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JACOPO CHELINI E LO «ZIBALDONE LUCCHESE»

V.2 Lo Zibaldone (febbraio – luglio 1800): la cronaca e la mentalità di un conservatore

V.2.3 L’invettiva contro le ideologie rivoluzionarie

Numerosi sono i passaggi in cui Chelini inveisce e polemizza velenosamente contro le ideologie rivoluzionarie, la democrazia, in particolar modo contro i francesi e i «giacobini». In questa maniera l’ecclesiastico lucchese dimostra la sua avversione verso tutto ciò che avrebbe potuto andare ad intaccare l’ordine costituito e i valori tradizionali di antico regime.

Nelle parole di Chelini sembra presente una sorta di spirito di crociata, di vendetta contro coloro che si sono resi, a suo giudizio, “traditori della patria”. Secondo l’abate, il governo coadiuvato dagli austriaci avrebbe dovuto porre rimedio a queste persone pericolose e “spurgare la Città dalle piante più infette”23

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Ecco che quando si riferisce ai «giacobini» rimasti a Lucca dopo la caduta del governo democratico (crollato il 17 luglio 1799) scrive così : “quello che viè maggiormente l’affliggeva – che affligeva la Reggenza aristocratica - si era, l’essere restati certi

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Ibid., cit., pp. 255-256.

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snaturati figli, a’ quali era mancato il coraggio di seguitar i Giacobini loro compagni, che fuggirono co’ Francesi. Questi non lasciavano di recare al Pubblico non lievi molestie, ed andavano a poco a poco a rendersi sempre più insolenti deridendo, e beffeggiando la Nobiltà, e qualunque persona onesta, e gli Ecclesiastici eziandio, sulla lusinga che il partito francese dovesse prevalere […] I suddetti avevano quasi tutti, nel tempo della Democrazia preso servizio nel Corpo de’ Cannonieriche vale lo stesso, tra la feccia del Popolo […] discoli, e vagabondi che viver volevano, senza applicarsi a nulla, a carico delle loro famiglie, e dello Stato […] in Lucca il partito de’ cattivi, e degli scelerati è cresciuto assaissimo. La maggior parte gridava Crucifige alla Reggenza, al Commissario di Giustizia e Polizia e bisognava sentir dire da qualche nobile la scelerata massima francese l’Uomo è Libero e che non conviene cacciarlo per forza dalla Patria”24

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L’accusa di Chelini contro i francesi è diretta. Sono ritenuti i nemici della religione e gli usurpatori dei beni delle popolazioni della penisola italiana. Emblematiche sono le pagine nelle quali il memorialista lucchese riporta il “Proclama” degli abitanti di Fontanabuona (paese nei pressi di Genova). In questo documento è contenuta tutta la felicità dei fontanabonesi, che grazie all’aiuto divino sono riusciti a sconfiggere le truppe francesi : “Colla grazia del Cielo fino a quest’ora siamo vittoriosi de’ nemici di Dio, e di noi, combattiamo colle loro armi, ci serviamo delle loro monizioni e molta della loro roba ricopre le miserie a cui avevano ridotti i nostri fratelli. Il loro sangue impingua i nostri devastati terreni, e i nostri cani si saziano della carne di que’ ladroni che ci spogliaron di ogni sostanza […] i Francesi, i quali dopo essersi tanto dilatati e confinati si trovano in un angolo de’ nostri Paesi, divenuti l’oggetto della maledizione, e del rifiuto di tutto il sano mondo, avendo nemici il Cielo, la Terra e direi per fino l’Inferno, sazio di più ingoiarne”25

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Chiaro è anche il rimprovero di Chelini ai francesi, ritenuti colpevoli, tra l’altro, di aver requisito i beni ecclesiastici, rovinando il clero protettore della santa religione :

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Ibid., cit., pp. 209-211.

