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Argomenti tratti dalle sanzioni per la violazione dei diritti soggettivi

4. Violazione del principio di non discriminazione ex art 2348 c.c

4.1. Argomenti tratti dalle sanzioni per la violazione dei diritti soggettivi

Al fine di offrire una risposta al quesito sulle conseguenze della violazione del principio di non discriminazione su base diversa dal possesso azionario, si ritiene opportuno procedere da un esame diacronico delle soluzioni sanzionatorie offerte dalla dottrina rispetto alla violazione dei limiti al potere maggioritario.

Un primo orientamento, sviluppatosi nella dottrina che concettualizzava i diritti individuali dell azionista al pari di diritti soggettivi, distingueva tra diritti assolutamente inderogabili dall assemblea e irrinunciabili dal socio e diritti derogabili solo con consenso unanime degli azionisti. La sanzione ipotizzata era la nullità, a tenore dell art. 2379 c.c., della delibera di disposizione dei diritti inderogabili, perché avente oggetto illecito per contrarietà a norma imperativa e data la totale carenza di legittimazione a disporre da parte della società. L annullabilità ex art. 2377 c.c. era invece disposta nei confronti della delibera adottata a maggioranza che avesse inciso su un diritto rinunciabile dall azionista e modificabile solo all unanimità, ovvero in presenza di un vizio di competenza dell assemblea101. Tali

101 A.DONATI, L'invalidità della deliberazione d'assemblea delle società anonime, Milano, 1937, p.

132, secondo il quale se la delibera assembleare fosse stata presa in materia propria dell organo amministrativo si sarebbe trattato di annullabilità per incompetenza dell assemblea, mentre in materia estranea al potere dispositivo di qualsiasi organo sociale, si doveva parlare di nullità per difetto di legittimazione dello stesso ente società; T.ASCARELLI, Sui poteri della maggioranza nelle società per azioni ed alcuni loro limiti, in Riv. dir. comm., 5-6, 1950, pp. 171 e 174 ss.; T.ASCARELLI, Azione di diritto comune e diritti individuali dell azionista, in Riv. dir. comm., I, 1952, p. 15 ss.; T.ASCARELLI, L'interesse sociale dell'art. 2441 cod. civ. La teoria dei diritti individuali e il sistema dei vizi delle deliberazioni assembleari, in Riv. soc., 1956, pp. 105 e 110 ss.; P. TRIMARCHI, Invalidità delle deliberazioni di assemblea di società per azioni, Milano, 1958, p. 73 ss. Per alcuni esempi sulla

conseguenze sanzionatorie erano coerenti con la struttura dei diritti soggettivi, a cui soltanto l azionista e non un terzo avrebbe potuto rinunciare, risultando l unico legittimato ad impugnare la deliberazione che li avesse violati. E la legittimazione sarebbe sorta solamente nel caso in cui non avesse consentito all adozione della delibera, o non vi avesse comunque prestato consenso.

La tesi della nullità, intesa quale conseguenza della violazione di un diritto inderogabile ed irrinunciabile102, ricade tuttavia nell errore, già stigmatizzato, di

ritenere che il limite al potere della maggioranza sia costituito direttamente dal diritto soggettivo in sé, invece che dalla norma inderogabile che eventualmente lo disciplini. A sua volta, la tesi della annullabilità della delibera che disponga a maggioranza di un diritto rinunciabile dal socio non è accettabile laddove postuli l operatività del principio di unanimità, ormai del tutto estraneo al funzionamento del diritto azionario103.

classificazione dei diritti tra inderogabili dalla maggioranza, ma rinunciabili dall azionista ed irrinunciabili v. Capitolo I, paragrafo 1.2.

102 A. CANDIAN, Nullità ed annullabilità di delibere d assemblea delle società per azioni, Milano,

1942, p. 86 ss., il quale applicava il rimedio della nullità sia in ipotesi di difetto di legittimazione dell ente sociale, sia nel caso in cui l assemblea avesse deciso in materia gestoria. La tesi della nullità è stata sostenuta anche da chi la riconduceva ad una nullità di tipo contrattuale ex artt. 1418, II comma e 1325 c.c. per mancanza di accordo tra le parti: la delibera assembleare che modificava i diritti individuali era sostanzialmente considerata un contratto modificativo dell atto costitutivo originario, così sfuggendo alla disciplina dettata per le delibere societarie ed incorrendo nella nullità per mancato consenso di tutte le parti del rapporto contrattuale modificato. Vedi: G. MARASÀ, Modifiche del contratto sociale e modifiche dell atto costitutivo, cit., p. 121.

