• Non ci sono risultati.

195ariele d'aMbroSio

Poc. P

eruna PraSSi di

P

oeSia

o

rale

S

econdaria

c

onteMPoranea

Poesia Orale Secondaria Contemporanea

La Voce, la Parola, la Scrittura. La Poesia Orale Secondaria è questo per- corso a ritroso, senza che mai si abbandoni la successione di questi passaggi pur fluidi e commisti nel corpo: Scrittura, Parola, Voce.

Questa prima parte vuole anche introdurre, nella specificità di un per- corso tuttora praticato, gli altri titoli che dopo seguiranno: Poesia Soltanto

Detta, Poesia Detta con Musica Originale, Poesia Cantata e Canzone Non Metrica, Poesia Sinestetica e Sviluppo Sincretico. Transmedialità Convergente?

Così Paul Zumthor:

[…] chiamerò parola il linguaggio vocalizzato, fonicamente realizzato nell’emissione della voce1.

Ed ancora:

[…] un’oralità primaria e immediata, o pura, senza contatto con la ‘scrittura’: e con quest’ultimo termine intendo ogni sistema visuale di simbolizzazione codificato con esattezza e traducibile in una lin- gua; […] e come oralità secondaria, che si (ri)compone a partire dalla scrittura e in seno a un ambiente in cui quest’ultima predomina sui valori della voce nell’uso e nell’immaginario; capovolgendo il punto di vista, si può affermare […] che l’oralità secondaria è dovuta all’esi- stenza di una cultura “letterata” (dove ogni espressione è marcata dalla presenza dello scritto)2.

1 P. zuMthor, La presenza della voce. Introduzione alla poesia orale, Rastignano (Bolo-

gna), Il Mulino, 2001, p.9. Edizione originale: Introduction à la poèsie orale, Paris, Editions du Seuil, 1983.

196

Per parlare quindi, e in modo agevole, di Poesia Orale Secondaria nella contemporaneità, occorre fare subito una distinzione: essa si differenzia da quella Primaria o Estemporanea o meglio all’incirca Estemporanea, soprattutto perché quasi sempre, in questo caso, c’era e c’è un tema pre- esistente e condiviso su cui elaborare una o più composizioni.

È il caso, per fare un esempio legato alla nostra tradizione, dei poeti in ottava rima toscani, detti “dell’ottava”, e laziali, con le loro contese ed improvvisazioni. Al giorno d’oggi, in era di globalizzazione o mondia- lizzazione, è opportuno fare un riferimento ai rapper di tutto il mondo, i quali, con i loro freestyle – come un tempo collegati alla parola in rima ancora più che alla numerazione in sillabe – sono guidati dal ritmo mu- sicale, che non ha lingua ma soltanto suono. In questo caso, ovviamente parliamo di poesia popolare o pop se si vuole, con tutto il merito e il demerito che questo fare assume a seconda dei livelli di complessità o di retorica ed abusata ovvietà.

Il tempo dell’oralità in poesia si organizza, nel contemporaneo, anche in riunioni informali più o meno strutturate, e nelle Poetry Slam, ovvero in incontri di competizioni performative tra poeti, d’importazione ameri- cana. Importante, è la pratica che si fa già nelle scuole, in Germania e nei paesi germanofoni, sia di poesia in estemporanea che di quella Secondaria, in modo da abituare gli alunni sia a fabbricare poesie che ad ascoltarle.

Allora, che cosa s’intende per Poesia Orale Secondaria? Semplicemente si tratta del caso di una poesia scritta destinata al successivo lavoro dell’au- tore, il quale la elaborerà arricchendone il senso e il significato con il suo personale modo di esporla con la parola parlata.

Oralità Secondaria si può considerare anche quella di Arnaut Daniel,

trobadore medioevale, con la sestina lirica o sestina canzone da lui creata. Forma metrica importata in Italia, come si sa, da Dante Alighieri, vedi le

Rime, ed utilizzate da Francesco Petrarca nei Rerum vulgarium fragmenta.

Struttura assai complessa ed elaborata, che Aldo Menichetti definisce «meccanismo imprigionante e incantatorio»3. Questa struttura ha avuto

fortuna: altri poeti si sono cimentati in questo tipo di composizione, an- che nei tempi moderni. Ne ricordo qualcuno: Rudolf Borchardt, Giosuè Carducci, Gabriele D’Annunzio, Giuseppe Ungaretti, Ezra Pound, Wystan Hugh Auden, Franco Fortini.

3 a. Menichetti, Metrica italiana. Fondamenti Metrici, Prosodia, Rima, Padova, Editrice

197

Ma perché per affrontare una possibile definizione di Poesia Orale

Secondaria Contemporanea ho subito ricordato Arnaut Daniel e la sua sestina

lirica o sestina canzone? Anzitutto perché la mia ricerca sull’oralità diverge e si distanzia da quella percorsa dalla Poesia Sonora, Concreta, anch’esse orali e non solo, che fanno riferimento – e lo affermo con la consapevolezza di esprimere solo una rapida sintesi – prima al Futurismo come avanguardia storica e poi alle neoavanguardie, e che in talune forme espressive hanno inseguito, anche per motivi ed emozioni ideologiche, ma soprattutto per ragioni storiche, la scissione tra significato e significante. Il secondo motivo, ma che di fatto è il primo, è perché ho sempre desiderato rimanere ben stretto al significato della parola, metaforico o non, all’interno del verso. Pur accogliendo con attenzione la sua specifica sonorità, ho preferito non scegliere esclusivamente l’elemento significante, per lasciare chiara la parola nella sua componente comunicativa di significato e di senso.

