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tra i libri

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1974 (pagine 74-83)

L ' A U T O R E S I P R E S E N T A ...

JOHN KENNETH GALBRAITH, L'economia e l'interesse

pubblico - Voi. di 13,5 X 21 cm, pp. 386 -

Mon-dadori, Milano 1974 - L. 3.500.

« Questo libro discende, ultimo della stirpe, da due vo-lumi precedenti, La società opulenta e II nuovo Stato indu-striale. Vi sono inoltre alcuni geni, m a non molti, di u n terzo volume, Il capitalismo americano. Ognuno dei due precursori principali affrontava u n aspetto del sistema economico; que-sto cerca invece di mettere tutto assieme, di presentare il sistema nella sua totalità. (...) In economia, come in anato-mia, il tutto è assai più della somma delle parti; specialmente quando le parti si sostengono a vicenda o sono in conflitto tra loro o sono c o m u n q u e modellate dal fatto della loro coesistenza. Inoltre, particolare meno importante, i libri pre-cedenti non si spingevano oltre il continente nordamericano. Questo invece fornisce i primi elementi del sistema inter-nazionale.

Il nuovo Stato industriale descriveva il m o n d o della gran-de corporation come escrescenza gran-del m o n d o neoclassico gran-del monopolio e dell'oligopolio. Ne era escluso, almeno impli-citamente, il m o n d o della libera concorrenza. Anche su que-sto p u n t o faccio qui una rettifica: ciò che è stato escluso è, in effetti, qualcosa di assai simile alla mescolanza neoclassica tra monopolio, oligopolio e concorrenza. Questa visione del problema porta a una migliore spiegazione del comporta-mento dell'azienda imprenditoriale e di quello che io chiamo il sistema di mercato. Rivela anche che il m o n d o della grande corporation costituisce una novità, ossia è una netta rottura con ciò di cui si occupa la dottrina economica tradizionale. La scienza economica tradizionale parte dal presupposto che le istituzioni economiche, e le motivazioni delle persone che le compongono, possano cambiare solo lentamente. Come la fisica e la botanica, la verità economica, u n a volta consolidata, è praticamente immutabile. Sarebbe bello, m a non è vero. Le istituzioni economiche si modificano con u n a certa rapidità, e particolarmente fluidi sono le grandi corpo-rations e i loro rapporti con la comunità e lo Stato. A questo cambiamento si accompagnano nuove informazioni e nuove intuizioni. Ne consegue che nel campo della conoscenza eco-nomica il tasso di obsolescenza è piuttosto alto. Su molte questioni di minore importanza questo cambiamento e que-ste informazioni h a n n o determinato opinioni diverse da quel-le dei precedenti volumi. E devo ricordare al quel-lettore, nonché più dolorosamente a me stesso, che anche sulle opinioni qui espresse il trascorrere del tempo eserciterà la sua azione demolitrice.

C'è, inoltre, la sconcertante esperienza, per metà entu-siasmante e per metà deprimente, dello scoprire cose che non si erano viste prima, u n a delle quali è d'importanza basilare. A cadenzare il tempo in tutto il libro è il tema

dell'inegua-glianza dello sviluppo e della conseguente ineguadell'inegua-glianza dei redditi. L'ineguaglianza dello sviluppo non ha rapporti con il bisogno; l'ineguaglianza dei redditi non è necessariamente legata alla produttività o all'efficienza: sono entrambe frutti di uno spiegamento ineguale del potere, sono entrambe so-cialmente dannose. Nella scienza economica ufficiale queste tendenze vengono in genere nascoste o, se non nascoste, fraintese. Neanch'io le avevo sapute vedere con sufficiente chiarezza nei libri precedenti. Nella Società opulenta parlavo dell'inedia dei servizi pubblici come se tutti i servizi fossero la stessa cosa. Non capivo che le insufficienze erano grandi per quanto concerneva i bisogni collettivi, ma nulle nei set-tori in cui le industrie più potenti imponevano allo Stato le proprie esigenze. E, forse anche perché mi occupavo sol-tanto del m o n d o della grande corporation, non associavo adeguatamente la sistematica ineguaglianza dei prodotti e dei redditi a quella tra i diversi settori della cosiddetta econo-mia privata. N é precisavo a sufficienza il problema, ignoto alla scienza economica ortodossa m a endemico alla pianifica-zione, del mantenimento di un certo equilibrio tra le presta-zioni dei diversi settori dell'economia e le conseguenze che derivano dal trascurare tale esigenza. Da questa omissione derivano le interruzioni di corrente e le crisi dell'energia di cui sentiremo ancora parlare ».

