Manuela Lasagna, Laura Debernardi, Domenico Antonio De Luca
4. Aree di studio
¨ © § − ⋅ = ⋅ = (eq.5)
Figura 3: Situazioni semplificative della vulnerabilità specifica ai nitrati al variare della qu e della concentrazione di nitrati in falda (Cae).
Figure 3: Theoretical schemes about nitrate vulnerability with
different qu values and nitrate concentration in groundwater
(Cae).
La vulnerabilità specifica dell’acquifero ai nitrati può essere suddivisa in sei classi, in base al diverso valore di NLA (Tabella 1). Tale parametro è stato calcolato consi-derando la lunghezza della cella di flusso L pari a 1 km. Questa distanza rappresenta il tratto percorso dalle acque sotterranee per solo moto avvettivo in un tempo non
su-periore a 5 anni nei contesti idrogeologici presi in esame. In effetti, il modello considerato è subordinato all’ipotesi semplificativa di instaurazione di un regime permanente; tali ipotesi prevede, quindi, un apporto di azoto dalla su-perficie topografica continuo e con concentrazioni co-stanti da un tempo sufficientemente lungo. Dal momento che si ipotizzano condizioni climatiche e agro-colturali rimaste invariate nelle aree in esame per un periodo ante-cedente ad oggi pari ad almeno 5 anni, la scelta di una lunghezza della cella di 1 km risulta giustificata. È possi-bile, tuttavia, utilizzare L diverse da 1 km in base alle specifiche esigenze di analisi; in tal caso la Tabella 1 an-drà riformulata.
Tabella 1: Classi di vulnerabilità specifica ai nitrati sulla base dell’azoto lisciviato ammissibile NLA.
Table 1: Nitrate vulnerability classes on the base of NLA (ac-ceptable nitrogen leaching).
CLASSE NLA (kg
N/ha)
Vulnerabilità specifica ai ni-trati Classe 1 (> 500) Bassa Classe 2 (300 – 500) Classe 3 (150 – 300) Classe 4 (50 – 150) Classe 5 (0 – 50) Classe 6 (< 0) Elevata
In particolare, la Classe 6 rappresenta il caso in cui l’acquifero risulta già contaminato, cioè l’eventualità in cui le concentrazioni di nitrati in falda superino i 50 mg/l; in tale situazione non è possibile introdurre nel sistema un ulteriore carico di composti azotati, essendo la qualità dell’acquifero già compromessa, ma sarebbe necessario, da un punto di vista teorico, asportare dell’azoto, da cui il valore negativo.
4. Aree di studio
La procedura descritta è stata applicata in due aree cam-pione della pianura piemontese (Italia nord-occidentale) la cui ubicazione è riportata in Figura 4.
L’area A è situata nel centro della pianura cuneese e si estende per circa 120 km²; tale settore, costituito da una pianura blandamente inclinata verso nord-est, è delimita-to a nord dai setdelimita-tori meridionali della pianura delimita-torinese, ad est dai rilievi collinari delle Langhe e del Roero, a sud dalle Alpi Liguri e ad ovest dalle Alpi Occidentali.
Il territorio, in corrispondenza dei centri abitati, è for-temente antropizzato ed è soggetto ad un intenso sfrutta-mento agricolo con coltivazioni di frutteti, cereali, forag-giere e colture ortive; sono inoltre numerosi gli alleva-menti zootecnici, soprattutto di ovini e suini.
La seconda area oggetto di studio (Area B) è situata nella pianura alessandrina e si estende per circa 300 km².
Da un punto di vista morfologico, sono presenti varie superfici terrazzate con una caratteristica convergenza delle acclività verso la zona di Alessandria. Le scarpate dei terrazzi presentano talora altezze comprese tra 25 e 50 m. Gli insediamenti industriali sono localizzati soprattut-to nelle vicinanze dei centri principali. Per quansoprattut-to riguar-da l’uso del suolo l’80% del settore pianeggiante è carat-terizzato dalla presenza di seminativi con prevalenza di mais e/o grano; una porzione centrale ed allungata in di-rezione nord-sud è, invece, adibita a prati permanenti mentre nei settori meridionali, rilevati rispetto alla sotto-stante pianura, si trovano vigneti, frutteti e noccioleti.
