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Inquadramento idrostrutturale

Nel documento Giornale di Geologia Applicata Geology (pagine 35-38)

I tre principali gruppi (Figura 4) sopra citati, che costitui-scono l’anello metallifero e coprono circa il 90% del ter-ritorio iglesiente, rappresentano altrettante idrostrutture, aventi comportamento idrogeologico sostanzialmente dif-ferente.

Il complesso terrigeno inferiore della Formazione di Nebida del Cambrico inferiore è alla base dell'acquifero principale con potenza media complessiva affiorante di circa 800 m. Le rocce che lo costituiscono hanno avuto un comportamento plastico alle notevoli sollecitazioni tettoniche subite, caratteristica evidenziata dai significati-vi piegamenti e dai bassi indici di fratturazione che si ri-scontrano nei banchi arenacei e negli intercalari calcareo-dolomitici presenti. Su scala regionale il complesso è ca-ratterizzato da permeabilità per porosità o fessurazione da scarsa a nulla. Una limitata circolazione epidermica, a scala locale, è legata solo alla presenza di intercalari car-bonatici, che fungono da setti drenanti delle acque in cir-colazione. Questi setti acquiferi presentano una permea-bilità molto più elevata delle rocce incassanti e vanno a costituire dei piccoli serbatoi che alimentano numerose sorgenti perenni sparse per il territorio, per le quali si re-gistrano portate medie basse che solo in alcuni casi supe-rano il litro al secondo (Civita et alii, 1983).

Il Complesso carbonatico antico di Gonnesa (dolomia rigata, dolomia grigia e calcare ceroide) è ben individua-to, sia a letto sia a tetindividua-to, da limiti di permeabilità. Il limite inferiore si individua all'interno della dolomia rigata, co-stituita da una serie di ciclotemi dolomitici con paleosuoli ferrosi, tasche e lenti baritiche con scarso indice di frattu-razione (IF) e indice di carsificazione (IC) praticamente nullo. Il subcomplesso alla base del metallifero è quindi molto poco permeabile, sebbene la permeabilità tenda ad aumentare verso l'alto dove si rileva quasi ovunque do-lomia grigia in eteropia di facies col calcare ceroide.

I due litotipi sono idrogeologicamente connessi ed in-scindibili dal punto di vista idrodinamico, benché le di-verse caratteristiche petrografiche che si ripercuotono sia sul comportamento geomeccanico (differente grado di fratturazione) sia sul comportamento geochimico (diverso grado di carsificabilità), portino ad una marcata distinzio-ne in termini di capacità di ingestiodistinzio-ne, infiltraziodistinzio-ne ed immagazzinamento.

Figura 4 – Sezione geologica nel piccolo anello metallifero (da Carmignani et alii, 1982).

Figure 4 - Geologic cross-section in the minor metalliferous ring.

Così le dolomie, che hanno una tessitura più massic-cia e minutamente saccaroide, presentano un minor grado di fratturazione, con le fratture spesso riempite di mate-riale residuale e filoni sedimentari, soprattutto rispetto ai calcari cambrici che appaiono fittamente fratturati, giun-tati e poco concrezionati.

Anche il carsismo, che attacca in maniera notevole l'intero complesso con circa 600 cavità censite, differen-zia nettamente i due subcomplessi ancora a favore della facies calcarea. Sulla base, quindi, di quanto detto si e-vince che il complesso carbonatico costituisce la cosid-detta roccia serbatoio, in cui è immagazzinata la maggio-ranza dei volumi idrici sotterranei, mentre il grado relati-vo di permeabilità sembra decrescere mediamente muo-vendosi verso il basso. Per quanto riguarda le facies pre-senti, il sub-complesso dolomitico è permeabile per fes-surazione e solo in via subordinata per il carsismo; il sub-complesso calcareo è, invece, permeabile sia per fessura-zione sia per carsismo, in misura variabile da zona a zo-na, ma comunque sempre piuttosto elevata.

Il Complesso scistoso intermedio comprende la parte terminale del calcare nodulare, laddove le intercalazioni argilloscistose prevalgono sui letti calcarei e le alternanze degli argilloscisti policromi e siltiti varicolori del Cam-brico medio, meglio conosciuti come argilloscisti di Ca-bitza. Il calcare nodulare, con uno spessore variabile tre i 20 e 50 metri di potenza, marca il passaggio fra il calcare ceroide e gli argilloscisti policromi mediocambrici. Nella parte bassa esso è costituito da sottili livelli calcarei a tes-situra scistosa, ai quali si alternano sottili strati argillosi che aumentano di spessore finché non prevalgono total-mente sui calcari, spostandosi verso il tetto della forma-zione. La permeabilità è variabile ed è compresa tra i va-lori del letto carbonatico e del tetto scistoso.

Il complesso scistoso vero e proprio, potente circa 300

m, è ben conosciuto nelle sue caratteristiche, essendo sta-ta scavasta-ta su di esso, per circa 5 km, la galleria di scolo Umberto I. La sua impermeabilità va a contrastare i mo-vimenti dell'acquifero carbonatico principale, essendo il complesso completamente impervio, fatte salve alcune rare fratture superficiali.

