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L’ECO DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE A LUCCA E IL TRIENNIO DEMOCRATICO (1796-1799)

II.3 il fermento giacobino a Lucca (1796-1799)

Oltre alle preoccupazioni del ceto nobiliare lucchese verso quelli che definivano gli “usurpatori” stranieri, vi furono anche coloro che videro nei francesi dei veri e propri “liberatori” e che pensarono fosse giunta l’occasione per mettere in atto un radicale cambiamento socio politico.

Questi erano i patrioti democratici, composti dal nuovo ceto della borghesia intellettuale, ansiosi di conquistarsi un posto nello scenario amministrativo che era sempre stato negato loro dalle elitarie strutture istituzionali di antico regime. Dal 1796 al 1799 l’azione politica eversiva e la propaganda democratica si intensificava assumendo obiettivi ben precisi, portando ceti e classi sociali emergenti alla ribalta della vita politica lucchese. Sui «giacobini» lucchesi preziose sono le notizie che ci ha

23

Ibidem, cit.

24

A. Mancini, Storia di Lucca, p.280.

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lasciato l’abate Jacopo Chelini (1748 – 1823), cronista dell’epoca, nel suo Zibaldone

Lucchese.

La sua matrice reazionaria non può non limitare il significato delle sue osservazioni che rispecchiarono, per la massima parte, l’ideologia della nobiltà e del ceto clericale. Chelini parlava dell’esistenza a Lucca, nel 1798, di tre club di giacobini26

.

Il primo, che chiamava «dei terroristi», faceva capo a Luigi Pozzi ed era considerato dall’abate quello più estremista e rivoluzionario. Un secondo club, detto «degli Illuminati», veniva indicato come gruppo più temperato e la figura centrale era identificata nel procuratore legale Giovanni Giusti. Il terzo, infine, detto «degli imbecilli», perché «composto di gente savia e cristiana», potrebbe far pensare ad una adesione al giacobinismo di una parte di soggetti appartenenti al ceto dominante e di estrazione nobiliare27.

Adesso non solo i giacobini, ma tutto il movimento democratico non si nascondeva più e non si sentiva più sotterraneo, bensì legittimato ad assumere il governo e l’iniziativa. L’opinione pubblica lucchese di quel periodo ebbe una struttura decisamente non omogenea.

Oltre alle categorie stilate da Chelini, anche il generale Sérurier e il senatore diplomatico Paolo Lodovico Garzoni raccontavano la presenza di differenti personalità che caratterizzavano la variopinta società lucchese, all’interno della quale coesistevano “estremisti, arrabbiati”28

(i «giacobini» o, come si chiamavano fra di loro, i «patrioti») che si battevano per un radicale sovvertimento dell’ordine costituito in favore di una Repubblica democratica filo francese, e persone invece “moderate e piene di equilibrio”29

volte più ad un governo composto sia da nobili che da esponenti del nuovo ceto socio politico emergente.

26

Sui tre club giacobini individuati da Chelini si veda G. Tori, Lucca giacobina. Primo governo

democratico della Repubblica lucchese (1799). Saggio introduttivo, Roma, Ministero per i beni e le

attività culturali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 2000, p.29.

27

G. Tori, Il movimento giacobino lucchese e l’atteggiamento delle popolazioni della campagna al tempo

della Repubblica democratica del 1799, in I. Tognarini (a cura di), La toscana e la Rivoluzione francese,

Napoli, ESI, 1994, p.334.

28

G. Tori, Lucca giacobina. Primo governo democratico della Repubblica lucchese (1799). Saggio

introduttivo, cit., p.29.

29

Tra i rappresentanti più significativi dell’ala meno radicale, una posizione di riguardo la occupò Pietro Luigi Bambacari (1743 – 1805) che costituì l’anello di congiunzione fra la vecchia e la nuova società lucchese. Nato nel 1743 da famiglia nobile si distaccò sempre maggiormente dal ceto di appartenenza fino a non identificarsi più nella sua classe politica di provenienza.

Tuttavia, non riuscì ad aderire completamente all’ideologia democratica nonostante la sua grande ammirazione verso gli avvenimenti rivoluzionari in Francia. La sua posizione di «moderato in buona fede», in rotta con la tradizione, imbevuto della cultura illuministica, lo limitò nell’ascesa alla carriera politica durante il governo aristocratico. Nel Governo democratico del 1799 (4 febbraio – 17 luglio) ricoprì la carica di Segretario Generale del Direttorio Esecutivo e la sua matrice moderata sarà ampiamente criticata dall’ala estremista dei democratici30

.