4.1 - Assetto idrogeologico
Lo schema idrogeologico semplifica-to a scala regionale è caratterizzasemplifica-to da sedimenti alluvionali grossolani del Quaternario superiore seguiti, scendendo in profondità, dalle se-quenze del Villafranchiano, caratte-rizzate dall’alternanza di livelli ghiaioso-sabbiosi e livelli argilloso-limosi; al di sotto seguono i depositi marini del Pliocene. Il basamento cristallino della catena montuosa al-pina da un lato ed i sedimenti marini pre-pliocenici della Collina di Torino dall’altro, si immergono al di sotto di questa sequenza di sedimenti.
La potenza dei sedimenti descritti è fortemente influenzata dai processi tettonici: in particolare le due aree di studio sono situate in zone che, pro-prio a causa dei suddetti processi, risultano depresse rispetto alla re-stante parte della pianura.
Le possibilità di reperimento i-drico nell'ambito della pianura pie-montese sono legate allo sfruttamen-to della falda idrica superficiale, ge-neralmente di tipo libero, impostata nelle alluvioni grossolane del Qua-ternario superiore, nonché delle falde profonde appartenenti al sistema multifalde in pressione presente en-tro le sequenze del Villafranchiano; infine è presente una falda nelle sab-bie marine plioceniche in facies a-stiana.
In dettaglio, l’area A risulta costi-tuita da depositi alluvionali grossola-ni caratterizzati da buona permeabili-tà e si trova nella parte distale della serie di grandi conoidi venutesi a formare in seguito alla migrazione dei fiumi allo sbocco delle valli alpi-ne. Lo spessore dei depositi varia da 40 a 80 m nella zona di apice, sino a ridursi gradualmente a 10-20 m nelle zone più distali di pianura. I sistemi acquiferi presenti in que-sto complesso sono alimentati dalle precipitazioni locali e dalle ingenti perdite dei corsi d’acqua provenienti dalle vallate alpine, soprattutto nelle zone pedemontane. Muo-vendosi dalle zone apicali verso le aree più distali si os-serva un’inversione di tendenza e gli acquiferi liberi ten-dono progressivamente ad alimentare i vari corsi d’acqua. L’area B risulta costituita da depositi di origine preva-lentemente fluviale, con sedimenti ghiaiosi a matrice fine scarsa, e perciò ben permeabili, e rare lenti argillose. In questo contesto idrogeologico si può riconoscere un
pri-Figura 4: Aree di studio; l’area A ricade nella pianura cuneese, l’area B nella pianura alessandrina.
mo acquifero, relativamente superficiale, presente in tutta la pianura e che si sviluppa nelle alluvioni grossolane su-perficiali aventi generalmente elevati spessori, fino a 50 m.
I depositi fluviali più antichi (Fluviale Antico), alti-metricamente più elevati, formano i terrazzi a sud di Ca-priata d’Orba. Seguono le superfici del Fluviale Medio, incassate nelle precedenti o sviluppate all’esterno di esse, che formano la piana che si estende a nord di Basaluzzo. Il complesso più recente, denominato Fluviale Recente, si distingue nettamente dal Fluviale Medio soprattutto lungo i corsi d’acqua principali, mentre altrove il passaggio tra questi due tipi di depositi risulta sfumato.
Il sistema idrico sotterraneo della pianura di Alessan-dria è alimentato dalle acque di precipitazione, che si in-filtrano attraverso la serie alluvionale permeabile, alimen-tando essenzialmente la prima falda; inoltre la ricarica è anche da imputare alle acque provenienti dalle principali valli a sud del settore analizzato, dove le precipitazioni atmosferiche raggiungono anche i 1000 - 2000 mm/anno.
4.2 - Piezometria della falda superficiale
Le carte piezometriche della falda superficiale relative alle campagne di misura in pozzi irrigui e domestici rela-tive a Gennaio e Agosto 2005 per l’area A e a Maggio e Novembre 2005 per l’area B sono riportate in Figura 5 e Figura 6.
Le carte piezometriche realizzate per le due aree in esame presentano un andamento della falda pressoché identico nelle due campagne di misura.
