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Verifica delle ipotesi preliminar

NOME PRIMO

E. Understand the Sanctuary’s Cultural, Historical and Socioeconomic Significance

8. Verifica delle ipotesi preliminar

A seguito dell’analisi dei questionari, verifico le ipotesi preliminari. Ipotesi preliminare di lavoro: una struttura più specializzata garantirà risposte in tempi più ristretti, mentre una struttura che al suo interno contiene ruoli più generici reagirà con tempi più lunghi, anche se le dimensioni di questa sono minori.

email, l’ipotesi si è rivelata errata.

Le strutture più specializzate non sempre si sono rivelate quelle che hanno avuto tempi di risposta inferiori. Le strutture con organigrammi più differenziati si sono rivelate quelle dei santuari del NOAA, ma, sulla base dello scambio di comunicazioni avvenuto con le varie MPAs durante il processo di raccolta dei questionari, è risultato che i più veloci nella risposta e i più facili da contattare sono stati i manager delle MPAs europee, e in particolare la direzione delle Isole Egadi. Per quanto riguarda le statunitensi, gli scambi sono avvenuti con una cadenza di 5-6 giorni, per un totale di due settimane ciascuno per la raccolta del questionario correttamente compilato.

Ipotesi 2: a parità di funzioni svolte a livello gerarchico all’interno degli organigrammi delle MPAs appartenenti a nazioni diverse si osserveranno livelli e ambiti di professionalità (istruzione) eterogenei.

Questa ipotesi è solo parzialmente corretta.

I livelli di istruzione dei manager e dei dipendenti dell’organizzazione si sono rivelati piuttosto omogenei, poiché quasi la totalità dei membri delle organizzazioni possiede un’istruzione universitaria; si osservano, però, gradi diversi di specializzazione universitaria (dal science degree al Phd, al

dottorato di ricerca) . L’ambito prevalente di istruzione dei componenti delle organizzazioni è scientifico. Per quanto riguarda nello specifico il caso

italiano, è stato evidenziato che sono i membri con contratto di lavoro precario che collaborano con la MPA che forniscono conoscenze in ambiti specifici.

Ipotesi 3: strutture organizzative delle MPAs con un maggior livello di centralizzazione avranno un grado di formalizzazione maggiore.

Questa ipotesi si è rivelata errata. È stato evidenziato in sede di analisi che, nel particolare, il caso italiano presenti la struttura più centralizzata del campione, nella quale le decisioni in merito a qualsiasi questione riguardante la MPA devono passare attraverso la persona del direttore. Questo indica un livello di centralizzazione maggiore a favore del livello più alto

interrogate.

Per quanto riguarda il grado di formalizzazione, non ci sono indicazioni precise che riguardino la documentazione relativa alla gestione e alle norme di comportamento degli appartenenti all’organizzazione. È, però, possibile ipotizzare una maggiore formalizzazione per quanto riguarda i santuari statunitensi, in quanto l’appartenenza a un sistema vero e proprio (la rete dei santuari marini del NOAA) richiede una maggiore standardizzazione delle procedure, sebbene un adattamento funzionale al contesto sia sempre necessario. Inoltre, la quantità di testo scritto in risposta alle domande del questionario nel caso della MPA italiana era molto superiore, denotando una necessità di esplicare maggiormente regole, situazioni, considerazioni; nel caso dei santuari del NOAA, invece, in riferimento a domande riguardanti le norme che regolano l’attività della MPA, spesso la risposta riporta un link ad una pagina del NOAA stesso, nella quale sono raccolte le norme di tutti i santuari aderenti al network.

Ipotesi 4: le MPAs che hanno maggior livello di precariato nei contratti di lavoro presenteranno una fragilità maggiore nell’azione del management e una maggiore discontinuità nelle attività di gestione.

Questa ipotesi si è rivelata corretta.

Instabilità degli organigrammi e fragilità dell’azione di management sono risultate correlate soprattutto nel caso delle MPAs europee.