103Inoltre, in presenza della violazione di diritti inderogabili era stata sostenuta la possibilità del socio

di esperire un azione di danni nei confronti della società. Tuttavia, tale tesi può comportare un notevole pregiudizio per gli stessi azionisti e per i creditori sociali. Infatti, il risarcimento dei danni inciderebbe negativamente sul patrimonio sociale, così traducendosi in una proporzionale diminuzione del valore della partecipazione nella società sia del medesimo azionista che ne abbia fatto richiesta, sia degli altri azionisti e ridurrebbe la garanzia generica dei creditori sociali. Vedi: A.DE GREGORIO, Impugnative di deliberazioni assembleari di società per azioni contrarie all'interesse sociale, in Riv. dir. comm., II, 1951, p. 231, il quale riteneva che quando la deliberazione dell assemblea violi un diritto dell azionista, questi possa agire contro la società sia con le azioni di diritto comune, che chiedendo il risarcimento dei danni. Questa impostazione è criticata, specialmente per quanto riguarda la disciplina della annullabilità, da: T. ASCARELLI, Azione di diritto comune e diritti individuali dell azionista, cit., p. 12 ss.; T.ASCARELLI, L'interesse sociale dell'art. 2441 cod. civ. La teoria dei diritti individuali e il sistema dei vizi delle deliberazioni assembleari, cit., pp. 115 e 116, il quale però esclude l ammissibilità di un azione di danni quando la deliberazione impugnata ai sensi dell art. 2377 c.c. sia stata dichiarata valida, o quando la deliberazione non potesse essere impugnata dal socio, perché vi aveva consentito, o quando sia decorso il termine di decadenza per l impugnativa. Secondo l Autore, l azione di danni di diritto comune potrà essere efficacemente esperita quando non vi sia nessuna deliberazione annullabile (e, quindi, la violazione dei diritti discenda da una decisione dell organo amministrativo), o quando questa sia nulla ex art. 2379 c.c., ma non in caso di annullabilità, altrimenti si verrebbero implicitamente a negare i limiti dell azione di cui all art. 2377 c.c.

Successivamente si era, invece, diffusa l opinione per cui l atto di disposizione di un diritto individuale da parte della maggioranza sarebbe stato inefficace104: Ove si trattasse effettivamente di diritti soggettivi del socio nei

confronti della collettività, non potrebbe esservi dubbio alcuno sulla sanzione da cui sarebbe inevitabilmente colpito l atto di disposizione sul preteso diritto individuale da parte della società: l inefficacia di tale atto discenderebbe, logica ed unica conseguenza, dai principi generali in tema di legittimazione a disporre 105.

Difatti, postulata l esistenza di diritti sociali come veri e propri diritti soggettivi originanti titolarità individuali, l inefficacia della delibera che escluda o limiti i diritti senza il consenso del socio titolare, sarebbe discesa dai principi generali in merito alla mancanza di legittimazione a disporre dei diritti altrui106.

L assemblea generale non era considerata competente a disporre dei diritti individuali, in quanto la sua sovranità avrebbe incontrato un limite innanzi alla sfera

104 A. MIGNOLI, op. cit., p. 187 ss. Per l inefficacia vedi anche: L.MENGONI, Interesse sociale ed

esclusione del diritto di opzione, in Riv. dir. comm., II, 1955, p. 289;G. MINERVINI, Sulla tutela dell'interesse sociale nella disciplina delle deliberazioni assembleari e di consiglio, in Riv. dir. civ., I, 1956, p. 329;G.ROSSI, Utile di bilancio e riserve di dividendo, Milano, 1957, p. 150. Ripropongono ancora il vizio di inefficacia della delibera avente ad oggetto un diritto disponibile dal socio e vizio di nullità della delibera avente ad oggetto un diritto irrinunciabile: A.CERRAI,A.MAZZONI,op. cit., p. 393 ss.

