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Le Aree Protette e le MPAs italiane

Tutta l’Europa, come osservato in precedenza, ha sperimentato un ritardo nello sviluppo di programmi di protezione delle specie e dei territori rispetto al continente americano, anche se si è cercato di importarne la lezione adattandola al contesto, come avvenne per l’idea stessa di santuario, un luogo incontaminato vietato a qualsiasi attività umana.

In questo panorama già di per sé molto frammentato per la ricchezza di patrimonio naturale e culturale, l’Italia si presenta come unica nel suo genere: si tratta di un territorio complesso sia per la sua conformazione geografica, sia per quanto riguarda le variegate identità culturali, territoriali e climatiche che lo attraversano. A differenza di altri paesi, le civiltà che storicamente si sono insediate nella Penisola e la loro interazione con le risorse dei territori che abitavano hanno plasmato valli, pianure, rilievi, coste e letti di laghi e fiumi e con essi anche la fauna e la flora. La gestione di un territorio in cui l’aspetto umano e quello naturale sono così strettamente collegati comporta un certo grado di complessità e richiede da una parte coerenza e chiarezza

nell’organizzazione interna e nella gestione a livello macroscopico statale, dall’altra una capacità di adattamento degli organi di management al contesto nel quale si trovano a dover operare quotidianamente.

Secondo il World Database on Protected Areas (WDPA)33, attualmente le Aree Protette italiane coprono un totale di 112 035 km²; risultano quindi sotto protezione il 21% della terraferma e il 9% del territorio marino del paese.

Figura 3 - World Database On Protected Areas (WDPA) - Italia,

http://www.protectedplanet.net/country/IT

Prima di poter iniziare a parlare di un vero e proprio sistema legislativo di Aree Protette in Italia si devono aspettare gli anni ’9034: l’istituzione e la regolamentazione di tale sistema si hanno solo nel 1991, a fronte di pressioni sia interne che internazionali, con la Legge Quadro (L394/1991) che mette ordine nell’eterogeneità delle gestioni e nelle ambiguità delle classificazioni e dei provvedimenti fino ad allora presi. La legge in questione mette anche in chiaro quali sono le caratteristiche che un’Area Protetta deve avere per essere definita tale e come devono essere strutturati gli organi di gestione. Seppur senza la dovuta tempestività, gli interventi legislativi delineano i

33Online interface for the World Database on Protected Areas (WDPA), IUCN and UNEP

project, http://www.protectedplanet.net/about, ultima visita effettuata in data 13 gennaio 2016

34 Migliozzi M., Le Aree Naturali Protette tra storia e filosofia di tutela, Corpo Forestale dello

Stato,

http://www.corpoforestale.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/3%252F0%252F8%2 52FD.ed968bc3f284233aaa86/P/BLOB%3AID%3D2336/E/pdf, ultima visita effettuata in data 13 gennaio 2016

basilari tratti giuridici che le MPA e PA italiane devono rispettare. Questo non significa, però, che si possa parlare di un vero e proprio sistema di Aree che lavorano all’unisono per uno scopo comune: la protezione di habitat, specie e risorse rimane frammentaria, non programmata non solo a livello nazionale, ma neanche con una coerenza sistemica a livello regionale. Nella

maggioranza dei casi, ogni Area Protetta lavora entro i propri confini, senza una connessione con le altre aree di protezione, senza una vera e propria comunicazione e condivisione di intenti e strategie, con grandi difficoltà di coinvolgimento delle popolazioni. Queste difficoltà sfociano in proteste e mancato rispetto delle restrizioni imposte dagli organi gestori nel territorio dell’Area Protetta35. Emerge una vera e propria mancanza di cultura dell’Area Protetta come territorio da salvaguardare, soprattutto nelle comunità che si trovano a stretto contatto con le PA, dovuta alla mancanza di un’educazione ambientale efficace che dovrebbe essere più approfondita in presenza di restrizioni sono maggiori. L’intervento delle popolazioni, invece, viene relegato ad una minima parte dell’attività di pianificazione e attuazione dell’Area,

risultando così un’azione forzata più che un elemento necessario per il buon andamento e per l’efficacia dell’azione36.