Il Complesso terrigeno superficiale, in continuità col precedente complesso, comprende alla base l'insieme dei depositi conglomeratici di trasgressione ordoviciani (puddinga), discordanti rispetto ai termini stratigrafica-mente più antichi, e la serie di argilloscisti arenacei, argil-le siltose, argilliti e siltiti con locali trovanti di calcare nodulare. La potenza media del complesso è di circa 400 metri, con permeabilità quasi nulla (Civita et alii, 1983).

L’acquifero carbonatico profondo dell’Iglesiente

In questo contesto hanno insistito importanti cantieri di coltivazione mineraria e di lavorazione metallurgica che hanno sconvolto le dinamiche idrogeologiche con conse-guenti ripercussioni sulle acque sotterranee soggiacenti l’intera area. Principale causa di ciò è la copiosa attività di eduzione praticata al fine di approfondire gli scavi mi-nerari verso livelli mineralizzati (a piombo, zinco ed ar-gento) via via più profondi (IGEA S.p.A., 2004).

Al disotto del cantiere minerario di Monteponi, per ol-tre un secolo (dal 1870 al 1997), si sono susseguiti diversi impianti di eduzione che hanno abbassato la piezometrica dalla quota di +70 metri s.l.m. (livello storico indisturba-to) a -163 metri s.l.m., dando luogo ad un grande cono di emungimento il cui raggio di influenza arrivò a superare gli 11 km, con portate medie emunte superiori a 1600 l/s (Miniere Iglesiente S.p.a., 1997).

Questo aspetto ha determinato un fenomeno di ingres-sione salina, con percentuali di acqua marina prelevata dal sottosuolo superiori al 50% sul volume totale, ed il

completo depauperamento delle riserve idriche geologi-che (IGEA S.p.A., 2004). Si è registrato inoltre un diffuso peggioramento delle caratteristiche qualitative delle ac-que sotterranee. Attualmente nel territorio sono cessate tutte le attività estrattive e dal 1997 si assiste al naturale fenomeno di risalita del livello piezometrico.

Dal punto di vista idrodinamico l'assetto geometrico delle sinclinali condiziona l'andamento della circolazione idrica sotterranea, mentre le faglie e gli accavallamenti, in particolare quelli appartenenti alla direzione Nord-Sud, guidano i deflussi sotterranei ostacolando il flusso nella direzione trasversale Est-Ovest. Da Civita et alii (1983) sono stati preventivamente determinati i limiti geometrici dell'acquifero principale, drenato dall’impianto centrale di eduzione di Monteponi, nonché da eduzioni localizzate in altri cantieri minerari adiacenti, e successivamente sul-la base di elementi geologici, strutturali, ideologici e spe-leologici, tenendo in considerazione le direzioni dei giun-ti prevalengiun-ti, la posizione di sorgengiun-ti, falde, emergenze carsiche ed attraverso l’analisi delle portate medie dispo-nibili, sono state messe in luce le idrostrutture elementari che compongono il bacino, dalle quali per successive i-dentificazioni e accorpamenti sono state individuate le idrostrutture effettive, definite SERSEM (SERbatoi SE-Micomunicanti), rappresentabili come una serie di serba-toi collegati tra loro in parte in serie, in parte in parallelo,

la cui schematizzazione è visibile nella Figura 5.

La Carta idrogeologica di Figura 6 mostra i complessi idrogeologici e le direzioni prevalenti del flusso all’interno dell’area di studio.

Benché risulti comunque ancora incerto l’esatto limite delle unità, trattandosi di acquiferi carsici, rimangono an-cor di più insoluti i rapporti tra i SERSEM e il mare, trat-tandosi di un territorio costiero. La conoscenza della via seguita dalle acque salate per accedere al sistema rimane ancora incognita. Secondo le analisi geomorfologiche di Fierro (1978), derivanti da esplorazioni subacquee, la fa-lesia nella zona nord occidentale dell’anello rappresente-rebbe una probabile area di ingressione di acque salate, in quanto attraversata da vie di permeabilità di natura carsi-ca e tettonicarsi-ca. Inoltre, sono state individuate in essa 36 cavità che rappresenterebbero soltanto una modesta por-zione di tutta la superficie permeabile.

La Compagnia Mediterranea di Prospezioni (1975), in seguito ad una campagna geofisica, ha individuato un dreno in direzione NO-SE esteso da Masua in direzione di Iglesias, probabilmente suscettibile a ricevere un ap-porto di acqua salata proveniente dal mare attraverso alti strutturali calcarei che interromperebbero la continuità dello schermo scistoso. La circolazione di acqua salata, osservata con i sondaggi, dovrebbe essere limitata ad al-cune zone profonde, sottili e strette.

Figura 5 – I SERSEM principali nell’anello metallifero (da Civita et alii, 1983, modificato).

Figura 6 – Carta idrogeologica dell’anello metallifero (da Civita et alii, 1983).

Figure 6 - Hydrogeologic map of the metalliferous ring

Nel documento Giornale di Geologia Applicata Geology (pagine 35-38)