VENIERO D E L PUNTA, I malanni dell'economia

italiana Voi. di 13,5 X 19,5 era, pp. XVIII304

-Le Monnier, Firenze, 1974 - L. 2.300.

« H o deciso di pubblicare oggi, agli inìzi del 1974. questa raccolta di articoli che videro la luce tra il 1969 e il 1972 per due motivi principali. Primo: per ricordare ai tanti, troppi immemori, che la crisi in cui sta dibattendosi il no-stro sistema economico è preesistente a quella del petrolio: affondando le sue radici in vicende e malanni ben più anti-chi ed endemici. Secondo: per avvisare che, conseguente-mente, non è da sperare di vedere il nostro paese riprendere il suo vecchio slancio sulla via dello sviluppo economico e sociale sol che si riesca, più o meno prontamente, a rimet-tere in ordine i nostri conti con l'estero ed a frenare il ritmo inflazionistico. Quello slancio potendosi forse recupe-rare solo con l'avvio di una politica economica concertata tra tutte le parti sociali e di stampo eziologico: tale, cioè, da lenire se non proprio guarire almeno i principali tra i malanni in discorso. Un evento che, per me, ha del mirag-gio: troppi essendo gli interessi, i pregiudizi e le posizioni di privilegio che si oppongono, ormai, ad u n a politica eco-nomica di tal fatta.

H o suddiviso la raccolta in quattro parti e un'appendice. Nella prima parte sono raggruppati gli articoli che si riferiscono specificamente alla crisi economica da cui il

nostro paese è stato attanagliato sin dal 1970: crisi a cui la vicenda del petrolio, apertasi nell'ottobre 1973, non ha fatto che dare un'ulteriore spinta.

Caratteristica peculiare di tali articoli è costituita dalla previsione dell'avvento della crisi in discorso, della conferma datane dalla realtà, e dall'evolversi della crisi stessa: pren-dendo come punto di partenza l'ondata di rinnovi dei con-tratti di lavoro degli ultimi mesi del 1969, cioè del cosiddetto ' autunno caldo ' (...).

La seconda parte è dedicata al problema dell'influenza sul nostro sistema economico delle aziende pubbliche e, in particolare, di quelle a partecipazione statale (...).

La terza parte, a differenza delle due precedenti, non è incentrata su un tema particolare bensì' su argomenti i più vari. I quali, tuttavia, palesano anch'essi un denominatore comune: di riferirsi, tutti, al funzionamento concreto di un'economia a stampo liberista, qual è quella del nostro paese. £ dunque alla necessità di tener conto che da noi, il mercato, è una realtà immanente con la quale non è possi-bile evitare di fare i conti. Una necessità che, invece, appare sempre più spesso dimenticata dalla pubblicistica economica corrente.

La quarta parte è formata da un solo saggio: dal quale prende il titolo l'intera raccolta. In esso sono elencati in maniera sistematica i malanni principali di cui soffre da anni e, purtroppo, continua a soffrire la nostra econo-mia (...).

Tra i malanni in discorso, lo si è già visto, figura ai primi posti quella della incontrollata ed inefficiente espan-sione delle imprese pubbliche: incluse quelle a partecipa-zione statale. È appunto ai pericoli insiti nell'ampliarsi del sistema di imprese di quest'ultimo tipo che è dedicato l'ul-timo saggio della raccolta. Il quale, proprio perché dedicato alla discussione approfondita di uno dei malanni già indi-cati in precedenza, è stato classificato come ' appendice ' alla raccolta medesima ».

AUTORI VARI (a cura di SALVATORE V I N C I ) , II mer-cato del lavoro in Italia - Voi. di 13,5 X 21,5 cm,

pp. 322 Franco Angeli Ed., Milano, 1974 -L. 6.500.

