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Lessons learned – Imparare dalle esperienze

Affrontando l’analisi di modelli provenienti da diverse parti del mondo e frutto dell’adattamento nel tempo delle strutture, è possibile individuare delle peculiarità, delle “lezioni” da apprendere per migliorare un sistema come quello italiano ancora tutto in fase di creazione e che necessita di continue spinte innovative per garantirsi di mantenere il passo con i cambiamenti in corso nel nostro paese, nel nostro ambiente, sul nostro territorio.

Per quanto concerne i modelli analizzati in questa sede, ci sono alcuni punti che risultano di particolare interesse e che potrebbero essere applicati, con i dovuti arrangiamenti, alla realtà del nostro paese.

Stati Uniti d’America

Innanzi tutto, partendo dalla lezione del NOAA che gestisce alcune delle Aree Marine degli Stati Uniti, vediamo come un organo specializzato nelle “questioni del mare” riesca a gestire con più coerenza e con più cognizione di causa le MPA: la struttura pare basarsi su una solida base scientifica e di ricerca in tutti i campi nel quale opera, dagli studi metereologici agli studi sull’oceano e le sue componenti, a differenza di quello che succede nel contesto italiano, dove la struttura dalla quale dipendono tutte le Aree Marine è il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare dove non tutti i componenti hanno una formazione scientifica o esperienza pregresse nella tutela del mare, degli habitat, degli elementi naturali, degli ecosistemi e non sempre è a conoscenza delle “tematiche calde” o delle difficoltà effettive riscontrate dalle organizzazioni di gestione delle MPAs.

Prendendo in esame la struttura dell’organizzazione della MPA, è possibile notare come questa specializzazione per aree di competenza del NOAA sia replicata anche all’interno delle singole Aree Protette: i ruoli hanno una più alta specializzazione rispetto a quella delle aree italiane (come

evidenziato nell’analisi nel Capitolo successivo), che consente una risposta più rapida alle questioni che si sollevano mano a mano dall’interno

dell’organizzazione stessa e dall’esterno.

Un altro punto interessante riguarda le attività di volontariato: le cifre degli impegnati in tali attività sono davvero impressionanti rispetto a quelle registrate nelle MPAs italiane188, sintomo di una consapevolezza e di una rilevanza della questione di protezione della natura maggiore. In particolare, il collegamento di questo fenomeno con la percezione e l’educazione alla natura e ai paesaggi naturali e storici da considerare come heritage da consegnare al futuro potrebbe essere la chiave di lettura che promuove il movimento dei volontari. Per sviluppare un movimento di portata simile in un territorio diverso da quello americano, con una struttura socio-culturale diversa e un approccio al territorio impostato sull’uomo invece che sulla natura189, sarebbe auspicabile inserire numerosi programmi di educazione all’ambiente e alle risorse naturali nelle scuole, a partire da quelle primarie, in modo da formare in modo completo i bambini su queste tematiche, oltre che a renderle parte integrante della loro cultura.

Australia

La peculiarità del modello australiano è da subito individuabile osservando la mappa delle Aree Marine Protette che si snodano lungo la costa di tutta la nazione (v. Figura 12); il network delle CMR è così esteso perché in Australia si punta alla creazione di un Sistema Nazionale

Rappresentativo di Aree Marine Protette, che copra idealmente tutti i tipi di habitat australiano e tutte le specie endemiche. La realizzazione di un sistema tale mira alla conservazione di tutte le tipologie di habitat che esistono

188 v. Cap. IV

189 Come è stato analizzato in precedenza, pochissime aree del territorio italiano sono rimaste

intoccate dalle attività umane; questo è molto probabilmente riconducibile alla presenza di grandi civiltà sin dall’antichità su un territorio ridotto come quello della Penisola, ricca di risorse naturali di ogni genere.

all’interno dei confini nazionali: è un progetto ambizioso, che necessita di una programmazione e di un sistema di controllo degli obiettivi efficace.

Il controllo di questo sistema si basa, in Australia, su un impianto a carattere regionale, che risulta così più vicino al territorio da proteggere, più reattivo all’insorgenza di issues.

Il sistema regionale di controllo, o regionalizzazione, però, non si basa su suddivisioni politiche preesistenti all’interno del settore statale. La divisione delle aree di competenza è stata realizzata attraverso lo studio scientifico delle aree marine e della distribuzione delle specie endemiche lungo la costa e le zone di mare, tanto che più che di regionalizzazione si parla di

bioregionalizzazione. Questo slegamento delle attività di protezione del mare dalle divisioni politiche del territorio è importante nell’ottica di un

miglioramento dei provvedimenti e della gestione delle MPAs: innanzi tutto, in questo modo i sistemi di management sono indipendenti dai cambiamenti, dagli interessi e dalle questioni politiche, potendo così portare avanti la propria azione nell’interesse del patrimonio naturale dello Stato; in secondo luogo, è possibile pianificare e programmare azioni più specifiche, al fine di proteggere e conservare specie e paesaggi specifici; in ultima istanza, è ipotizzabile che la competenza dei gestori e dello staff da assumere per la gestione delle MPAs sia valutata su basi reali, con valutazione più attenta delle esperienze pregresse e della formazione.

In un sistema come quello italiano, inoltre, l’adozione di una regionalizzazione non politica potrebbe favorire un’integrazione e uno sviluppo delle politiche territoriali di protezione diverso rispetto a quello attuale, a favore della conservazione delle specie. Prendendo in

considerazione il sistema australiano, che basa la sua categorizzazione regionale sulle specie demersali e su quelle pelagiche, potrebbe essere utile, in fase di progettazione della regionalizzazione per l’Italia, utilizzare un criterio più ampio, che, ad esempio, consideri la conformazione dei fondali, oppure le colonie di alghe e coralli endemici.