In Italia, infatti, la designazione di un’area sia terrestre che marina quale Area Protetta è delegata agli organi governativi, senza alcun

coinvolgimento o studio riservato alla componente umana di un territorio; in

35 Comportamenti inadeguati all’interno dei confini delle Aree Protette sono all’ordine del

giorno a causa di una mancanza di comunicazione e informazione fra popolazione e

organizzazioni. Possiamo ritrovare esempi di queste proteste e di questi attriti nelle cronache quotidiane, derivanti soprattutto da sfruttamento inadeguato delle risorse che inficia la loro rinnovabilità e integrità, come nel caso delle pressioni dei pescatori di ricci nell’Area Marina di Sinis, in Sardegna, per l’apertura anticipata della stagione di pesca

(http://www.cagliaripad.it/news.php?page_id=13436 ), o come nel caso dell’Oasi delle Zone Umide beneventane gestita dalla LIPU, nella quale l’utilizzo di quad per escursioni

“naturalistiche” e “sportive” nei sentieri e lungo i corsi d’acqua disturbava la fauna e danneggiava la flora (http://www.ilquaderno.it/con-quad-nelloasi-protetta-lipu-chiede- maggiori-controlli-83942.html).

36 Giuntarelli P., Parchi, politiche ambientali e globalizzazione, FrancoAngeli editore, Milano

particolare, la delega è riservata alla Direzione Generale per la protezione della Natura e del Mare del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Essa designa le Aree Protette in collaborazione con le Regioni competenti su quel territorio una volta verificato che esse corrispondano ai requisiti previsti dalla legge.

Una volta che un’Area Marina o Terrestre Protetta è stata identificata come tale, viene incaricato un ente di gestione. L’Italia conferma la sua unicità anche in questo caso, con varie tipologie di enti deputate al management delle Aree. In alcuni casi, l’ente di gestione si identifica con la Regione stessa, la Provincia, i Comuni o un consorzio di gestione di più enti amministrativi che si vedono coinvolti a livello territoriale37. Alcune aree sono interamente gestite da un'organizzazione ambientalista (WWF o LIPU, ad esempio), altre sono sotto la gestione del Corpo Forestale dello Stato; molte sono nelle mani dell’Ente Parco corrispondente, fondato appositamente per gestire quella zona. In alcuni casi particolari è un'università che presiede alla gestione delle aree, come nel caso di Bosco Siro Negri o della Montagna di Torricchio.

Per quanto riguarda la parte normativa riservata alle Aree Marine Protette, è l’Ispettorato Centrale per la Difesa del Mare l’organo deputato al controllo del raggiungimento dell’obiettivo prefissato al momento della

creazione dell’AMP. La concessione della gestione ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni è riservata al Ministero stesso, con la

partecipazione del Ministro della Marina Mercantile. Nel caso in cui l’Area Marina si trovi al confine con un’Area Protetta terrestre, è sull’ente

responsabile di quest’ultima che ricade il compito della gestione di entrambe38.

37 in VI Elenco Ufficiale Aree Protette, Decreto 27 aprile 2010, Gazzetta Ufficiale della

Repubblica Italiana, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,

Supplemento ordinario alla “Gazzetta Ufficiale” n. 125 del 31 maggio 2010 - Serie generale, e in Niccolini F., L’organizzazione delle aree protette italiane. La “chiave” sistemica, in “Le imprese nel rilancio competitivo del Made e Service in Italy: settori a confronto”, a cura di C. Ciappei e G. Padroni, FrancoAngeli editore, Milano (Italy), 2012

38 Legge 6 dicembre 1991, n. 394, Legge Quadro sulle Aree Protette, (Testo in vigore dal 29

L’elenco delle Aree Protette istituite in Italia è redatto e diffuso dal Ministero dell’Ambiente attraverso la Gazzetta Ufficiale sotto il nome di Elenco Ufficiale delle Aree Protette (EUAP). L’ultima versione che è stata rilasciata dal Ministero dell’Ambiente risale al 2010; si tratta del sesto aggiornamento dalla prima redazione nel 1993 e conta 871 Aree Protette.

All’EUAP possono essere iscritte solo le aree protette che presentano determinate caratteristiche stabilite dal Comitato Nazionale per le Aree Naturali Protette con delibera del 1 dicembre 1993. Si deve considerare che diverse aree protette che rispondono ai requisiti richiesti possono non essere presenti nell'EUAP per scelta delle Regioni che, insieme allo Stato nella Conferenza Stato Regioni, approvano l'EUAP.

Nonostante gli aggiornamenti, l’elenco non comprende molte aree che sono state istituite dal 2010 in poi, che invece sono tracciate dal database della Federparchi: attualmente quest’ultimo conta 1580 Aree Protette, quasi il doppio di quelle inserite nell’ultimo EUAP.

