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La lezione delle organizzazioni non-profit: vision e mission come propulsori dell’attività

La condivisione di una missione, di una visione di lungo periodo e dei valori primari di un’organizzazione è necessaria, quindi, alla stessa sia per potersi aprire verso una maggior comprensione del panorama entro il quale si trova ad operare, sia per poter guidare i propri componenti nella loro azione. È perciò necessario, prima di tutto, che questi valori e questi obiettivi siano chiari, che l’organizzazione cioè abbia davanti a sé una visione verso la quale muoversi e voler compiere una missione con la sua azione.

Prima di affrontare il tema articolato riguardante i concetti sfaccettati di vision e di mission all’interno della gestione di un’organizzazione non-profit (da qui anche NPO) e applicare le considerazioni relative alle organizzazioni che si occupano della gestione di Aree Protette, è necessario evidenziare le ragioni che hanno spinto a confrontare questi due tipi di organizzazioni.

Le organizzazioni che gestiscono le Aree Protette, come abbiamo visto in particolare osservando la situazione italiana, sono di varia natura.

Possiamo individuare organizzazioni pubbliche, identificate con gli organi statali, regionali, comunali, provinciali; in altri casi, si occupano della gestione organizzazioni non-profit, come WWF e LIPU.

87 Cochrane K., Gréboval D., Pomeroy R., Sanders J., Sissenwine M. and Westlund L., FAO

Technical Guidelines for Responsible Fisheries – Marine Protected Areas and Fisheries, (cit. nota 14)

Anche se non vengono classificate tutte come “non a scopo di lucro”, le organizzazioni che gestiscono le Aree Protette sono soggette a molte delle limitazioni che caratterizzano le non-profit: un esempio è costituito dai

finanziamenti che confluiscono verso gli organi gestori. Essi provengono per la maggior parte da fondi pubblici e da donazioni e sono limitati. Questo implica che una volta esauriti i fondi messi a disposizione, l’organizzazione deve sapersi assicurare un flusso costante di fondi per proseguire la sua attività di management in maniera costante e coerente88.

L’acquisizione di risorse passa attraverso una rete di relazioni con gli stakeholder, che si trovano quindi in un nodo fondamentale. Ogni

organizzazione che voglia assicurarsi un flusso di risorse è chiamata a

soddisfare le esigenze e raccogliere le istanze degli interlocutori con i quali si relaziona, ed è quindi necessariamente orientata verso l’ascolto, ma anche verso un coinvolgimento ed una condivisione degli obiettivi con l’esterno, al fine di stimolare la partecipazione alla propria causa89; l’ascolto è parte integrante, quindi, dell’orientamento dell’agire di ogni organizzazione, NPO e MPA management comprese.

Un altro punto che le due categorie di organizzazioni hanno in comune è, in alcuni Stati, la presenza di personale volontario: entrambe arruolano nelle loro fila volontari che sposano la loro causa al fine di disporre di una forza lavoro maggiore che non va a incidere sulle risorse economiche raccolte per la prosecuzione delle loro attività. Si può affermare che la capacità di attrarre personale che si presta a svolgere un lavoro non retribuito ricade nella capacità attrattiva dell’organizzazione: non si parla solo di attrarre flussi di investimenti provenienti dagli stakeholders, ma anche risorse umane. Nell’ambito delle Aree Protette, possiamo citare il caso statunitense del National Park Service, che ogni anno riesce ad attrarre più di due milioni di

88 Clark J., Coastal Seas: The Conservation Challenge, 1998 in Salm R. V., Clark J. R., Siirila

E., Marine and Coastal Protected Areas: A Guide for Planners and Managers, Third Edition, (cit. nota 77)

89 Costa E., Ramus T., Mission, strategie e valutazione delle performance delle aziende non-

volontari90 che lavorano all’interno dei parchi. Data la grande disponibilità di volontari di ogni estrazione, l’NPS individua fra essi il personale qualificato a svolgere mansioni specifiche; questo consente a coloro che svolgono il loro lavoro all’interno dell’organizzazione di essere affiancati e supportati dai volontari91. In particolare, si è venuta a creare una governance unica ottenuta dalla modifica di alcuni elementi strutturali per adattarsi alle nuove condizioni esterne ed esigenze interne dell’NPS; questa governance “condivisa”, che mette insieme attori pubblici, attori provenienti proprio dalle organizzazioni non-profit e attori privati in alcuni casi, garantisce la sua attività attraverso una condivisione di obiettivi e valori che attrae ogni anno un numero sempre crescente di personale volontario92.