L’instabilità dei contratti di lavoro all’interno della MPA italiana, in particolare, sono risultati essere scogli alla programmazione e alla gestione continuativa dell’Area Protetta. I contratti, però, si sono rivelati non essere gli unici elementi a tempo determinato all’interno della struttura delle Isole Egadi: anche il budget a scadenza annuale appare come un vincolo negativo

all’attività della MPA, a causa della discontinuità che questo crea.

Ipotesi 5: laddove esistano, la mission e la vision organizzative avranno tratti comuni, ma saranno caratterizzate da diversi gradi di chiarezza e di completezza.

organizzazioni si sono rivelate simili, contenendo al loro interno elementi come “conservazione della natura”, “protezione”, “salvaguardia”, “patrimonio”.

La differenza più eclatante nelle MPAs europee è la mancanza di veri e propri statement di vision e mission, sostituiti da frasi più estese che esplicano i concetti, alla ricerca di una completezza di espressione; anche se gli

obiettivi, la missione e la visione dell’organizzazione sono stati dichiarati in tutti e quattro i casi come conosciuti da tutti i membri dell’organizzazione, la chiarezza con la quale questi vengono espressi è, quindi, diversa.

Ipotesi 6: esistono livelli eterogenei di scambio e sostegno reciproco fra MPAs e istituzioni.

Questa ipotesi, alla luce dei dati raccolti, non è completamente verificabile, ma sono possibili alcune considerazioni.

Le MPAs, in tutti i casi analizzati, hanno confermato un appoggio delle norme nazionali alla loro attività. Solo nel caso della MPA italiana sono stati indicati interventi auspicati per il futuro dai livelli superiori, come

potenziamento delle misure di controllo, stanziamenti pubblici maggiori e una gestione diversa del budget. Lo scambio di informazioni, in questo caso, non appare molto efficace. La creazione di una rete di MPAs, potrebbe aumentare l’importanza e quindi il peso delle questioni inerenti le Aree Marine Protette, contribuendo ad una migliore gestione.

Ipotesi 7: attività di comunicazione e coinvolgimento delle comunità hanno gradi e intensità diversi nelle diverse realtà.

Questa ipotesi è corretta.

Per quanto riguarda il coinvolgimento, questo può essere analizzato alla luce di vari fattori messi in evidenza dall’analisi. Innanzi tutto, è possibile partire da un’analisi del fenomeno del volontariato. L’attività di personale volontario è emersa più intensa negli Stati Uniti, e in particolare nel piccolo santuario di Gray’s Reef, complice l’assenza di altre Aree Marine all’interno dei confini statali della Georgia. È evidente, da questo punto di vista, che il coinvolgimento nella missione e nell’azione della MPA in un contesto come

quello statunitense è molto più elevato rispetto a ciò che avviene nel

continente europeo. In risposta a questo, il volontariato ha un proprio centro di coordinamento e un ufficio deputato alla gestione dei flussi.

Parlando, però, di uno sforzo di coinvolgimento delle comunità, l’Europa è al primo posto. Programmi di education nelle scuole, infatti, sono previsti solo in contesto europeo, così come eventi specifici per aiutare il fenomeno di sensibilizzazione alla questione ambientale. Questo significa che qualcosa in questo ambito si sta muovendo, puntando ad una consapevolezza maggiore a livello sociale, ad una cultura delle Aree Marine Protette. Questo movimento punta alla realizzazione di forme di collaborazione come quelle della

sopracitata comunità di Tanga (Tanzania).

Ipotesi 8: le attività di enforcement saranno più efficaci laddove esiste una struttura più solida.

Questa ipotesi si è rivelata parzialmente vera. Per quanto riguarda le attività di enforcement, queste si sono rivelate più efficaci all’interno dei santuari marini, grazie alla collaborazione dei reparti di vigilanza del NOAA che collaborano con gli organi di vigilanza dei singoli Stati. La riscossione delle sanzioni e la gestione delle infrazioni è gestita direttamente dal NOAA, mentre in ambito europeo sono gli organi statali che se ne fanno carico, organi che sono lontani dalla realtà della MPA. La gestione delle sanzioni a seguito di attività monitoraggio delle aree, però, non è sempre efficace, anche per quanto riguarda il contesto statunitense: il NOAA, infatti, fa passare alcuni casi di infrazione minori in secondo piano, a favore della persecuzione di violazioni maggiori.