25

“Liberata che fu l’Italia, e particolarmente La Romagna dal barbaro giogo de’ Francesi che tanto l’avevano rovinata, e afflitta, e ridotta alla mendicità, disperdendone i pacifici Abitanti, ed in modo più particolare gli Ecclesiastici regolari, che furono costretti a rifugiarsi nelle loro Case paterne per non aver donde vivere avendo perduto, e Monastero, Beni,e rendite”26

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Spesso e volentieri Chelini si scaglia in pesanti accuse di complotto, di raggiri e falsità contro i «giacobini», evidenziando, così, i suoi pregiudizi di parte conservatrice e mettendo, a volte, in dubbio la veridicità delle notizie che riporta. Questi attacchi contro i patrioti sembrano, più che racconti di cronaca, dei veri e propri processi inquisitori. Un caso degno di nota è il tumulto scoppiato a Lucca in Piazza S. Michele il 21 maggio 1800 causato da un contadino che aveva iniziato a vendere il grano ad un prezzo molto più basso di quello consentito dalla legge. Chelini scrive che : “quanto è accaduto, credo di poter sempre piu assicurare essere fatto premeditato dai Giacobini onde vedere se potevasi mettere a rumore la popolazione onde poter rubare impunemente, e far passare una controrivoluzione, e mettere sempre in peggiore aspetto la Nobiltà come quella che volesse vendere le proprie Grazie ad eccessivo prezzo”27

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Queste polemiche e accuse di complotto vengono rivolte da Chelini anche contro i francesi in occasione della descrizione del tentato regicidio subito dal re d’Inghilterra Giorgio III il 15 maggio 1800 nel teatro Royal Drury Lane. In questa occasione, il diarista lucchese sostiene che : “Un simile attentato non puo non venire che per parte de’ Francesi, che non possono non odiarlo per aver fatto alleanza nella presente guerra colla Casa d’Austria”28

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Interessante vedere come le critiche e i rimproveri di Chelini siano rivolti anche a personaggi rilevanti della scena internazionale. È su questa linea che si collocano le pagine nelle quali l’abate lucchese, parlando dell’ arrivo a Livorno il 16 giugno 1800 della regina di Napoli Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, redarguisce l’imperatrice Maria Teresa d’Austria rea di aver mancato alla corretta educazione religiosa della

26 Ibid., cit., p. 246. 27 Ibid., cit., pp. 250-251. 28 Ibid., cit., p. 282.

propria famiglia. Da queste parole emerge tutto il moralismo cattolico di Chelini : “Essa – Maria Teresa - dotata di tante virtù, mancò nel peccato piu essenziale, quel fu nell’educazione della sua Famiglia non sapendo attentamente sceglierne i Soggetti a cui la consegnava. I Maschi furono dati ad educare a un Protestante, e le Femine alla Tosi Donna celebre su’ Teatri […] Qual maraviglia adunque, se tutta quella Imperial Famiglia, allevata con latte impuro, ha poi messo in pratica quei principi co’ quali fu educata, alieni del tutto da quella Religione in cui era nata”29.

La “crociata” di Chelini in difesa dei valori cristiani e della società di antico regime si scaglia soprattutto verso Napoleone Bonaparte. Il Primo Console francese è considerato un ingannatore che, proclamandosi apparentemente a favore del bene comune, persegue, invece, esclusivamente interessi personali. Simbolica è l’invettiva che il memorialista lucchese indirizza verso Bonaparte in occasione della celebre allocuzione (nella quale il generale transalpino garantiva agli ecclesiastici il rispetto della religione cristiana e del clero) rivolta da quest’ultimo il 5 giugno 1800 ai parroci di Milano : “Non sarebbe per verità del mio scopo riportare l’allocuzione che fece li 5 Giugno 1800 Buonaparte primo Console ai Parrochi di Milano : nulladimeno amo di conservarne la memoria perche si veda, quell’esperto, e furbo Guerriero, di quali arti egli si sapeva agl’incontri servire per vedere di tirarsi a se il favore di quei popoli che poi voleva mettere in lacci, ed ingannare. Se la Francia è giunta al sommo della gloria, ella ci è pervenuta piu colla frode, l’inganno, e la mala fede ne’ Trattati, che col Cannone”30

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