Per quanto riguarda l’obiettivo delle organizzazioni non-profit, esse muovono la propria azione verso la ricerca di una soluzione di un problema socialmente riconosciuto che affligge particolari gruppi o la società tutta, siano essi malattie, situazioni di povertà, o squilibri fra identità sociali. I problemi così definiti “sociali” nascono in seno alla società nella quale essi prendono forma e fanno parte dei costrutti sociali, ovvero elementi più o meno

complessi creati dalla collettività degli individui che prendono la loro forma in maniera irripetibile in contesti differenti, attraverso un processo di framing, ovvero attraverso l’individuazione di uno schema interpretativo valido solo in quelle particolari condizioni socio-culturali ed economiche93. A livello

generale, possiamo affermare che l’obiettivo delle organizzazioni non-profit è

90 National Park Service web site http://www.nps.gov, ultima visita effettuata in data 12

dicembre 2015

91 Niccolini F., L’organizzazione delle aree protette italiane. La “chiave” sistemica, (cit. nota

42)

92 Niccolini F., Quale governance per le aree protette? – Sfida ecologica globale – Crescita

delle aree protette – Nuovi modelli di governance: approcci condivisi e volontariato in Economia e Ambiente, ANEAT – Associazione Nazionale Economisti Ambiente e Territorio, n.°5-6, Anno XXIV, settembre-dicembre, Pisa (IT)

93 Clark J., Coastal Seas: The Conservation Challenge, 1998 in Salm R. V., Clark J. R., Siirila

E., Marine and Coastal Protected Areas: A Guide for Planners and Managers, Third Edition, (cit. nota 77)

quello di creare valore che vada ad aumentare il benessere sociale, sia che la NPO si batta per i diritti delle minoranze, per garantire la salute a tutti, o per sconfiggere la povertà. L’obiettivo viene perseguito attraverso lo studio e l’applicazione di una strategia che guidi l’organizzazione lungo la strada verso il raggiungimento della mission94. Questa logica è applicabile anche nelle organizzazioni che guidano le MPA: anche l’obiettivo di quest’ultime non è la creazione di un valore economico, ma la salvaguardia di un patrimonio insostituibile dell’umanità, rappresentato dalle risorse naturali, dal patrimonio biologico, paesaggistico e culturale. Utilizzando le parole di Robert McDonald che descrivono le NPO, possiamo affermare che la loro mission “è quella di soddisfare certi bisogni che non incontrano adeguata attenzione né dal settore pubblico né dal settore privato95”; questo avviene anche per il

management delle MPA: un’organizzazione di gestione viene creata al fine di poter vigilare su di un territorio che altrimenti non verrebbe adeguatamente protetto. Si tratta di una diversa produzione di benessere sociale, che passa attraverso i side effects prodotti da un’Area Protetta: come evidenziato in precedenza, si può parlare di un miglioramento delle condizioni ambientali in generale, la garanzia di un non esaurimento delle risorse rinnovabili,

l’aumento di effetti benefici sulla salute e sulla vita delle comunità vicine, la conservazione di beni che vanno a comporre l’identità culturale della popolazione.

È giusto puntualizzare in ogni caso che, per quanto riguarda le Aree Protette, molti degli organi di management sono istituiti a livello governativo, non solo per quanto riguarda lo Stato italiano; essi hanno perciò origine nel settore pubblico.

Nonostante le differenze, molte NPO e normalmente le MPA sono allo stesso modo sottoposte alle pressioni derivanti dalle organizzazioni che

94 Sheenan R. M. Jr, Mission Impact – Breakthrough Strategies for Nonprofits, Jon Wiley &

Sons Publishing, Hoboken (USA), 2010

95 McDonald R. E., An Investigation of Innovation in Nonprofit Organizations: the Role of

Organizational Mission, Texas Tech University (USA), Association for Research on Nonprofit Organizations , 2007

invece sono orientate al profitto e agiscono all’interno del medesimo

ambiente: da una parte, le NPO trovano sempre meno spazio per raccogliere le risorse necessarie alla propria sussistenza, mentre le MPA sono sottoposte alla pressione esterna derivante dal mancato sfruttamento delle risorse

