DALLA REGGENZA PROVVISORIA AUSTRIACA (LUGLIO 1799) ALLA COSTITUZIONE DEL
IV.1 L’arrivo della coalizione austro russa e la Reggenza Provvisoria (17 luglio 1799 8 luglio 1800)
Il 29 maggio 1799, poco dopo la repressione delle sommosse reazionarie nelle vicarie lucchesi, giunsero a Lucca da Napoli le truppe francesi agli ordini del generale Étienne Jacques Joseph Alexandre Macdonald (1765 - 1840). Quest’ultimo, partì con il suo battaglione il 6 giugno 1799 per congiungersi alle truppe del generale Jean Victor Marie Moreau (1763 – 1813) stanziate sulle rive del fiume Trebbia e contrastare l’avanzata della seconda coalizione austro russa che sin dalla primavera di quell’anno aveva ripreso le ostilità conto la Francia nel nord della penisola italiana.
Le battaglie decisive fra i due eserciti furono combattute sulla Trebbia il 17, 18 e 19 giugno 1799 e sancirono la sconfitta francese. Le truppe austro russe potevano così marciare indisturbatamente verso la Toscana. Il 17 luglio 1799, causa la pressante richiesta fatta dal generale Moreau stanziato a Genova e causa l’approssimarsi in Toscana dei battaglioni della seconda coalizione anti francese, i soldati transalpini abbandonarono Lucca in gran fretta seguiti anche da non pochi patrioti italiani.
Era la fine della Prima Repubblica democratica lucchese. I Consigli legislativi dettero pieno potere al Direttorio per risolvere la questione del governo. I membri del Direttorio nominarono lo stesso 17 luglio, prima che arrivasse a palazzo la massa popolare a dar loro la caccia al grido di “Viva la Repubblica, viva i nostri signori”1
, dieci soggetti
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nobili tendenti alla moderazione per governare in maniera provvisoria lo Stato. Festeggiamenti e baldorie si susseguirono tra la popolazione per la ritirata francese, molti giacobini scapparono, altri si unirono alla ritirata francese su Genova, altri ancora rimasero e furono successivamente arrestati e processati. Si temeva per la fragilità dell’ordine pubblico, che in parte fu ristabilito dall’arrivo degli austriaci già il 18 luglio. Gli austriaci inizialmente “furono accolti come liberatori, come salvatori”2
. Sei giorni dopo, Il 24 luglio, il generale austriaco Johann von Klenau (1758 – 1819) provvedeva alla nomina di un nuovo governo provvisorio chiamato «Reggenza provvisoria della città e stato di Lucca» che durò poco meno di un anno, fino all’8 luglio 1800. La nuova Reggenza Provvisoria fu formata dai dieci membri che formavano l’ultimo Collegio degli Anziani della vecchia Repubblica oligarchica prima dell’arrivo dei francesi.
Furono escluse personalità democratiche e i dieci membri erano tutti cittadini nobili: Nicolao Montecatini, Pier Angelo Guinigi (sostituiti entrambi quasi subito, rispettivamente da Giovanni Battista Montecatini e Giacomo Sardini), Ferrante Cittadella, Costantino dei Nobili, Gregorio Minutoli, Pietro Compagni, Giovanni Battista Trenta, Carlo Marchiò, Vincenzo Landucci e Pier Francesco Giuseppe Massei. Il generale Klenau aggiunse “Repubblica di Lucca” al nome completo della nuova reggenza, mettendo nei bandi della Repubblica “l’arme solita usarsi in antico”3
.
Uno dei primi obiettivi della Reggenza Provvisoria fu mantenere l’indipendenza e la libertà di Lucca, per questo furono inviati il 20 agosto 1799 Tommaso Trenta e Ippolito dei Nobili, membri del governo, presso i generali austro russi che si trovavano ad Asti, per ottenere il riconoscimento dell’autonomia della Repubblica lucchese.
Furono rimossi dai principali incarichi gli esponenti democratici. Fu richiamato , in qualità di Cancelliere maggiore, Pietro Calandrini che aveva già ricoperto quel ruolo nel passato governo aristocratico. Venne nominato Commissario di giustizia e polizia un esponente del ceto nobiliare come Francesco Melchiorre di Poggio. Le antiche Magistrature e gli antichi Offizi furono ristabiliti, in particolare l’Offizio sopra
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A. Mazzarosa, Storia di Lucca dall’origine fino a tutto il 1817, cit., p.192.