« Il presente volume si c o m p o n e di due parti. Nella prima sono riprodotti gli atti del convegno su ' Investimenti e occupazione nella struttura dell'economia italiana ' tenutosi a Portici presso il Centro di specializzazione e ricerche econo-mico-agrarie per il Mezzogiorno il 23 febbraio 1973. La seconda parte è costituita da un'antologia dei principali (o meglio dei più rappresentativi) studi sul mercato del lavoro in Italia. (Nell'ordine: Il processo di sviluppo in un sistema dualistico, di Vera Lutz; Lo sviluppo di un'economia aperta. Un modello a due settori, di Augusto Oraziani; Oligopolio, sindacati e salari, di Paolo Sylos-Labini; Una generalizza-zione della curva di Phillips per un paese in via di sviluppo, di Franco Modigliani ed Ezio Tarantelli; Evoluzione storica e recenti tendenze delle forze di lavoro in Italia, di Giu-seppe De Meo; Disoccupazione ed esercito industriale di riserva, di Luca Meldolesi; Una interpretazione ricardiana della dinamica della forza lavoro in Italia nel decennio 1959-1969, di Marcello De Cecco; Le contraddizioni del mercato del lavoro, di Massimo Paci; Politica del lavoro e occupazione in agricoltura, di Enrico Pugliese; Riesame dei problemi dell'occupazione femminile, di Luigi Frey; Verso l'economia del neodualismo, di Augusto Oraziani). Tale an-tologia è strettamente collegata agli atti del convegno di Por-tici, anzi ne costituisce parte integrante nel senso che essa dà al lettore la possibilità di esaminare direttamente gli scritti

di quegli autori le cui teorie sono riassunte nella relazione introduttiva dei lavori del convegno.

11 criterio che ha guidato la scelta dei saggi dell'antolo-gia è stato quello di riprodurre alcune interpretazioni del funzionamento del mercato del lavoro in Italia sia durante la fase di ' boom economico ' che caratterizzò il nostro si-stema economico negli anni 1951-62 che nel periodo succes-sivo al 1962 e fino ai nostri giorni. L'ultimo saggio riprodotto non riguarda direttamente il mercato del lavoro ma lo si è voluto egualmente riportare per il riferimento che ad esso spesso viene fatto negli interventi al convegno.

Gli scritti dell'antologia presentano delle riduzioni rispet-to ai testi originali in quanrispet-to si è ritenurispet-to di non riprodurre quelle parti che non avevano diretta attinenza con il mer-cato del lavoro; si è inoltre ridotto il numero delle tabelle e sono stati eliminati i riferimenti che nei vari testi esiste-vano ai lavori riprodotti nell'antologia. Riteniamo che ciò non ha minimamente intaccato lo spirito e il significato eco-mico degli scritti perché abbiamo conservato le parti più rilevanti ai fini dell'interpretazione fornita da ciascun autore delle vicende del mercato del lavoro in Italia nel periodo in esame ».

GIOVANNI ZANETTI, Economia dell'impresa - Voi. di

14 X 21,5 cm, pp. 413 - Il Mulino, Bologna, 1974 - L. 5.000.

« Il volume dato ora alle stampe raccoglie in forma organica e arricchisce di più recenti contributi, i risultati degli studi e delle ricerche di dieci anni in tema di Econo-mia dell'Impresa. Essi si innestano ad un primo compimento in campo d'analisi aperto da F. M. Pacces, fin dalla sua opera La produzione edita nel 1951.

A quella matrice e ad altri studi successivi comparsi sulla rivista ' L'impresa ', il lavoro attuale è debitore per alcuni degli argomenti trattati, per i quali l'autore ha con-cesso l'autorizzazione a riprendere quei contenuti per poterne continuare l'analisi e l'approfondimento. Ciò è avvenuto in m o d o particolare per alcuni punti compresi nella parte prima al capitolo dove viene adottata la contrapposizione tra produzione e remunerazione dei fattori produttivi, ri-specchiata dal conto economico a costi e ricavi; al capitolo quarto, specie q u a n d o viene ripresa la dicotomia spesa e utilizzazione e la definizione dei costi impliciti; al capitolo quinto, in occasione dello studio della relazione tra struttura di costo e processi produttivi; al capitolo decimo in cui ven-gono adottate la definizione e la descrizione dell'andamento dei costi differenziali.

Quel primo approccio ho tuttavia inteso integrare pre-sentando il sistema dei problemi d'impresa quale si presenta e si sviluppa attraverso la lettura della realtà espressa nel conto economico e tentando al tempo stesso l'aggancio con le note proposizioni della teoria microeconomica.

Ili tal m o d o ho cercato di occupare lo spazio esistente tra gli studi di economia aziendale che h a n n o portato la problematica contabile fino alle soglie dell'analisi economica senza tuttavia entrare in questa prospettiva di studio e le conclusioni in tema di teoria dell'impresa incluse di norma nel grande capitolo dello studio e dell'offerta che, anche nelle loro manifestazioni più m o d e r n e (Sraffa, Chamberlin, Robinson), si sono dimostrate un brillante strumento cono-scitivo, rigoroso dal p u n t o di vista formale ma privo di prospettive di tipo concreto (...).