presenti al loro interno, sfruttamento che viene impedito o filtrato per quantità e talvolta per gruppi (come nel caso di comunità ad economia tradizionale). Inoltre, a differenza delle organizzazioni che lavorano for-profit, la

misurazione dei risultati ottenuti non è così semplice; le organizzazioni, per garantirsi un afflusso costante di risorse, sia economiche sia di volontari, devono saper dimostrare anche la loro efficacia organizzativa. La questione è che, nel caso delle NPO, sono i valori fondanti a guidare le scelte e le

iniziative dell’organizzazione ed è la condivisione o meno di tali valori che determina la soddisfazione degli stakeholders rispetto ai risultati ottenuti. L’efficacia è quindi un indicatore soggettivo, anche se ci sono alcuni soggetti esterni le cui opinioni hanno un valore maggiore. Come alcuni ricercatori hanno osservato, questo delinea in maniera ancora più netta l’importanza di primo piano che hanno gli interlocutori di un’organizzazione96, non solo in corso di opera, ma anche per garantire una prosecuzione futura delle sue attività.

La pressione che grava su queste organizzazioni richiede che queste siano in grado di proporsi all’ambiente in modo sempre nuovo e adatto alle peculiarità ambientali nelle quali devono portare avanti la loro azione,

mantenendo i giusti rapporti con gli stakeholders senza per questo deviare in alcun modo dalla loro missione principale. Il motore di questo adattamento è dato dalla combinazione delle risorse umane messe nelle condizioni di apprendere tramite un dialogo continuo e della capacità delle stesse di

ricercare sempre nuove soluzioni (come learning organization); in altre parole, per sopravvivere e trovare un proprio spazio all’interno dell’opinione pubblica, le organizzazioni in questione devono saper innovare. Alcuni studi effettuati sulle NPO attive nel settore ospedaliero americano hanno evidenziato una

96 Jones C., Hesterly W. S., Borgatti S. P., A General Theory of Network Governance:

correlazione positiva fra innovazione, equilibrio finanziario e capacità di perseguire gli obiettivi di un’organizzazione senza deviazioni dalla mission preposta. La mission, inoltre, guida il processo di innovazione, poiché rappresenta il faro verso il quale tutta l’azione dell’organizzazione naviga, e supporta l’innovazione una volta che il processo innovativo è stato avviato97.

La mission, quindi, definibile come uno degli elementi determinanti per la creazione e l’attività di un’organizzazione che si occupa di accrescere il benessere sociale. Al pari della vision, esercita la sua azione su tutti i membri e ne indirizza l’agire, oltre ad essere uno dei pilastri in sede di realizzazione del piano strategico di una organizzazione, il piano che delinea il modo in cui l’organizzazione stessa guiderà la sua azione nel futuro per produrre

un’efficace performance. Il piano strategico esplica, in poche parole, la strategia che verrà adottata per il raggiungimento dell’obiettivo

dell’organizzazione, come il “racconto di una storia che ha un inizio, uno svolgimento e una fine”, in un processo che analizza la situazione corrente dell’organizzazione, tiene lo sguardo fisso sul futuro desiderato e sceglie quali sono le azioni necessarie per proiettare l’organizzazione in quel futuro98.

I confini dei concetti di vision e di mission non sono ben definiti e possono talvolta lasciare spazio ad una certa condivisione di significato. In linguaggio comune, la mission “è qualcosa che deve essere compiuto”, mentre la vision “è qualcosa da perseguire per questa realizzazione”99. Nella teoria organizzativa, seguendo la definizione alla quale si affidano Collins e Porras, possiamo identificare all’interno del core di un’organizzazione tre

97 McDonald R. E., An Investigation of Innovation in Nonprofit Organizations: the Role of

Organizational Mission, (cit. nota 95)

98 Collins J., Porras J., Building your Company’s Vision, Harvard Business Review,

https://hbr.org/1996/09/building-your-companys-vision , ultima visita effettuata in data 15 gennaio 2016

99 Mission statement, http://www.businessdictionary.com/definition/mission-statement.html ,

diversi elementi: il core purpose, la visione del futuro desiderato (envisioned future) e i valori caratteristici di quell’organizzazione (core values)100.

