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DALLA REGGENZA PROVVISORIA AUSTRIACA (LUGLIO 1799) ALLA COSTITUZIONE DEL

IV.2 Marengo (14 giugno 1800) e il ritorno dei frances

Con il colpo di stato del 18 brumaio (9 novembre 1799) Napoleone Bonaparte introduceva in Francia il regime consolare e con l’emanazione della Costituzione dell’anno VIII si proclamò Primo Console. Il momento gli era propizio per riorganizzare un grande esercito in grado di riconquistare la penisola italiana.

Nel maggio del 1800 le truppe francesi al comando di Bonaparte scendevano in Italia attraverso il Gran San Bernardo. Gli austriaci vennero sconfitti il 14 giugno 1800 nella decisiva battaglia di Marengo che aprì la Lombardia e l’Emilia a una nuova occupazione francese. Venne ricostituita provvisoriamente la Repubblica cisalpina. Poco più tardi, il 9 febbraio 1801, la pace di Lunéville riconfermò le linee essenziali di accordo con l’Austria fissate nel 1797 a Campoformio. Adesso però alla Cisalpina venivano aggregati anche territori veneti fino alla riva destra dell’Adige (il veronese, metà della città di Verona e Rovigo), inoltre veniva assegnato il Granducato di Toscana a Ludovico di Borbone col titolo di Re d’Etruria. Piombino e l’ Elba vennero annessi alla Francia nel 18027. Il territorio lucchese non venne incorporato al Regno d’Etruria e al momento del ritorno dei francesi conservò la sua formale autonomia, caratterizzata da una sostanziale subordinazione ai generali d’oltralpe.

Il 7 luglio 1800 un bando inviato da Castelnuovo Garfagnana annunciava il prossimo arrivo a Lucca del generale francese Launay. Appena giunto in città, come prima cosa dimise la Reggenza Provvisoria e formò un governo altrettanto provvisorio di 11 membri, ma di tendenza democratica. Cinque dei nuovi governanti furono ripartiti nel Comitato di Giustizia, Legislazione, Stabilimenti pubblici e Relazioni Estere; tre nel Comitato di Polizia Militare e tre nel Comitato delle Finanze e Approvvigionamenti. Le Deputazioni e le Magistrature subalterne furono lasciate intatte, ma con la sostituzione di alcuni individui, inserendo negli impieghi pubblici delle personalità democratiche. Si ripristinarono le insegne della passata Repubblica democratica ma si denotò subito l’apparenza di improntare il governo su capisaldi religiosi. Ecco che nei bandi ufficiali,

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come scriveva Antonio Mazzarosa, “vedevasi per la prima volta fra mezzo alla libertà e l’eguaglianza, il nome religione”8

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Il regime di pressanti tassazioni imposte dai francesi, che aveva caratterizzato l’effimero governo democratico lucchese in passato, sembrava destinato a ripetersi inesorabilmente. Il generale transalpino André Masséna (1758 – 1817) non tardò ad ordinare agli ex nobili il pagamento di un milione di tornesi. La criticità della situazione economica lucchese non permise il pagamento di questa contribuzione in un breve lasso di tempo.

La mancata puntualità del pagamento della tassa inasprì Masséna, che inviò a Lucca un prefetto militare francese, Anglès, che ebbe piena autorità sul governo. Appena arrivato, il 20 agosto 1800, Anglés cambiò in parte i componenti del governo restringendone il numero da undici a sette, affiancando loro quattro segretari di Stato. Pur di riscuotere le somme che i contribuenti dovevano ancora pagare, Anglès attuò drastiche misure che non conobbero limite alle violenze e alle vessazioni: alcuni soldati francesi furono mandati a vivere a discrezione nelle case dei debitori, si ordinò di vendere parte dei mobili di questi ultimi, furono confiscati alcuni proventi delle confraternite e delle cappelle, fu posto un dazio consistente sull’esportazione dell’olio e della seta, furono sequestrate le casse pubbliche e furono arrestati addirittura alcuni membri del governo costituito proprio dal prefetto francese.

Fondamentale, secondo il cronista coevo Mazzarosa, fu l’opera diplomatica di Vincenzo Cotenna che, discutendo col generale Guillaume Marie-Anne Brune (1763 – 1815) di guarnigione a Milano, riuscì ad alleviare il peso dei severi e rovinosi provvedimenti intrapresi da Anglès. Furono perciò restituiti tutti i denari alle casse pubbliche lucchesi, si tolse il dazio sull’olio e sulla seta, l’imposizione di un milione fu diminuita di 100.000 franchi e fu stabilito che questa dovesse gravare su tutti coloro che avevano almeno cento scudi di entrate9.

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A. Mazzarosa, Storia di Lucca dall’origine fino a tutto il 1817, cit., p.201

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Il 25 luglio 1800 vennero nuovamente soppressi i fedecommessi (ricordiamo che i fedecommessi erano stati ripristinati con l’arrivo degli austro russi durante l’effimera reggenza provvisoria tra il luglio 1799 e il giugno 1800) e venne annullata la speciale commissione criminale, creata durante la reggenza austriaca, che aveva il compito di processare e giudicare i patrioti. Questi due provvedimenti risollevarono leggermente l’animo degli esponenti democratici che videro legittimate due importanti prerogative del loro movimento.