In dettaglio l’area di studio nella pianura cuneese pre-senta, complessivamente, un andamento delle linee iso-piezometriche abbastanza regolare; la direzione generale di deflusso delle acque sotterranee è sudovest-nordest in accordo con la pendenza generale della pianura. Sono e-videnti, inoltre, tre settori con caratteristiche piezometri-che omogenee: un settore settentrionale, in cui le isopieze hanno andamento regolare e sono sub-parallele fra loro, con gradiente idraulico medio di 0.005; un settore meri-dionale in cui le isopiezometriche sono più ravvicinate e meno rettilinee, e il gradiente idraulico risulta in media di 0.007; un settore a ridosso del terrazzo del Fiume Stura di Demonte, in cui le linee piezometriche sono molto ravvi-cinate con gradiente mediamente di 0.05: questa porzione è condizionata fortemente dalla topografia, caratterizzata da una scarpata di circa 30 m.
Per quanto concerne i rapporti della superficie piezo-metrica con i corsi d’acqua, si evidenzia una falda forte-mente influenzata della presenza del Torrente Stura di Demonte; in particolare in questo settore di pianura il corso d’acqua risulta fortemente drenante. La falda idrica presenta, invece, un comportamento quasi indifferente nei confronti del Torrente Mellea, che delimita l’area di stu-dio a nord-est.
Figura 5: Carte piezometriche della falda superficiale relative alla 1a campagna (gennaio 2005) ed alla 2a campagna (agosto 2005) nell’area A (pianura cuneese).
Per l’area di studio B, il flusso idrico sotterraneo è ca-ratterizzato da un andamento generale in direzione sud-est-nordovest. In accordo con l’assetto delle paleosuper-fici, tuttavia, è possibile osservare un flusso idrico con andamento radiale centripeto nella pianura alessandrina s.s., mentre nel settore nord-est di studio assume un an-damento da sud verso nord.
La morfologia della falda rimarca l’andamento della superficie topografica, rimanendo chiaramente influenza-ta dalla diversa permeabilità dei litotipi che attraversa.
È possibile inoltre notare la presenza di assi drenanti, che indicano probabilmente la presenza di paleoalvei. L’analisi delle isofreatiche consente inoltre di individuare uno spartiacque sotterraneo ben visibile tra Mandrogne e Castelceriolo.
Il gradiente idraulico risulta molto variabile, dimi-nuendo da sudest verso nordovest.
Per quanto riguarda il rapporto tra falda freatica e le acque superficiali, il Fiume Bormida, il Torrente Orba e il Torrente Lemme, che attraversano l’area in esame, eser-citano un’azione drenante nei confronti della falda.
4.3 - La trasmissività dell’acquifero libero
La distribuzione della trasmissività nelle due aree in esa-me è riportata in Figura 7.
I valori di trasmissività sono stati ricavati, partendo dalla portata specifica, in corrispondenza a 44 pozzi nella pianura cuneese e 170 in quella alessandrina, con i filtri esclusivamente nella falda superficiale.
Nella settore di pianura cuneese esaminato, la tra-smissività presenta valori compresi tra 2.00⋅E-01 m2/s, nel settore occidentale di pianura a ovest di Genola, e 1.10⋅E-02
m2/s nei settori centro-meridionali e orientali.
Dalla carta della trasmissività della pianura alessan-drina analizzata, si distingue un settore centro-orientale caratterizzato da valori di trasmissività bassi (inferiori a 1.0E-02 m2/s); ciò è legato alla presenza di alluvioni pre-valentemente sabbioso-siltoso-argillose e alluvioni forte-mente alterate.
I valori di trasmissività più elevati (2.0⋅E-02 m2/s – 3.3⋅E-02 m2/s) si riscontrano nel settore nordoccidentale dell’area, lungo la direttrice Alessandria - Bosco Maren-go, dove affiorano depositi essenzialmente ghiaioso-sabbioso caratterizzati da una modesta alterazione super-ficiale e quindi buona permeabilità; una buona permeabi-lità si può osservare anche a nord-ovest di Capriata d’Orba in corrispondenza ai depositi del Fluviale Recen-te.
Figura 6: Carte piezometriche relative alla 1a campagna (maggio 2005) ed alla 2a campagna (novembre 2005) nell’area B (pianura alessandrina).
Figura 7: Carte della trasmissività dell’acquifero superficiale nell’area A (pianura cuneese) e nell’area B (pianura alessandrina).
Figure 7: Transmissivity maps of shallow aquifer in area A and B.
Figura 8: Carte della distribuzione dei nitrati nell’area A (pianura cuneese) relative a Gennaio 2005 e Agosto 2005.
