle usate. Esse, distribuite sulle piante, cau-sano un sensibile allungamento del fusto, utile ad esempio nel caso della lattuga coltivata, per produrre seme, perché la pianta fiorisce con anticipo e fornisce maggiori quantitativi di seme. Inoltre favoriscono la germina-zione dei semi di molte specie tra cui, importanti per il Pie-monte, la lattuga, il sedano, la cipolla, determinando un vantag-gio economico sensibile in quan-to consenquan-tono un risparmio di

Fig. 2 - Effetto di prodotti brachizzanti su piante di crisantemo coltivate in vaso. A sinistra piante testimonio; a destra piante trattate. Notare su queste ultime il portamento più compatto e la

taglia minore.

tempo per ottenere la maturazio-ne del prodotto. Permettono an-che di fare avvenire la germina-zione dei semi quando le condi-zioni di illuminazione e di tem-peratura inadeguate la ostacole-rebbero.

A proposito delle modalità di trattamento dei semi con i fitor-moni una innovazione che mi pa-re meriti di venipa-re citata è quella realizzata in Inghilterra con la preparazione di semi chiamati « pelletted » o confettati che con-siste nell'avvolgere il seme con concime, anticrittogamici e l'or-mone necessario permettendo di eseguire la semina a macchina con seminatrici di precisione, in modo da evitare, in seguito, la laboriosa operazione del dirada-mento.

Le gibberelline hanno anche l'attitudine di rompere la « quie-scenza invernale » (o periodo di riposo) delle gemme delle piante sia erbacee sia legnose e di anti-ciparne quindi la germogliazione in primavera. Come è noto, in-fatti, durante l'inverno la pianta entra in una fase di vita latente:

le foglie cadono e per molte spe-cie erbacee rimane in vita sol-tanto un organo sotterraneo co-me il bulbo, il rizoma, il tubero. Per tali specie il ciclo biologico comprende appunto un perio-do di perio-dormienza che terminerà quando sarà passata la stagione invernale: periodo che può ve-nire abbreviato con un tratta-mento di gibberelline.

Unitamente ad altri principi ormonici come l'acido fenossia-cetico e naftossiafenossia-cetico le gibbe-relline esercitano, inoltre, un ef-fetto benefico sul pomodoro, la più diffusa specie orticola di ser-ra italiana. Infatti questo ortag-gio presenta quando i ortag-giorni sono corti (come accade durante l'in-verno) e la luminosità è scarsa a causa del tempo nuvoloso, nume-rosi problemi per l'impollinazio-ne dei fiori e la successiva alle-gagione elei frutti per rimediare i quali si ricorre ai prodotti suc-citati. Essi vengono applicati con piccoli spruzzatori ripetendo i trattamenti 6-7 volte dall'inizio della fioritura. Con tale sistema si ottiene un numero maggiore

Accrescimento di piante non trattate.

Fig. 3 - Effecto dell'acido gibberellico (GA) e dell'acido indolacetico (IAA) nello stimolare scimento di varietà nane, medie ed alte di pisello.

0,01% di acido indolacetico 0,001% » » » nessun trattamento

4 - I fitormoni (e le auxine in particolare) sono attivi stimolatori del ritmo di formazione delle radici nelle talee delle più diverse specie di piante. Ecco un esempio sul salice.

di frutti i quali possono presen-tare a volte all'estremità una ap-pendice a embrione che non è tuttavia dannosa dal punto di vi-sta commerciale.

Poiché la gamma dei prodotti chimici ad azione ormonale è, come si è accennato, assai vasta, più che soffermarmi sulla loro

composizione chimica mi pare utile citare ancora qualche effet-to da essi indoteffet-to, sia in orticol-tura sia in frutticolorticol-tura. La mag-gior parte delle specie da orto viene seminata in semenzaio per essere successivamente trapian-tata, quando ha raggiunto uno stadio soddisfacente, in pieno

campo. La fase del trapianto è una delle più delicate per la vita ^jlella pianta perché in tale