Per poter seguire la procedura per l’iscrizione all’EUAP, le Aree Protette devono rispondere a determinati criteri, fra cui l’esistenza di un provvedimento istitutivo, la perimetrazione geografica dettagliata, la

comprovata presenza di valori naturalistici, la presenza del divieto di caccia su tutto il territorio che si intende iscrivere all’Elenco. E’ necessaria, inoltre, una comprovata gestione da part degli organi ed enti deputati, oltre che all’esistenza di bilanci e piani di finanziamento.

L’EUAP suddivide e ordina le Aree Protette in base ai criteri di classificazione nazionali, individuati dalla Legge Quadro. Si possono così identificare:

• Parchi Nazionali (PN)

• Riserva Naturale Statale (RNS) • Parco Naturale Regionale (PNR) • Riserve Naturali Regionali (RNR) • Aree Marine Protette (AMP)

• Altre Aree Naturali Protette Nazionali (AANPN)

• Altre Aree Protette Regionali (AAPR) • Parchi Sommersi (PS)

• Santuari Pelagici (SP)

A quest’ultima categoria in particolare appartiene soltanto il Santuario Pelagos, progettato come la più grande Area Marina Protetta d’Europa, ma che è rimasto soltanto un paper park, mancando completamente un organo attivo di gestione e un bilancio. Questa classificazione non ha il suo

corrispettivo esatto in quella internazionale adottata dalla IUCN. Solo 816 Aree possono essere classificate nelle categorie internazionali:

Categoria IUCN Aree Protette

corrispondenti Ia 116 II 24 III 55 IV 491 V 185 Non riportate 2986 Non applicabili 11 Tabella 2 - Fonte WDPA – Scheda del territorio “Italia”- http://www.protectedplanet.net/country/IT Si nota come la maggior parte delle Aree che sono risultate

classificabili corrisponda alla categoria IV (Area per la gestione di

habitat/specie), ovvero aree piccole e circoscritte per la protezione di una specifica specie o habitat. Sono le aree che necessitano più di altre di un controllo accurato e di una gestione coerente al fine di non mancare l’obiettivo che si sono prefissate. Ma, più di ogni altra cosa, questo dato fotografa

perfettamente la realtà italiana: Aree Protette piccole e isolate, costantemente sottoposte alla pressione esterna che rischiano di fallire il proprio obiettivo senza un adeguato piano a sostegno della propria azione.

Il dato è ancora più chiaro se compariamo la realtà italiana con quella statunitense: ê % territorio protetto terrestre+marino % territorio protetto terrestre % territorio protetto marino USA 26% 14% 12% ITA 30% 21% 9% Tabella 4 - calcolo delle percentuali coperte dalle Aree Protette nei territori di Italia e Stati Uniti (USA), dati ricavati dal World Database on Protected Areas (WDPA) , www.protectedplanet.net Tabella 3 - comparazione per Aree Protette di Italia e Stati Uniti (USA), dati raccolti dal World Database on Protected Areas (WDPA), www.protectedplanet.net

Totale Ia Ib II III IV V VI Riportate Non classificabili Non

IT 3868 aree protette, di cui 861 classificabili criteri IUCN 116 24 55 91 4 185 2986 11 0,02 06 0,0 14 0,0 12 0, 7 0,04 0,77 0,002 USA 25800 aree protette, di cui 25173 classificabili criteri IUCN 1065 1248 183 540 931 6 5 1522 1 52 33 54 0,04 0,04 07 0,0 2 0,0 26 0, 0,59 2 0,0 0,001 0,002 IT estensione* 112035 km², di cui 64705 Km² Terrestri e 47330 Km² Marini 2240 ,7 ,21 672 8,49 1563444,2 1 ,64 5265 9 86266, 224,07 USA estensione* 2565884 km², di cui 1294476 Km² Terrestri e 1271408 Km² Marini 1026 35,36 1026 35,36 179 61,18 513 17,68 6 67129,84 1513 871,56 51 317,68 2565,8 8 5131,76

*estensione delle aree delle varie categorie ricavate

Dai dati forniti dal World Database on Protected Areas (WDPA)

possiamo notare che, nonostante l’estensione territoriale marittima degli Stati Uniti, il confronto percentuale fra il territorio coperto dalle MPAs statunitensi contro quelle italiane risulta in positivo per le prime; questo nonostante il territorio marino sotto la giurisdizione degli USA comprenda, non solo le acque costiere, ma anche un’ampia Exclusive Economic Zone (EEZ) che si estende fino a 200 miglia marine dal confine delle acque territoriali39.

Risulta evidente come la complessità del panorama italiano

corrisponda ad una complessità legislativa entro la quale gli enti di gestione dei parchi si devono muovere pur tenendo ben saldo davanti a sé l’obiettivo di salvaguardia e protezione del territorio a loro affidato.