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l’Abbondanza per occuparsi immediatamente della disastrosa situazione dei magazzini delle vettovaglie.
Con un bando del 17 ottobre 1799 furono sospesi tutti i ministeri e tutte le leggi istituiti dal passato governo democratico, compresa la rivoluzionaria legge che aboliva i fedecommessi, veri e propri residui di antico regime. Le armi e gli stemmi gentilizi furono ristabiliti; i luoghi pii e le confraternite soppresse dal governo democratico furono ripristinati (ricordiamo, tra le altre che furono ricollocate, la Commenda di Malta, la Confraternita della Croce, quella della SS. Trinità e il monastero della Certosa).
L’avversione della Reggenza Provvisoria verso i democratici, il desiderio di dare un taglio netto con il passato governo e l’instaurazione di un clima reazionario si concretizzarono anche nel cambiamento della Guardia Nazionale. Si cambiò il nome in Guardia Urbana e numerose furono le sostituzioni di ufficiali di fede democratica con moderati esponenti della nobiltà o comunque degni di fiducia del nuovo governo. Un’operazione importante svolta dalla Guardia Urbana, per ordine della Reggenza, consistette nell’arresto di molti giacobini che vennero processati di fronte a un apposito tribunale.
Per questo motivo fu creata una commissione criminale col compito di indagare e giudicare coloro che, a giudizio della Reggenza Provvisoria, avevano causato la rovina dello Stato. I processi furono sommari e passarono sopra le ordinarie regole della giustizia. Numerosi gli arresti e gli esili che coinvolsero non pochi collaboratori del passato governo democratico4.
Pare, dunque, che la reazione controrivoluzionaria del nuovo governo si sviluppasse nella forma peggiore, nella persecuzione delle persone e nella negazione o soppressione di quanto la precedente Repubblica democratica aveva operato. A giudizio dell’erudito Augusto Mancini, la differenza tra essere subordinati alla Francia o all’Austria era evidente. La prima rappresentava, con tutti i suoi errori di temperamento, un fermento di vita nuova dal punto di vista socio politico che avrebbe potuto avviare la coscienza
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dei lucchesi (e quella degli italiani) ai suoi nuovi destini, mentre la seconda fu espressione, politicamente, di una “stasi di morte”, polizia più che governo, compressione più che reazione5.
Gli austriaci non si rivelarono certo secondi ai francesi in termini di rapacità e ruberie finanziarie, deludendo presto le aspettative di una popolazione che, illusa, li aveva accolti come liberatori e che presto li vide nella loro reale veste di requisitori. Tutta l’artiglieria lucchese fu consegnata ai generali della seconda coalizione antifrancese e Lucca venne così spogliata dei cannoni e delle armi che adornavano le mura.
Numerosissime furono le richieste economiche per sostenere gli austriaci. Si ordinò di pagare i resti non ancora estinti delle contribuzioni sui nobili e sugli ecclesiastici. Per far fronte alle pressioni finanziarie che gravavano sullo Stato, si proclamò un’imposizione generale del 5% su tutte le rendite statali, escluse quelle degli ospedali, e si aumentò il prezzo del sale di due quattrini alla libbra.
Fu ceduto l’appalto del tabacco e dei liquori a profitto privato per ricavare circa 20.000 scudi. Ulteriore sconforto, nella già travagliata situazione finanziaria lucchese, fu gettato dalla voce che Lucca dovesse pagare a Vienna una somma di mezzo milione di fiorini come contribuzione per la liberazione dai francesi.
Il periodo di circa un anno (17 luglio 1799 – 8 luglio 1800) durante il quale a Lucca governò la Reggenza Provvisoria controrivoluzionaria fu caratterizzato da una sostanziale subordinazione ai generali austro russi che instaurarono un clima poliziesco volto a sopprimere ogni residuo ideologico rivoluzionario e a spremere ogni risorsa economica della già stremata Repubblica lucchese.
Non a caso questo periodo è stato considerato da alcuni storici “fra i periodi più tristi perché spiritualmente più vuoto, della storia di Lucca”6. Gli anni che vanno dal crollo del primo governo democratico di Lucca sino alla Costituzione repubblicana lucchese del 1802 non cancellarono del tutto, però, come vedremo, l’attività politica e l’opera pubblicistica dei patrioti.
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Cfr. A. Mancini, Storia di Lucca, p.285.
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