Spunti di riflessione

Nonostante la questione della protezione del mare, e conseguentemente delle specie che vi abitano e delle risorse che si trovano in esso e sotto di esso stia acquistando sempre più importanza all’interno del panorama

mondiale, i modelli organizzativi degli organi deputati alla gestione delle Aree Marine Protette, in molti casi, devono ancora evolversi per riuscire a svolgere integralmente la propria funzione.

Esistono numerosi fattori che influenzano lo sviluppo e la pianificazione della gestione delle MPAs. Tali sono gli interessi economici, i regimi statali, la cultura delle popolazioni che interagiscono con la MPA.

Il management di un’Area Protetta, in particolare quello di un’Area Marina Protetta, deve tener conto di numerosi interessi che premono sui confini e sulle risorse, ma soprattutto della missione che è stata prefissata in fase di progettazione e del “futuro immaginato” verso il quale tendere la propria azione, per non perdere di vista gli obiettivi e muovere in modo coerente l’intera organizzazione. Per fare questo, sono necessarie la condivisione degli obiettivi e la comunicazione fra i livelli della struttura, in modo che essa risulti compatta e uniforme al sopraggiungere di stimoli dall’esterno. Per questa ragione, è importante che obiettivi, mission e vision organizzativa non solo siano chiare, ma siano anche condivise e comprese da tutti i componenti dell’organigramma. Prendendo, ad esempio, ciò che

avviene all’interno delle organizzazioni anglosassoni, ed in particolare

statunitensi, il concetto di protezione, ripristino e conservazione della natura è indissolubilmente legato a quello della natura, intesa come eredità da

consegnare alle generazioni future e, quindi, di chiamata inequivocabile alla responsabilità collettiva. Quest’ultimo concetto può essere individuato come motivazione del movimento di grandi flussi di volontari che si sta osservando all’interno delle Aree Protette.

La condivisione di core values e di obiettivi fra più MPAs serve da supporto per la nascita dei network, cioè organismi di gestione che si

resistenza (resilience) a livello locale.

Data la complessità del panorama entro il quale la gestione si muove, è importante che l’organizzazione sia in grado di imparare dall’esterno e di modificarsi ed evolversi sempre per far fronte alle nuove esigenze, adattandosi sempre meglio all’ambiente, proprio come avviene negli organismi viventi. In tal modo, si apre la strada alle innovazioni che sono necessarie per continuare ad adeguarsi alla realtà che si muove.

La reazione attiva agli stimoli esterni è essenziale per raggiungere questo obiettivo e si sviluppa in due fasi: la fase “ascolto” delle issues degli stakeholders che premono per accedere alle risorse della MPA, e la fase di coinvolgimento degli stakeholders stessi, quando possibile, nelle attività dell’organo di management. Queste due azioni risultano fondamentali ai fini di garantire una sopravvivenza alle MPAs e alle organizzazioni che le

gestiscono, perché contribuiscono a creare una solidità maggiore della struttura; passando attraverso queste due fasi, si contribuisce ad educare gli stakeholders all’utilizzo sostenibile delle risorse e a creare una cultura della MPA, che diventa, così, parte dell’identità di un popolo.

Tuttavia, tutto questo comporta che nessuna organizzazione sarà probabilmente mai uguale ad un’altra, perché ognuna svilupperà peculiarità che le consentono di sopravvivere e continuare ad agire all’interno del panorama socio-economico e culturale di riferimento.

Nonostante questo, analizzando il panorama organizzativo delle MPAs, è possibile trarre insegnamenti ed esempi che consentano di modificare, adeguandoli, molti aspetti della gestione delle MPA italiane. Si apre così la strada all’innovazione e alla ricerca di nuove soluzioni.