La mancanza di un vero e proprio piano nazionale per le Aree Protette si evince anche dal testo delle normative stesse: non è prevista una linea guida che tutte le Aree Protette sono invitate a seguire, ma solo una lista di requisiti alle quali esse devono corrispondere. Sebbene alcuni passi siano stati fatti, l’impianto normativo non risulta consistente, né indirizza l’azione delle gestioni, lasciando carta bianca in questo senso ai manager e ai direttori. L’identità frammentaria che va a comporre l’immagine del sistema dei parchi italiano rende evidente che manca un disegno di sfondo vero e proprio, un progetto condiviso al quale tutti sono chiamati ad attenersi. A tal proposito, per quanto riguarda i parchi nazionali, uno dei maggiori esperti di gestione di parchi nazionali statunitensi, in un convegno organizzato in Italia sul futuro delle Aree Protette Italiane, ha tirato le conclusioni affermando che dal punto di vista organizzativo e progettuale: “Italian National Parks are a list, not a system”40.

39 The United States is an Ocean Nation, Ufficio di Consiglio Generale, NOAA,

http://www.gc.noaa.gov/documents/2011/012711_gcil_maritime_eez_map.pdf , ultima visita effettuata in data 6 febbraio 2016

40 Steel S., Workshop internazionale “Italian Protected Areas”, citato in Niccolini F.,

L’organizzazione delle aree protette italiane. La “chiave” sistemica, in “Le imprese nel rilancio competitivo del Made e Service in Italy: settori a confronto”, a cura di C. Ciappei e G. Padroni, FrancoAngeli editore, Milano (Italy), 2012

È importante tenere sempre in considerazione la disomogeneità del territorio e delle culture presenti in Italia che hanno di certo reso complesso il compito del legislatore di fare ordine.

Risulta perciò evidente come sia di primaria importanza che

l’organizzazione e la gestione delle Aree Protette sia in grado di gestire le relazioni con l’esterno, anche quando si tratta di aree che rientrano nella categoria Ia e Ib della IUCN (Riserve Naturali Integrali e Aree Selvagge). In quest’ultimo caso, anche se l’intervento umano all’interno dell’Area Protetta è nullo o quasi, le relazioni dovrebbero estendersi dall’Area Protetta verso l’esterno, in modo che sia evidente come il progetto di salvaguardia del territorio in questione sia una scelta che tocca ed influenza non soltanto gli abitanti delle zone limitrofe.

Il cambiamento che si necessita in Italia va ben oltre il semplice cambiamento di gestione delle aree protette, terrestri o marine che siano. Si necessita un cambiamento più radicale, un cambiamento che investa tutta la società in un’ottica di responsabilizzazione e di educazione collettiva nella convinzione che la salvaguardia dell’heritage sia nelle mani di tutti i cittadini che in quanto tali devono maturare ed essere aiutati a maturare

consapevolezza. Consapevolezza che non comprenderebbe solo la mera conoscenza di ciò che stiamo per perdere e di cosa è necessario conservare per le generazioni future, ma anche una diffusione di valori di responsabilità sociale che andrebbero ad incidere anche sulle dinamiche economiche.

È evidente come i parchi non possano più essere relegati ad una delimitazione territoriale: essi devono essere una parte di una pianificazione più complessa ed estesa sul territorio. L’area mediterranea, in particolare, come detto in precedenza, viene identificata come un’ecoregione, una parte di territorio “che contiene un assemblamento geografico di specie, comunità naturali e condizioni ambientali” senza confini nettamente delimitati, ma nel quale avvengono processi di interazione unici sia per l’ecologia che per aspetti evoluzionistici.

La visione “claustrofobica”41, com’è stata definita, deve, quindi, essere superata nel nome di una programmazione più ampia e capillare del territorio in cui l’area protetta si trova. Lo stato attuale del sistema parchi italiano, se così lo possiamo definire, rende questi territori semplici nomi su di una lista che sembra infinita di aree protette, malgestite in alcuni casi, isolate e non ascoltate in molti altri. Il fenomeno è comune e riscontrabile in parti del mondo ed è conosciuto come il fenomeno dei “paper parks”42.