105 V. BUONOCORE, op. cit., p. 54.

106 Secondo Zanarone, la sanzione da applicare ad un atto comportante disposizione di situazioni

soggettive altrui è questione di stretto diritto positivo. L Autore critica la teoria dell inefficacia, così come delineata soprattutto dal Buonocore, in quanto affermata a priori quale sanzione per la violazione dei diritti soggettivi, che l assemblea non sarebbe legittimata a disporre. Non sarebbe sufficiente ipotizzare l esistenza di un diritto soggettivo per sostenere l inefficacia automatica della delibera che lo pregiudichi (come fanno: G.MINERVINI, op. cit., p. 329;L.MENGONI, Interesse sociale ed esclusione del diritto di opzione, cit., pp. 281, 289; G.OPPO, Eguaglianza e contratto nelle società per azioni, cit., p. 650), n all opposto è sufficiente affermare che si tratti di meri interessi occasionalmente protetti (ovvero di interessi che, benché siano propri del soggetto leso, siano tutelati solo in occasione della tutela dell interesse generale della società) per applicare la sanzione dell annullabilità di cui all art. 2377 c.c. (ad esempio: T.ASCARELLI, L'interesse sociale dell'art. 2441 cod. civ. La teoria dei diritti individuali e il sistema dei vizi delle deliberazioni assembleari, cit., p. 111 ss.; V. BUONOCORE, op. cit., p. 169; C.ANGELICI, Parità di trattamento degli azionisti, cit., p. 6). L Autore argomenta quindi le ragioni dell incompatibilità tra la lesione dei diritti individuali e l annullabilità, la quale sarebbe una sanzione incongrua poiché i legittimati all impugnativa ex art. 2377 c.c. sono anche altri soggetti diversi da quelli pregiudicati dalla delibera (amministratori e sindaci) e potrebbe non essere legittimato il socio effettivamente pregiudicato dalla stessa, perché inabilitato a votare, per una qualsiasi ragione, o perché sia stato consenziente alla delibera (circostanza che non equivarrebbe alla rinuncia al diritto). L Autore giunge infine ad attribuire la sanzione dell inefficacia nei confronti della delibera che pregiudichi i diritti individuali del socio, senza il consenso di quest ultimo. Vedi: G.ZANARONE, L invalidità delle deliberazioni assembleari, in G. E. COLOMBO e G.B.PORTALE (diretto da), Trattato delle società per azioni, 3, 3, Torino, 1993, pp. 250 ss., 477 ss. e 486.

giuridica riservata al singolo socio107. Pertanto, i presupposti dell inefficacia sono

stati individuati: nell adozione di una delibera che incidesse sulla sfera giuridica del soggetto leso, nella circostanza per cui tale sfera rientrasse nella piena disponibilità del titolare e nel fatto che la disposizione fosse avvenuta illegittimamente108. Inoltre,

non ogni illegittimità era stata ritenuta idonea a provocare l inefficacia della delibera, ma solamente quella basata sulla mancanza del corrispondente potere in capo alla società, mentre se tale potere fosse stato ritenuto sussistente e la delibera si fosse limitata a violare le norme che ne regolavano l esercizio, la sanzione adeguata sarebbe consistita nell annullabilità della delibera109.

L inefficacia, desumibile dagli artt. 1372 e 1398 c.c., è una sanzione capace di superare i limiti della disciplina dei vizi delle deliberazioni assembleari, poiché colpisce direttamente l atto di disposizione del diritto dell azionista, così attribuendo alla categoria dei diritti individuali una reale autonomia. Infatti, la sanzione dell annullabilità dell atto dispositivo altrui sarebbe incompatibile con la piena disponibilità del diritto da parte del titolare (tipica del diritto soggettivo), poiché sarebbe sufficiente la mancata tempestiva impugnazione a determinare la definitiva soggezione dell azionista alla delibera maggioritaria110.

Dunque, innanzi ai diritti soggettivi indisponibili da parte della maggioranza, ma rinunciabili dal socio, l assemblea sarebbe stata sfornita di legittimazione e l atto risultante inefficace, mentre la delibera che avesse violato un diritto inderogabile ed irrinunciabile dell azionista sarebbe stata considerata nulla ex art. 2379 c.c. per contrarietà a norma imperativa111. In altri termini, dalla concezione del diritto

107 G.OPPO, Eguaglianza e contratto nelle società per azioni, cit., p. 629; P. SPADA, La reintegrazione

del capitale reale senza operare sul nominale, cit., p. 36 ss.; G.TANTINI, Capitale e patrimonio nella società per azioni, cit., p. 134 ss.; A. SERRA, Unanimità e maggioranza nelle società di persone, Milano, 1980, p. 189 ss.

108 G.ZANARONE, L invalidità delle deliberazioni assembleari, cit, p. 479 ss. 109 P.TRIMARCHI, op. cit., pp. 151 ss., 162 ss.

110 Mentre la mancata impugnazione non può equipararsi ad una rinuncia al diritto: G. MARASÀ,

Modifiche del contratto sociale e modifiche dell atto costitutivo, cit., p. 120; A.MIGNOLI, op. cit., p. 189 ss. Inoltre, lo sganciamento dal sistema di invalidità delle delibere consentiva di tutelare la posizione soggettiva del socio che fosse stata violata da una decisione dell organo amministrativo, o comunque a prescindere dall adozione di una delibera dell organo assembleare.