Figura 4 - Collins J, Porras J., Building your Company Vision, Harvard Business Review, https://hbr.org/1996/09/building-your-companys-vision

Possiamo identificare l’obiettivo centrale o core purpose con la mission che un’organizzazione si prepone; a differenza di una strategia o di un

obiettivo che possono cambiare anche più volte nel corso di un anno, la mission è una “raison d’être”101; la vision, invece, si identifica come la visione desiderata dall’organizzazione del mondo nel futuro e si compone sia del core purpose che dei core values.

Figura 5 - Vision organizzativa dell'ente Conservation Volunteers, Australia, "Ispirare il cambiamento creando una connessione fra le persone e la natura", fonte: Conservation Volunteers - What we Do, http://conservationvolunteers.com.au/what-we-do/ Figura 6 – Obiettivo di conservazione (mission) dell'ente Conservation Volunteers, Australia, "Incrementare la resistenza attraverso la protezione, il mantenimento e il restauro dell’ambiente –

100 Collins J., Porras J., Building your Company’s Vision, (cit. nota 98)

paesaggi, habitats, specie e heritage”, fonte: Conservation Volunteers - What we Do,

http://conservationvolunteers.com.au/what-we-do/

In questo senso, la mission diventa parte della vision, in quanto è necessario che l’obiettivo venga raggiunto perché il futuro desiderato si realizzi. La vision è qualcosa di immateriale quindi, realizzabile attraverso l’azione materiale guidata dalla mission. La presenza di una vision all’interno di un’organizzazione si è rivelato essere un fattore determinante più di altri per il successo nel lungo periodo delle organizzazioni; i core values e, più in generale, l’ideologia che sta alla base dell’organizzazione sono definiti dai due autori come “la colla che tiene insieme l’organizzazione attraverso il tempo” 102, mentre i cambiamenti attraversano la struttura organizzativa. La vision deve quindi contenere questi elementi in sé, comprenderli per dare una coerenza ancora maggiore all’intero sistema e guidarlo in avanti verso il futuro.

Nella fattispecie, la vision è rappresentata da una descrizione che deve essere quanto più vivida e tangibile possibile del futuro che l’organizzazione intende realizzare attraverso il suo lavoro. Il raggiungimento di tale visione avviene però attraverso la progettazione dell’organizzazione stessa: vanno definiti i ruoli e le relazioni che devono essere intrattenute per andare verso quel futuro. Per poter seguire la visione del futuro che l’organizzazione ha immaginato, è necessario che questa sia in grado di perseverare nella ricerca di quel futuro nonostante i cambiamenti che intercorrono al suo interno

(cambiamento di managers ad esempio) e intorno a sé; deve, però, essere anche abbastanza flessibile da potersi adattare al cambiamento, dare spazio alla ricerca di nuove possibilità e di nuove strade103.

Sebbene la vision sia identificata come lo strumento che le organizzazioni utilizzano per guidare la loro azione ed eventualmente

102 Ibidem

103 Niccolini F., Ferranti P., Vision organizzativa: indicami la meta e ti seguirò,

http://prospettiveinorganizzazione.assioa.it/vision-organizzativa-indicami-la-meta-e-ti-seguiro- indicami-la-meta-e-ti-seguiro-ferranti-niccolini/ , ultima visita effettuata in data 20 dicembre 2015

condividerla con quella di altre organizzazioni facenti parte di un network specifico (come, ad esempio, nel caso del sistema delle Aree Protette di una nazione), la mission è ciò che l’organizzazione fa. Più che per la vision, è verso la mission che si compiono i maggiori sforzi della ricerca in ambito organizzativo ed economico-aziendale per le organizzazioni non a scopo di lucro, soprattutto in territorio anglosassone; esistono moltissime

pubblicazioni104 che suggeriscono ai managers come costruire una propria mission efficace, che sia in grado di ispirare chiunque entri in contatto con l’organizzazione. Nell’ambito delle organizzazioni non-profit, la mission è ciò che delinea l’identità e attiva i componenti della struttura organizzativa, i volontari e gli stakeholders in generale a lavorare ed unirsi alla causa della NPO105. Questo approccio potrebbe essere valido anche per quanto riguarda le Aree Protette: costruire un movimento positivo verso le organizzazioni di gestione e tutela delle aree intorno ad una missione ben precisa condivisibile, che, come il NPS dichiara, “ispiri le persone di tutte le età”106 e che sia rivolta all’azione. L’inseguire la realizzazione della propria mission è la ragione per la quale una NPO esiste107, oltre che a rappresentare il punto fermo dal quale non ci si deve discostare nel corso del tempo per soddisfare le richieste esterne.