pe-riodo le piante sono soggette ad una forte traspirazione non ac-compagnata da un sufficiente as-sorbimento di acqua da parte delle radici, per cui si deve cer-care qualsiasi espediente per li-mitare al massimo tale fase di sofferenza. Per questo scopo al-cuni fitormoni si sono dimostrati assai vantaggiosi specialmente nel caso del pomodoro e del ca-volfiore. Inoltre la distribuzione del prodotto in questo particola-re momento lo particola-rende sicuramen-te innocuo in quanto non lascia residui per il consumatore. Altri impieghi di tali principi riguar-dano la possibilità di sostituire ad esempio nel cavolino di Bru-xelles ecc. la cimatura manuale (operazione che consiste nel-l'asportare la parte apicale della pianta per indurla ad accestire) e la scacchiatura nel tabacco o di ridurre nelle piante da radice, come ad esempio nella carota, la parte aerea in favore di quella sotterranea.

Nel campo della frutticoltura i risultati conseguibili con i fitor-moni concernono in particolare la produzione di uva da tavola con acini senza semi, la possibi-lità di ritardare l'indurimento della buccia delle arance, l'otte-nimento dell'allegagione del pero nel caso di scarsa impollinazio-ne o in seguito a danni prodotti dal freddo. Per l'utilità che rive-stono sempre per gli alberi da frutto non si possono certo di-menticare i prodotti ad azione « anticascola » per impedire la caduta prematura dei frutti su melo, agrumi, albicocco, i «ca-scolanti » che invece servono per provocare il distacco dei frutti a maturazione avvenuta, facilitan-do operazioni di raccolta

altri-menti complesse e dilatate nel tempo, come nel caso dell'olivo.

Come si vede è tutto un for-zare la natura, ai fini dell'inte-resse dell'uomo, si vogliono pian-te con pochi fiori, con pochi o con molti frutti, si desiderano esemplari più grandi del norma-le; in molti casi, anche se sem-bra strano, si cerca di ottenere piante più piccole, ma più vigo-rose. È quest'ultimo il campo di applicazione dei brachizzanti o nanizzanti vantaggiosi per le piante da fiore coltivate in vaso (ad esempio per il crisantemo e per la Stella di Natale, specie da fiore il cui consumo è in crescen-te aumento nel nostro Paese) poi-ché conferiscono loro un aspetto più piramidale, compatto e quin-di quin-di maggiore pregio, per il gra-no e per le foraggere. Tra i pro-dotti più noti di questo gruppo vi è il Cycocel (o, chimicamente,

cloruro di clorocolina) che, som-ministrato al grano, consente di effettuare delle abbondanti con-cimazioni azotate senza che si verifichi il temuto « allettamen-to » perché si ottengono delle piante di taglia minore e quindi più robuste. A proposito dei quantitativi si deve notare che l'impiego di 150-200 unità ad et-taro di azoto e l'irrorazione su piante alte 15-20 cm (all'epoca, cioè, della levata) di 6 kg/ha di Cycocel sciolti in un quantitativo di acqua sufficiente a garantire la completa ed uniforme cotura delle piantine di grano per-mette di migliorare le rese pro-duttive per quantità e qualità. L'applicazione di questo compo-sto si è pure rivelata positiva sul-le colture foraggere siano esse leguminose (trifoglio, erba me-dica, sulla, ecc.) che graminacee (poa, festuca, loglio).

Già a partire dal 1964 in Ger-mania, successivamente in Fin-landia e in Francia operando sul trifoglio violetto è stata messa in evidenza una maggiore produ-zione di seme dovuta all'aumen-to dei capolini in seguiall'aumen-to a trat-tamento con Cycocel. Questo fat-to è stafat-to pure osservafat-to sul

Phleum pratense e sulla Dactylis glomerulata ed è risultato che le

dosi migliori da impiegare vanno da 1,2 a 2,4 kg di sostanza attiva per ettaro e che i residui restano sempre al di sotto del limite di tossicità.

Con questi esempi non si ritie-ne di avere effettuato una tratta-zione completa, dato che l'argo-mento è di notevole ampiezza, ma si intende soltanto avere fo-calizzato alcuni degli aspetti più salienti di un settore che potrà essere assai promettente per la futura agricoltura.

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1974 (pagine 44-48)