• Non ci sono risultati.

Primo limite all autonomia statutaria e al principio maggioritario: le

In esito all esame svolto, possono trarsi alcune preliminari conclusioni riguardo al nostro ordinamento.

Innanzitutto, la disciplina dei diritti individuali dell azionista non è in sé in grado di porsi come limite all autonomia statutaria e al potere maggioritario. Escluso ogni riferimento alla categoria dei diritti soggettivi, i diritti individuali possono essere qualificati come poteri o diritti potestativi il cui esercizio non può semplicemente essere ostacolato dall assemblea, senza che ne venga messa in discussione la competenza. Eppure, ciò che rileva ai fini della limitazione del potere dell autonomia privata è il carattere precettivo delle norme che disciplinano tali diritti, ovvero il relativo tasso di resistenza, piuttosto che il loro contenuto. Sicché un primo vincolo all autonomia statutaria, sia in sede di costituzione della società, che successivamente in occasione della modifica dello statuto da parte dell assemblea straordinaria, è riscontrabile nelle norme di carattere imperativo e inderogabile, le quali traggono la propria forza dagli interessi generali tutelati, unitamente a quello del singolo socio legittimato ad esercitare il diritto.

In secondo luogo, si è rilevato come la maggior parte di tali norme inderogabili affermino l esistenza e, conseguentemente, pongano il divieto di sopprimere194 o modificare, i cosiddetti diritti individuali amministrativi non

accrescibili, né cumulabili, tra i quali non è dato ricomprendere né un diritto alla qualità di socio, né un diritto alla parità di trattamento (a fortiori se soggettivamente inteso).

Infine, i restanti diritti cumulabili o accrescibili, quali il diritto di voto, il diritto agli utili e il diritto di opzione, invece, sono disciplinati principalmente da norme derogabili che consentono all autonomia statutaria e/o all assemblea straordinaria di esprimersi più liberamente nella loro configurazione, al fine di realizzare gli interessi della singola attività economica. In particolare, il diritto di voto può essere limitato, aumentato e financo escluso mediante clausola statutaria 194 Tale divieto è per la maggior parte dei casi implicito nella natura inderogabile della norma che

riconosce il diritto, ma è dettato espressamente rispetto al diritto di recesso, ove l art. 2437 c.c. prevede la nullità di ogni patto che lo escluda o ne renda pi gravoso l esercizio.

introdotta in sede di costituzione o di modifica da parte dell assemblea straordinaria. Il diritto agli utili, a sua volta, può essere modificato rendendolo non più proporzionale al numero di azioni sia dall autonomia statutaria che dall assemblea straordinaria, nel limite, tuttavia, del divieto inderogabile del patto leonino, il quale impedisce l esclusione di uno o più soci dalla partecipazione agli utili. Il diritto di opzione, infine, può essere limitato od escluso dall assemblea straordinaria, o dall organo amministrativo delegato, che deliberi il concreto aumento di capitale sociale.

Pertanto, rispetto ai diritti accrescibili o cumulabili, l assemblea è pienamente competente ad esprimere a maggioranza la propria volontà, modificando, limitando o financo sopprimendone l esercizio, sempre nel rispetto delle norme che tali diritti disciplinano.

Attraverso lo studio che si svolgerà nel prossimo capitolo, si ricercherà l esistenza di un limite ulteriore all esercizio dell autonomia statutaria e del potere maggioritario rispetto a quello costituito dalle norme inderogabili. L obiettivo è quello di comprendere se, rispetto ai diritti disciplinati principalmente da norme derogabili, esista un area di intangibilità che metta la posizione del socio al riparo dal potere dispositivo della maggioranza. Si è già osservato come la chiave di volta risieda nell interpretazione dei principi contenuti nell art. 2348 c.c.

CAPITOLO SECONDO

AREA DI INTANGIBILITÀ DELLA POSIZIONE DELL AZIONISTA

1. Metodi di indagine

In considerazione del sistema normativo attuale, degli approdi della giurisprudenza e degli argomenti dottrina è stato possibile escludere che l ontologica esistenza dei diritti individuali possa svolgere una funzione limitativa del potere della maggioranza. Un primo limite è stato invece individuato nel carattere derogabile o inderogabile delle norme che riconoscono e disciplinano tali diritti, per cui viene ora da chiedersi se vi sia un ulteriore area di intangibilità della posizione dell azionista. In altri termini, l interrogativo è se esistano altri limiti alla determinazione dei diritti in sede di costituzione della società per azioni, o soltanto in fase di modifica delle clausole statutarie da parte dell assemblea straordinaria, che possano essere tratti non direttamente dal carattere inderogabile di una norma, ma piuttosto da un principio di intangibilità desunto da una ricostruzione sistematica delle disposizioni che caratterizzano il tipo società per azioni.

Sono immaginabili due diversi percorsi argomentativi.

Il primo, di tipo soggettivo, mette in luce un tratto personalistico comunque presente nelle società per azioni, per quanto affievolito rispetto all altra società di capitali, ovvero quella a responsabilità limitata, il quale, enfatizzando la rilevanza della persona del socio, impedisca che una modifica dei relativi diritti possa essere assunta senza il di lui consenso, così andando ad individuare una limitazione al potere della maggioranza, ma non all autonomia statutaria.

Il secondo, invece, è fondato su una concezione esclusivamente azionaria del diritto societario, intesa a sottolineare il ruolo tipologico delle azioni quale strumento di imputazione delle situazioni giuridiche nella società per azioni1. Questa

prospettiva di tipo oggettivo si erige sull interpretazione della norma di cui all art. 1 G. D ATTORRE, Il principio di eguaglianza tra soci nelle società per azioni, Milano, 2007, p. 110.

2348 c.c., la quale dispone che le azioni attribuiscono ai loro possessori eguali diritti, così sancendo un principio di eguaglianza dei diritti sulla base del possesso azionario. Il limite, che si imporrebbe sia all autonomia statutaria che al principio maggioritario, è quello che vieta di violare il principio di non discriminazione tra gli azionisti nell attribuzione dei diritti sociali in base ad un criterio soggettivo, o comunque differente da quello oggettivo derivante dal possesso azionario.

L eguaglianza di cui discorre l art. 2348 c.c. si esaurisce sul piano dei diritti che ciascuna delle azioni conferisce al suo titolare, a prescindere dalla posizione concreta dei singoli soci, configurandosi, quindi, in termini essenzialmente formali e riprendendo il modo d essere dell organizzazione societaria rispetto alle partecipazioni rappresentate da azioni2. Nondimeno, anche tale norma disciplina,

seppur in modo indiretto, un aspetto soggettivo che discende dal fatto che è il socio a possedere il titolo azionario: gli azionisti, in relazione all esercizio dei diritti patrimoniali e amministrativi, non cumulabili o accrescibili, devono essere trattati rispettivamente in modo uguale o in proporzione alle azioni possedute. Così, il possesso di un dato numero o tipo di azioni (rispetto all appartenenza ad una categoria), legittima un trattamento differenziato fra le persone degli azionisti. Quest ultimo richiamo alla persona del socio, proprio all interno della norma che caratterizza la partecipazione in senso oggettivo, suggerisce di principiare l analisi dall esame degli elementi personalistici, al fine di indagare l esistenza di un limite al potere decisionale della maggioranza, sia esso in aggiunta o in sostituzione al predetto principio di matrice azionaria.