La ricerca comparativa svolta con l’analisi di questionari sottoposti a manager di MPAs di alcuni paesi e l’osservazione dei dati raccolti su una MPA italiana (l’Area Marina Protetta Isole Egadi) ha consentito di evidenziare alcuni dei problemi principali che affliggono la gestione e ne rendono difficile l’attività. Questi sono la precarietà dei contratti di lavoro dei membri

dell’organizzazione, che va ad inficiare la continuità della gestione e la capacità di pianificazione sul lungo termine; la debolezza del sistema di

enforcement, ovvero dei controlli e dell’efficacia del meccanismo di sanzione di attività proibite; la mancanza di un budget adeguato per lo svolgimento delle proprie funzioni. Quest’ultima questione, in particolare, è stata portata in primo piano anche dalle altre MPAs analizzate.

Il problema di scarsità del budget non trova soluzione nella presenza di un sistema di autofinanziamento della MPA, in quanto, come per le NPO, il suo obiettivo è e dovrebbe rimanere sempre quello di generare benessere; la dipendenza da altre fonti di finanziamento potrebbe influenzare l’andamento della gestione, obbligando l’organo di management a spostare la propria attenzione dalla mission e dagli obiettivi che si è prefissato. Le uniche forme di finanziamento esterno, fatti salvi i proventi derivanti dal pagamento dei biglietti di ingresso e della vendita di alcuni prodotti, sono le donazioni, che negli Stati Uniti vengono effettuate sia da cittadini che da grandi compagnie commerciali, e, in ambito europeo, i fondi comunitari.

È ipotizzabile che le difficoltà che le Aree Marine Protette italiane si trovano ad affrontare siano derivate dall’eccessiva interazione politica; in un’ottica di sviluppo indipendente delle MPAs, sarebbe auspicabile una gestione centrale affidata ad un organo che non risenta dei cambiamenti e degli stravolgimenti politici, oltre che degli attriti interni derivanti dalle questioni economiche per lo sfruttamento delle risorse marine e costiere del nostro paese. Per quanto riguarda organi di gestione più vicini al territorio, occorre tener conto dell’influenza politica esercitata in sede regionale. Ciò potrebbe pregiudicare la gestione a livello locale delle Aree Protette sul territorio. Per ovviare a questo problema, si potrebbe riformulare il concetto di gestione territoriale, affidandosi ad un sistema di regionalizzazione su basi diverse da quelle di competenza politica. L’esempio più rilevante è quello australiano, che consiste nella creazione di un sistema rappresentativo di CMR che mira a contenere ogni specie e ogni tipologia di habitat del paese.

Anche se, come evidenziato anche dall’organizzazione delle Isole Egadi, rispetto al passato le strutture di management italiane si stanno consolidando ed aspirano ad una continuità della propria gestione, la strada è ancora lunga. Occorre passare attraverso una necessaria educazione al concetto di Area

Marina Protetta ed una diffusione della cultura di responsabilità verso la natura e le sue risorse all’interno del nostro paese.

L’urgenza della protezione del mare e delle risorse che esso contiene dovrebbe spingere ad un movimento più rapido delle istituzioni e degli organi di gestione. La costruzione della responsabilità e i programmi di educazione dovrebbero coinvolgere tutti gli strati della popolazione, passando attraverso ogni fascia di età fino ad arrivare ai vertici amministrativi. Le scuole, quali luoghi di formazione primaria, potrebbero rappresentare punti di partenza per le attività di education.

Si tratta di “investire nel futuro”, non solo del patrimonio naturale, ma anche del patrimonio umano d’Italia.

Ringraziamenti

Desidero ringraziare il professor Federico Niccolini che mi ha aiutato e guidato nel lavoro di ricerca, studio e redazione di questo lavoro.

Ringrazio anche la mia famiglia, al nonno lettore e soprattutto a mio fratello Alessio, per le ore di studio condivise e le risate che risollevano il morale, con l’augurio di riuscire a realizzare tutto ciò che desideri. Non mollare.

Un grazie speciale alle nuove amicizie che questa esperienza di studio mi ha regalato, per il supporto e l’aiuto mai negato.

Grazie a chi mi è stato vicino in questi anni carichi di cambiamenti; che la fine di questo percorso possa essere l’inizio di qualcosa di nuovo da condividere insieme.