LA PRIMA REPUBBLICA DEMOCRATICA DI LUCCA (4 FEBBRAIO – 17 LUGLIO 1799)
III.4 Una libertà formale: l’influenza francese
Sin dall’entrata delle truppe francesi guidate dal generale Sérurier tra il 2 e 3 gennaio 1799, si palesò concretamente il ruolo determinante che avrebbero rivestito le autorità transalpine nel territorio lucchese. Per tutta la durata della loro presenza, sino al 17 luglio 1799, i generali francesi condussero una politica guidata dagli interessi economici e strategici della Francia.
Si trattava di una Francia, quella della campagna d’Italia (1796-1799), stremata, dove il saccheggio dei paesi conquistati divenne uno dei mezzi per far fronte alla crisi finanziaria e dove la guerra dette alla classe militare (di cui Napoleone Bonaparte fu il rappresentante per eccellenza) un pericoloso potere di iniziativa44. La presenza francese a Lucca non fu certo una liberazione, ma parve una vera e propria occupazione militare con il supporto dei filofrancesi e degli esponenti del movimento patriottico lucchese45.
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Per una dettagliata analisi della politica ecclesiastica attuata dal governo democratico lucchese del 1799 e per un resoconto dei suoi rapporti con la Chiesa si veda Ibid., pp.279-294 ; si veda anche G. Tori, La
politica e la legislazione ecclesiastica della prima Repubblica democratica lucchese (1799), in «Actum
luce», 1972, pp.185 -225 e infine G. Tori, I rapporti tra lo Stato e la Chiesa a Lucca nei secoli XVI –
XVIII. Le istituzioni, in «Rassegna degli Archivi di Stato» , XXXVI (1976), pp.39 -81.
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M. Vovelle, Prolusione. Lucca 1799: da una repubblica all’altra o le ultime battaglie per la libertà, in
Lucca 1799: due Repubbliche. Istituzioni, economia e cultura alla fine dell’Antico Regime: convegno di studi, Lucca – Villa Bottini 15-18 giugno 1999, vol. I, Istituto Storico Lucchese, 2002, p.37.
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La debolezza, l’inesperienza e l’incongruenza di idee di questo movimento possono aver causato, in alcune correnti di pensiero, la convinzione che la proclamazione della Repubblica democratica sia stata più una sovversione imposta con la forza da un agente esterno, la Francia, anzichè una libera volontà di tutta la popolazione lucchese.
È un dato di fatto che l’operato dei generali francesi a Lucca (così come nella penisola) abbia marcato fortemente il carattere della memoria collettiva in termini di estorsioni, di saccheggio e di contributi forzati. A Lucca i generali transalpini intervennero direttamente nella maggior parte delle riforme e, soprattutto, il loro comportamento fu sempre indirizzato a sfruttare economicamente la Repubblica.
Le autorità francesi tennero un comportamento ambiguo intimorendo, da un lato, la classe dirigente con la minaccia della perdita dell’indipendenza e, dall’altro lato, suscitando speranze ed entusiasmi in particolar modo tra i patrioti, al punto di legarli fortemente alla propria attività di rinnovamento. In quel periodo vigeva a Lucca una libertà formale.
Lo storico coevo Antonio Mazzarosa ce ne offre una vivida testimonianza : “niuna libertà regnava nei consigli pubblici, che ogni cosa doveva farsi a voglia dei Francesi: servo si voleva il governo, e pieghevole ad ogni ingorda e strana dimanda […] la libertà civile era nulla, com’era la politica 46”.
Per quanto riguarda il generale Sérurier, che rimase per un brevissimo periodo di tempo in carica, egli si circondò sia di patrioti sia di più moderati, stando “coi piedi su due staffe” e cercando di dare consigli equilibrati perché consapevole della fragilità degli equilibri politici all’indomani dell’avvenuta “democratizzazione”. Il generale cercò di mantenere un equilibrio accettabile fra i democratici e gli ex nobili, giungendo, nella sostanza, a scontentare tutti e due i movimenti47.