Come osservato in precedenza, la mission può fungere da propulsore per l’innovazione e da sostegno una volta che il processo ha avuto inizio, per guidare e supportare le attività di ricerca, di creazione di nuove soluzioni e di apprendimento dai fallimenti passati in un’ottica di learning organization, ma

104 esempi di pubblicazioni: Sheenan R. M. Jr, Mission Impact – Breakthrough Strategies for

Nonprofits, Jon Wiley & Sons Publishing, Hoboken (USA), 2010,

Brinckerhoff P.C., Mission-based management: Leading your Not-for-Profit in the 21st Century, Third edition, John Wiley & Sons Publishing, Hoboken (USA), 2009

105 McDonald R. E., An Investigation of Innovation in Nonprofit Organizations: the Role of

Organizational Mission, (cit. nota 95)

106 National Park Service web site http://www.nps.gov , ultima visita effettuata in data 12

dicembre 2016

per fare questo deve essere stata a pieno compresa da tutti i componenti dell’organizzazione. Il compito di rendere chiara la mission a tutti e di esplicarla una volta compresa è del manager108; il compito è fondamentale per mantenere la coesione e la coerenza interne della struttura. Anche per le MPA, comprendere la mission e farla propria per chi lavora

nell’organizzazione è di cruciale importanza, soprattutto nel caso in cui si porti avanti un networking, sia per quanto riguarda il coinvolgimento delle comunità locali, che devono sentirsi anch’esse parte integrante e insostituibile nel processo di realizzazione degli obiettivi, sia per quanto concerne il lavoro coordinato di più Aree Protette.

Aspirare ad un mission-based management richiede alcune specificità che i managers devono riuscire a portare avanti in un’ottica di perseguimento della mission. Il bilanciamento dei bisogni e delle richieste della comunità con le risorse a disposizione dell’organizzazione è un passo fondamentale nel management basato sulla mission, perché la mission non deve passare in secondo piano rispetto alle esigenze esterne; per lo stesso principio, il processo di innovazione, che è necessario e fondamentale per la

sopravvivenza dell’organizzazione, deve essere controbilanciato da una considerazione del rischio economico che il processo di innovazione

comporta, data la limitazione dei fondi a disposizione. Un altro nodo cruciale è rappresentato dalla comunicazione del mission statement ai lavoratori, ai volontari, agli stakeholders, alle istituzioni: una comunicazione efficace e chiara della mission garantisce un pieno coinvolgimento degli appartenenti alla struttura nell’azione e nelle attività, oltre che assicurare un passaggio migliore di informazioni verso l’esterno dell’organizzazione109.

Comunicazione, innovazione, bilanciamento, coinvolgimento sono quindi le parole chiave delle organizzazioni non-profit, la lezione che deve ispirare anche le organizzazioni a salvaguardia del pianeta.

108 Sheenan R. M. Jr, Mission Impact – Breakthrough Strategies for Nonprofits, (cit. nota 94) 109 Brinckerhoff P.C., Mission-based management: Leading your Not-for-Profit in the 21st

Cap. III – I modelli organizzativi e le Aree Marine Protette

Alla luce delle osservazioni finora condotte, possiamo affermare che la direzione e la gestione di un’Area Protetta, e in particolare di un’Area Marina, risentono di numerosi fattori che devono essere individuati, tenuti sotto

osservazione e considerati in sede decisionale e di pianificazione strategica. Il modello organizzativo, infatti, si adatta al contesto entro il quale opera al fine di svolgere al meglio le sue funzioni. I fattori da considerare non sono limitati a quelli ambientali, biologici, e territoriali. Occorre tenere in considerazione anche i fattori umani, con gli impianti economici, normativi e sociali che portano con sé. Questo è necessario al fine di garantire non solo una gestione più efficiente e più efficace, ma anche per evitare contrasti e

superare ostacoli che potrebbero anche arrivare a minare l’esistenza stessa dell’Area.

Inoltre, è da considerare che spesso gli obiettivi della gestione e i valori percepiti da chi lavora all’interno dell’organizzazione sono differenti da quelli degli users della MPA; questo significa che, a seconda del contesto, i locali potrebbero non supportare le attività della MPA e rifiutarsi di cooperare, rappresentando una sfida per la governance di non poco spessore110.

Prendendo in considerazione i programmi di protezione, le ragioni che