111 Formulando alcuni esempi, si consideri innanzitutto il diritto agli utili ex art. 2350 c.c.: un patto

contestuale alla costituzione della società o una delibera presa dall assemblea a maggioranza che stabilissero di non distribuire mai utili o che li devolvessero per destinazione ad uno scopo diverso da quello di lucro, sarebbero stati senz altro nulli per violazione di norma imperativa (artt. 2247 e 2350 c.c.) e perché avrebbero snaturato un carattere fondamentale del tipo S.p.A. Parimenti nullo sarebbe il patto con cui uno o più soci fossero esclusi da ogni partecipazione agli utili per violazione della norma

individuale come diritto soggettivo che l individuo vanta nei confronti della società, discendeva l incompetenza della maggioranza a disporre di un diritto di cui solo il titolare, ovvero l azionista, poteva disporre. Ma l inefficacia comportava che la deliberazione presa a maggioranza, restando valida, potesse produrre degli effetti giuridici nei confronti del socio titolare solo a fronte del relativo consenso112. In tal

modo, il principio maggioritario non veniva scalfito, essendo competente ad adottare tutte le delibere modificative dei diritti del socio, le quali nondimeno sarebbero state inefficaci nei confronti di colui che non aveva prestato il proprio il consenso. In conclusione, qualora un diritto individuale fosse stato leso da una deliberazione dell assemblea, l unica azione esperibile sarebbe stata quella, imprescrittibile, di accertamento dell inefficacia.

La sanzione dell inefficacia era quella in definitiva più coerente con la premessa dell esistenza dei diritti soggettivi, la quale, tuttavia, si è dimostrata erronea e priva di fondamento113. Il limite al potere della maggioranza non deriva,

infatti, dalla qualificazione dei diritti individuali come diritti soggettivi, categoria che non trova spazio nella disciplina della società per azioni, ma dall esistenza di norme derogabili ed inderogabili che riconoscono e disciplinano determinate posizioni giuridiche soggettive del socio. Invero, di fronte ad una norma inderogabile non si può parlare né di limiti alla competenza dell assemblea, né di limiti al principio maggioritario, ma, più opportunamente, di limiti all autonomia privata o statutaria, per cui la decisione che la violi è nulla a prescindere dall eventuale consenso di tutti

inderogabile ex art. 2265 c.c., così come nulla sarebbe una eventuale deliberazione in tal senso. E tale sanzione è quella espressamente prevista dal legislatore, a prescindere dalla considerazione sub specie di diritto soggettivo della percezione agli utili. Anzi, stabilendo che è l assemblea a decidere in merito alla distribuzione degli utili, il legislatore ha chiaramente affermato la legittimazione a tal proposito. In tal senso, vedi: V. BUONOCORE, op. cit., p. 62; A.MIGNOLI, op. cit., pp. 179 ss. e 187 ss.

112 Il consenso poteva occasionalmente essere prestato in assemblea in caso di voto unanime. Ciò non

significava, però, che fosse richiesta l unanimità, essendo la stessa solo una delle possibili manifestazioni del consenso del singolo socio. Anzi, richiedere il raggiungimento dell unanimità ai fini dell adozione della delibera sarebbe stato fuorviante in quanto avrebbe spostato sul piano dell invalidità del procedimento deliberativo quello che invece era considerato un problema di legittimazione. Vedi: A. MIGNOLI, op. cit., p. 192 ss. Tale passaggio, tutt ora da condividere, imponeva di tenere concettualmente distinta una deliberazione unanime, la quale in nessun caso trova riconoscimento nel nostro diritto societario, da una manifestazione individuale del consenso di tutti i soci, appunto solo occasionalmente coincidenti. Si pensi al caso della modifica degli obblighi di prestazioni accessorie (art. 2335 c.c.), in cui la norma non parla di unanimità, ma piuttosto del consenso di tutti i soci, che non necessariamente deve essere dato in assemblea, ma anche al di fuori, dai singoli interessati.

113 V. BUONOCORE, op. cit., pp. 263 ss., 285 ss.;G.TANTINI, Le modificazioni dell'atto costitutivo

gli azionisti114. La violazione delle norme inderogabili, che disciplinano specialmente

i diritti non cumulabili, comporta la nullità della relativa delibera per illiceità dell oggetto, ai sensi dell art. 2379, I comma c.c., mentre la violazione delle norme derogabili che disciplinano le modalità di modifica o, talvolta, financo l esclusione dei diritti accrescibili provoca l annullabilità della delibera ai sensi dell art. 2377 c.c.