Per evitare una possibile cripticità solipsistica, così ho scritto per Spre-

ad? Nihil?, ad esempio, pur lasciando libera la fantasia fonetica e sonora

della poesia – nell’interazione con quella di chi la leggerà, la sussurrerà tra sé e sé, la dirà agli altri –ho scelto di spiegare il significato di alcune parole aggiungendo un’annotazione affinché il suono di un acronimo, ad esempio, pur accolto per la sua specifica sonorità, non abbandoni il senso emotivo del suo percorso storico e linguistico4.

È capitato a volte anche di “giocare” con parole d’invenzione, ricer- cando nella loro stessa sonorità la dimensione espressiva d’ironia o d’in- vettiva sarcastica, lasciando però sempre – alla voce interna di chi legge e si ascolta in silenzio, di chi la sussurra, o di chi se la dice a voce alta, di chi la trasmette all’altro – la possibilità d’interagire con la dimensione ludica, fonetica e sonora dell’oralità.

E tuttavia torno a proporre il quesito: perché partire da Arnaut Daniel? Perché la poesia così detta “lineare” e scritta, non poteva, volendola re- cuperare all’Oralità, non riferirsi che ad antichissime radici, quelle legate alle tradizioni «dei rapsodi greci, rawi arabi, trovatori medioevali, bardi irlandesi, e così via, per citarne solo alcuni»5.

Quella poesia che mai la si vuole scissa, distanziata, separata dalla sua architettura formale, dalla sua dimensione estetica unica ed assoluta per esprimere quella riflessione, quella emozione, quel vissuto fatto di mente e corpo di un’ unica vita.

4 Cfr. A. D’Ambrosio, Sete, di poesia, musica e impegno civile, Napoli, Il caffè poc e

autorinediti, 2013, p. 90.

198

Quella poesia, insomma, che pur scriviamo e vediamo stampata spesso nella visione grafica di rettangolo più o meno regolare in verticale.

Quella poesia a cui non basta essere soltanto guardata, e che a sua volta induce a vedere oltre il guardare, così come sempre l’arte dovrebbe almeno tentare di fare: aiutare a vedere. E così José Saramago scriveva per Rafael Alberti che già il suo sguardo aveva raccolto definitivamente le folgoranti chiarità di suono e di senso che si nascondono dietro una certa opacità del parlato quotidiano.

Saramago e Alberti sono due poeti davvero idonei a sottolineare l’im- portanza di una poesia che prenda corpo nel vissuto del poeta stesso, ma con la consapevolezza che tutto ciò comporta. Una poesia che si confronti con l’ascolto, scegliendo quindi un luogo pubblico o privato, ma sempre con degli ascoltatori: uditori e fruitori. E non a caso ho parlato del corpo del poeta che introdurrà il capitolo della sinestesia. In questo caso, invece, con un riferimento preciso al Futurismo, che ha utilizzato – in quel fare dal vivo ed in quel modo così incisivo – questa dimensione di vitalità in toto, se si vuole di teatralità, che vedremo essere presente nell’attuazione performativa dell’Oralità Contemporanea.

Poeti non più chiusi, relegati o peggio sepolti nel loculo di un libro nemmeno poi letto e pur necessario a resistere con i suoi CD-audio allegati, – anch’essi ormai desueti e sostituiti con link e QR-code nel mondo virtuale della rete – «per non subire le sferzate e gli insulti del mondo, l’ingiustizia dell’oppressore ̶ citando Shakespeare ̶ la contumelia dell’uomo orgoglioso, gli spasimi dell’amore disprezzato, l’indugio delle leggi, l’insolenza di chi è investito di una carica, e gli scherni che il paziente merito riceve dagli indegni6».

Riprendiamo Zumthor:

L’uso, già antico, delle letture pubbliche e dei recital si riduceva a pronunziare la scrittura. L’invenzione del fonografo, che liberava la materialità della voce, persuase Apollinaire e alcuni tra i primi cubisti a far uso di questo strumento in maniera creativa, incidendo degli scandalosi “testi vocali”. Per Ungaretti, solo la voce fissava il testo, la cui autorità risulta dalla registrazione piuttosto che dalla scrittura. Sono stati pubblicati dischi di poeti letti da se stessi: Ungaretti, certo, Claudel, e prima di loro Céline, Joyce, Audiberti. […] Henri Shopin ha di recente dedicato un libro allo studio di questo fenomeno, ed è al suo lavoro che qui rinvio. Già all’inizio del nostro secolo, alle due

199