Scopo di questo libro è stato cogliere ed esplicitare, per q u a n t o possibile, i contenuti operativi proponibili all'eser-cizio di una valida l'unzione manageriale.

Tale obiettivo ho cercato di raggiungere c o n d u c e n d o l'analisi con l'ottica ' i n t e r n a ' all'impresa ossia analizzando

la problematica della produzione industriale e del mercato quale può essere percepita da chi ha il mandato e si trova nella posizione di prendere decisioni. Molti dei punti già affrontati teoricamente nell'analisi microeconomica sono per-ciò stati presi in considerazione da un punto di vista sog-gettivo essendomi avvalso, per la loro trattazione, dei con-tributi della contabilità industriale, delle ricerche di mer-cato, dell'analisi finanziaria; certo meno duttili e meno esatti, se paragonabili con gli eleganti algoritmi di quelle imposta-zioni, ma in compenso più veritieri e concretamente dispo-nibili. Si spiega cosi l'insistenza con la quale, nel parlare dei costi, mi sono rifatto alle serie storiche delle rilevazioni disponibili in azienda oppure, nell'alfrontare l'analisi del mercato, mi sono avvalso di quei contributi (F. Momigliano in particolare) che conducono a determinare empiricamente la quota di mercato da servire o ad individuare relazioni specifiche tipo prezzo-quantità o spese di pubblicità-volumi di vendite (J. Bain) sintetizzabili in schede di domanda, particolarmente utili per definire delle politiche di breve termine. È implicito, anche se nel libro non ne sono ripor-tate delle trattazioni estese, il rinvio ai contributi delle me-todologie statistiche e della ricerca operativa sottintesi come integrazione necessaria per proporre delle conclusioni valide in sede concreta. In questo specifico ' taglio ' sta uno degli aspetti caratteristici di questo volume che ha inteso, sotto questo aspetto, riallacciarsi per quanto possibile per l'espe-rienza del nostro paese ai contributi di quella Managerial Economics che ha avuto in ]oel il suo primo estensore, si è sviluppata in approfondimenti successivi soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra, e in Germania ha avuto uno dei suoi autori più rappresentativi in E. G u t e n b e r g » .

FRANCESCO SANTORO, La politica dei trasporti della

Comunità economica europea - Voi. di 17 X 24,5

cm, pp. 444 - UTET, Torino, 1974 - L. 8.500. « Da molti indizi si direbbe che siamo ora in u n a fase di ripensamento della politica comunitaria dei trasporti: una fase di riflessione altresì, che dovrebbe servire a supe-rare la stasi che si è venuta a determinare negli anni scorsi, e che prima abbiamo visto, ed a porre le basi per darle u n nuovo sviluppo. N o n si tratterebbe tanto di superare con uno sforzo di buona volontà, del tipo di quelli che p u r si sono avuti altre volte in passato, la stagnazione in cui questa politica è venuta a trovarsi, ma di rivedere il modello che si è disegnato a Bruxelles, dandogli nuovi orizzonti.

L'occasione è stata data dall'ingresso di nuovi paesi nel MEC, ma l'esigenza si andava prospettando anche prima in quanti avevano seguito le vicende di questa branca della politica comunitaria, e perfino in coloro che erano stati ad essa preposti. Del resto, il fatto stesso delle difficoltà incon-trate doveva necessariamente far riflettere sulle ragioni di un andamento cosi stentato della politica dei trasporti, ed in-durre quindi ad u n a critica e ad u n a revisione di q u a n t o si era costruito in precedenza.

Il rilievo che si può fare, ora che di sosta e di riflessione si parla, è però che non si prospetta ancora netto un nuovo orientamento della politica del MEC. Qualche spunto tut-tavia può essere tratto da alcune recenti dichiarazioni e dalle discussioni in corso, che farebbero intravedere la dire-zione verso la quale si svolge ora il pensiero in tema di trasporti.