Figura 9: Carte della distribuzione dei nitrati nell’area B (pianura alessandrina) relative a Maggio 2005 e Novembre 2005.
Figure 9: Nitrate concentration maps in area B (May 2005 and November 2005).
4.4 – I nitrati nell’acquifero superficiale
Al fine di valutare la distribuzione dei nitrati nell’acquifero superficiale, sono state condotte due cam-pagne di misura nell’area A (Gennaio e Agosto 2005) e due campagne nell’area B (Maggio e Novembre 2005).
Nell’area A (Figura 8) le concentrazioni di nitrati so-no generalmente elevate, sebbene il superamento dei li-miti di legge (50 mg/l) sia stato riscontrato solamente in alcuni punti di misura ubicati nel settore centrale dell’area di studio.
Sono inoltre stati prelevati quattro campioni di acqua dal Torrente Mellea. Tali campioni presentano tenori prossimi a 15 mg/l nella campagna di misura invernale e tenori compresi tra 15 e 30 mg/l nella campagna estiva.
Nel settore di pianura alessandrino analizzato (Figura 9) si evidenziano, per entrambe le campagne di misura, tenori molto elevati in gran parte dell’area di studio; inol-tre frequentemente le concentrazioni di nitrati superano il limite di legge, con tenori talora prossimi a 150 mg/l. Questo fenomeno si verifica nella parte centro-orientale della pianura ed in un’area localizzata nel settore occi-dentale. Procedendo verso sud e avvicinandosi ai rilievi collinari, dove l’attività agricola è più limitata, le concen-trazioni dei nitrati diminuiscono.
I corsi d’acqua superficiali, campionati in 7 punti,
presentano, invece, valori sempre inferiori a 10 mg/l.
5. Applicazione del metodo
Nelle aree campione di pianura cuneese e alessandrina descritte nei paragrafi precedenti, sono stati applicati i 3 livelli di analisi al fine di definire la vulnerabilità specifi-ca ai nitrati dell’acquifero superficiale.
5.1 Applicazione del Livello 1
Il parametro necessario per affrontare il livello 1 di anali-si è l’infiltrazione efficace (Ie).
Per l’area del Fossanese i valori di infiltrazione effi-cace sono stati considerati pari alla quantità d’acqua dre-nata al di sotto del profilo di suolo; tali dati sono stati forniti dal Dipartimento Agroselviter dell’Università di Torino.
Per l’area dell’Alessandrino, l’infiltrazione efficace è stata calcolata come differenza tra gli apporti dovuti alle precipitazioni (Regione Piemonte, 1985a; Regione Pie-monte, 1985b) e all’irrigazione (De Vecchi Pellati & Pe-sce, 1986) e gli asporti legati all’evapotraspirazione reale, valutata mediante la formula di Turc. È stato, infine, uti-lizzato un coefficiente di infiltrazione potenziale in modo da tener conto del contesto geologico e delle caratteristi-che del suolo.
Sia l’area del cuneese sia quella dell’alessandrino so-no caratterizzate da una situazione di infiltrazione effica-ce superiore a zero. Considerando che l’infiltrazione effi-cace è ubiquitariamente maggiore di zero, la falda super-ficiale è definibile come “non protetta”.
5.2 - Applicazione del Livello 2
La Capacità di attenuazione per diluizione dell’acquifero rappresenta la capacità della falda di attenuare la concen-trazione dei nitrati attraverso il processo di diluizione.
I parametri necessari per affrontare il livello 2 di ana-lisi sono la trasmissività dell’acquifero e il gradiente i-draulico.
Le carte della trasmissività dell’acquifero superficiale sono riportate in Figura 7 per entrambe le aree di studio; i valori di gradiente sono, invece, stati ricavati dalle rispet-tive carte piezometriche (Figura 5 e Figura 6).
È stato, quindi, calcolato il parametro portata unitaria dell’acquifero qu, la cui distribuzione è riportata in Figura 10.
Per quanto riguarda la carta della capacità di attenua-zione per diluiattenua-zione dell’acquifero dell’area A si nota che la portata unitaria, probabilmente a causa delle dimensio-ni ridotte dell’area in esame e alla scarsa variabilità dei parametri esaminati, assume ovunque valori compresi tra 1⋅E-04 m2/s e 5⋅E-04 m2/s e, quindi, ricade interamente all’interno della Classe 4. Nel settore di pianura cuneese
analizzato, quindi, risulta una capacità di attenuazione per diluizione media.