Tagliente il giudizio su Sérurier dato dall’abate Chelini, che nel suo Zibaldone lo descriveva come un uomo dalla personalità ambigua che “non stava, secondo il suo
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Mazzarosa A., Storia di Lucca dall’origine fino a tutto il 1817, cit., pp.181-183.
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solito, mai in proposito, e se la sera diceva una cosa, la mattina seguente la declinava per una mala intesa”48
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I generali Foissac La Tour e Miollis ebbero continue interferenze nell’organizzazione e nella conduzione della Repubblica. Sin dalle loro prime mosse si denotava la loro volontà di occupare un ruolo del tutto particolare, a mezza strada tra il tutore e l’ispiratore di principi democratici e rivoluzionari. Notevole importanza fu data ad atti simbolici che avrebbero dovuto manifestare con enfasi la rigenerazione democratica di Lucca. Foissac la Tour, a tal proposito, ordinò il 20 febbraio 1799 di collocare i busti di Voltaire e di Rousseau nella sala del Gran Consiglio e sollecitò il Direttorio lucchese affinchè fossero innalzati al più presto in tutte le piazze del territorio gli Alberi della Libertà49.
Egli interpretò in maniera drastica il ruolo di tutore e di educatore nella neonata Repubblica democratica lucchese. Pare che fu sempre su sollecitazione di Foissac La Tour che si procedette a premere sempre più sulla contribuzione sul clero e sull’abolizione dei fedecommessi, questi ultimi ritenuti, in una missiva al Direttorio del 2 marzo 1799, istituti di avanzo del regime feudale, contrari alla libertà e alla democrazia50.
La sterzata democratica continuò sotto il generale Miollis. Proseguirono le cerimonie teatrali per la celebrazione della democratizzazione ed evidente fu il peso politico e ideologico che legò il generale all’ala più intransigente dei democratici lucchesi. Miollis si occupò soprattutto della legge che sanciva la libertà di stampa poiché la considerava una fondamentale prerogativa che avrebbe giovato alla democrazia tanto quanto danneggiato la tirannia.
Certamente, come già detto, la libertà d’azione del nuovo governo democratico lucchese era molto limitata dall’autorità dei generali francesi e i consigli e le sollecitazioni di questi ultimi, in realtà corrispondevano a ordini che gli amministratori dovevano assolutamente rispettare. Pare che i governanti esponenti del movimento democratico
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J. Chelini, Zibaldone Lucchese, Archivio di Stato di Lucca, Archivio Sardini, n. 159, cit., p.60.
49 G. Tori, Lucca giacobina. Primo governo democratico della Repubblica lucchese (1799), p.12. 50
mostrarono debolezze e inesperienze, causate principalmente dalla perpetua esclusione da impieghi pubblici che avevano da sempre subito sotto l’antico regime.
Forse queste debolezze sono state esagerate da una memorialistica e tradizione storiografica ostile, nutrite dalle cronache astiose diffuse all’epoca dai sostenitori dell’antico regime, come l’abate Jacopo Chelini nel suo Zibaldone Lucchese. Nonostante tutto, l’operato di questa nuova borghesia intellettuale democratica, a nostro avviso, non deve essere considerato fallimentare. Anche se la Repubblica Democratica di Lucca si rivelò caratterizzata da una libertà formale, la ventata di novità in ambito politico sociale apportata dal cambiamento di governo del 4 febbraio 1799 (all’interno della complessiva esperienza democratica che caratterizzò il contesto italiano nel triennio 1796-1799), se pur con la presenza francese, può essere considerata positiva e determinante all’interno del discorso risorgimentale che vedrà, nell’Ottocento, sviluppare ulteriormente i suoi effetti anche in tutta la penisola.
Dunque è in termini di riabilitazione, o meglio ancora di rivalutazione, che gli studi moderni sul periodo del triennio democratico 1796-1799, e nel nostro caso sulla Prima Repubblica Democratica lucchese del 1799, ci aiutano a riscoprire le personalità e l’azione politica di coloro che assunsero la grave responsabilità di tentare di impiantare le nuove idee e di gestire i nuovi governi repubblicani51.