Nei primi di settembre del 1800 il generale in carica a Lucca Launay partì alla testa di circa 3000 soldati francesi per andare a rafforzare il contingente transalpino nella difesa di Bologna, dove una coalizione austriaca minacciava il territorio. Prima di partire da Lucca , Launay nominò una “Commissione di Governo” di undici soggetti, prendendone cinque da quella nominata precedentemente dal prefetto Anglès e aggiungendone sei.

Il marchese Antonio Mazzarosa testimoniava che in campagna, al momento della partenza dei soldati francesi (11 settembre 1800), si festeggiò rumorosamente e allegramente, mentre in città fu la guardia civile che riuscì a moderare gli animi nel contegno. Alcuni contadini addirittura attuarono un’imboscata armata, repressa poi nel sangue, alle truppe francesi che si stavano dirigendo verso la Garfagnana in direzione Bologna10.

Il 13 settembre 1800, in assenza dei francesi, giunse a Lucca un esercito toscano- austriaco per ordine del generale Sommariva capo di truppe reazionarie toscane. Il 15 settembre Sommariva nominò un altro governo composto da dieci nobili, primo fra tutti Ascanio Mansi. Ma le truppe antifrancesi, ancora una volta, soggiornarono nel lucchese ben poco tempo. Già il 9 ottobre 1800 lasciavano Lucca, che ritornava nelle mani dei francesi, per ripiegare verso Firenze. I transalpini riconquistarono subito anche Livorno. Lucca si dimostrava, ancora una volta, possesso strategico per la vicinanza proprio con Livorno, quest’ultimo obiettivo fondamentale per i francesi, che occupando il porto livornese, potevano così bloccare i rifornimenti verso i loro nemici.

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Una volta scacciati nuovamente gli austriaci, il generale francese Clement confermò il governo di nobili nominato in precedenza, lasciando inizialmente agli incarichi amministrativi gli stessi individui. A causa delle numerose dimissioni di esponenti nobiliari dagli impieghi pubblici, Clement procedette allora a sostituirli con elementi democratici. Ben presto si ritornò alle “molestissime” tasse e domande di denaro. Il governo inviò Ascanio Mansi e Giuseppe Belluomini nel novembre del 1800 dal generale Brune a Milano con la speranza di ridurre le forti imposte e di tutelare gli interessi della popolazione lucchese.

Le necessità di vettovaglie per i soldati francesi erano consistenti e le tasse, se pur in parte diminuite grazie all’intervento dei diplomatici lucchesi, erano sempre sfiancanti. Si arrivò , perciò, a misure drastiche. Nel marzo del 1801 il governo richiese un prestito di 25.000 scudi ai più “facoltosi” per far fronte ad un ordine perentorio del generale francese Gioacchino Murat (1767 – 1815) che da Firenze comandava di pagare subito 150.000 franchi in conto del famoso milione imposto in precedenza dal generale Masséna.

Si impose una tassa dell’1,5% ogni cento scudi su chiunque ne avesse almeno trecento in entrata. Gli ecclesiastici vennero costretti a saldare in otto giorni quello che rimaneva della contribuzione sul clero. Ancora una volta Antonio Mazzarosa esprimeva la sconfortante situazione di quei momenti: “durissimi e rovinosi erano certamente tutti questi modi per trarre danaro, e specialmente in un paese ridotto alla miseria più deplorabile”11

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In una lettera inviata al generale Murat, Giuseppe Belluomini precisava che tra il 1796 e il 1801 Lucca dovette pagare ai francesi circa 22 milioni di franchi. Le pressioni fiscali con le quali Murat soggiogava la popolazione lucchese erano sempre più costanti: circa 30.000 franchi ogni mese e il mantenimento di circa mille soldati francesi sul territorio12

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Ibid., cit., p.209.

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La pace di Lunéville del 9 febbraio 1801 sancì, come già visto, la tregua tra i francesi e gli austriaci. Con il trattato di Madrid del 21 marzo 1801, il Granducato di Toscana, con il nome di Regno d’Etruria, passò sotto il governo di Ludovico I di Borbone.

Nell’animo dei lucchesi regnava l’amarezza, causata da un’assoluta incertezza della loro sorte. Passarono, quindi mesi di ansia per la popolazione lucchese, ma che Lucca sarebbe rimasta repubblica e libera, fu rassicurato da Giuseppe Belluomini, inviato diplomatico a Milano, che ne ebbe confidenza dal generale Murat solo il 31 ottobre 180113, dopo aver sborsato una somma in denaro per l’esclusiva della notizia.

Napoleone Bonaparte dichiarava apertamente di voler mantenere l’indipendenza di Lucca, piccola cittadina verso la quale sembrò mostrare simpatia. Così nel dicembre 1801, per ordine proprio di Bonaparte Primo Console, il francese Antoine Christophe Saliceti (1757 – 1809) , personalità politica brillante, giunse a Lucca in qualità di inviato straordinario col fine di regolare e costituire le nuove istituzioni amministrative. Nel prossimo paragrafo analizzeremo il teso clima socio politico che si respirava a Lucca subito prima dell’arrivo di Saliceti. Ci concentreremo inoltre sulla Costituzione repubblicana lucchese del 1802 della quale proprio Saliceti fu uno degli artefici. In particolare vedremo da quali personalità fu composto il nuovo governo lucchese e cercheremo di individuare i criteri e gli aspetti che caratterizzarono quel determinato documento costituzionale.