Al riguardo è utile rifarci alle critiche più consistenti che alla politica comunitaria sono stale mosse; e per la sua origine, e per le considerazioni che contiene, un particolare rilievo dev'essere qui dato al cosiddetto ' rapporto Bodson '. Premesso che in esso si ritiene ingiusto affermare che il

bilancio della politica comunitaria dei trasporti possa giu-dicarsi negativo, si traccia u n quadro della situazione, dando un'occhiata prospettava all'avvenire dell'economia europea dei trasporti e proponendo ' le grandi linee di u n piano stra-tegico che, senza troncare i rapporti col passato, consenta nuove vie '.

Il primo rilievo che il Bodson avanza è che la politica comunitaria — come del resto la maggior parte delle poli-tiche nazionali — si sia collocata sinora ' a livello dell'eco-nomia delle imprese di trasporto '. Dobbiamo precisare, a questo punto, che l'osservazione non riguarda l'ampiezza della visione che ci si può porre nel costruire una politica dei trasporti, né la facilità di realizzarla. N o n si può dire, cioè, che una politica del tipo di quella disegnata dalla Comunità, basata sul risanamento dell'economia delle im-prese addette ai trasporti, sia per questo fatto u n a politica dalia visione ristretta; né che sia facile imporla, come Io prova il fatto stesso che la politica della Comunità, pur in questo quadro cosi definito, non ha trovato facile accogli-mento fin qui ed ancora attende di essere accettata. La sua realizzazione non è, ad ogni modo, cosa da poco, né per l'assetto delle attività produttive che sono chiamate a soste-nerla, né per quello che il settore trasporti deve in essa tro-vare. Il problema è se mai proprio quello degli effetti che essa implica; e come abbiamo visto prima, è proprio su questo punto che si sono incontrate le maggiori difficoltà. Un'altra critica connessa con la precedente, m a di portata più estesa, che è stata avanzata da più parti, è poi quella secondo cui, al disegno di u n a politica dei trasporti che dovrebbe operare attraverso il risanamento delle aziende e del mercato, non si è saputa accompagnare una politica di-retta ad utilizzare il fattore trasporti come strumento d'in-tervento nell'economia.

N o n solo nella sua attuazione di fatto, ma altresì' nel suo stesso disegno generale, la politica di Bruxelles •— in realtà — ha fin qui guardato a tutto l'insieme di problemi che sorgono seguendo la concezione del trasporto visto dal lato delle imprese che lo producono, più che dal lato del-l'attività produttiva che di esso abbisogna. Da qui la con-cezione del trasporto inteso come elemento neutro, che la-scerebbe poco spazio perché la politica governativa possa servirsene come u n o strumento col quale intervenire per fini economici; e per prima cosa, per conseguire gli effetti che oggi si vogliono nella localizzazione delle attività produttive, negli insediamenti della popolazione e nel generale migliora-mento delle sue condizioni di vita.

Certamente valida si può considerare inoltre la critica secondo cui non si sarebbe avuta fin qui a Bruxelles una politica di programmazione e sviluppo a livello di comunità, né sarebbe stata incentivata l'azione perché la programma-zione potesse avvenire agli altri livelli (nazionale e regionale perfino).

Un'ultima serie di riserve, anch'esse connesse a quelle già esposte più avanti, ed a qualcuna di esse in particolare, riguarderebbe infine, il principio della concorrenza che Bru-xelles ha seguito nel disegno di dare un assetto ai tra-sporti ».

CURIO CHIARAVIGLIO, Cause politiche della povertà

-Voi. di 14 X 19 cm, pp. 350 - Grafica Cavourese Editrice, Cavour, 1974 - L. 3.500.

« Le indicazioni e proposte che espongo nei seguenti capitoli sono derivate da ricerche dirette a dare applicazione pratica alle idee generali esposte con il titolo ' Il lavoro e la proprietà universale ', in u n o studio — edizione Le Mon-nier, Firenze — nel quale presento un complesso organico

di misure integrate e dirette ad eliminare disuguaglianze sociali e regionali mediante una riforma radicale di struttura, da avviare con un atto fondamentale di giustizia distribu-tiva, realizzabile con opere pubbliche per assicurare anche ai nullatenenti e disoccupati, l'immediata possibilità di lavo-rare a proprio totale beneficio per costituirsi una proprietà indipendente. Una proprietà immobiliare di speciali carat-teristiche denominata ' unità vitale ', adeguata per dare una base di stabilità e sicurezza alla famiglia, espressamente concepita ed attrezzata per assicurare ambiente di sano sviluppo alla nuova generazione, ridurre il costo della vita,

Nel documento Cronache Economiche. N.011-012, Anno 1974 (pagine 74-83)