Tanzania

Per quanto riguarda il sistema di questo paese africano, fa da lezione l’intervento che è stato fatto e che si sta tuttora conducendo sulle popolazioni che si trovano a contatto diretto con le MPAs. Gli interventi che riguardano questi rapporti si basano sulla creazione di una cultura dell’Area Marina Protetta, sull’educazione allo sfruttamento ecocompatibile delle risorse, e sull’aiuto alle popolazioni stesse che sono dipendenti dalle risorse, per fornirle dei mezzi necessari a condurre attività estrattive di risorse (come, ad

esempio, la pesca) con metodi più moderni ma non distruttivi (come, ad esempio, l’utilizzo di esplosivi). Quest’ultimo intervento, allo stato attuale, fa quasi esclusivamente parte ancora dei piani futuri dell’organo centrale di gestione delle MPAs del paese.

Per quanto riguarda il coinvolgimento di tutte le fasce della popolazione, fa da esempio internazionale, come evidenziato nel paragrafo precedente, quello della comunità di Tanga: non solo gli uomini sono stati resi partecipi e chiamati alla riflessione e alla risoluzione dei problemi e dei conflitti, ma anche le donne hanno avuto la loro parte. La partecipazione di tutte le fasce della popolazione è un fondamento importante per la buona riuscita dei piani di protezione, salvaguardia e restauro delle risorse di una MPA; questo significa

Figura 14 - esempio di classificazione per fondali, fonte: Conformazione dei fondali (Seafloor Lithology), GPlates Portal, http://portal.gplates.org/static/html/seafloor.html

non solo cercare appoggio e coinvolgimento da parte di utilizzatori diretti delle risorse, ma di tutta la comunità che si trova entro e al di fuori dei confini

dell’Area Marina, al fine di facilitare l’azione della gestione, massimizzare gli effetti dei provvedimenti, e, soprattutto, individuare soluzioni ai problemi che si presentano sempre innovative e adattate al contesto specifico.

Le lezioni che possono essere apprese dall’osservazione e dallo studio dell’esperienza in campo internazionale possono fungere da spunto per la realizzazione di nuovi modelli, anche in un contesto come quello italiano.

La condivisione di queste esperienze risulta fondamentale, comunque, ma non si deve mai prescindere dal contesto socioculturale ed economico entro il quale un’organizzazione si deve muovere; l’adattamento è necessario. Dopotutto, “non è la più intelligente delle specie a sopravvivere; non è

nemmeno la più forte; la specie che sopravvive è quella in grado di adattarsi meglio ai cambiamenti dell'ambiente in cui si trova.”190

190Megginson L. C., Lessons from Europe for American Business, Southwestern Social

Cap. IV – La ricerca

L’analisi delle organizzazioni che gestiscono attualmente le Aree Marine Protette di tutto il mondo, come visto in precedenza, è molto complessa. La difficoltà della misurazione dei risultati ottenuti dalle MPAs e del loro grado di efficacia ed efficienza risiede nella natura intangibile degli output prodotti dal management, oltre che nella scelta degli indicatori appropriati per la

misurazione stessa.

Per poter comprendere a fondo l’azione strutture di gestione è, però, necessario non solo conoscere il contesto entro il quale si sono trovate e si trovano ad operare, ma anche la composizione e i gradi delle dimensioni strutturali e contestuali che le caratterizzano.

Seguendo questa direzione, è stata svolta una ricerca sulle MPAs di tutto il mondo, al fine di ottenere campioni di strutture organizzative da utilizzare in una comparazione che individui i punti critici di ognuna e le positività secondo un’osservazione condotta sulle condizioni lavorative degli appartenenti all’organizzazione, sul network di MPAs al quale ogni singolo organo di gestione può appoggiarsi, sulle relazioni con le comunità, sulla comunicazione, sulla presenza di adeguati sistemi normativi e appoggio delle istituzioni, monitoraggio, attività educative e ricreative. Inoltre, sono state poste domande riguardanti il personale che lavora all’interno

dell’organizzazione e le attività di volontariato e reclutamento di volontari svolte per la MPA. Le domande vanno ad analizzare le varie componenti organizzative delle dimensioni strutturali e delle dimensioni contestuali191. L’analisi della dimensione contestuale individuata come “ambiente” non è stata presa in considerazione perché la comparazione si svolge su base internazionale e non ha elementi sufficienti per essere condotta, così come la dimensione “cultura”, riguardante le specificità di ogni organizzazione. La dimensione contestuale “tecnologia” non è stata indagata, soprattutto per la natura dell’output intangibile della MPA. La dimensione della tecnologia, infatti, secondo Daft, prende in considerazione gli strumenti con i quali

vengono prodotti gli output192.

La finalità era quella di confrontare le esperienze e i modelli di vari paesi e appartenenti a diverse culture organizzative, compresa quella di un organo di gestione di una MPA italiana, con quello che, a seguito degli studi finora condotti, si presenta come il più auspicabile per una maggiore efficacia della gestione.

La comparazione delle organizzazioni deputate alla gestione delle MPA si basa, quindi, sulla tendenza a massimizzare l’efficacia dell’azione del management, ferma restando la necessità di portare avanti obiettivi e valori fondanti. L’efficienza in termini economici non è stata misurata, anche perché, come è stato osservato in precedenza, i finanziamenti per le MPA derivano perlopiù da fondi pubblici e le organizzazioni presentano un tasso di

autofinanziamento abbastanza contenuto.