In questa categoria si ritrovano parchi che a causa delle risorse finanziarie non sono disponibili per i dipartimenti e per la gestione delle aree protette non sono sotto regime di management. In alcuni casi, le aree protette sono indicate dalla legge, ma i manager non vengono assunti, i confini non sono delimitati, e piani di gestione non esistono; il parco esiste solo sulla carta, solo dal punto di vista legale. Questa “patologia” che affligge le MPAs è conosciuta e riconosciuta a livello internazionale da quasi due decenni; nel 1999, nel report “Conversion of Papers Parks to Effective Management: Developing a Target”43 alcuni esperti definiscono il paper park come "un'area protetta legalmente stabilita dove gli esperti ritengono che le attività di

protezione attuali siano insufficienti per fermare il degrado"44. Il fenomeno, evidenzia il report, si verifica quando si ha un management inefficace, in cui la

41 Morandi F., Niccolini F., Sargolini M., Parks and territoriy - New perspectives in

planning and organization, LISt Lab Laboratorio Internazionale Editoriale ITALY, Trento (Italy), ottobre 2012

42 Niccolini F., L’organizzazione delle aree protette italiane. La “chiave” sistemica, in “Le

imprese nel rilancio competitivo del Made e Service in Italy: settori a confronto”, a cura di C. Ciappei e G. Padroni, FrancoAngeli editore, Milano (Italy), 2012

43 Dudley N., Stolton S., Conversion of Paper Parks to Effective Management: Developing a

Target, Report per WWF-World Bank Alliance dell’IUCN/WWF Forest Innovation Project, 1999

44 Hockings M., White A., Polino M., Pet-Soede L., Pollnac R., Garbutt Paul Hoetjes L, Van

der Velde M., Paper Parks: Why They Happen, and What Can Be Done to Change Them, MPA News, International News and Analysis on Marine Protected Areas, Vol. 2, No. 11, giugno 2001, http://depts.washington.edu/mpanews/MPA20.pdf , ultima visita effettuata in data 19 gennaio 2016

gestione non passa, come dovrebbe nel caso di tutte le MPAs, attraverso l'identificazione dei threats, che quindi non vengono affrontati. "Le minacce immediate alle aree protette sono a loro volta il risultato di cause sottostanti", scrive il rapporto "Comprendere la natura e la rilevanza di queste cause è indispensabile per un'azione efficace che riduca i problemi"45. La maggior parte delle prove di questo fenomeno è aneddotica, e non mancano interventi che sostengono che il problema dei paper parks è trascurabile. Tuttavia, emerge anche da questo la necessità di una migliore finanziamento e di una migliore gestione delle Aree Protette. Per quanto riguarda la gestione,

sarebbe auspicabile, per combattere il fenomeno, un sistema di controllo della performance gestionale del sistema di management, come vedremo

successivamente. Parlando del caso italiano, un esempio importante e vicino a noi di paper park, come accennato in precedenza, è rappresentato dal caso del Santuario Pelagos per la protezione dei cetacei: il santuario marino sulla carta conta 87.500 km² di Area Protetta, fra zone costiere e di alto mare, istituito con un accordo internazionale fra l’Italia, il Principato di Monaco e la Francia, sottoscritto nel 1999 e entrato in vigore nel 2002, per la protezione dei mammiferi marini46. Nello specifico, il termine “santuario”, che identifica un'area naturale protetta marina adibita alla protezione di un habitat o di una specie ben precisa, ha origine dal mondo anglosassone, come peraltro molte altre classificazioni di parchi e riserve naturali. Nel caso del "Santuario per i Mammiferi Marini nel Mediterraneo - Santuario Pelagos", la dicitura

"santuario" è stata utilizzata per assonanza con altre aree protette così

45 Dudley N., Stolton S., Conversion of Paper Parks to Effective Management: Developing a

Target, (cit. nota 43)

46 Sito ufficiale del Santuario Pelagos per la protezione dei mammiferi marini del

Mediterraneo, http://www.sanctuaire-pelagos.org/It/ , ultima visita effettuata in data 16 gennaio 2016

denominate, con obiettivi di conservazione specifici47, e non di tutto l'ambiente presente all'interno del perimetro48.

La questione coinvolge tutta la società sia a livello politico, sia sociale che economico come primaria per la gestione efficace ed efficiente di una qualsiasi Area Protetta; la collaborazione di tutte le componenti è

fondamentale per portare avanti un progetto di salvaguardia a lungo termine, un progetto che prenda in considerazione la visione di “rete” delle MPA, basando l’azione partecipata sulla condivisione degli obiettivi e dei valori. È necessario che si attivi in primis un processo di responsabilizzazione delle parti, perché, come si legge nella Dichiarazione delle Nazioni Unite

sull’ambiente umano (Stoccolma 1972), “[…]Sono gli uomini che promuovono il progresso sociale, creano la ricchezza sociale, sviluppano la scienza e la tecnologia e con il loro duro lavoro trasformano incessantemente l'ambiente umano. Insieme al progresso sociale ed allo sviluppo della produzione, della