Nell’area B, al contrario, il parametro presenta una notevole variabilità in un range tra 5⋅E-05 m2/s e 5⋅E-04
m2/s. In particolare, la maggior parte dall’area indagata ricade all’interno della Classe 6 (qu < 5E-05 m2/s), evi-denziando una capacità di attenuazione per diluzione bas-sa; tuttavia si discostano le porzioni centro-occidentali e una piccola area meridionale che ricadono in Classe 5, mentre l’area a est-sudest ricade in Classe 4. General-mente le zone che rientrano in Classe 5 risultano anche caratterizzate da valori di conducibilità idraulica più ele-vati rispetto alle aree circostanti; la Classe 4 è, invece, da ricondurre ad un elevato valore del gradiente idraulico. I settori in Classe 4 e 5 indicano una capacità di attenua-zione per diluattenua-zione medio-bassa.
5.3 - Applicazione del Livello 3
I parametri necessari per affrontare il livello 3 di analisi sono la trasmissività dell’acquifero, il gradiente idraulico, la concentrazione di nitrati presente in falda e l’infiltrazione efficace. La descrizione di tali parametri è riportata nei paragrafi precedenti. Per quanto concerne la concentrazione di nitrati nell’acquifero superficiale, nel livello 3 è stata considerata la distribuzione di tale para-metro relativa al mese di Agosto 2005 nel caso dell’area A e al mese di Maggio 2005 per l’area B.
Figura 10: Carte della capacità di attenuazione per diluizione (qu) dell’acquifero nell’area A (pianura cuneese) e nell’area B (pianura alessandrina).
Figura11: carte della vulnerabilità specifica ai nitrati nell’area A (pianura cuneese) e nell’area B (pianura alessandrina). La vulnerabi-lità specifica ai nitrati è crescente dalla classe 1 (vulnerabivulnerabi-lità bassa) alla classe 6 (vulnerabivulnerabi-lità elevata).
Figure 11: groundwater nitrate vulnerability maps in area A and B.
Mediante l’applicazione dell’equazione 5 è stato rica-vato il valore di Azoto Lisciviato Ammissibile (NLA) in kg N/ha che rappresenta il massimo valore di Azoto lisci-viato che la falda riesce a sostenere in modo che, in cia-scuna delle celle di flusso di 1 km di lunghezza conside-rate, non venga superata la concentrazione limite di 50 mg/l di nitrati.
Questo parametro è direttamente proporzionale alla capacità di attenuazione effettiva dell’acquifero ma inver-samente proporzionale alla vulnerabilità specifica dell’acquifero ai nitrati. Infatti, tanto più la falda è in gra-do di sopportare elevati carichi azotati senza superare a valle i 50 mg/l, tanto più la sua vulnerabilità risulta bassa.
In base ai diversi valori di NLA le due aree in esame sono state suddivise in classi di vulnerabilità specifica ai nitrati; le due carte sono riportate in Figura 11.
Nell’area A i valori di NLA risultano molto variabili. In particolare, le celle che ricadono in Classe 6 (elevata vulnerabilità) sono quelle caratterizzate da valori di NLA negativi, ovvero sono zone in cui la concentrazione di nitrati in falda risulta già superiore a 50 mg/l; si tratta quindi di celle in cui l’acquifero non è più in grado di sopportare ulteriormente la pressione dei carichi azotati che, al contrario, andrebbero sottratti al sistema. Quasi la metà delle celle ricade all’interno della Classe 3, cioè
presenta valori di NLA compresi tra 150 e 300 kg N/ha. Le celle che sono bianche in carta rappresentano aree in cui i dati sono insufficienti per realizzare l’elaborazione.
Per quanto riguarda l’area B, la maggior parte del set-tore orientale è caratterizzata da valori negativi di NLA; sono, quindi, settori in cui la falda è già contaminata. La restante parte dell’area in esame presenta, invece, valori di NLA compresi tra 0 kg N/ha e 150 kg N/ha, ossia rica-de all’interno rica-delle Classi 4 e 5 che, comunque, evirica-den- eviden-ziano una situazione di vulnerabilità specifica dell’acquifero ai nitrati media-elevata. La porzione a sud dell’area, a ridosso del Torrente Orba, non è stata elabo-rata mediante l’applicazione di questa metodologia per mancanza di dati.