L’esponente più rivoluzionario e più giacobino dei democratici lucchesi nel triennio 1796-1799 fu certamente Antonio Severino Ferloni (1740 - 1813). Originario del parmense, il suo atteggiamento politico fu, nella prima parte della sua vita, mutevole e contraddittorio. Dopo gli inizi illuminati, Ferloni ripiegò su posizioni di antico regime dando credito ad una visione legittimista e tradizionale del potere. Si stabilì in maniera permanente a Lucca dal 1794. Appena i francesi passarono le Alpi, Ferloni aderì incondizionatamente al movimento giacobino.

Gli arresti, i procedimenti, le perquisizioni, le indagini cui venne frequentemente sottoposto, rafforzarono in lui un odio insanabile contro la nobiltà che emerge chiaramente nelle sue opere e nell’attività politica. Fondò e diresse un suo giornale, di netta posizione democratica radicale e anti aristocratica, la « Staffetta del Serchio», che ebbe brevissima durata (6 marzo – 3 luglio 1799). Sua convinzione fondamentale era un egualitarismo di base e la fede nella rivoluzione intesa sia come abbattimento totale dell’ordine costituito sia come rigenerazione morale. La polemica antinobiliare gli

30

Su Bambacari si veda G. Tori, Il movimento giacobino lucchese e l’atteggiamento delle popolazioni

della campagna al tempo della Repubblica democratica del 1799, p.336 e in particolare si veda F.

Giovannini, Pietro Luigi Bambacari. I coccodrilli della Repubblica (Lucca 1783-1799), Lucca, Pacini Fazzi, 1991.

procurò l’odio o comunque l’ostilità non solo degli aristocratici, ma anche di quei moderati più vicini alla democrazia i quali, per convinzione o per convenienza, con gli aristocratici cercavano di stabilire un modus vivendi.

Ferloni sommò alla polemica antiaristocratica anche numerosi e violenti attacchi contro il governo della prima Repubblica democratica lucchese (4 febbraio - 17 luglio 1799). I nuovi governanti furono giudicati da Ferloni democratici più in teoria che in pratica a causa della mancata realizzazione di provvedimenti che avrebbero rotto definitivamente col passato (quella rottura con l’antico regime che lo storico Renzo De Felice, come già detto, e anche lo studioso Armando Saitta hanno giudicato come una caratteristica essenziale della retorica giacobina italiana31). Ferloni rimase l’esponente più estremista del movimento rivoluzionario lucchese al punto di venire presto messo da parte dagli altri democratici e politicamente escluso da qualsiasi incarico di rilievo32.

Durante il triennio 1796-1799 a Lucca, la casa di Luigi Pozzi fu uno dei fulcri principali dell’attività sovversiva dei democratici dove si organizzava l’intensa attività contro il governo aristocratico. Il Caffè del Decanato, meglio conosciuto a quel tempo come il «Caffè dei patrioti», fu un altro punto importante di raccolta, di discussioni e di riunioni del movimento democratico.

All’interno di questi club, caffè e botteghe vi era l’aperto proposito di sovvertire l’ordine costituito e non mancavano le ingiurie e le invettive rabbiose nei confronti di un’aristocrazia considerata usurpatrice dei valori democratici. Particolarmente interessante è la testimonianza di Giovanni Domenico Buchignani, garzone del Caffè del Decanato, il quale assicurava che i convenuti alle frequenti riunioni nel retrobottega del caffè dicevano, tra le altre cose “che li Signori erano ladri, non sapevano governare,

31

Confronta F. Diaz – A. Saitta, La questione del giacobinismo italiano, Roma, 1988, pp.81-87. Per un’analisi di alcuni saggi scritti da celebri patrioti italiani (come Matteo Galdi, Melchiorre Gioia e Carlo Botta) durante il triennio democratico 1796-1799 si veda A. Saitta, Alle origini del Risorgimento. I testi di

un «celebre» concorso (1796), 3 voll., Roma, Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea,

1964.

32

Sulla figura di Ferloni si veda veda G. Tori, Il movimento giacobino lucchese e l’atteggiamento delle

popolazioni della campagna al tempo della Repubblica democratica del 1799, p.336-337 e N.D. Vasoli, Antonio Severino Ferloni, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 46, Roma, 1996, ad vocem, si veda

anche C. Mangio, Alcune considerazioni sulla figura e sull’azione politica dell’abate Ferloni, in Lucca

1799: due Repubbliche. Istituzioni, economia e cultura alla fine dell’Antico Regime: convegno di studi, Lucca – Villa Bottini 15-18 giugno 1999, vol. II , Istituto Storico Lucchese, 2002, pp.87-100.

che erano ingiusti, che conveniva una volta levarli il comando, che questo sarebbe presto seguito, e che conveniva vincere o morire” terminando la riunione “tutti (in) allegria, cantando il Sairà”33.

33

II.4 La ridefinizione dell’ordinamento costituzionale: la fine della